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ATTUALITA
ORIANA FALLACI E I 4 SENSI DELLA VITA
NON SMETTETE MAI DI PROTESTARE, DI DISSENTIRE, DI PORVI DOMANDE…
A GORIZIA ALTRI 50 PROFUGHI ARRIVATI NELLA NOTTE
IL PAPA, LE PERSONE, LE LOBBY
Oltre che scomunicare gli uomini della ‘ndrangheta durante il suo viaggio in Calabria, Papa Francesco si è espresso chiaramente anche contro la lobby della Massoneria
ANCORA SUL NUOVO ORDINE MONDIALE, LE CRISI …
Diffondere la verità da molto fastidio ai poteri forti, ma noi non ci arrendiamo!!
CHI CONTROLLA REALMENTE COME FUNZIONA IL MONDO???
THRIVE è un documentario non convenzionale che solleva il velo su quello che sta realmente accadendo nel nostro mondo, seguendo i soldi a monte – si scopre il consolidamento globale del potere in quasi ogni aspetto della nostra vita.
Documentario completo su http://www.thrivemovement.com/
INVENTORI DI MALATTIE
Inventori di Malattie Versione Completa Il servizio mette in evidenza come l’industria farmaceutica finanziarizzata sia oggi in qualche modo costretta ad ingigantire, spesso con attente strategie di marketing della paura, nuove malattie pur di assicurare un rendimento crescente delle proprie azioni.
I danni a carico della collettività mondiale e della sua salute sono incredibilmente evidenti.
In America più di 5 milioni di bambini vengono trattati con psicofarmaci, semplicemente perché “troppo” vivaci.
IL GRANDE SEGRETO DELL’ALIMENTAZONE UMANA
Tutto quello che dovreste sapere e che i Media televisivi non vi diranno mai !
“Il mondo è così assuefatto dal sistema che lotterà per difenderlo”
-Morpheus
Il sistema ci ha abituati a mangiare qualsiasi cosa, cresciamo in tale sistema, la mente si modella in tale sistema, ci assuefacciamo al sistema, ci adagiamo al sistema, ma!
Non tutto ciò che viene spacciato per buono lo è, non tutto quello che magari al gusto e all’olfatto ci piace è salutare.
Facciamo fatica a cambiare le nostre abitudini e facciamo fatica a comprendere che possiamo stare meglio di così, possiamo vivere meglio di così… e sapete perché?
Perché la mente non vede!
Si la mente non vede finché non operiamo nella nostra vita de cambiamenti concreti, dove è possibile sperimentare che la condizione salutare che viviamo non è la migliore…
È possibile cambiare!
Fatelo con assoluta rilassatezza, a mente aperta, col cuore!
PIANTE CHE CURANO … PIANTE PROIBITE
Josep Pamies ci conduce nella sua serra a Balaguer, dove coltiva piante medicinali usate da secoli nelle varie medicine tradizionali di tutto il mondo, descrivendone le proprietà.
Altro su www.byologik.wordpress.com
CAPIRE PER DIFENDERSI DA EQUITALIA
1 | IPOTECA
Prima di iscrivere l’ipoteca sugli immobili del debitore Equitalia è obbligata per legge a notificare al debitore il preavviso di ipoteca.
Con il preavviso Equitalia invita il debitore a pagare le somme dovute entro 30 giorni, con l’avvertenza che – in caso di mancato pagamento – si procederà all’iscrizione di ipoteca [1].
L’iscrizione di ipoteca è efficace anche se eseguita nel mancato rispetto dell’obbligo di invio del preavviso, fino a quando il giudice non ne ordina la cancellazione [2].
[1] Dl 70/2011 convertito con legge 106/2011.
[2] Cass. S.U. sent. n. 19667/2014.
[3] Dl 69/2013 convertito dalla legge 98/2013.
[4] Dpr 602/73, art. 26.
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NO AL PIGNORAMENTO DI 1^ CASA E FERMO AMMINISTRATIVO AUTO.
Niente pignoramento sulla prima casa se il debitore non possiede altri immobili.
Nuovi limiti anche sul fermo amministrativo e la pignorabilità delle auto.
Equitalia, le nuove condizioni del pignoramento immobiliare
Tutti i pignoramenti immobiliari convalidati anche prima del 21 agosto 2013 – cioè prima dell’entrata in vigore del decreto del fare – saranno cancellati.
E’ quanto ha disposto la corte di cassazione tramite la sentenza 19270/2014.
Una decisione che, per il suo valore retroattivo, fa sì che i pignoramenti già avviati vengano cancellati, se la vendita dell’immobile non è ancora avvenuta, e se sussistono precise condizioni.
Casa, quando non è pignorabile
Quando l’abitazione è l’unico immobile posseduto dal debitore, è la sua residenza anagrafica, ha finalità abitativa e non è di lusso, non può essere pignorata.
Sono questi i requisiti che, secondo quanto disposto dal decreto del fare, rendono impignorabile un bene immobile.
Condizione che è valida anche per i pignoramenti già avviati prima dell’entrata in vigore dello stesso decreto. Inoltre, se il credito a ruolo non è pari ad almeno 120mila euro e se non sono ancora decorsi sei mesi dall’iscrizione di ipoteca (tempo entro il quale il debitore può ancora versare il credito dovuto ed evitare le procedure cautelari di pignoramento da parte di Equitalia), il pignoramento immobiliare non è fattibile.
Pignoramenti, cosa non è cambiato con il decreto del fare
Se la sentenza 19270 della corte suprema ha confermato certi requisiti di impignorabilità, non ha però modificato quelli sull’ipoteca.
Ogni immobile, compresa la prima casa, continua infatti ad essere ipotecabile dall’agente di riscossione se l’importo a ruolo è pari ad almeno 20mila euro.
Le decisioni sulle procedure cautelari non impediscono nemmeno ad Equitalia di intervenire nelle procedure di esproprio di altri creditori.
Cosa cambia per i fermi amministrativi
Le novità del decreto del fare non riguardano solo i pignoramenti immobiliari, ma anche i fermi amministrativi.
Se il debitore non versa quanto deve neanche dopo la notifica di preavviso del fermo, e dunque dopo l’invito a pagare il dovuto entro 30 giorni, Equitalia può iscrivere il fermo amministrativo del veicolo, ovvero vietare la circolazione del mezzo di proprietà del debitore, a pena della sua confisca.
