ATTUALITA

2011.07.06 – LA RIVOLUZIONE ISLANDESE

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E' in corso da due anni una rivoluzione in Europa, ma nessuno ne parla: breve resoconto della rivolta anticrisi islandese.

Recentemente la rivolta in Tunisia si è conclusa con la fuga del tiranno Ben Alì, così democratico per l'occidente fino all'altroieri e alunno esemplare del Fondo monetario internazionale.
Tuttavia, un altra "rivoluzione" che ormai è in corso da due anni è stata completamente taciuta e nascosta dai media mainstream internazionali ed europei.
È accaduto nella stessa Europa, in un paese con la democrazia probabilmente più antica del mondo, le cui origini vanno indietro all'anno 930 e che ha occupato il primo posto nel rapporto del ONU sull'indice dello sviluppo umano di 2007/2008.
Indovinate di quale paese si tratta?
-.Sono sicuro che la maggioranza non ne ha idea.
Si tratta dell'Islanda, dove si è fatto dapprima dimettere il governo in carica al completo, poi si è passato alla nazionalizzazione delle principali banche, infine si è deciso di non pagare i debiti che queste avevano contratto con la Gran Bretagna e l'Olanda a causa della loro ignobile politica finanziaria; infine si è passati alla costituzione di un'assemblea popolare per riscrivere la propria costituzione.
Tutto questo avviene attraverso una vera e propria rivoluzione, seppur senza spargimenti di sangue ma semplicemente a colpi di casseruole, con le proteste e le urla in piazza e con lanci di uova, una rivoluzione contro il potere politico-finanziario neoliberista che aveva condotto il paese nella grave crisi finanziaria.
Non se ne è parlato dalle nostre parti, se non molto superficialmente, a differenza delle rivolte in altre latitudini discorsive (la Sicilia meridionale è più a sud di Tripoli, eppure la remota Islanda, più vicina al polo nord che all'Italia è percepita come parte della "Moderna" Europa).
Il motivo è semplicemente il terrore, per lor signori, democratici o conservatori che siano, della riproducibilità e l'estensione di quelle lotte.
Che cosa accadrebbe se il resto dei cittadini europei seguisse l'esempio islandese?
Brevemente, la storia dei fatti:
Alla fine di 2008, gli effetti della crisi nell'economia islandese sono devastanti.
A ottobre Landsbanki, la banca principale del paese, è nazionalizzata.
Il governo britannico congela tutti i beni della sua filiale IceSave, con 300.000 clienti britannici e 910 milione euro investiti dagli enti locali e dalle organizzazioni pubbliche del Regno Unito.
Alla Landsbanki seguiranno le altre due banche principali, la Kaupthing e il Glitnir.
 I loro clienti principali sono in quei paesi e in Olanda, clienti ai quali i loro rispettivi stati devono rimborsare i depositi bancari, all'incirca 3.700 milioni di euro di soldi pubblici.
L'insieme dei debiti per le attività bancarie dell'Islanda è equivalente a varie volte il suo PIL.
Da un lato, la valuta sprofonda ed il mercato azionario sospende la relativa attività dopo un crollo del 76%.
Il paese è alla bancarotta.
Il governo chiede ufficialmente aiuto al Fondo monetario internazionale che approva un prestito di 2.100 milioni dollari, accompagnato da altri 2.500 milioni da parte di alcuni paesi nordici.
Le proteste dei cittadini davanti al Parlamento a Reykjavik aumentano.
Il 23 gennaio 2009 si convocano le elezioni anticipate e tre giorni dopo, i cacerolad@s sono di nuovo in piazza in migliaia e impongono le dimissioni del primo ministro, il conservatore Haarden e di tutto il suo governo in blocco.
È il primo governo vittima della crisi finanziaria mondiale.
Il 25 aprile ci sono le elezioni generali vinte da una coalizione socialdemocratica e dal movimento della sinistra-verde guidate dalla nuova prima ministra Jóhanna Sigurðardóttir.
Nel 2009 la situazione economica resta devastata con il crollo del PIL del 7%..
Sulla base di una legge ampiamente discussa nel Parlamento, viene stabilito il pagamento dei debiti in Gran Bretagna e in Olanda attraverso 3.500 milioni di euro che tutte le famiglie islandesi avrebbero dovuto pagare attraverso una tassazione del 5,5% per i prossimi 15 anni.
Gli islandesi tornano a manifestare nelle strade per rivendicare un referendum popolare per la promulgazione della legge.
Nel gennaio 2010 il presidente, Ólafur Ragnar Grímsson, rifiuta di ratificare la legge e indice la consultazione popolare: in marzo il referendum con il 93% di NO al pagamento del debito.
La rivoluzione islandese vince.
Il fondo monetario internazionale congela l'aiuto economico all'Islanda nella speranza di imporre in questo modo il pagamento dei debiti.
A questo punto il governo apre un'inchiesta per individuare e perseguire penalmente i responsabili della crisi.
Arrivano i primi mandati di cattura e gli arresti per banchieri e top-manager.
L'Interpool spicca un ordine internazionale di arresto contro l'ex presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson.
Nel pieno della crisi, a novembre, si elegge un'assemblea costituente per preparare una nuova costituzione che, sulla base della lezione della crisi, sostituisce quella in vigore.
Si decreta il potere popolare.
Vengono eletti 25 cittadini, senza alcun collegamento politico, tra le 522 candidature popolari, per le quali era necessario soltanto la maggiore età e il supporto sottoscritto di 30 cittadini.
L'assemblea costituzionale avvierà i suoi lavori nel febbraio del 2011 e presenterà a breve un progetto costituzionale sulla base delle raccomandazioni deliberate dalle diverse assemblee che si stanno svolgendo in tutto il paese.
Tale progetto costituzionale dovrà poi essere approvato dall'attuale parlamento e da quello che sarà eletto alle prossime elezioni legislative.
Inoltre, l'altro strumento "rivoluzionario" sul quale si sta lavorando è l' "Icelandic Modern Media Initiative", un progetto finalizzato alla costruzione di una cornice legale per la protezione della libertà di informazione e dell'espressione.
L'obiettivo è fare del paese un rifugio sicuro per il giornalismo investigativo e la libertà di informazione, un "paradiso legale" per le fonti, i giornalisti e gli internet provider che divulgano informazioni giornalistiche: Un inferno per gli Stati Uniti ed un paradiso per Wikileaks.
Questa in breve la storia della rivoluzione islandese: dimissioni in blocco del governo, nazionalizzazione delle banche, referendum e consultazione popolare, arresto e persecuzione dei responsabili della crisi, riscrittura della costituzione, esaltazione della libertà di informazione e di espressione.
Ne hanno parlato i mass media europei?
Ne hanno parlato i vari talk-show televisivi, i giornali di destra o di sinistra?
Nel nostro paese, come in tanti altri paesi occidentali, si cerca di superare la crisi attraverso un processo di socializzazione delle perdite con i tagli sociali e la precarizzazione dilagante.
Quando si inizia a parlare della rivolta islandese si tende a decostruire la potenza costituente della rivolta , minimizzando e relativizzando la sua portata, per il timore del contagio: e dunque l'Islanda è una piccola isola di soltanto 300.000 abitanti, con un complesso economico ed amministrativo molto meno complesso di quello dei grandi paesi europei, ragione per la quale è più facile da organizzare in se cambiamenti così radicali.
Insomma, in questo caso e da questa prospettiva è difficile impiantare l'ordine discorsivo "orientalistico" del sottosviluppo con il quale vengono liquidate le cosiddette "rivoluzioni modernizzatrici" del maghreb.
Parliamo comunque della "civile Europa".
La stessa "civile Europa" alla quale tentano di aggrapparsi i tecnocrati islandesi più realisti del re: la soluzione ai mali dell'Islanda, la crisi islandese, è a loro dire il prodotto dell'isolazionismo economico e da mesi continuano a parlare e accellerare sull'adesione all'Unione Europea come antidoto contro la devastazione neoliberista.
Confondono ancora una volta la cura con la malattia.
E quindi vogliono stringere su questo tema, così come allo stesso modo l'Europa vuole riprendere sotto le sue ali protettive la ribelle Islanda, per strangolarla dolcemente e senza traumi attraverso i suoi diktat, i suoi vincoli e i suoi patti di stabilità.
Ma il popolo islandese ha già dimostrato di non lasciarsi facilmente abbindolare.
 
 

2011.07.06 – LA FORZA DEI REFERENDUM…DIRITTI GAY NEL LIECHTENSTEIN RAFFORZATI DOPO REFERENDUM


segnalato da Enzo Trentin dell'Accademia degli Uniti
 
di Thomas Benedikter
 
Di regola gli argomenti e i risultati di votazioni referendarie in Svizzera e nel Liechtenstein in Italia vengono medialmente percepiti solo quando utilizzabili in chiave contraria alla democrazia diretta.
Uno „strabismo politico“ che condanna gli svizzeri quando, dopo un lungo dibattito pubblico e un complesso percorso procedurale, vietano la costruzione di nuovi minareti, ma fa passare in sordina tante iniziative popolari tese a rafforzare i diritti di minoranze e di stranieri.
Dei loro immediati vicini, il Liechtenstein, mini-stato pure dotato di un avanzato sistema di democrazia diretta, non si parla neanche.
Quindi va bene far uno strappo.
Il 19 giugno scorso, comunque, in un referendum confermativo (cioè ogni legge approvata dal Parlamento può essere sottoposta a votazione popolare se lo richiedono 1000 dei 36.000 cittadini) i cittadini del Liechtenstein con una maggioranza del 70% si sono espressi a favore del rafforzamento dei diritti delle coppie omosessuali.
A differenza dell’Italia a partire dal 1 settembre 2011 le coppie gay in questo stato – membro dell’ONU – potranno far registrare il loro stato civile che sarà parificato in termini fiscali, di diritto previdenziale e ereditario.
Un’iniziativa popolare di nome „Vox populi“ aveva impugnata la relativa legge, approvata nel marzo 2011, paventando il pericolo di un’erosione della famiglia tradizionale.
I Liechtensteinesi, società piuttosto conservatrice, non hanno prestato ascolto alla „Vox populi“ e nel referendum confermativo hanno confermato la legge voluta dal Parlamento di Vaduz.
In generale l’episodio ricorda che i diritti di partecipazione diretta non vanno misurati con il metro dei risultati che producono che sempre riflettono le posizioni diffusi in una società in un determinato storico.
Possono piacere o meno, ma non è certamente colpa dello specchio se riflette chi lo guarda.
Ci sarà sempre un’élite che giudica „il popolo“ troppo poco maturo per poter decidere direttamente dei problemi che riguardano tutti.
È importante invece concepire la democrazia diretta come una procedura necessaria per far partecipare i cittadini alle decisioni.
Riconoscendo a tutti la capacità di giudizio su questioni generali iniziative popolari e referendum confermativi dovrebbero entrare nel armamentario normale di ogni democrazia moderna.
 

2011.07.05 – LIGURIA: IL DIRITTO D’INDIPENDENZA MAI CANCELLATO

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Resta illegittimo l'atto con cui il Congresso di Vienna decise l'annessione della Repubblica Ligure al Regno di Sardegna
 
IL DIRITTO D'INDIPENDENZA MAI CANCELLATO
Il ciclone napoleonico travolse l’Europa e non risparmiò nemmeno la plurisecolare Repubblica di Genova. Dopo l’abdicazione di Napoleone, il 18 aprile 1814 il generale inglese Lord William Bentinck, entrò con le sue truppe in Genova e ben presto conobbe quale fosse la volontà dei Genovesi: ritornare al loro antico governo.
Per questo il 26 aprile 1814 emanò, avendone i poteri, il famoso Proclama che restituiva a Genova e alla Liguria lo status di stato sovrano.
 
MINISTRO – Robert S. Castlereagh
Contestualmente fu nominato il Governo provvisorio la cui presidenza venne assegnata al marchese Gerolamo Serra. Nello stesso giorno Lord Bentinck inviò il Proclama al Ministro degli esteri britannico, Lord Robert Stewart Castlereagh. Nella lettera di accompagnamento scrisse: Tutti i Genovesi richiedono la restaurazione della loro antica Repubblica, e non v’ha cosa che maggiormente li spaventi quanto l’idea di esser uniti al Piemonte, paese contro al quale, in ogni tempo, hanno provata una straordinaria avversione. Ma i destini della Liguria sarebbero stati decisi dal Congresso di Vienna. Il Congresso fu preceduto da trattative che si tennero a Parigi dove ai primi di maggio giunse il marchese Agostino Pareto per trattare con Lord Castlereagh.
L’argomento principale che Pareto adottò per difendere la plurisecolare indipendenza della Liguria fu quello economico: [La Liguria] posta in un territorio stretto e sterile, non ha che un solo mezzo d’esistenza, il commercio d’economia; e nella concorrenza dei porti vicini, il commercio non potrebbe aver luogo che secondo un sistema e regolamenti finanziarii, il meno onerosi possibili, tali quali esistevano altre volte. L’antico Governo Genovese era per sua natura, il più economo e il meno costoso di tutti i Governi d'Europa; l’imposta vi era leggerissima, i diritti sopra il commercio pressoché insignificanti.
MARCHESE – Agostino Pareto
Ma l’appuntamento cruciale era a Vienna, raggiunta ai primi di settembre dal ministro plenipotenziario e inviato straordinario di Genova, marchese Antonio Brignole Sale. La difesa fu strenua e accorata. Da Genova il Governo Provvisorio istruiva il Ministro a reclamare l’indipendenza e l’integrità del Genovesato e a stare bene attento che in nessun atto ufficiale potesse comparire una benché minima espressione di accettazione della perdita dell’indipendenza. Il Congresso di Vienna riconobbe i poteri del Brignole Sale. Gerolamo Serra se ne rallegrò e affermò che riconosciuto così in legal forma il Governo vostro committente, non si tratta più di ricusare di riconoscerlo, bisogna adesso distruggerlo.
Solo un illegittimo atto d’imperio avrebbe ora potuto sopprimere la ristabilita Repubblica genovese. Purtroppo, così fu. E la violenta annessione al Regno di Sardegna comportò anche l’annullamento di tutti gli ingenti debiti che le Grandi Potenze (cioè quelle che decisero l’annessione) avevano contratto col potente Banco di San Giorgio. Il Presidente Serra, giudicando inutile ogni osservazione e qualunque lamento, pubblicò, il 26 dicembre 1814, una protesta che così iniziava: Informati che il Congresso di Vienna ha disposto della nostra patria riunendola agli Stati di S. M. il Re di Sardegna, risoluti dall'una parte a non ledere i diritti imprescrittibili, dall'altra a non usar mezzi inutili e funesti, Noi deponiamo un'autorità che la confidenza della Nazione e l’acquiescenza delle principali potenze avevano comprovata.
In conclusione il legittimo Governo della Liguria, che partecipava sovrano al Congresso di Vienna, fu risolutamente contrario all’annessione che, proprio per questo motivo, avvenne manu militari. L’annessione fu quindi illegittima e mai venne legittimata da un plebiscito popolare, che non fu fatto votare perché il popolo ligure avrebbe certamente votato no.
Da questo gravissimo episodio storico (immaginarsi cosa succederebbe oggi per una decisione simile, nda) segue che l’annessione della Liguria al Regno Sardo prima e all’Italia poi è illegittima: ecco perché il popolo ligure conserva il diritto internazionale di ritornare indipendente, come lo fu per oltre sette secoli.
Franco Bampi
Docente dell'Università
di Genova

2011.07.04 – VAL DI SUSA, UN POPOLO CONTRO UNO STATO INVASORE

tratto da: profilo facebook di “ultimo cavaliere” clicca qui
Come nelle previsioni, stiamo assistendo su tutti i grandi media alla demonizzazione della lotta attuata dalla popolazione della Val di Susa contro il progetto TAV, utilizzando come giustificazione gli scontri avvenuti in quelle zone fra frange di manifestanti e forze dello Stato, senza analizzare mai a fondo le ragioni di chi si oppone in modo civile al mega-progetto ferroviario.
Da parte nostra, mentre esprimiamo la nostra totale vicinanza ai cittadini valsusini che cercano di difendere l’integrità della propria valle, desideriamo appuntare l’attenzione di chi legge sui due punti che riteniamo essenziali: la preservazione delle caratteristiche naturali dell’ambiente montano e la libertà per un Popolo di decidere sul proprio destino.
Sotto l’aspetto ambientale, è ormai assodato che l’opera in oggetto, di dubbia utilità vista la crisi economica globale e quindi la contrazione dei trasporti, causa un impatto notevole su una valle di carattere alpino che già ha visto, a causa di altre infrastrutture e dell’aumento di urbanizzazione, mettere in pericolo i delicati equilibri ecologici locali. E’ altrettanto noto come gli scavi necessari alla sua realizzazione vadano a toccare montagne ricche di amianto e anche di uranio, con future gravi ricadute sulla sicurezza e la salute della popolazione.
Ma il problema che più ci preme sottolineare è la mancanza di rispetto democratico nei confronti di un Popolo che vede nascere sul proprio territorio una infrastruttura senza che nessuno si permetta di chiederne l’autorizzazione. Vorremmo ricordare a questo governo, spesso autodefinitosi “federalista”, che la Val di Susa è dei suoi abitanti, che prima di qualsiasi importante modifica al territorio occorre ottenere almeno il consenso, tramite un referendum, dei cittadini e non cercare di imporre le decisioni prese a tavolino, non sappiamo ancora quale, calandole dall’alto.
In questo modo non si fa che provocare la giusta reazione di una comunità, nota per essersi opposta nei secoli ai tentativi di intromissione nelle propria Valle.
Ma purtroppo per i Valsusini, non dimentichiamo che un fil rouge collega i 150 anni dello Stato italiano: la violenza. La violenza che si abbattè sugli abitanti del Sud al momento dell’invasione delle loro terre, che proseguì con le cannonate sui milanesi ordinate da Bava Beccaris, che culminò con i due Conflitti Mondiali, drammatico tentativo di forgiare una nazione unita dallo spargimento del sangue.
Il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA e’ al vostro fianco, abitanti della Val di Susa e, come sempre, contro l’azione repressiva nei confronti di un Popolo da parte di questo Stato, del quale non riconosciamo la legittimità per motivi storici e identitari. Ci permettiamo un solo consiglio: non innalzate mai più quelle bandiere tricolori che, pur in modo sporadico, vengono mostrate nelle immagini diffuse dai media, sono quelle dei vostri e nostri oppressori.
VIA DALL’ITALIA
LOMBARDIA INDIPENDENTE

2011.07.02 – 6 LUGLIO 2011…MUORE IL WEB ITALIANO!

di Alessandro Longo
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Dalla settimana prossima l'Autorità delle comunicazioni avrà il diritto arbitrario di oscurare siti senza un processo. Una norma che non esiste in nessun Paese libero. Fortemente voluta da Berlusconi e da Mediaset
(27 giugno 2011)
Il 6 luglio arriverà una delibera Agcom, sulla tutela del copyright online, e sarà una forma di censura del web, in nome degli interessi di Mediaset e delle lobby dell'audiovisivo, con il beneplacito del centro destra. E' questo l'allarme lanciato da un gruppo di associazioni (Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assonet-Confesercenti, Assoprovider-Confcommercio, Studio Legale Sarzana). Avevano già fatto una campagna contro i rischi di quella delibera, ma speravano ancora di cambiare le cose. Speranze fallite venerdì, dopo aver incontrato Corrado Calabrò, presidente Agcom (Autorità garante delle comunicazioni). «Abbiamo appreso che non c'è spazio per la mediazione e che Agcom intende approvare la delibera-censura in fretta e furia», dice Luca Nicotra, segretario di Agorà Digitale, associazione di area Radicale. Nel testo definitivo dovrebbe insomma restare il principio di fondo, già presente nell'attuale bozza della delibera: Agcom avrà il potere di oscurare siti web accusati di facilitare la pirateria. Senza passare da un regolare processo, ma solo a fronte di una segnalazione da parte dei detentori di copyright.
Ma perché gridare alla censura? Come motivate quest'allarme?
«La questione alla base è che il diritto d'autore sul web ha tantissimi ambiti ed è possibile che l'industria del copyright metta in piedi interi uffici dedicati a segnalare presunte violazioni all'Autorità, come avvenuto in altri Paesi. L'Autorità non avrà i mezzi per gestire le decine di migliaia di segnalazioni che arriveranno. Sarà il Far west, ci saranno decisioni sommarie, ai danni di siti anche innocenti. Siamo il primo Paese al mondo a dare ad Agcom questo potere. Calabrò stesso ci ha detto che sa di muoversi in un territorio di frontiera… Però ci si potrà difendere opponendosi all'oscuramento del sito. 
«Secondo la delibera, potrà farlo il gestore del sito web, ma non l'utente che carica il contenuto in questione. Sarà un salto nel buio. Il nostro colloquio con Calabrò ci ha confermato che l'Autorità non è preparata a questo».
Perché non lo è?
«Per esempio: abbiamo detto a Calabrò che i provider Internet avranno grosse spese per rimuovere i contenuti dal web e lui ci ha risposto che non lo sapeva, che non gliel'avevano detto. Non ci ha mai risposto con numeri e criteri oggettivi alle nostre critiche».
Ma la censura avrà anche un colore politico?
«Sì e questo rende la cosa ancora più grave. Siamo in un Paese in cui la denuncia per diffamazione è facile ed efficace, per mettere a tacere media. In un sistema politicizzato come il nostro, questo nuovo potere che Agcom potrebbe aggravare il fenomeno. Dalla denuncia per diffamazione all'oscuramento d'Autorità di un sito il passo è breve».
Perché vi è sembrato che Calabrò avesse molta fretta di completare la delibera?
«In precedenza Agcom ci aveva promesso, per tenerci buoni, tanti incontri di mediazione e che il testo definitivo non sarebbe stato subito esecutivo ma che sarebbe stato messo in consultazione. Adesso invece ha deciso che già prima dell'estate, probabilmente il 6 luglio, arriverà a una delibera fatta e compiuta».
Come ti spieghi questa fretta?
«Siamo in un contesto di grossa instabilità politica. In questo momento il clima è ancora favorevole agli interessi di Mediaset, ma Agcom teme che non sarà presto così e quindi vuole chiudere in fretta la vicenda. E' un altro effetto del conflitto di interesse del presidente del Consiglio».
L'interesse delle lobby del copyright è evidente. Ma di Mediaset? E' solo quello di tutelare il proprio diritto d'autore sul web (ha denunciato in passato Google per video su YouTube, del resto)?
«Non solo. Lo scopo è forgiare il web in modo simile al mercato che loro conoscono e depotenziandone la minaccia al loro business. Hanno fatto così anche con la delibera sulle web tv».
Che farete se la delibera passa così com'è?
«Faremo ricorso al Tar del Lazio. Se necessario a Bruxelles, ma crediamo che il Tar bloccherà la delibera, che secondo molti esperti è illegittima, poiché viola diritti fondamentali del cittadino. Ma visto che ci sono forti interessi del Presidente del Consiglio a far passare quelle norme, il governo potrebbe intervenire direttamente con un decreto, in caso di blocco al Tar».