Stop ai pignoramenti delle auto come beni strumentali
Ma la novità apportata dal decreto del fare sta nel fatto che se il debitore, entro gli stessi 30 giorni dalla notifica, dimostra che il veicolo è strumentale (ovvero gli è indispensabile per esercitare la sua attività commerciale o la sua professione, e non è sostituibile con altri beni aziendali), il pignoramento è limitato ad un quinto del suo valore, e può essere eseguito solo se il debitore non ha altri beni su cui Equitalia può rifarsi per ottenere il credito dovuto.
Nel caso di veicolo strumentale, il pignoramento è valido per 360 giorni, e la vendita all’asta non può avvenire prima di 300 giorni dal pignoramento.
Il debitore proprietario del mezzo così pignorato ne rimane custode, ovvero può continuare ad utilizzarlo secondo l’originaria destinazione d’uso.
Tratto da (CLICCA QUI)
RICORDARE IL TIROLO E’ UN “NOSTRO” DIRITTO.
PUTIN AGLI USA: AGITE DA NEMICI, SAPPIATE CHE RESISTEREMO.
Il riconoscimento russo delle due repubbliche di Abkhazia e Ossetia del Sud (che Putin non aveva concesso fino all’agosto 2008) fu il primo segnale che il Cremlino aveva deciso – sebbene non di propria iniziativa ma pressato dall’iniziativa avversaria – di alzare il segnale di stop verso Washington.
A Sochi, nell’ottobre 2014, Putin ha “resettato” drasticamente il rapporto tra la sua Russia e Washington.
Un discorso ben meditato, che sarebbe grave errore, per tutti, sottovalutare.
Molto più forte, a tratti drammatico nella sua chiarezza, di quello da lui pronunciato a Monaco, nel 2007.
Nei 14 anni del suo potere il presidente russo non si era mai spinto fino a questo punto.
E si capisce il perché solo seguendo il suo ragionamento.
Vediamo di quale reset si tratta.
Fino all’altro ieri Putin era rimasto “dentro” lo schema del post guerra fredda.
C’era rimasto sia perché non aveva scelte diverse da fare, sia perché – con ogni probabilità – a quello schema credeva e lo riteneva utile e realistico.
La crisi era già visibile. La Russia ci stava dentro scomoda. Ma rimaneva l’intenzione di superarla, con il tempo, costruendo una nuova architettura della sicurezza mondiale assieme agli Stati Uniti.
Per anni, dopo il crollo del Muro, la Russia ha dovuto sopportare molti “sgarbi”.
È un eufemismo.
In molti casi la parola giusta sarebbe schiaffi.
La Russia è stata emarginata da numerosi momenti decisionali di rilievo internazionale, messa in secondo piano, scartata senza troppi complimenti.
Era (anche) un modo per farle capire che non contava e che non si voleva che contasse.
Espulsa dalla gestione dei conflitti africani, ignorata nel dibattito finanziario, messa in fila per il Wto.
E duramente offesa nell’intera vicenda jugoslava, fino al bombardamento di Belgrado e all’indipendenza del Kosovo. Ammessa in sala riunioni solo là dove era indispensabile che ci fosse, nel negoziato con l’Iran e nella crisi siriana.
Peggio ancora: con gli ultimi presidenti americani, da Clinton, via George Bush Junior, fino a tutto Obama compreso, gli Stati Uniti hanno manovrato su scala planetaria ignorando platealmente ogni riconoscimento delle zone d’influenza russa, passeggiandovi dentro senza alcun riguardo diplomatico.
Tutta l’Asia centrale ex sovietica è stata praticamente occupata dalle loro iniziative: dall’Azerbaigian fino alla Kirghisia.
Non dovunque con gli stessi successi.
Ma quello che conta, è il significato: Washington semplicemente mandava a dire a Mosca che non avrebbe tenuto in alcun conto il peso della Russia in quelle aree.
Per non parlare della Nato, la cui espansione a est – dopo la fine del patto di Varsavia – ha proceduto senza soste, alla pari con l’allargamento dell’Unione Europea su tutta l’Europa orientale, fin dentro alcuni territori che erano stati parte dell’Unione Sovietica, come le tre repubbliche baltiche.
Il tutto violando gli accordi, verbali e scritti, che impegnavano la Nato a non portare basi e armamenti nelle nuove repubbliche che via via aderivano all’Unione Europea.
Espansione accompagnata da dichiarazioni sempre più incongruenti con i fatti, secondo cui l’estensione della Nato non sarebbe stata indirizzata all’accerchiamento progressivo della Russia. Infine le operazioni degli ultimissimi anni, con l’inserimento della Georgia di Saakashvili nei meccanismi Nato e la promessa di un futuro ingresso a vele spiegate nella Nato della quarta repubblica ex sovietica; e con le analoghe pressioni e promesse nei confronti della Moldavia.
Da ricordare la “guerra georgiana”, conclusasi con la secca sconfitta di Tbilisi dopo il massacro di Tzkhinvali e l’intervento delle forze armate russe per ricacciare indietro i georgiani dal territorio dell’Ossetia del Sud.
Il riconoscimento russo delle due repubbliche di Abkhazia e Ossetia del Sud (che Putin non aveva concesso fino all’agosto 2008) fu il primo segnale che il Cremlino aveva deciso – sebbene non di propria iniziativa ma pressato dall’iniziativa avversaria – di alzare il segnale di stop verso Washington.
Tutto questo è stato superato, d’un colpo, dall’avventura spericolata del colpo di stato a Kiev, dal rovesciamento violento di Yanukovic e dal varo di una nuova Ucraina dichiaratamente ostile e bellicosa nei confronti di Mosca.
Il tutto non solo con il consenso ma con il finanziamento, la direzione, il controllo americano delle operazioni sul territorio, e politiche e, infine, militari.
Non si comprende la sintesi putiniana di Sochi se non tenendo conto della sommatoria di questi eventi.
La conclusione è esplicita: la leadership americana non prevede alcun multipolarismo, né alcun rispetto delle regole di un qualsivoglia partenariato tra eguali.
Non ci sono più regole condivise.
Esiste uno stato di caos, senza alcuna direzione.
Putin prende atto – senza dirlo esplicitamente, ma facendo capire che ha ben compreso – che il bersaglio è lui in persona.
Che le sanzioni non sono cominciate colpendo la Russia, ma colpendo il suo stesso entourage.
Che negli atteggiamenti e nelle dichiarazioni dei leader occidentali è riconoscibile l’idea che Putin non rappresenta la Russia e che, dunque, una volta eliminato lui, la Russia sarà ricondotta all’ovile.
In altri termini: l’Occidente non intende negoziare con la Russia fino a che Putin sarà alla sua testa.
La risposta di Sochi è ora nettissima, un vero e proprio punto di non ritorno.
Poggiato su alcuni pilastri.
Il primo è l’idea che l’unità dell’Occidente è precaria.
L’Europa non è compatta dietro l’America.
Resta un partner, anche se si trova sotto costrizione.
Lo dicono i numeri delle relazioni economiche e commerciali, oltre che la storia del dopoguerra.
Questo è il primo pilastro.
Potrebbe essere una scommessa che non si verificherà.
Ma è un modo per tenere aperto un campo di manovra.
Putin mostra di sapere perfettamente che la Russia che si trova tra le mani è incastonata in mille modi nel sistema occidentale.
Anche nei suoi quattordici anni di potere, non solo in quelli elstsiniani, la Russia si è legata mani e piedi ai destini dell’Occidente.
Dunque è vulnerabile e dovrà pagare prezzi salati, forse salatissimi.
Qui Putin è con le spalle al muro, e dovrà dimostrare ai suoi cittadini che riesce a svincolarsene.
Lo spazio potrà forse aprirsi come effetto della crisi politica di questa Europa.
Lo sfaldamento della tenuta dei partiti politici tradizionali, quasi dovunque, mostra che ci possono essere altri interlocutori, oltre ai conservatori tradizionali, ormai avvinghiati alle sinistre socialdemocratiche, tutte emigrate oltre Oceano.
L’Europa popolare va a destra, si muove in senso antieuropeo, antiamericano e antiglobalista, e converge sull’altro pilastro su cui Putin si appoggia: quello del patriottismo, del conservatorismo etico, dei valori tradizionali della famiglia, dell’educazione, del rispetto della memoria.
La “famiglia europea” potrebbe cambiare di segno nei prossimi anni.
E c’è un altro pilastro, ormai evidente: l’Oriente, la Cina, l’Iran, il resto del mondo.
Verso quella direzione – andassero male i tentativi verso l’Occidente – guarderà l’aquila bifronte.
Le sanzioni – dice Putin – non fermeranno questa Russia, che nelle parole di Putin appare vicina, risvegliata, compatta come non lo era da molti decenni.
È una specie di preludio a un governo di salvezza nazionale, in cui entreranno forse i comunisti di Ziuganov, i liberal-democratici di Zhirinovskij, i nazionalisti di destra e di sinistra, saltando a piè pari le distinzioni europee-occidentali che in Russia hanno sempre contato poco.
L’America di Obama, l’America che Mosca vede come in preda a una crisi senza ritorno (perché dopo Obama potrebbe venire il peggio, con una Hillary Clinton che vince le elezioni con il programma dei repubblicani più forsennati), non è più un partner.
L’orso russo – proprio questo ha detto Putin – non intende uscire dal suo habitat.
Non ha ambizioni espansive.
Ma non è disposto a farsi sloggiare.
Putin a questa conclusione è giunto.
Questo è il suo piano di resistenza.
Si tratta ora di vedere se è in condizione di reggerlo.
E con un’America che gioca alla “o la va o la spacca”, sarà una partita dura.
È dura quando entrambi i contendenti hanno le spalle al muro.
(Giulietto Chiesa, “Il reset di Putin”, da “Megachip” del 26 ottobre 2014).
tratto da: (CLICCA QUI)
VLADIMIR PUTIN E’ IL LEADER MORALE DEL MONDO . PAUL CRAIG ROBERTS
"L’Occidente immorale, malvagio e in declino è incapace di produrre una leadership della qualità di Putin".
Paul Craig Roberts sul suo sito invita i lettori a documentarsi sull’intervento tenuto da Vladimir Putin all’11esimo incontro del Valdai Internazionale Discussion Club.
Questi, scrive Craig Roberts, sono i commenti di un leader politico umanitario, che il mondo non ha mai avuto.
Confrontate Putin con l’inquilino della Casa Bianca o con i suoi burattini in carica in Germania, Regno Unito, Francia, Giappone, Canada, Australia, e vedrete la differenza tra una cricca criminale e un leader che lotta per un mondo umano e vivibile in cui siano rispettati gli interessi di tutti i popoli, prosegue Craig Roberts.
In una società occidentale sana, le dichiarazioni di Putin sarebbero state riportate integralmente e dibattiti organizzati con osservazioni di esperti come Stephen F. Cohen.
Cori di approvazione sarebbero stati ascoltati in televisione e letti sulla carta stampata.
Ma, naturalmente, nulla di tutto questo è possibile in un paese i cui governanti sostengono di essere il paese "eccezionale" e "indispensabile" con un diritto di egemonia sul mondo.
Per Washington e i suoi media nessun paese conta se non Washington stessa.
"Sei con noi o contro di noi", che significa "siete i nostri vassalli o i nostri nemici."
Questo significa che Washington ha dichiarato la Russia, la Cina, l'India, il Brasile e altri paesi del Sud America, l'Iran, e il Sudafrica di essere nemici.
Si tratta di una grossa fetta del mondo per un paese in bancarotta, odiato dai suoi popoli vassalli e da molti dei suoi sudditi, che non ha vinto una guerra da quando ha sconfitto il piccolo Giappone nel 1945, utilizzando le armi nucleari, l'unico uso di tali armi terribili nella storia del mondo.
Come americano, scrive Craig Roberts, fatico ad immagine qualsiasi noto politico americano, o qualsiasi professore di Harvard, Princeton, Yale, Stanford in grado di dare un indirizzo ad un gruppo di discussione della qualità delle osservazioni di Putin.
Provate a trovare qualsiasi politico americano in grado di rispondere con precisione e direttamente alle domande.
Nessuno può leggere commenti di Putin senza giungere alla conclusione che Putin è il capo del mondo, sostiene Craig Roberts.
A parere di Craig Roberts, Putin è una figura torreggiante e non si meraviglierebbe se Washington lo avesse incluso nella lista dei soggetti da eliminare, magari utilizzando uno dei terroristi islamici che la CIA supporta in Russia.
A differenza di un presidente americano, che non osa muoversi tra la gente apertamente, Putin non è tenuto a distanza dalla gente.
Putin è a suo agio con il popolo russo e si confonde in mezzo a loro.