2011.07.01 – LE CAREZZE DEL POTERE

 
 
“La differenza tra Democrazia e Dittatura è che in Democrazia prima si vota e poi si prendono ordini; in una Dittatura non c’è bisogno di sprecare il tempo andando a votare” Charles Bukowski, “Compagno di sbronze”.
 
 
Sembra una beffa del destino che il capo della polizia italiana si chiami Manganelli. Non sarà stato messo lì apposta? Nel nome una garanzia. C’è qualcosa di intrinsecamente osceno nelle manganellate delle forze dell’ordine distribuite ad inermi manifestanti, tanto è vero che i poliziotti inglesi – i Bobby – per lungo tempo furono sprovvisti di sfollagente. E lo sono ancora di più le manganellate date ai terremotati abruzzesi. Ma come? Nel 1976, dopo il terremoto del Friuli, ai miei conterranei furono elargiti aiuti economici, mentre a quelli abruzzesi manganellate. Cos’è cambiato, in Italia, in questi ultimi trentacinque anni?
Proviamo per un attimo, come esercizio psicologico, a sforzarci di vedere le cose, attraverso la visiera dell’elmetto, dal punto di vista del celerino. Noi rimaniamo singoli individui anche quando ci mescoliamo ad altre centinaia di manifestanti e ci stupiamo di tanta cattiveria nei nostri confronti, mentre un poliziotto addestrato a picchiare la gente ci vede come una massa indistinta. Non conosce i nostri nomi, non sa che lavoro facciamo (se ne facciamo uno), non sa che partito abbiamo votato alle ultime elezioni, se siamo donatori di sangue o se tifiamo per l’Inter, se abbiamo una madre anziana da accudire o se abbiamo figli da mandare all’università. Soprattutto non si rende conto che siamo dei borghesi come lui, a cui la scuola e l’intera società ha fatto il lavaggio del cervello, facendoci credere negli ideali della democrazia e nel rispetto delle istituzioni. La cosa è semmai ancora più paradossale: nonostante sia un servitore delle istituzioni, il poliziotto manganellatore non si rende conto che con ogni manganellata distribuita mina alle radici la fiducia della persona colpita in quella democrazia e quelle istituzioni che, manganellando, è chiamato a proteggere e tutelare. La fiducia è una cosa seria.
Ogni botta sulla testa o nei gomiti o sulle mani dei manifestanti è un colpo di piccone alla diga di credibilità dell’intero sistema basato sulla fiducia del cittadino votante, che delega i suoi rappresentanti alla gestione del bene comune, il bene della Polis.
Evidentemente, questo metodo funziona e gli psicologi della polizia sanno che si può strapazzare il cittadino quanto si vuole, ché tanto le masse digeriscono in fretta le offese e dimenticano, tornando a votare, quando chiamate, come un gregge di pecorelle al suono del flauto del Dio Pan. Sanno, gli psicopoliziotti, che si può mandare all’ospedale un gran numero d’individui, ché tanto la società continuerà ciecamente ad avere fiducia nelle istituzioni e a delegare burattini politici che si metteranno a saltellare in televisione con quei salti tipici delle marionette, a scatti, qualche volta sbraitando nei “talk show” all’uopo predisposti, qualche volta rilasciando pacate dichiarazioni nei salotti di Bruno Fazio o Fabio Vespa, ma sempre suonando l’arpa dell’ipnosi suadente e perbenista. Se si pensa che in passato c’è scappato il morto, più di una volta, e la gente continua a credere nella democrazia; se si pensa che decine di contadini e operai sono stati falciati dalle pallottole delle forze dell’ordine, e i campi hanno continuato a essere lavorati e le fabbriche hanno continuato a produrre, ci si deve arrendere all’evidenza: la violenza paga. E la violenza della polizia paga ancora di più.
I poliziotti sono pagati per picchiarci, per imporre la volontà dei padroni occulti del mondo, i veri dominatori che ci affumicano la vista con una schiera di superpagati saltimbanchi della politica. Ma i poliziotti sono anche pagati per correre dietro a ladri e assassini e dunque svolgono anche una funzione sociale. Ed è quella che ci viene rinfacciata ogni giorno attraverso i telegiornali. La caccia a mafiosi, criminali comuni e terroristi.
Ora, io mi chiedo: poiché è assodato che mafia e terrorismo sono spesso, se non quasi sempre, un’emanazione del sistema occulto di potere, non sarà che anche la criminalità abbia la stessa origine? Su mafia e terrorismo ho le idee abbastanza chiare. Troppi indizi mi fanno capire che lo Stato è la matrice dell’una e dell’altro, mentre sulla criminalità posso affermare che c’è una base fisiologica da parte dei banditi comuni, ma che forse i gangsters sono anch’essi funzionali al sistema, se non altro perché offrono un pretesto all’esistenza delle forze dell’ordine. Potrebbe darsi che le sperequazioni e le ingiustizie sociali, unitamente a certi contesti sociali disagiati e a una filosofia popolare diffusa secondo cui la felicità è possibile solo attraverso la ricchezza, portino un certo numero di persone a intraprendere la strada del crimine. Ma le forze dell’ordine ci sguazzano. Siccome il fenomeno della criminalità è autorigenerante, sarebbe saggio cercare le cause di tale genesi e neutralizzarle, ma i padroni del vapore, come li si chiamava un tempo, si guardano bene dal farlo, preferendo lasciare che la società vada in malora, che i cittadini soffrano e intervenire a posteriori, anziché preventivamente. Poi magari c’è sempre lo psicologo di turno che parla di prevenzione del crimine, ma sono discorsi che lasciano il tempo che trovano, dal momento che se si prevenisse veramente il crimine, migliaia di poliziotti dovrebbero essere licenziati.
Analogamente, se si curassero veramente le malattie, migliaia di dottori rimarrebbero disoccupati. Così, se Satana non esistesse, la Chiesa Cattolica e le sue figliastre protestanti dovrebbero chiudere Barabba e burattini. E addio introiti!
Come si dice a Roma? “Urbis et orbi, mandate tanti sordi!”. Noi gente per bene possiamo disquisire quanto si vuole sul piano metafisico, dicendo che senza il Male non sapremmo cos’è il Bene e senza il Diavolo non potremmo immaginare l’esistenza di Dio, ma questi qua ci campano!
La Chiesa è diventata la multinazionale più ricca del mondo, in assoluto, e hanno la faccia tosta di chiederci il cinque per mille! Lo Stato, con la Triade mafia, terrorismo e criminalità, si fa i suoi conticini, vede che gli conviene e per guadagnarsi lo stipendio mette in opera i piani degli Illuminati. I quali saranno anche pazzi fanatici, ma non sono mica scemi: hanno inventato il sistema delle tasse, oggi chiamate entrate, e per pagare i suoi scagnozzi usa i nostri soldi così che di noi, tapini, si può dire, alla meridionale: “Contenti e mazziati!”. Oppure, “Cornuti e mazziati!”, ché il senso è lo stesso.
Chi paga lo stipendio dei manganellatori della Val Susa? Noi, che veniamo predati del frutto del nostro lavoro, vilipesi e svuotati di dignità, dovendo subire decisioni calate dall’alto, da molto in alto. Chi paga le scie chimiche? Sempre noi, che veniamo trattati come scarafaggi da irrorare, con la differenza che le manganellate le sentiamo eccome, ma le nubi tossiche disperse nell’atmosfera non le percepiamo con altrettanta evidenza.
La conclusione logica di questo ragionamento, che vorrebbe essere una specie di legittima difesa o di rigurgito d’orgoglio, sarebbe che non si dovrebbero pagare le tasse, per togliere l’ossigeno che mantiene in piedi i manganellatori della Val Susa, unitamente ai piloti che rilasciano sostanze tossiche nell’aria. Forse anche le multinazionali, del farmaco, del cibo o degli altri bisogni indotti, avrebbero qualche conseguenza economica negativa dalla nostra ponderata astensione a finanziarle, ma a questo punto, posti di fronte alla gamma di opzioni a nostra disposizione, ci rendiamo conto che siamo belli e fregati. Se non paghiamo le tasse veniamo prima demonizzati e poi incarcerati e se boicottiamo cibi e farmaci veniamo prima ridicolizzati dalle altre pecorelle e poi….facciamo la fame. Dove ce lo procuriamo il cibo, noi cittadini ultradipendenti? Direttamente dal contadino? Perché, esistono ancora contadini, fuori dai libri di scuola delle elementari?
Siamo in un “cul de sac” e i margini di manovra paiono ristretti. Non ci resta che piangere, direbbero Benigni e Troisi, ma almeno facciamolo con dignità. E nel frattempo, piangendo, mettiamo in chiaro alcune cose. Se mafia e terrorismo sono emanazioni dello Stato, funzionali alla sua esistenza, non potrebbe darsi che anche istituzioni insospettabili abbiano parte in causa? Per esempio, assodato che ricchissime famiglie d’origine ebraica manovrano i fili dell’alta finanza, creano disoccupazione e crisi economiche, provocano colpi di stato e mettono i loro lacché nei posti di comando, a piacere, e siccome ad alti livelli gli estremi si toccano, facendo incontrare nascostamente quelli che sulla scena del Matrix-teatrino sono acerrimi nemici, non sarà che anche la Chiesa Cattolica, riconosciuta potenza mondiale senza territorio, faccia parte dell’élite mondialista che spinge nella direzione del nuovo ordine mondiale?
Mi pongo questa domanda perché a parole la Chiesa si oppone alla distruzione della vita e della natura, ma in pratica non fa nulla per fermare la devastazione di entrambe le cose. Riconoscerete l’albero dai suoi frutti e il frutto della Chiesa Cattolica è un non frutto. Cioè, in pratica, è come se non esistesse. Una mente fredda e razionale è obbligata a constatare che è la Chiesa stessa a rendere atei, perché se Dio esistesse veramente questo mondo non andrebbe a catafascio, ovvero non sarebbe lasciato campo libero a chi sta distruggendo la Val di Susa e tutto il restante pianeta.
Nel caso dell’alta velocità, il clero non ha neanche preso posizione a favore delle popolazioni locali. Non che io sappia. Forse l’avrà fatto qualche prete di campagna, che a sua volta, poverino, diventa funzionale al sistema. E’ come con i preti animalisti: diventano funzionali, lasciando credere che l’istituzione di cui fanno parte sia animata da buone intenzioni, mentre l’unica cosa coerente e sensata che potrebbero fare è di andarsene. Lasciate Babilonia la Grande, finché siete in tempo!
Il manganello è la forma gentile del potere. All’epoca di Bava Beccaris usavano direttamente le palle di moschetto e i morti non si contavano. A Genova, tutti noi abbiamo visto all’opera i manganellofori, portatori di manganello. Abbiamo visto il sangue scorrere, ma a quanto sembra, come società nel suo complesso, non ne abbiamo tratto grandi insegnamenti. E’ bastato che le sirene dei telegiornali e i giornalisti prezzolati spargessero le loro menzogne per tranquillizzare il popolo bue. Nessuno impara mai niente dalla violenza dello Stato, ma incamera il concetto che con le autorità non si può discutere. Messaggio forte e chiaro!
Un episodio di cui sono stato testimone risale al 2004. Ne parlo perché non è salito agli onori della cronaca, benché abbia portato all’ospedale numerosi manifestanti. Come animalisti siamo figli di un dio minore e anche quando le prendiamo dalla polizia non viene a saperlo nessuno. A San Polo d’Enza (RE) all’epoca esisteva il più grande allevamento italiano di animali per la vivisezione. Di manifestazioni pacifiche se n’erano tenute a bizzeffe. Gli organizzatori delle proteste erano giovani anarchici toscani e dico questo per inquadrare la situazione, permettendomi pure di evidenziare il dato di fatto che, quando ci sono di mezzo gli anarchici, va sempre a finirla male! Scartata l’ipotesi che gli anarchici siano masochisti a cui piace essere picchiati dalla polizia, se no non si sentono abbastanza anarchici, mi chiedo se per caso quel genere di ambiente iperpoliticizzato, che si richiama a stereotipi ottocenteschi, non sia facile preda di infiltrazioni da parte della polizia.
Ma diamo pure per scontato che si tratti di fossili politici sinceri, genuini e autentici, chiusi in un’isola felice come i dinosauri del mondo perduto di Conan Doyle, vorrei dire loro: le vie di mezzo non funzionano. A star seduti su due sedie ci si ritrova con il sedere per terra. Tu, anarcollerico, vuoi fare le cose per bene? Organizzati militarmente, altrimenti è solo tempo perso. Ragazzate.
Se tu, giovane anarchico vestito di nero, con il fazzoletto sulla faccia, vai a insultare i carabinieri – 10, 100, 1000 Nassirya – non puoi pretendere che non scatti una risposta uguale e contraria. E’ fisica, diamine! Sei sicuro che gli altri manifestanti, quelli che tu disprezzi chiamandoli piccoli borghesi e che non vengono alle tue riunioni, siano pronti per la guerriglia urbana? Ti senti autorizzato a coinvolgerli in un massacro di botte e fratture ossee? Non è che potresti, magari, se proprio ti prude di menar la mani, andare allo stadio o fare quei demenziali giochini di guerra con proiettili di vernice?
Perché è così che andò, il 20 novembre 2004, a San Polo d’Enza: gente inerme maciullata e inseguita fin nel pronto soccorso degli ospedali della zona. Poi, alla fine, dopo qualche anno, l’allevamento fu chiuso, ma in quell’occasione il Potere si mostrò senza maschera, con la smorfia beffarda del suo teschio ghignante, mentre normalmente, alla gente, si mostra con il soave sorriso di un Garattini, un Veronesi o una serafica Levi Montalcini.
Avevamo per caso bisogno di conferme circa la violenza delle forze dell’ordine? Non ci bastano tutti gli esempi che abbiamo raccolto fin qui? Una mole enorme!
Insomma, il gioco al massacro non mi piace, come concetto filosofico prima ancora che letterale e siccome noi siamo obiettivamente meglio dotati cerebralmente dei poliziotti, è nostro compito cercare la vittoria senza andare a farci ammazzare di botte. “Qui si parrà la tua nobilitate”, diceva Dante nel secondo canto dell’Inferno e un sistema per sconfiggere l’infernale Sistema in cui viviamo ci deve pur essere, da qualche parte.
Prima di arrivare alla guerra civile, dove gli ormoni e gli entusiasmi guerreschi dei ragazzi dei centri sociali verranno utili, è meglio scandagliare tutte le possibilità. Sì, lo so, i ragazzi – è fisiologico – hanno sempre fretta. Tutto e subito è il loro motto. Ma non siamo tutti ragazzi carichi di testosterone, per fortuna e, a un certo punto, con una leggera pacca sulla spalla, bisognerà anche dirvi: “Ragazzo spostati e lasciami lavorare!”.
Che poi, pensa, anche se ci organizzassimo militarmente, come avveniva settanta anni fa sulle montagne piemontesi, quante probabilità avremmo non dico di vincere, ma solo di sfangarla e di portare a casa la pellaccia? Davvero c’è qualcuno che pensa di poter combattere le forze di quest’ordine, che sono solo i prodromi edulcorati del prossimo governo mondiale? Ma li leggete i siti di controinformazione su internet? Avete idea delle armi che la polizia di tutto il mondo ha a disposizione? Una guerra civile offrirebbe il pretesto all’élite mondialista per ammazzare qualche milionata di civili, che è quello a cui aspirano. La riduzione della popolazione.
Dunque, cerchiamo di farci venire un’idea per ostacolare i piani dei padroni del mondo. Per ora i valsusini si stanno comportando bene. Danno un esempio a tutti e sono semplicemente da ammirare.  E’ in loro che, a distanza, anch’io ripongo la speranza di poter fermare la schiacciasassi da guerra dell’élite mondialista.