Questo lo rende un facile bersaglio per la CIA, utilizzando magari un terrorista della Cecenia, un attentatore suicida jihadista, o il tradizionale "pazzo solitario".
L’Occidente immorale, malvagio e in declino è incapace di produrre una leadership della qualità di Putin, conclude Paul Craig Roberts.
STRAGE 11 SETTEMBRE: ORA TUTTI SANNO CHE L’AMERICA FECE CROLLARE LE TORRI…
Hanno davvero assassinato tremila innocenti per poi avere l’alibi per invadere il mondo?
I retroscena sull’11 Settembre, ancora giudicati “puro delirio cospirazionista” dal mainstream, stanno facendo passi da gigante: di fronte all’aggressione della Siria, l’ex deputato Dennis Kucinich ha detto che gli Stati Uniti «diventeranno ufficialmente l’aeronautica militare di Al-Qaeda», ma l’America ne ha avuto abbastanza: nove americani su dieci erano contrari all’invasione.
E a proposito dell’11 Settembre, un incredibile 84% delle persone oggi dice che il governo sta mentendo.
«Disponiamo di precedenti documentati storicamente che dimostrano come il governo sia pronto a commettere i peggiori crimini contro la propria stessa popolazione».
Grazie a “Consensus 9/11”, il board di tecnici indipendenti che ha smontato la verità ufficiale, emerge in tutta la sua minacciosa potenza la tesi peggiore, quella della strategia della tensione: senza esplosivo, le Torri Gemelle non sarebbero mai crollate.
Lo dicono ex funzionari dell’intelligence, ingegneri, vigili del fuoco.
Sconcertante, per dovizia di particolari, il reportage trasmesso l’8 settembre 2013 da “Russia Today”, il network televisivo “all news” di Mosca, in una trasmissione in lingua inglese molto seguita negli Usa, trascritta testualmente da “Global Research”, il centro studi canadese di geopolitica coordinato dal professor Michel Chossudovsky.
«Alti funzionari – spiega il conduttore di “Rt”, Daniel Bushell – dicono che la Casa Bianca stia dietro il terrorismo contro la stessa popolazione americana», esibendo nuove prove sull’11 Settembre.
«Per decenni, atti di terrorismo di cui si è attribuita la responsabilità ad “estremisti” sono stati in realtà pianificati e finanziati dalla Casa Bianca».
Secondo l’ex capo della Cia, Bill Colby, l’organizzazione denominata Gladio – tristemente nota in Italia – ha rappresentato «un’operazione di primaria importanza».
Nel corso di una testimonianza sotto giuramento, uno dei cospiratori ha confessato: «Tu devi attaccare i civili, la gente, le donne, i bambini, lontano da qualunque gioco politico, in modo che le autorità possano dichiarare uno stato di emergenza».
Un affare «più grosso del Watergate», l’ha definito Dennis Saccher, dell’Fbi, riferendosi al supporto che gli Usa hanno dato ai leader di Al-Qaeda fino al 2001, mentre “Veterans Today” scrive che la cosa va avanti ancora oggi.
L’ex funzionario dissidente dell’Fbi Siebel Edmonds ha svelato la verità sugli «innumerevoli meeting» in cui, regolarmente, rappresentanti del governo Usa e l’allora numero due di Al-Qaeda e oggi suo leader, l’egiziano Ayman Al-Zawahiri, si incontravano fino a poco prima del settembre 2001.
Già a luglio di quell’anno, agenti dell’Fbi che si erano messi sulle tracce dei futuri attentatori delle Torri sono stati esclusi dalle indagini e minacciati di procedimento disciplinare.
Nell’estate del 2001, dopo che alcuni agenti avevano arrestato Mohammed Khalifa, direttamente collegato al terrorista Ramzi Yousef (uomo incluso nella lista dei terroristi più ricercati dagli Usa), il segretario di Stato in persona intervenne perché Khalifa fosse immediatamente trasferito in Arabia Saudita, dove fu rilasciato.
«Questo è esattamente quel che è in realtà Al-Qaeda: il burattino delle agenzie di intelligence dell’Occidente», sostiene Kevin Barrett, autore del libro “Questioning the War on Terror”.
«Lo abbiamo sentito dire da Mohamed Heikal, che è il più importante commentatore politico del mondo arabo».
Subito dopo l’11 Settembre, Heikal ha dichiarato che la storia ufficiale degli attentati alle Torri era semplicemente ridicola.
«Heikal ha detto che quando lui era ai più alti livelli di governo in Europa, era la persona che aveva il compito, essenzialmente, di operare come infiltrato e dirigere, virtualmente, la cosiddetta Al-Qaeda.
Ci ha detto che Al-Qaeda è piena di gente dell’intelligence saudita, americana, israeliana e naturalmente egiziana, e che come organizzazione terroristica, da sola, non sarebbe in grado di fare praticamente nulla».
Secondo Nafeez Ahmed, uno dei più importanti studiosi di terrorismo, è sconcertante l’episodio vissuto in Turchia alla vigilia degli attentati: stupefatti, i poliziotti turchi, che l’uomo appena arrestato come “terrorista islamico” non pregasse mai e gradisse la carne di maiale.
«Scusa, pensavamo che fossi un musulmano integralista».
E lui, ridendo: «Ma no, è solo una strategia della tensione».
Motivazioni che quest’anno hanno portato gli analisti indipendenti e i parenti delle vittime a sfidare apertamente il governo Obama e il mainstream, esibendo a Times Square una grande insegna per denunciare il dettaglio più strano della strage di New York: il crollo della terza torre, chiamata Wtc-7, collassata in caduta libera «sgonfiandosi come un pancake» nonostante si trovasse a diversi isolati di distanza dagli edifici colpiti dagli aerei.
«Questa è fisica di alta scuola», denuncia l’ingegnere strutturale Roland Angle nel video “ReThink911”. Rincara la dose un collega, Jonathan Smolens: «Un edificio non può collassare in caduta libera con quarantamila tonnellate di strutture di acciaio, e con tutti i suoi sistemi strutturali interni, se non viene fatto esplodere con una demolizione controllata».
La versione del governo, ricorda “Rt”, è che il fuoco degli incendi sviluppatisi all’interno degli uffici ha fatto in modo che l’acciaio delle 84 colonne si indebolisse e cedesse allo stesso momento.
Dunque, chi è stato?