 

2011.06.30 – IL RISCHIO GUERRA CIVILE PUO’ ESSERE DIETRO L’ANGOLO

tratto da: clicca qui
 
 
 
di Canio Trione

 

 
Centocinquantanni  fa il Principe di Salina riferendosi ai cambiamenti connessi all’incipiente Unità d’Italia preconizzò chiarissimo: “ tutto questo non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli…; e dopo sarà diverso ma peggiore. Noi  fummo i gattopardi, i leoni: quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene”. (il Gattopardo, Feltrinelli ‘94 p.168)
Questa frase -che è la vera sintesi e sostanza dell’opera e del pensiero di Tomasi di Lampedusa scritta nell’ormai lontano 1957- si rivela oggi a noi posteri, in tutta la sua terribile realtà e concretezza; in quella frase è materializzata una fase di un secolo e mezzo che ha premiato appunto le iene e gli sciacalli a spese dei lavoratori e dei meritevoli.
Oggi  nell’anniversario di quella Unità relativamente a quella profetica analisi sociale e politica dobbiamo dire che l’attuale situazione creata dal governo Berlusconi-Bossi- Scilipoti & C.  porta inevitabilmente alla fine sociale ed economica del Sud (e probabilmente anche del resto d’Italia); fine decretata da una macchina amministrativa e politica incapace di rispondere alle necessità.
Il nostro premier ha recentemente riaffermato la stabilità del governo dicendo: “a questa maggioranza non v’è alternativa”. Ed  è vero, sul piano parlamentare non esiste alternativa e non ve ne sarà.
Il livello comatoso in cui versa la classe politica non permette di ipotizzare una alternativa governativa da nessuna parte.
Però essere al governo per mancanza di alternative non è edificante e sarebbe meglio non dirlo neanche se fosse vero.
Se non si risolvono i problemi la gente cerca e trova le alternative a modo proprio.
Per  le strade di Napoli l’alternativa che si sta profilando e quella della morte per malattia. Quindi  la guerra civile è il male minore.
Anche  alla disoccupazione non v’è alternativa se non arrampicarsi sui tetti o assaltare qualche palazzo pubblico.  Cosa dire dei No Tav? e se il governo avesse insistito con il nucleare cosa si sarebbe prodotto?
Confondere la governabilità con la violenza -ancorchè di Stato- è un errore che porta dritto alla guerra civile. Ma a chi serve continuare ad affondare il Sud? Come non si riesce a vedere che un ulteriore imbarbarimento della situazione meridionale porta al collasso dell’intero sistema? A chi giova continuare a lasciare l’immondizia per strada, perseguitare i contribuenti, precarizzare ulteriormente i lavoratori, lasciare nel disservizio i cittadini, azzerare l’economia…?
 