«Posso dirvi chi non è stato: di sicuro, non i 19 presunti dirottatori degli aerei», afferma Jon Cole, uno delle migliaia di esperti indipendenti che fanno parte di “Architects and Engineers for 9/11 Truth”.
«È impossibile che quell’acciaio possa essere stato fuso dagli incendi degli uffici, o dal carburante degli aerei, o dal collasso stesso.
È fisicamente impossibile, non può essere riprodotto in via sperimentale.
Sfida le leggi della fisica.
Se mettiamo da parte la politica, le nostre credenze e la religione, e ci limitiamo a utilizzare il metodo scientifico, il Wtc-7 è, di base, un classico caso di demolizione controllata in cui un edificio collassa su se stesso in caduta libera, e precipita dritto dritto sulla propria superficie di appoggio.
Questa è l’unica spiegazione che possa essere coerente con tutte le prove disponibili: la nano-termite, le microsfere di ferro, le alte temperature rilevate nelle macerie, la caduta libera e l’accelerazione uniforme delle torri, che sono venute giù con velocità costante e uniforme, senza strattoni o scatti neanche quando le parti superiori cedevano su quelle sottostanti».
Se non ci sono variazioni nella velocità di caduta, continua Cole, la ragione non può che essere questa: «Qualcosa, all’interno, ha fatto esplodere le torri, permettendo di accelerare uniformemente verso il basso: l’unica cosa che ha senso, dal punto di vista scientifico, è che le torri sono state fatte esplodere».
Il tecnico ha preso di mira i siti web del “National Geographic” e “Popular Mechanics”, che hanno tentato disperatamente di dimostrare come 80 chili di nano-termite militare non avrebbero potuto spezzare le colonne d’acciaio della struttura delle torri.
Jon Cole lo ha fatto, usandone appena mezzo chilo.
La nota ricercatrice Elizabeth Woodworth, scesa in campo con il gruppo “Consensus 9/11”, conferma che il loro metodo è quello di utilizzare le migliori pratiche della comunità scientifica, e sui risultati non ha dubbi: il governo ha mentito, sempre “coperto” dalla pervicace reticenza dei media.
«Se le persone sapessero di queste ricerche, e le conoscessero, le troverebbero convincenti.
Non s’è mai visto nessuno che abbia esaminato queste prove e che non abbia condiviso le conclusioni dei nostri studi, senza più cambiare idea».
Quantomeno, “Consensus 9/11” è riuscito a far modificare la versione ufficiale del governo, che oggi ammette che la terza torre, il Wtc-7, sia effettivamente collassata in caduta libera.
David Chandler, un abile sviluppatore di modelli, ha dimostrato che i piani superiori sono precipitati senza incontrare alcuna resistenza.
«C’è un solo modo in cui ciò possa accadere, ed è quello di far sì che tutte le 84 colonne portanti siano rotte allo stesso momento esatto», spiega Elizabeth Woodworth.
Un altro tecnico, il dottor Graeme Mc Queen, ha potuto avere accesso ai dati del corpo dei vigili del fuoco di New York registrati nei giorni dell’attentato.
Hanno davvero assassinato tremila innocenti per poi avere l’alibi per invadere il mondo?
I retroscena sull’11 Settembre, ancora giudicati “puro delirio cospirazionista” dal mainstream, stanno facendo passi da gigante: di fronte all’aggressione della Siria, l’ex deputato Dennis Kucinich ha detto che gli Stati Uniti «diventeranno ufficialmente l’aeronautica militare di Al-Qaeda», ma l’America ne ha avuto abbastanza: nove americani su dieci erano contrari all’invasione.
E a proposito dell’11 Settembre, un incredibile 84% delle persone oggi dice che il governo sta mentendo. «Disponiamo di precedenti documentati storicamente che dimostrano come il governo sia pronto a commettere i peggiori crimini contro la propria stessa popolazione».
Grazie a “Consensus 9/11”, il board di tecnici indipendenti che ha smontato la verità ufficiale, emerge in tutta la sua minacciosa potenza la tesi peggiore, quella della strategia della tensione: senza esplosivo, le Torri Gemelle non sarebbero mai crollate.
Lo dicono ex funzionari dell’intelligence, ingegneri, vigili del fuoco.
Sconcertante, per dovizia di particolari, il reportage trasmesso l’8 settembre 2013 da “Russia Today”, il network televisivo “all news” di Mosca, in una trasmissione in lingua inglese molto seguita negli Usa, trascritta testualmente da “Global Research”, il centro studi canadese di geopolitica coordinato dal professor Michel Chossudovsky.
«Alti funzionari – spiega il conduttore di “Rt”, Daniel Bushell – dicono che la Casa Bianca stia dietro il terrorismo contro la stessa popolazione americana», esibendo nuove prove sull’11 Settembre.
«Per decenni, atti di terrorismo di cui si è attribuita la responsabilità ad “estremisti” sono stati in realtà pianificati e finanziati dalla Casa Bianca».
Secondo l’ex capo della Cia, Bill Colby, l’organizzazione denominata Gladio – tristemente nota in Italia – ha rappresentato «un’operazione di primaria importanza».
Nel corso di una testimonianza sotto giuramento, uno dei cospiratori ha confessato: «Tu devi attaccare i civili, la gente, le donne, i bambini, lontano da qualunque gioco politico, in modo che le autorità possano dichiarare uno stato di emergenza».
Un affare «più grosso del Watergate», l’ha definito Dennis Saccher, dell’Fbi, riferendosi al supporto che gli Usa hanno dato ai leader di Al-Qaeda fino al 2001, mentre “Veterans Today” scrive che la cosa va avanti ancora oggi.
L’ex funzionario dissidente dell’Fbi Siebel Edmonds ha svelato la verità sugli «innumerevoli meeting» in cui, regolarmente, rappresentanti del governo Usa e l’allora numero due di Al-Qaeda e oggi suo leader, l’egiziano Ayman Al-Zawahiri, si incontravano fino a poco prima del settembre 2001.
Già a luglio di quell’anno, agenti dell’Fbi che si erano messi sulle tracce dei futuri attentatori delle Torri sono stati esclusi dalle indagini e minacciati di procedimento disciplinare.
Nell’estate del 2001, dopo che alcuni agenti avevano arrestato Mohammed Khalifa, direttamente collegato al terrorista Ramzi Yousef (uomo incluso nella lista dei terroristi più ricercati dagli Usa), il segretario di Stato in persona intervenne perché Khalifa fosse immediatamente trasferito in Arabia Saudita, dove fu rilasciato.