 
 
  1.  Francesco Schiraldi scrive:

  1.  
    Cercare una logica nelle cose italiane è davvero arduo, sembra che gli italiani siano rimasti un popolo di individualisti che pur di difendere il proprio orticello prestano pochissima attenzione alla marea montante che rischia di travolgere tutto e tutti…in un sistema strutturato in consorterie che si sostengono una con l’altra è il bene comune che va in malora, si preferisce galleggiare politicamente perché incapaci di rinunciare ai propri assurdi privilegi, alle proprie rendite di posizione, alla cura unilaterale dei propri interessi qualsiasi essi siano. L’Europa ci biasima e condanna quotidianamente, ma soprattutto (cosa ancora più grave) chi regge le fila della finanza e dell’economia mondiale ci vede sempre più inaffidabili e arroccati attorno ai problemi e alla sopravvivenza di pochi potenti, preda dell’egoismo provincialotto e ridicolo di quattro esaltati presunti celtici, non più in grado di vedere oltre le nostre misere cosucce di Paese periferico…servirebbe uno tsunami ma non marino quanto piuttosto sociale e culturale per far sì che con una classe dirigente finalmente degna di una nazione europea il Sud sia il primo a beneficiarne, una volta salvato il Paese dalla compagine di affossatori verdi e di altri colori oscuri che lo mantengono sotto scacco ormai da troppo tempo
     

    •  Ladisa Michele scrive:
      RISPONDE CANIO TRIONE
      caro Francesco
      il fatto è che lo tsunami sociale e culturale sarà portato da questo scenario da guerra civile che si sta formando. non può non arrivare.
      anche le rendite e i privilegi stanno barcollando mettendo in forse le fondamenta del sistema (basti dire che si fa una manovra da 45 mld in un momento come questo! vuol dire che siamo al “si salvi chi può”).
      quindi questi due temi pur correttissimi e che condivido, sono stati (tra virgolette) superati dalla gravità delle emergenze; e queste emergenze non possono essere risolte con i vecchi sistemi ma servono i frutti e quindi i metodi della rivoluzione culturale che tu auspichi.
      la mia preoccupazione è che i periodi rivoluzionari portano all’ulteriore impoverimento dei deboli e al consolidamento dei potenti cioè ad una situazione di autoritarismo maggiore dell’attuale; specie quando non esistono ricette per rilanciare l’economia (quella libera). per dirla più esplicitamente e più sinteticamente l’attuale situazione negativa è l’inizio della fase negativa futura che lo sarà molto di più di oggi (sul piano occupazionale, su quello finanziario, sociale,..). e non basta togliere i privilegi per riavviare il circolo virtuoso fatto di fiducia e di progresso.
       

  2.  Francesco Schiraldi scrive:
    Auguriamoci che quella buona sorte che ci ha tenuto in piedi fino ad ora faccia un altro colpo di scena e ci consenta di tirar fuori a salvare il salvabile quella classe di cittadini di buon senso e di buone capacità finora tenuti in disparte dal peggio imperante…secondo quello che dici, Canio, sarebbe pure ora che accadesse…è il caso di dire “se non ora quando?”

2011.06.27-UNA VERGOGNA TUTTA ITALIANA.

Al Sig.Sindaco del Comune, 30013 Cavallino Treporti (Ve)

Al Sig.Presidente del Governo Veneto – sede

Al Sig.Presidente del Parlamento Veneto – sede

Egr. Sig.Sindaco.

Abbiamo appreso dalla Sig.ra TOSO Laura, cittadina del Popolo Veneto, della situazione in cui si trova suo malgrado ovvero quella di vedersi a breve costretta a dover provvedere all’assistenza della sorella invalida al 100%, sebbene priva delle capacità reddituali e/o economiche sufficienti e necessarie per farvi fronte.

Codesto Comune, infatti, ed è ciò che maggiormente sconcerta, tramite i servizi sociali, avrebbe fatto sapere alla Sig.ra TOSO Laura di non poter più corrispondere la retta per il mantenimento della sorella invalida presso un’apposita struttura riabilitativa (il Fate Bene Fratelli di Venezia) a far data dal prossimo 24 luglio 2011.

Personale dei servizi sociali di codesto Comune avrebbe inoltre invitato la Sig.ra TOSO Laura a provvedere da sé all’assistenza della sorella invalida sotto la minaccia, in difetto, di una denuncia all’autorità giudiziaria italiana per abbandono di persona incapace.

Ora, pur consapevoli dei vergognosi e inauditi tagli ai trasferimenti operati dallo stato straniero italiano nei confronti degli enti locali territoriali che si trovano sul Territorio della Repubblica Veneta e dei conseguenti problemi di bilancio dei Comuni, non possiamo accettare che cittadini del Popolo Veneto in così gravi ed evidenti difficoltà vengano invitati a provvedere da sé e addirittura minacciati di denunce, quando, anche per la stessa legge italiana, è lo stesso Ente che dovrebbe sopperire e venire incontro alle difficoltà dei cittadini.

E’ auspicabile pertanto che la situazione in cui versa la Sig.ra TOSO Laura e la di lei sorella invalida, possa essere rivista e risolta da parte di codesto Comune soluzione per la quale ci si aspetta un cortese sollecito riscontro.

Come da disposizioni e prassi, si informano le Autorità di Governo in indirizzo che la Polizia Nazionale Veneta ha iscritto a ruolo il caso per i dovuti accertamenti e l’eventuale deferimento dei responsabili al giudizio di una Corte di Giustizia del Popolo Veneto.

È da ribadire inoltre che non appena sarà ripristinata la Sovranità del Popolo Veneto sulla propria Nazione, i problemi di bilancio dei Comuni della Repubblica Veneta vedranno la parola fine.

Venetia, 27 giugno 2011

WSM

Il Presidente del MLNV Sergio Bortotto

1961-2011. RICORDARE PER NON DIMENTICARE ED EVA KLOTZ RISCHIA LA DENUNCIA PER VILIPENDIO

Lo stato straniero italiano non vuole che si ricordino i gravi episodi di aggressione e occupazione della "notte dei fuochi" perpetrati contro il Popolo Tirolese.
Oggi questo stato canaglia e aggressore minaccia ancora una volta gli aggrediti come se le sue responsabilità non esistessero.
All'epoca, fu fatto un processo con magistrati italiani giudicanti forze dell'ordine italiane per giudicare gli atti di aggressione contro il Popolo Tirolese… un processo che non poteva finire se non nel modo che è stato…nessun responsabile, nessuna condanna.
Fuori l'italia dalla Nazione Tirolese, W il Popolo Tirolese.
 
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2011.06.17 – LEGGETE QUESTA VERGOGNA CHE E’ UNA VERGOGNA PER TUTTI COLORO CHE CREDONO IN LORO…

pubblicata da Emanuela Micky Toffali il giorno venerdì 17 giugno 2011 alle ore 8.33
Facciamo circolare.
Si sta promuovendo un referendum per l' abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari
Sull'Espresso di qualche settimana fa c'era un articoletto che… spiega che recentemente il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese.
Inoltre la mozione è stata camUffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.
STIPENDIO Euro = 19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE= circa Euro 9.980,00 al mese =circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO= circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA' DI CARICA= (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)
TELEFONO CELLULARE = gratis
TESSERA AUTOBUS – METROPOLITANA = gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI=gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE=gratis
PISCINE E PALESTRE =gratis
AEREO DI STATO =gratis
CLINICHE=gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI=gratis
ASSICURAZIONE MORTE= gratis
AUTO BLU CON AUTISTA= gratis
TESSERA DEL CINEMA = gratis
TESSERA TEATRO= gratis
FRANCOBOLLI = gratis
RISTORANTE= gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00).
Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi ( 41 anni per il pubblico impiego !!!) Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera.
(Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)
La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.
La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!
Far circolare.
Si sta promuovendo un referendum per l' abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari…………. queste informazioni possono essere lette solo attraverso Internet in quanto quasi tutti i massmedia rifiutano di portarle a conoscenza degli italiani……
PER FAVORE continuate la catena FATE GIRARE

2011.06.21 – PRATOBELLO, ORGOSOLO. GIUGNO 1969… LA RIVOLTA POPOLARE

Gigi Selis

Oggi 14 luglio 2011 riceviamo via Facebbok e pubblichiamo:

Ciao Movimento Liberazione Nazionale Veneto:
nel 1969, 3500 abitanti,donne,bambini,giovani e anziani,si sono rivoltati contro le decisioni del Governo Italiano di allora e hanno vinto!Perche',noi, non possiamo?
Ascolta e vedi bene questo filmato.

 

 
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In merito avevamo gia pubblicato anche un articolo di Mario Flore, vedi qui sotto:
 
 
tratto da: clicca qui Mario FloreMario Flore
Ciao a tutti io sono Mario se volete leggere altri artcoli non mi viene più concesso di pubblicare nel sito – Vai giù cerca LINKS e Clicca col Maus ZAM BLOG (CENSURA)
 
 
 
Pratobello, Orgosolo.
Giugno 1969.
 
 
la rivolta popolare degli orgolesi contro l'occupazione militare di 13 mila ettari di pascoli.
È la storia di un mese frenetico e senza sonno, di una lotta senza partito che avrà la meglio sulle migliaia di soldati e sulle decisioni prese a Roma.
Tutto ha inizio il 27 maggio 1969 quando sui muri ancora spogli di Orgosolo compaiono dei manifesti intestati alla Brigata Trieste.
Il testo impone ai pastori e ai braccianti agricoli che lavorano in territorio di Pratobello di abbandonare la zona e trasferire il bestiame altrove.Perché per due mesi il terreno da pascolo sarà un poligono di tiro.
A questa notizia se ne aggiunge un'altra, non ufficiale, che circola in paese: quello che il Governo italiano chiama "poligono temporaneo" mira in realtà a diventare un campo di addestramento e tiro permanente.
Il Circolo giovanile di Orgosolo con i propri volantini ciclostilati avvisa la popolazione e organizza la prima assemblea.
Si decide di portare avanti una lotta alla luce del sole, senza incontri segreti o
riunioni a numero chiuso.
Mentre i sindacati e i partiti si scontrano con il Circolo e cercano invano di mantenere le redini del gioco.
Il 9 giugno, 3500 orgolesi iniziano l'occupazione dei campi.
Donne, uomini e bambini, affrontano i militari faccia a faccia.
Non si verifica nessun episodio di violenza ma qualcosa di molto più forte.
Le donne raggiungono i soldati, li guardano negli occhi, iniziano a parlare.
Spiegano loro cosa hanno in testa.
«I militari – spiega Nanni Moro del Circolo – iniziano vedere con gli occhi della popolazione».
Gli effettivi dell'esercito avrebbero in ogni modo cercato di evitare questo pericoloso rapporto col 'nemico'.
Ma alcuni militari affrontano il rischio di comunicare per lettera con la popolazione. Così i soldati imparano a diffidare degli ufficiali che avevano descritto gli
abitanti del paese come banditi.
Gli abitanti corrono sotto il sole giorno dopo giorno per tenere occupato l'esercito e impedire le esercitazioni.
È una rivolta senza sangue.
Dai manifesti che chiedono concime, non proiettili nasceranno i primimurales.
Ma i giornali in quei giorni dicono le bugie.
Una grossa manifestazione pacifica aggiunge Moro veniva resa ai lettori come la scalcagnata parata di quattro gatti maoisti.
I giornali fanno il gioco del Governo perché nessuno deve sapere che la gente può dire no alle servitù militari.
Il 26 giugno la vittoria arriva ma i partiti e i sindacati fanno fare uno scivolone alla lotta.
Il poligono di tiro non sarà permanente ma per due mesi si sparerà: quella del 26 è una serata di stanchezza e la promessa di indennizzi ai pastori fa il resto.
La vittoria arriva ma si porta dietro quest'ombra scura.
A sottolineare che la lotta, quella vinta, è tutta del popolo, mentre gli accordi, i compromessi e le figuracce, vanno ai partiti, sindacati e giornali di allora.
Dalla rivolta di Pratobello nasce una canzone.
La scrive N.G.Rubanu.
Poco o niente si sa di lui; ma può darsi che fosse semplicemente uno degli orgolesi in lotta quei giorni lontani e vicini al tempo stesso.
 
POPOLO SARDO RIVOLTA POPOLARE GIUGNO 1969
Versione Sarda (Orgosolo) Traduzione (Italiano) Mario FLore
Orgòsolo pro terra de bandidos = Orgosolo una terra di banditi
Fin’a eris da-e totu' fis connota = Fino a ieri da tutti conosciuta
Ma oe a Pratobello tot’ unidos = Ma oggi a Pratobello Tutti UNITI
Fizos tuos falado' sun in lota = Figli tuoi sono scesi in lota
Contra s’invasione militare = Contro l'invasione militare
Ki a inie fi faghende lota = Che lì stava facendo lota
Invetze' de tratores pro arare = Invece di tratori per arare
Arriban carrarmados e cannones = Arrivano carriarmati e cannoni
E trupas de masellu d’addestrare = Etrupe da macello da addestrare
Mandada da-e sos solitos bufones = Mandate dai soliti bufoni
Ki keren ki rinasca' sa Barbaja = Che vogliono che rinasca la Barbagia
Cun parcos pro sas muvras e sirbones = Con Parchi per Mufloni e Cinghiali
Naran puru ki sa zente es' malvaja = Dicono pure che la gente è malvaggia
Ki viven de furtos e ricatos = Che vivono di furti e di ricati
In sa muntannya infid'e selvaja = Nella montagna infida e selvaggia
Pro ke finire custos malos fatos = Per definire questi cativi fatti
E dare a sa Sardinnya atera via = E dare alla Sardegna altra via
Custos bufones decidin cumpatos = Questi bufoni decidono compatti
De mandarene galu politzia = Di mandare altra Polizia
Sos contadinos e-i sos pastores = I contadini e i pastori
E totu canta sa zente famia = E tutta la gente afamata
Isetavan concimes e tratores = Aspettano concime e tratori
Pro aer pius late e pius pane = per avere più latte e più pane
Invetze' totu an dadu a sos sinnyores = Invece hanno datto tutto ai signori
A Rovelli, Moratti e s'Agacane = A Rovelli, Moratti e l'Agacan
Povèrinu e miseru s'anzone = Povero e misero l'agnello
K'iseta late da-e su mariane: = Che aspetta il latte dalla volpe
D'issu poi si prèa' su bucone = Lui poi si riempie il bocone
Orgòsolo fiera e corazosa = Orgosolo fiera e coraggiosa
Totu canta sa popolatzione = Tutta quanta la popolazione
Totu custu a' cumpresu e minaçosa = Tutto questo ha cappito e minaciosa
E si arma' de fuste pro iscaçare = Si è armata di bastone per scaciare
Cussas trupas fascistas e odiosas = Quelle trupe fasciste e odiose
Ki custrint'est a segu' de torrare = che costringono in dietro di tornare
Lassande sas muntannyas e pianos = Lasciando montagne e pianure
Atraversende de nou su mare. = Atraversando di nuovo il mare
Non ke banditos ma ke partijanos = Non ci son banditi ma Partigiani
An dimostradu a sos capitalistas = An dimostrato ai capitalisti
Ki solu cun su fuste e cun sas manos = Che solo coi bastoni e con le mani
Orgòsolo ke manda' a sos fascistas = Orgosolo manda via i fascisti
Orgòsolo ke manda' a sos fascistas = Orgosolo manda via i fascisti
Orgòsolo pro terra de bandidos
Fin’a eris da-e totu' fis connota
Ma oe a Pratobello tot’ unidos
Fizos tuos falado' sun in lota
Contra s’invasione militare
Ki a inie fi faghende lota
Invetze' de tratores pro arare
Arriban carrarmados e cannones
E trupas de masellu d’addestrare
Mandada da-e sos solitos bufones
Ki keren ki rinasca' sa Barbaja
Cun parcos pro sas muvras e sirbones
Naran puru ki sa zente es' malvaja
Ki viven de furtos e ricatos
In sa muntannya infid'e selvaja
Pro ke finire custos malos fatos
E dare a sa Sardinnya atera via
Custos bufones decidin cumpatos
De mandarene galu politzia
Sos contadinos e-i sos pastores
E totu canta sa zente famia
Isetavan concimes e tratores
Pro aer pius late e pius pane
Invetze' totu an dadu a sos sinnyores
A Rovelli, Moratti e s'Agacane
Povèrinu e miseru s'anzone
K'iseta late da-e su mariane:
D'issu poi si prèa' su bucone
Orgòsolo fiera e corazosa
Totu canta sa popolatzione
Totu custu a' cumpresu e minaçosa
E si arma' de fuste pro iscaçare
Cussas trupas fascistas e odiosas
Ki custrint'est a segu' de torrare
Lassande sas muntannyas e pianos
Atraversende de nou su mare.
Non ke banditos ma ke partijanos
An dimostradu a sos capitalistas
Ki solu cun su fuste e cun sas manos
Orgòsolo ke manda' a sos fascistas
Orgòsolo ke manda' a sos fascistas
 
 
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2011.06.18 – PADOVA…VIGILI, RIVOLUZIONE IN BUSTA PAGA, PIU’ MULTE FANNO PIU’ LO STIPENDIO AUMENTA. IL COMANDATE SI PREPARI A FARE LE VALIGIE, NON AVRA’ POSTO NELLA POLIZIA NAZIONALE VENETA.

Si tratta di un "metodo incentivante" ora al vaglio dei sindacati
Aumenti in base ai risultati con etilometri, telelaser e narcotest
 
di Mauro Giacon
PADOVA – Bel colpo comandante. Chi dei Vigili dopo aver fatto il suo turno si fermerebbe ancora "su base volontaria", e soprattutto di notte, magari il venerdì e il sabato dalle nove di sera alle quattro di mattina? Ma la città ha bisogno di rinforzare d’estate le due pattuglie notturne, con almeno altri due equipaggi che controllino gli automobilisti per la sicurezza di tutti, mettendosi sulle strade con gli etilometri, con il telelaser, con il narcotest.
E allora che cosa escogita il comandante Aldo Zanetti? Una formula matematica spiegata ieri alle rappresentanze sindacali per prendere due piccioni con una fava. I vigili che torneranno in servizio saranno pagati con un meccanismo incentivante che andrà ad obiettivo. Ovvero: più multano più prendono soldi. La formuletta è complicata ma vale la pena spiegarla per il suo carattere rivoluzionario. Intanto ci sarà una scheda di valutazione individuale con un punteggio da 10 a 0 a seconda che si vada dall’eccellente al nullo passando per buono, discreto, sufficiente, basso.
Ma entreranno in gioco anche dei parametri di valutazione della prestazione, con un peso specifico. Il grado di coinvolgimento nel progetto avrà peso 5, così come il grado di conseguimento degli obiettivi. Un po’ meno, peso 4, avrà la cooperazione con i colleghi. Minore incidenza, peso 2, per la precisione nei compiti assegnati, la propositività rispetto alle direttive ricevute e il rapporto con l’utenza. La combinazione di queste due colonne porterà un dipendente di categoria C a prendere, con un punteggio medio, da 16 euro a 23,6 euro l’ora. Mentre una categoria D partendo da 18,5 euro arriverà a 27,2 euro. Insomma una bella paghetta.
La novità è stata discussa ieri mattina in un incontro con le rsu aziendali, l’assessore Carrai e il capo del Personale, Paola Lovo. È uno schema che dovrà essere discusso con i lavoratori. I fondi, 31mila euro, prevedono l’acquisto anche di 200 narcotest.
La Polizia Nazionale Veneta non tollera simili cafonate in danno del cittadino… il Comandante della Polizia Locale di Padova si prepari a fare le valigie perchè non potrà certo lavorare nella Polizia Nazionale Veneta con tali propositi e non appena i vari corpi saranno incorporati in essa con funzioni di polizia di sicurezza in ambito distrettuale.
 

2011.06.13 – VADEMECUM DEL RIVOLTOSO…LA LIFE INSEGNA.