«Questo è esattamente quel che è in realtà Al-Qaeda: il burattino delle agenzie di intelligence dell’Occidente», sostiene Kevin Barrett, autore del libro “Questioning the War on Terror”.
«Lo abbiamo sentito dire da Mohamed Heikal, che è il più importante commentatore politico del mondo arabo».
Subito dopo l’11 Settembre, Heikal ha dichiarato che la storia ufficiale degli attentati alle Torri era semplicemente ridicola.
«Heikal ha detto che quando lui era ai più alti livelli di governo in Europa, era la persona che aveva il compito, essenzialmente, di operare come infiltrato e dirigere, virtualmente, la cosiddetta Al-Qaeda.
Ci ha detto che Al-Qaeda è piena di gente dell’intelligence saudita, americana, israeliana e naturalmente egiziana, e che come organizzazione terroristica, da sola, non sarebbe in grado di fare praticamente nulla».
Secondo Nafeez Ahmed, uno dei più importanti studiosi di terrorismo, è sconcertante l’episodio vissuto in Turchia alla vigilia degli attentati: stupefatti, i poliziotti turchi, che l’uomo appena arrestato come “terrorista islamico” non pregasse mai e gradisse la carne di maiale.
«Scusa, pensavamo che fossi un musulmano integralista».
E lui, ridendo: «Ma no, è solo una strategia della tensione».
Motivazioni che quest’anno hanno portato gli analisti indipendenti e i parenti delle vittime a sfidare apertamente il governo Obama e il mainstream, esibendo a Times Square una grande insegna per denunciare il dettaglio più strano della strage di New York: il crollo della terza torre, chiamata Wtc-7, collassata in caduta libera «sgonfiandosi come un pancake» nonostante si trovasse a diversi isolati di distanza dagli edifici colpiti dagli aerei.
«Questa è fisica di alta scuola», denuncia l’ingegnere strutturale Roland Angle nel video “ReThink911”. Rincara la dose un collega, Jonathan Smolens: «Un edificio non può collassare in caduta libera con quarantamila tonnellate di strutture di acciaio, e con tutti i suoi sistemi strutturali interni, se non viene fatto esplodere con una demolizione controllata».
La versione del governo, ricorda “Rt”, è che il fuoco degli incendi sviluppatisi all’interno degli uffici ha fatto in modo che l’acciaio delle 84 colonne si indebolisse e cedesse allo stesso momento.
Dunque, chi è stato?
«Posso dirvi chi non è stato: di sicuro, non i 19 presunti dirottatori degli aerei», afferma Jon Cole, uno delle migliaia di esperti indipendenti che fanno parte di “Architects and Engineers for 9/11 Truth”.
«È impossibile che quell’acciaio possa essere stato fuso dagli incendi degli uffici, o dal carburante degli aerei, o dal collasso stesso.
È fisicamente impossibile, non può essere riprodotto in via sperimentale.
Sfida le leggi della fisica.
Se mettiamo da parte la politica, le nostre credenze e la religione, e ci limitiamo a utilizzare il metodo scientifico, il Wtc-7 è, di base, un classico caso di demolizione controllata in cui un edificio collassa su se stesso in caduta libera, e precipita dritto dritto sulla propria superficie di appoggio.
Questa è l’unica spiegazione che possa essere coerente con tutte le prove disponibili: la nano-termite, le microsfere di ferro, le alte temperature rilevate nelle macerie, la caduta libera e l’accelerazione uniforme delle torri, che sono venute giù con velocità costante e uniforme, senza strattoni o scatti neanche quando le parti superiori cedevano su quelle sottostanti».
Se non ci sono variazioni nella velocità di caduta, continua Cole, la ragione non può che essere questa: «Qualcosa, all’interno, ha fatto esplodere le torri, permettendo di accelerare uniformemente verso il basso: l’unica cosa che ha senso, dal punto di vista scientifico, è che le torri sono state fatte esplodere».
Il tecnico ha preso di mira i siti web del “National Geographic” e “Popular Mechanics”, che hanno tentato disperatamente di dimostrare come 80 chili di nano-termite militare non avrebbero potuto spezzare le colonne d’acciaio della struttura delle torri.
Jon Cole lo ha fatto, usandone appena mezzo chilo.
La nota ricercatrice Elizabeth Woodworth, scesa in campo con il gruppo “Consensus 9/11”, conferma che il loro metodo è quello di utilizzare le migliori pratiche della comunità scientifica, e sui risultati non ha dubbi: il governo ha mentito, sempre “coperto” dalla pervicace reticenza dei media.
«Se le persone sapessero di queste ricerche, e le conoscessero, le troverebbero convincenti.
Non s’è mai visto nessuno che abbia esaminato queste prove e che non abbia condiviso le conclusioni dei nostri studi, senza più cambiare idea».
Quantomeno, “Consensus 9/11” è riuscito a far modificare la versione ufficiale del governo, che oggi ammette che la terza torre, il Wtc-7, sia effettivamente collassata in caduta libera.
David Chandler, un abile sviluppatore di modelli, ha dimostrato che i piani superiori sono precipitati senza incontrare alcuna resistenza.
«C’è un solo modo in cui ciò possa accadere, ed è quello di far sì che tutte le 84 colonne portanti siano rotte allo stesso momento esatto», spiega Elizabeth Woodworth.
Un altro tecnico, il dottor Graeme Mc Queen, ha potuto avere accesso ai dati del corpo dei vigili del fuoco di New York registrati nei giorni dell’attentato.
«Abbiamo quasi diecimila pagine di materiale importantissimo, che raccoglie le dichiarazioni di testimoni oculari, e tra questi – racconta Mc Queen – ho potuto individuare 118 persone che hanno distintamente percepito esplosioni».
A parlare sono «vigili del fuoco che hanno dimestichezza con incendi ai piani alti, e che sono abituati a incontrare fumo, esplosioni, caldaie, e tuttavia anche loro usano parole come “bombe”: sono parole che non corrispondono alle cose che ci si aspetterebbe di trovare in un incendio».
Tra chi pretende uno straccio di verità, dopo 12 anni di versioni ufficiali che rasentano il ridicolo, c’è chi ha perso i propri parenti nella strage di Manhattan.
Bob Mc Ilvane, ad esempio, vuole sapere perché l’autopsia del corpo di suo figlio Bobby ha stabilito che le ferite mortali per cui è morto nella Torre Nord non siano affatto coerenti con le fiamme di un incendio, ma con gli esplosivi.
Eppure, la conduttrice di un programma popolarissimo come Rachel Maddow lo ha appena deriso, sostenendo che l’uomo non è solo “un cospirazionista”, ma forse anche un infiltrato di Al-Qaeda.
«Tutte queste nefande cospirazioni su trame del governo per uccidere, complottare e nascondere l’autentica verità, voglio dire, questa roba sarà ridicola, come è sempre stata, ma è tanto ridicola quanto pericolosa», ha detto la Maddow nel suo show sulla rete “Nbc”.
«Mio figlio è morto, ed è morto a causa di un’esplosione: posso provarlo oltre ogni ragionevole dubbio», protesta il padre di Bobby.
«Se però volessi dimostrarlo in un’aula di giustizia, queste prove non potrebbero essere accettate», aggiunge Bob Mc Ilvane ai microfoni di “Russia Today”, perché l’establishment non sarebbe in grado di reggere all’imbarazzo.
«E qui è il punto in cui abbiamo il nostro problema: quando io dico, “bene, questo è stato un lavoro dall’interno, mio figlio è morto per un lavoro sporco della nostra amministrazione, perché qualcuno ha messo delle bombe e le ha fatte esplodere”».
Se il suo primo “nemico” è la Casa Bianca, il secondo è l’anchorwoman Rachel Maddow. «Vorrei farla sedere in questa stanza, e farle vedere quello che ho fatto vedere a voi, e poi le direi: “Tu, brutta stronza, adesso dimmi che sono un teorico della cospirazione”.
Questo veramente dimostra quanto faccia schifo il nostro sistema dei media.
Non voglio definirla una puttana, ma è una puttana dell’informazione.
Guadagna più di un milione di dollari, e dice quello che le ordinano di dire».
Una giornalista di Philadelphia è stata molto franca col padre di Bobby.
Gli ha detto: «Lo sai bene Bob, come reporter, io sono il problema, perché noi perdiamo il posto.
Se io porto questa piccola cosa che tu mi hai appena detto al mio caporedattore, lui la cestinerà immediatamente.
Quindi ti dico molto chiaramente che io non posso prendere la tua storia e scriverla.
I padroni dei media non lo permetterebbero».
La stampa non ne parla, perché significherebbe instillare un dubbio nella testa delle persone.
Di chi è la colpa di tutto questo?
«Il popolo degli Stati Uniti ha le sue responsabilità – dice Bob Mc Ilvane – perché la gente vuole solo credere e sentirsi dire che siamo brava gente, che siamo un paese eccezionale, ed è proprio questo che fa il governo, è molto machiavellico».
Il padre di Bobby va oltre, guarda al resto del mondo: «Ora abbiamo la nostra Guerra al Terrore senza fine. Io so che cosa stanno passando queste persone in Iraq, Siria, Libia, Afghanistan, perché tutti loro stanno perdendo i loro bambini.
E alla fine, di questo si tratta: tutti stanno perdendo i propri familiari.
È inferno allo stato puro».
Lo conferma Daniele Ganser, autore del libro “Gli eserciti segreti della Nato”.
L’accusa: anche se i media continuano a non parlarne, è ormai provato e ufficialmente documentato che decenni di attacchi terroristici contro la popolazione – compresi quelli realizzati da Gladio – sono stati in realtà organizzati dalla Cia, su ordine della Casa Bianca.
«Grazie ai dati – dice Ganser – la gente comincia a capire che questo è effettivamente avvenuto».
Ma c’è ancora un ostacolo psicologico: «E’ molto difficile credere che queste cose stiano ancora accadendo, perché si tratta di cattive notizie».
Non è affatto piacevole prendere atto del fatto che «il terrorismo può essere manipolato al fine di prendere il controllo della popolazione, e di guidarla come se fosse un gregge di pecore, letteralmente.
E se qualcuno ti dice che sei una pecora, che ti hanno ingannato e manipolato con operazioni terroristiche sotto falsa bandiera, bene, si tratta di cose che nessuno davvero vuole sentirsi dire».
Proprio su questo sanno di poter contare, in partenza, gli eventuali organizzazioni di stragi: se la verità è troppo enorme perché sia accettata, è più facile che venga rimossa – è più rassicurante.
«Strategia della tensione in realtà significa che tu fai esplodere una bomba, e dici che è stato il tuo nemico a farlo».
Purtroppo non sono soltanto analisi storiche, come quelle (anche giudiziarie) sulle tragedie che hanno torturato l’Italia.
«Le prove di cui oggi disponiamo – assicura Ganser – ci dicono che questa strategia non è finita, e sta andando avanti ancora oggi»
Tratto da (CLICCA QUI)
COME NON ESSERE DACCORDO CON PUTIN ?
Come non essere d’accordo con Putin ?
Intanto la propaganda occidentale continua nella sua opera menzognera nei confronti della Russia…
“In un mondo sempre più senza regole, il rischio di grandi conflitti che coinvolgono i principali paesi sta aumentando”.
A margine dell’incontro avuto con il principe di Abu Dhabi Al Nahyan a Sochi, il presidente russo Vladimir Putin torna all’attacco dopo alcune settimane difensive e dichiara, da un lato, che il dollaro americano sta perdendo la fiducia del mondo come moneta di riserva e, dall’altro lato, che, in un mondo sempre più senza regole, il rischio di grandi conflitti che coinvolgono i principali paesi sta aumentando.
E con esso anche il rischio di violazioni sui trattati sul controllo degli armamenti.
Putin ha precisato poi che il mondo unipolare a guida americana è definibile come una dittatura rispetto agli altri paesi.
“La leadership degli Stati Uniti non porta nulla di buono per gli altri”, e, sostiene Putin, per questo è necessario un nuovo consenso globale.
Il principe ereditario Al Nahyan di Abu Dhabi ha confermato che Mosca “gioca un ruolo molto importante in Medio Oriente”, e ha aggiunto che non aveva dubbi sul fatto che il suo paese e la Russia “restassero legati da un rapporto privilegiato”.
Non proprio quindi quell’isolamento che in occidente si tende a descrivere.
E intanto il Washington Times scrive come “le provocazioni militari russe sono aumentate così tanto nel corso dei sette mesi – da quando Mosca ha annesso la Crimea – che Washington e i suoi alleati stanno rimescolando mezzi di difesa su base quasi giornaliera in risposta alle incursioni aeree, marittime e terrestri da parte delle forze di Vladimir Putin.