Ci fu un tempo in cui manualetto anti Guardia di Finanza redatto dalla L.I.F.E. faceva furore, piaceva. Qualcuno le ha denominate le 20 regole auree salvavita (elaborate dal pool legale dell’associazione veneta) da seguire in caso di ispezioni delle Fiamme Gialle. Oggi, la situazione esasperante per i contribuenti (classe produttiva) dà alle cronache notizie in cui i rappresentanti di Equitalia vengono trattati in malo modo. Ecco, perchè riproponiamo quel manuale di cui sopra, chissà che qualche suggerimento non possa tornare utile. Abbiamo sempre saputo che a furia di tirar la corda…
Quando vi si presenta un uomo in divisa dovete:
1) Richiedere tesserino. Loro lo esibiscono e se lo tengono in mano. Voi ricopiate i dati su un foglio. 2) Nel caso si rifiutino, chiamare subito, sempre senza aprire, il 112, denunciando che ci sono delle persone che vogliono entrare e, poiché rifiutano di identificarsi, voi pensate che siano dei truffatori. 3) Richiedere “Carta o Foglio di Servizio”. Fotocopiatelo. E’ questo il documento basilare di tutte le ispezioni. Essi devono attenersi esclusivamente a quanto indicato sul foglio. 4) Spulciate la lista dei nomi scritta sul “Foglio di Servizio”. 5) Col “Foglio di Servizio” in mano, telefonate all’Ente che li ha inviati e chiedete che i nomi vengano confermati uno per uno. 6) Chiamare subito almeno due testimoni. I testimoni non devono mai parlare. Muti come pesci seguono da vicino i controllori. 7) Avere sempre una macchina fotografica o una telecamera. Non possono toccarvela: lo strumento di prova non può essere pignorato. 8) Se avete da fare, sia voi che i vostri dipendenti continuate a fare. Se ve lo impediscono potete sempre denunciarli per “Turbativa di lavoro”. 9) Non mettete a loro disposizione scrivanie o sedie. Che se le portino o che stiano in piedi: li aiuta a crescere. 10) Non permettete loro di usare il vostro telefono o fax. 11) Non siate gentili: non serve a niente! 12) Devono attenersi esclusivamente a quanto scritto sul loro “Foglio di Servizio”. 13) Non possono rovistare fra la vostra biancheria o altri effetti personali e neppure fra quei documenti che non sono attinenti al controllo. Le vostre agende private non dategliele. A meno che ciò non sia espressamente previsto nel loro “Foglio di Servizio”. 14) Non firmate mai alcun verbale. Questa è la REGOLA AUREA MASSIMA! 15) Possono ispezionarvi soltanto durante l’orario di lavoro. 16) Non possono stare tra i piedi per più di 30 giorni lavorativi. 17) Il magazzino se lo spostino loro. Non prestategli operai o muletti. Se ci sono ragnatele o topi, che si arrangino. 18) Mentre loro fanno, scrivete un vostro verbale con l’indicazione esatta dell’ora e del minuto di ogni operazione. 19) Non prendete paura perchè sono solo uomini. 20) State rilassati, non succede niente: adesso cominciate a divertirvi.
Semplice e conciso. Un tentativo di dare ai cittadini imprenditori un piccolo strumento per opporsi alle angherie dei vari ispettori dello Stato.

2011.06.13 – L’ITALIA NON E’ UN PAESE NE’ PER GIOVANI NE’ PER IMPRENDITORI. E’ L’EDEN DEGLI STATALI!

tratto dal sito del MOVIMENTO LIBERTARIO: clicca qui
 
di Leonardo Facco

Che “l’Italia non è un paese per giovani” lo ha capito anche Jacopo Morelli, presidente dei giovani industriali, il quale lo ha dichiarato a Santa Margherita Ligure. Io ci ho dedicato un capitolo, due anni fa, del mio libro “Elogio dell’evasore fiscale”, in cui con dati alla mano ne davo prova provata. Ciò che Morelli non ha ancora capito, o finge di non capire, è che l’Italia non è neppure un paese per imprenditori e/o liberi professionisti (dove con questo termine non intendo la pletora di iscritti agli ordini filo-statali), né tantomeno per artigiani.
La crisi, da due anni a questa parte, sta falcidiando l’impresa privata ed il lavoro. Le casse integrazioni speciali continuano a registrare picchi verso l’alto. Eppure, per i dipendenti pubblici è come se nulla stesse accadendo, la sera arrivano a casa e si coricano senza patemi d’animo, tanto c’è sempre qualche fesso costretto a lavorare e a pagare i loro stipendi.
Ergo, non solo impiego sicuro per eccellenza e con orario “corto” rispetto al privato: il lavoro pubblico negli ultimi anni è stato conveniente anche sul lato economico. Capito? Le retribuzioni reali lorde dei dipendenti pubblici, infatti, secondo le tabelle allegate alla Relazione annuale di Bankitalia, sono cresciute del 22,4% dal 2002 con un tasso di oltre tre volte superiore a quello del totale dei lavoratori dipendenti (+6,8%).
Riprendiamo i dati dalla stampa: “Così in media i dipendenti pubblici che potevano contare nel 2002 su 23.813 euro nel 2010 hanno raggiunto i 29.165 euro (dati deflazionati con l'indice dei prezzi al consumo) portando a casa nel periodo un aumento di oltre 5.200 euro (il 22,47%). Nel complesso – secondo la tabella sulle retribuzioni reali per unità standard di lavoro dipendente – i lavoratori dipendenti sono passati da 21.029 euro nel 2002 a 22.467 (+6,8%) ma con grandi differenze tra i vari comparti. Al top per percentuale di aumento ci sono i travet seguiti dai lavoratori dell’industria (da 21.047 euro medi nel 2002 a 23.275 nel 2010 con un +10,5%) e del commercio (+6,8%, ma con appena 20.733 euro nel 2010). Il settore che nel 2010 aveva in media la retribuzione reale più alta resta quello dell’intermediazione monetaria e finanziaria (39.106 euro con un aumento reale rispetto al 2002 del 4,79%), seguito dalla pubblica amministrazione e dalla sanità e altri servizi sociali ma a distanza (26.600 euro per quest'ultimo settore con un aumento reale del 6%). In fondo alla lista restano i lavoratori dipendenti dei servizi domestici presso le famiglie (11.948 euro con un +2,7% reale dal 2002), ma il comparto che è rimasto completamente al palo per quanto riguarda gli aumenti reali è quello dei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni”.
Ultimo aggiornamento (Lunedì 13 Giugno 2011 14:51)

2011.06.13 – RICHIESTA DI INTERVENTO RISOLUTIVO SULLA NEGAZIONE ALL’INSTALLAZIONE DEI RADAR ANTI-EMIGRANTI

Egregio Presidente del Governo sardo Cappellacci,
Lei sa che noi indipendentisti Maluentini, siamo presenti nelle postazioni NO-RADAR e siamo determinati a portare avanti la richiesta: BASTA CON LE SERVITU’ MILITARI.
Io spero che Lei, domani, quando incontrerà i Sindaci di Tresnuraghes, di Sassari, di Sant’ Antioco e di Fluminimaggiore, passi dalle continue declamazioni formali anti-servitù militari e abbia un atteggiamento più determinato nell’affermazione dei diritti della Sardegna a gestire il suo futuro.(Oppure le pressioni indirette che la Guardia di Finanza sta mettendo in opera nelle amministrazioni comunali interessate, sta producendo gli effetti anche nel Governo Sardo!?)
Lei sa bene che la scusante utilizzata dalla Guardia di Finanza per il posizionamento dei radar anti-immigranti, non regge ( come se fosse istituzionalizzato il controllo delle coste alla Guardia di Finanza!!!)
Io sono sicuro, che Lei sa già che la Guardia Costiera ( preposta in forma istituzionale al controllo delle coste) sta già chiedendo l’installazione dei suoi radar, richiesta che verrà seguita da quella dei Carabinieri, dalla Polizia, dalla Marina Militare e dall’Esercito.
Ma, visto che ci sono, Le voglio segnalare le incongruenze riportate nel verbale del 20 Dicembre 2010 dalla Conferenza dei Servizi.
Il colonnello Lanfranco Gulisano, prevede n. 4 siti a protezione della costa occidentale relativamente agli sbarchi dei clandestini??????
Ma le chicche più affascinanti sono quelle riportate nelle motivazioni espresse dall’Assessorato alla Difesa e Ambiente- Servizio Tutela dell’Atmosfera e del Territorio che riporta:”la realizzazione dei radar non ha effetti sugli habitat e sulle specie animali e vegetali”. Ma prosegue con puntualizzazioni nettamente in contrasto con ciò che è stato appena affermato.
Infatti dice : “tutti i cavi elettrici e quelli in p.v.c. devono essere internati”; e prosegue: “ non devono essere aperte nuove piste, la vegetazione e le specie faunistiche dovranno essere integralmente conservate”.
A questo punto, caro Presidente, vengo assalito da un dubbio.
Ma l’energia elettrica occorrente per il funzionamento del radar, verrà prodotta in loco?? Con che modalità? Oppure verrà portata dall’esterno, e da dove?
E come sarà possibile scavare per lunghi tratti sui territori privati senza produrre danni alla vegetazione e senza creare nuove piste, senza operare degli espropri, e quant’altro ?
E se si produce in loco! Come verrà prodotta, con il fotovoltaico? Con l’eolico? Oppure con gruppi elettrogeni??( alla faccia del rispetto della zona protetta!) .
Ma per impiantare tale soluzione, servono altre autorizzazioni! O mi sbaglio??
Ma la più esilarante è la frase in cui viene riportato quanto segue : “ Al fine di limitare i disturbi delle fasi di cantiere sulla fauna selvatica, i lavori dovranno essere sospesi fra il 30 Marzo e il 30 Giugno”.
Che smentisce quanto riportato prima, che tale insediamento non avrebbe avuto effetti sulle specie vegetali e animali: se fosse così! Allora a chi avrebbe causato fastidi dal 30 Marzo al 30 Giugno?
Il verbale prosegue con le dichiarazioni del Comando Militare Autonomo della Sardegna, che per dare una risposta , si prende tutti i 90 giorni dell’iter per le conclusioni dei lavori della Conferenza dei Servizi!
Come dire che ci stanno andando cauti con questa richiesta!
Proseguendo nella lettura , troviamo le dichiarazioni del Corpo Forestale, che parla di un territorio semi-pianeggiante(chissà perché vogliono distruggere le rocce dell’altura) e del mantenimento di un’area pulita della vegetazione all’esterno del recinto, per la prevenzione degli incendi.
Ma ciò vorrebbe dire la creazione di una ulteriore fascia disboscata per almeno 10 metri di larghezza, per poter avere le potenzialità di bloccare un incendio. Modalità prospettata dal Corpo Forestale, in netto contrasto con quanto disposto dal Direttore dell’Assessorato degli Enti Locali Finanze e Urbanistica Valentina Mameli che dice:” a condizione che gli interventi di progetto dovranno limitare l’alterazione del paesaggio per gli effetti dell’inserimento dei manufatti nel contesto, attraverso opportune opere di mitigazione, facendo ricorso alla piantumazione di essenze arboree autoctone attorno alla recinzione del sito”.
Non molto logico, vero Presidente Cappellacci?
Arrivati a questo punto,Le chiedo: non Le sembra l’ora che si passi dalle declamazioni giornaliere da Lei espresse tramite i mass-media, a qualcosa di più concreto da parte sua,nell’imporre la fine delle servitù militari, e imporre già da ora il NO all’aumento di un metro quadro del territorio sardo ad uso militare?
Capisco il suo disagio nel leggere ciò che Le scrivo, essendomi stato riportato che Lei si sente non attrezzato ad affrontare un dibattito con il sottoscritto, e la capisco! Essendosi trovato a fare il Presidente di una Nazione alla quale non appartiene e non sente le problematiche.
Ma purtroppo , caro Cappellacci, un giorno o l’altro mi dovrà incontrare
Il Presidente,
Doddore Meloni
p.s.: e abbia almeno l’educazione di rispondere qualche volta, o non glielo hanno insegnato a scuola?
 