Non solo Mosca continua a fomentare disordini in Ucraina orientale, i funzionari degli Stati Uniti e gli esperti di sicurezza regionale confermano che i caccia russi stanno testando i tempi di reazione degli Stati Uniti in Alaska e in Giappone.
tratto da: (CLICCA QUI)
CAMPI DI STERMINIO UE IN GRECIA: MIGLIAIA DI PERSONE RICHIUSE CON LA FORZA IN MANICOMI-LAGHER DA POLIZIA E MAGISTRATURA
Si avvicina a grandi passi il momento di un’altra Norimberga…..
ATENE
La malattia mentale costituisce un altro lato oscuro della crisi economica della Grecia che in genere è invisibile, ma – come concordano ormai medici e psicologi – i drastici cambiamenti intervenuti nella vita quotidiana dei greci nel corso degli ultimi sei anni hanno causato gravi conseguenze sullo stato di salute mentale del Paese.
Come riferisce il sito web GreekReporter.com, gli ospedali psichiatrici di tutta la Grecia sono stacolmi di pazienti le cui condizioni mentali e fisiche sono a volte impressionanti, per l’orrore che suscita la condizione di esseri umani devastati dalla crisi generata dall’euro e gestita in modo criminale dalla Troika inviata in Grecia dalla Ue.
L’ospedale psichiatrico Dafne, cui fa riferimento tutta la regione di Atene e dell’Attica, ammette circa 200 nuovi pazienti ogni mese e tale numero supera del 30% la capacità di ricezione per cui i ricoverati rimangono in attesa nei corridoi e sono costretti a dormire sulle lettighe.
Inoltre, il numero degli ingressi non volontari è aumentato drammaticamente dal 2010. A tuttoggi, quasi il 55% dei pazienti viene ricoverato nelle cliniche per disordini mentali non su base volontaria ma per intervento della polizia o per ordine di un magistrato.
I pazienti che sono ammessi in questi istituti sono per lo più disoccupati, uomini d’affari che sono andati in bancarotta o genitori che non hanno i mezzi per nutrire i propri figli. La maggior parte dei ricoverati sono persone di oltre 40 anni di età che non hanno mai mostrato in passato segni di squilibrio mentale.
Sempre per colpa della crisi, che ha falciato stipendi e posti di lavoro per colpa dei diktat della Troika, anche centinaia di persone senza fissa dimora sono finite negli ultimi tempi negli ospedali psichiatrici con gravi disturbi mentali.
Di solito questi pazienti rimangono in ospedale per un breve periodo di tempo e poi tornano di nuovo in strada senza ricevere più alcuna assistenza medica.
Diversi studi scientifici in Europa e negli Usa hanno definitivamente stabilito un effettivo collegamento fra l’essere un senzatetto e soffrire di disturbi mentali. Il mese scorso, un uomo di 44 anni che soffriva di depressione si è tolto la vita nel centro di Atene. Il giorno prima di suicidarsi era stato ricoverato all’ospedale Dromokaiteio dove però i medici non avevano ritenuto necessario ricoverarlo in osservazione e lo avevano subito dimesso.
Secondo i media locali, in genere gli ospedali chiedono ai medici di dimettere i pazienti in quanto le strutture sono sempre piene e non ci sono posti disponibili. Nel corso dei primi nove mesi del 2014, 3.412 pazienti sono stati esaminati all’ospedale Dafne ma solo 1.757 sono stati ammessi.
“Purtroppo in questo momento non abbiamo le strutture necessarie per aiutare queste persone e anche i redditi dei loro famigliari si sono notevolmente ridotti”, ha osservato Theodoros Megalooikonomou, direttore dell’Ospedale Psichiatrico Dafne.
Questi ospedali pischiatrici sono dei veri lager degni del dottor Mengele.
La Troika deve essere processata e condannata per crimini contro l’umanità.
max parisi
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ATTENZIONE IN FRAZIONE GHISA A MONTECCHIO MAGGIORE – IMPOSTO LIMITE VELOCITA’ A 40KM!
Informazione di servizio:
Nel comune di Montecchio Maggiore, nella frazione Ghisa, la strada provinciale è stata portata da 70km/h a 40km/h!
La strada versa in condizioni vergognose da anni, e per non assumersi le proprie responsabilità l'amministrazione ha deciso di scaricarle sui cittadini, cercando di fare cassa nel frattempo!
Si tratta di un rettilineo di oltre 2km in cui un limite del genere è ingiustificabile in un paese civile, cosa che l'itaGlia infatti non è.
Questo è il risultato di 70 mld di euro di tasse. Il limite NON È TEMPORANEO!
MASSIMA DIFFUSIONE!
Presto posterò delle foto/video per testimonianza.
Davide Giaretta
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LA BUROCRAZIA ITALICA UCCIDE ANCORA.
Di burocrazia si muore!
La burocrazia uccide letteralmente!
Pensate che a Pordenone, nel ricco ed efficiente Friuli-Venezia Giulia un imprenditore si è suicidato dopo essere stato escluso dal Comune alla gara d'appalto per il rinnovo dell'attività che svolgeva in una struttura comunale da 12 anni, soltanto perché aveva dimenticato di allegare la fotocopia della carta d'identità!
Giovanni Scrizzi, 59 anni, era una personalità conosciuta ed apprezzata a Pordenone.
È stato l'ideatore e fondatore del caffè Letterario di Pordenone e di tante altre esperienze commerciali e culturali.
Il Caffè Letterario, di proprietà del Comune, è da anni un punto di riferimento per l'attività culturale di Pordenone.
Da parte del Comune ha prevalso il rispetto rigoroso e cieco delle norme anziché il rispetto della persona, della sua professionalità e della sua dignità.
Possibile che nel caso di un artista ed imprenditore che da 12 anni collaborava proficuamente con il Comune nell'attività culturale, non si sia potuto anteporre le ragioni umane visto che la sua identità era nota a tutti?
Possibile che dobbiamo porci queste domande solo dopo il suicidio di un uomo disperato che si è sentito vittima di una beffa del mostro di una burocrazia senza testa, senza cuore e senz'anima?
Una interpellanza su facebook:
Ok la burocrazia, ma chi ha respinto la richiesta?
Nome e cognome, che tutti sappiano chi è l'assasino dello stato itagliano.
Tratto da (CLICCA QUI)