2011.06.13 – I VENETI NEL MONDO

tratto dal sito della Life: clicca qui
 
Ci sono milioni di Veneti, figli degli emigranti (vocabolo sconosciuto ai Veneti fino al 1866) che hanno lasciato la nostra terra subito dopo l’annessione del Veneto all’Italia.
Nei primi 24 anni di emigrazione fuggirono 1.385.000 Veneti su 2.800.000 abitanti (il 50%). Dal 1876 al 1978 bel 4.439.840 di Veneti hanno lasciato la nostra terra con tanta voglia di fare, alla ricerca di fortuna e di speranza, due essenze di vita sempre più difficili da trovare qui anche attualmente.
Dal 1876 al 1880 la proporzione dell’esodo fu questa:
35 Veneti contro 1 Siciliano, 41 Veneti contro 1 Pugliese.
Dal 1881 al 1890:
12 Veneti contro 1 Siciliano, 25 Veneti contro 1 Pugliese, 125 Veneti contro 1 Umbro.
Dal 1891 al 1900:
18 Veneti contro 1 Pugliese, 25 Veneti contro 1 Laziale, 39 Veneti contro 1 Sardo.
Attualmente ci sono più di 10 milioni di Veneti in giro per il mondo, hanno mantenuto la nostra lingua (chiamata taljan[?]) e le nostre tradizioni. (dati tratti da “Gli ultimi Veneti” di G.Cavallin, Panda Edizioni)
La loro maggiore concentrazione è nel sud del Brasile, dove in un intero stato, Rio Grande do Sul, è in uso come lingua ufficiale il Veneto.
Testimonianza commovente è questo documento: un tuffo alla scoperta del nostro Popolo,
 
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2011.06.11 – LA MESSA IN VENETO DEI FRATELLI BRASILIANI


«Pare nostro, che sei nel ciel, santificà sia el vostro nome, vegna a noantri el vostro regno, sia fata la vostra volontà, cossì in tera come nel ciel.

El pan nostro de ogni dì dane incoi.
Perdonane le nostre ofese, come noantri perdonemo a quei che i ne ha ofendesto.
E no assarne cascar in tentassion, ma liberane del mal».
Le dita seguono sul messale le parole di un’invocazione familiare, mentre i fedeli intonano all’unisono la preghiera più famosa del mondo: il Padre Nostro.
Anzi, in questo caso, il “Pare nostro”.
Perché nello Stato brasiliano del Rio Grande do Sul, la Santa Messa viene celebrata anche in lingua veneta.
Sono venuto a conoscenza di questa usanza quasi per caso e nel modo più bello, partecipando direttamente ad una celebrazione durante la mia recente visita insieme ad un gruppo di altri 16 giovani veneti, nelle terre dell’emigrazione veneta del Sud del Brasile.
A quasi 10.000 kilometri dal Veneto!
La calorosa e festosa accoglienza che abbiamo ricevuto in tutte le tappe del nostro viaggio ci ha fatto capire come i discendenti dei nostri emigranti si sentano in tutto e per tutto, anche dopo 4 o 5 generazioni, figli della nostra stessa terra: una terra che magari non hanno mai visto, ma con la quale hanno mantenuto un fortissimo legame.
E lo stupore è stato immenso quando ci siamo resi conto che quel legame arrivava al punto da spingerli a pregare nella lingua dei loro padri e nonni, quel nostro veneto che laggiù chiamano “talian” o veneto-brasilian.
Trovarci di fronte alla liturgia in lingua veneta ci ha dapprima incuriosito e poi commosso; ci ha coinvolto, ci ha colpito nell’animo.
La lingua madre è uno strumento comunicativo che sa arrivare direttamente al cuore di chi la ascolta, abbatte le diffidenze, avvicina le persone.
E così, d’un tratto, abbiamo capito il motivo profondo di quel meraviglioso benvenuto che ci era stato riservato: i nostri amici brasiliani non stavano salutando dei semplici visitatori, ma dei “fradèi”.
Ho ancora davanti agli occhi tanti volti di tante persone che ci avvicinavano, ci raccontavano “dei só veci” e di quanto avevano patito i loro progenitori, fuggiti dalla fame e dalla povertà “in serca de la Merica”. E quanti non ce l’hanno fatta…!
Per loro in quel momento eravamo un ponte che li legava alla loro terra d’origine e ad un passato che lasciava ancora aperte molte ferite.
Quante lacrime e quanta emozione abbiamo visto nei loro volti…
Al termine della celebrazione è nato in tutti noi un auspicio e una speranza: “sarebbe molto interessante proporre anche da noi, in Veneto, una Messa nella nostra lingua”, ci siamo detti!
Al nostro ritorno, per una di quelle misteriose coincidenze che portano a interrogarsi sul senso di ciò che accade in questo mondo, proprio l’idea di una Messa in lingua veneta, lanciata da un amministratore locale, dominava le pagine dei giornali.
Siamo consapevoli che ogni decisione in merito spetta soltanto alla Chiesa Cattolica, che del resto ha già dimostrato una grande sensibilità per le culture locali: celebrazioni in friulano, ad esempio, si svolgono da diversi anni.
Crediamo che sull’argomento si potrebbe ragionare serenamente, senza forzare i tempi e senza soprattutto rovinare questo tema importante e delicato con le solite polemiche da basso impero.
In conclusione, come spunto per una riflessione, riporto una semplice e commovente citazione dal libretto dei canti e delle preghiere che nel Rio Grande do Sul viene distribuito ai fedeli durante la Messa, e chi i nostri fratelli brasiliani hanno voluto portassimo con noi al di qua dell’Oceano:
«Mi no me garia mai pensà che’l Signor, un giorno, el parlesse anca lu come noantri.
Desso sì se capimo propio col Signor e Lu el se capisse co noantri».
Davide Guiotto
 
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tratto da: clicca qui

2011.06.11 – CARTA D’IDENTITA’ E PATENTE VENETA PER SOSTITUIRE I DOCUMENTI ITALIANI

stralcio dell'articolo del "IL GAZZETTINO" del 10.06.2011
come al solito la stampa allineata di regime continua volutamente a confondere la pubblica opinione sull'origine di tali iniziative, associando il Governo Veneto ad un'associazione-partito o ad un movimento.
Che abbiano tutti una cronica deficenza di comprendonio questi giornalisti???

Iniziativa del movimento di Albert Gardin: «Non è un gadget padano ma serviranno nelle nostre relazioni internazionali» 
 
VENEZIA
Carte d'identità e patenti venete: a realizzarle sarà Il Governo del Popolo Veneto. L'associazione-partito, che da anni si batte per ottenere l'indipendenza del Veneto, ha annunciato che rilascerà entro breve dei documenti di identità e patenti a chiunque vorrà servirsene per affermare la propria identità veneta. Per averli bisognerà fare una apposita richiesta e ci vorranno otto settimane per riceverli.
I documenti, sotto "la storica denominazione e stemma della Repubblica Veneta", nella volontà dei promotori, saranno sostitutivi di quelli italiani. «I documenti veneti – afferma Albert Gardin, presidente del Governo Veneto – saranno uno strumento comunicativo per stabilire internazionalmente e soprattutto verso lo Stato italiano la nazionalità e cittadinanza veneta». Sul piano concreto, come spiega lo stesso Gardin all'Ansa, si tratterà di documenti d'identità che avranno le stesse fattezze dei quelli rilasciati dallo Stato italiano: «Nei nostri – aggiunge il presidente venetista – in piccolo sarà riportata l'indicazione del documento emesso dall'altro Stato, sia esso italiano o francese o australiano. Infatti, non è detto che un veneto possa essere solo cittadino italiano: pensiamo, ad esempio, a quelli che sono emigrati all'estero».
Su una questione, comunque, Gardin punta l'attenzione: «Il documento non sarà un gadget padano: è l'affermazione del nostro diritto di indicare la nostra identità e cittadinanza che è quella veneta». Il presidente del Governo del Popolo Veneto – composto da una decina di persone, mentre il Parlamento Veneto da un'altra cinquantina – ha già messo nel conto che in caso di presentazione del documento veneto potrebbe esserci qualche contestazione: «Se questo avverà darà fiato alla nostra battaglia politico-giuridica per ottenere il riconoscimento dei nostri documenti».
 

2011.06.11 – FRATELLI D’ITALIA…GNANCA PARENTI!

ETTORE BEGGIATO                                                                           
4 giugno 2011
                                          C O M U N I C A T O   S T A M P A
 
Oggetto: “Fratelli d’Italia??” “Gnanca parenti!”, e la vignetta viene premiata ad Abano alla terza edizione del premio “Dino Durante”

 

In una piazza imbandierata di tricolori un baldo giovane chiede ad una affascinante ragazza dai capelli rossi “Fratelli d’Italia??” e lei decisa “Gnanca parenti!!” (“nemmeno parenti”, tradotto in italiano): questa vignetta, nata da un’idea di Ettore Beggiato e dalla penna della bravissima Martina Tauro è stata premiata durante la III edizione del Premio Dino Durante che si è svolta nei giorni scorsi ad Abano Terme, manifestazione istituita per ricordare il grande umorista e  vignettista padovano, scomparso nel 2002, padre de “El Strologo” almanacco veneto che per quarantanni ha rappresentato un concentrato di umorismo e di saggezza.
Il premio prevedeva due sezioni, una per i componimenti umoristici e  una per le vignette, ed è proprio in quest’ultima che, dopo il vincitore  Valentino Villanova con  “La bira”,  è stata  segnalata dalla giuria la vignetta di Martina Tauro e Ettore Beggiato.
“A so proprio contento” ha dichiarato Ettore Beggiato, “una piccola, grande soddisfazione che evidenzia come l’ironia sia una delle poche armi che ci è rimasta. Nell’anno del centocinquantesimo anniversario della cosiddetta unità d’Italia, dove siamo stati inondati da una retorica patriottarda devastante, dove non c’è stato il minimo spazio per la critica e per una rilettura obiettiva della storia, nell’anno del festival del pensiero unico, dell’assurdo teorema –un popolo, una storia, una lingua, una identità-, non ci resta che affidarci all’ironia, una caratteristica  che ha sempre accompagnato i Veneti anche nei momenti peggiori, proprio come questo.”
Un grazie alla Giuria del Premio, un grazie particolarmente sentito  a Martina Tauro e alla sua straordinaria bravura.