ATTUALITA
2012.10.2O – COSA E’ SUCCESSO A INDYMEDIA PIEMONTE?
A quanto pare, questa bella scoperta è partita da un articolo apparso per la prima volta su Indymedia Piemonte.
Non si apre?
"L'Independent Media Center (rete di mezzi di comunicazione di massa indipendenti), chiamata anche Indymedia o IMC, è una rete di mezzi di comunicazione di massa e di giornalisti.
Il motivo?
E' questa società che ha ottenuto la chiusura dal Tribunale della Libertà.
Indymedia Piemonte si occupava anche di NOTAV, e diffondeva molte altre notizie scomode, come quella sui farmaci. Immaginiamo con quale riluttanza sia stato dato l'ordine d'oscuramento…
Senza contare che questa sentenza, apre la strada ad un'ondata di chiusure di siti, magari su esposti di politici indagati.
Per capire meglio cosa è successo ad Indymedia Piemonte, e quali sono le implicazioni per la giustizia in Italia, riportiamo un articolo dell'avvocato Sarzana.
Come si ricorderà il 13 giugno 2012, tutti gli Internet Service provider nazionali ( nella fattispecie 271 imprese tra Provider nazionali ed aderenti ad ASSOPROVIDER) ricevevano un fax dal Nucleo di Polizia tributaria di Milano con la quale si ordinava l'inibizione, per i cittadini italiani all'accesso di alcune sezioni del network di comunicazione Indymedia.
La vicenda veniva ripresa da diversi organi di stampa, scatenando anche una ridda di voci sul perché le sezioni fossero ancora presenti su internet, sul perchè alcuni provider avessero nel frattempo dato adempimento e altri no, http://piemonte.indymedia.org/article/15270 sino a giungere ad articoli dubbiosi sullo stesso sequestro, nonostante vi fosse un provvedimento esplicito del GIP di Milano, Criscione. http://www.articolo21.org/2012/06/web-indymedia-piccolo-giallo-su-alcune-pagine-che-i-pm-vorrebbero-oscurare/
Cosa è accaduto e cosa accadrà.
Indymedia aveva pubblicato dei leaks che delineavano ( a detta dell'articolista anonimo) uno scenario da spystory legato all'attività di una multinazionale con sede a Genova, che avrebbe coinvolto apparentemente anche nomi molto noti della finanza italiana, il tutto suffragato da documentazione riservata che era stata pubblicata integralmente sulle sezioni Toscana e Piemonte del portale.
La storia era stata poi ripresa da testate quali Milano Finanza.
La società aveva poi querelato l'articolista anonimo e la stessa indymedia ottenendo a giugno di quest'anno anche il sequestro di intere sezioni del portale www.indymedia.org ( nella fattispecie le sezioni Toscana e Piemonte dello stesso network) nonostante all'interno dell'articolo sequestrato si fosse dato apparentemente conto di tutte le ragioni della stessa società multinazionale.
La stessa Indymedia ha infatti una policy che consente a chiunque si ritenga leso di disporre rettifiche e/o variazioni agli articoli postati da soggetti terzi rispetto alla propria organizzazione.
Tale policy, nonostante l'autore dell'articolo non avesse niente a che fare con la stessa Indymedia, è sembrerebbe essere stata stata rispettata tant'è che nell'articolo sottoposto a sequestro sono contenute le repliche inviate dalla società, le risposte della redazione e tutto l'iter della notizia e i documenti a supporto degli stessi.
Nonostante ciò, a distanza di quattro anni dalla querela e a quasi quattordici anni dai fatti, IL GIP di Milano, disponeva il 24 maggio scorso il sequestro preventivo delle pagine incriminate.
L'ordine però non veniva rivolto alla stessa Indymedia o al provider che pubblica il portale di Indymedia, ma a tutti i provider italiani di accesso.
In sostanza è come se venisse chiesto a diverse società che gestiscono autostrade di bloccare gli accessi ad un determinato paese, a seguito del verificarsi di un reato all'interno di una stanza di una specifica abitazione invece di sequestrare la singola casa e/o la stanza ove è stato commesso il reato.
Quest'ordine, diversamente dal sequestro o dalla cancellazione di singoli post o singole frasi è in grado di ottenere, senza conivolgere le testate o gli articolisti ( che possono anche difendersi ed argomentare sulla verità dei fatti) la cancellazione di interi siti internet o di sezioni ( anche molto estese, con centinaia di articoli) di siti internet
Perché questo?
Perché tecnicamente i provider di accesso ( cioè coloro che ci danno accesso ad internet) non possono agire sulla singola frase o sul singolo articolo ma devono necessariamente inibire l'accesso ai cittadini italiani di tutto il sito o a sezioni del sito facilmente riconoscibili ( come la sezione piemonte o toscana di indymedia).
Il blocco opera infatti solo a livello di DNS e di numero IP, ovvero dei dati che identificano con precisione un indirizzo internet completo e non una singola frase o una singola pagina.
E' quello che avviene con i siti di pedofilia che sono all'estero.
Cosa comporta tutto questo?
Se passa questa forma di inibizione noi ci troveremo ( come già accaduto nel caso del portale del Vajont http://www.lidis.it/newsdetail.asp?ID=1301 e oggi di Indymedia) che qualsiasi articolo di stampa on line, ritenuto diffamatorio potrà portare come conseguenza la chiusura dell'intera testata.
Il provider di accesso non può distinguere all'interno di una testata con centinaia di articoli le singole frasi o i singoli articoli, per impedire a tutti i propri clienti di avere accesso a quell'articolo per cui se la cancellazione non viene fatta dalla testata o dal provider dove è pubblicato il sito, l'intero sito ( o la sezione incolpevole) sarà inibita.
Senza che la testata, l'articolista, o l'hosting provider lo sappiano.
Vediamo le conseguenze.
Pensiamo ad esempio alle prossime elezioni politiche.
Uno o più candidati che hanno avuto ( o hanno) problemi con la giustizia, potrebbero richiedere ad un Magistrato l'eliminazione di uno o più articoli ritenuti diffamatori, in via preventiva, giusto in tempo per essere eletti, ottenendo ( come nel caso del Vajont e di in indymdedia) la "scomparsa" di intere sezioni di siti o dello stesso sito, se il portale è all'estero.
Cosa fanno i provider:
I provider Italiani di CONFCOMMERCIO ( aderenti ad Assoprovider) hanno deciso di impugnare il 22 giugno di fronte al Tribunale del Riesame di Milano, attraverso i legali dello Studio legale Sarzana www.lidis.it, coadiuvati in questa iniziativa dall'Avv. Marco Scialdone, il sequestro Indymedia, per portare all'attenzione della Magistratura e dell'opinione pubblica le gravi conseguenze sulla libertà di espressione e sulle prerogative della stampa on line connesse ad ordini di inibizione di questo tipo.
Contemporaneamente gli stessi Provider hanno deciso di investire il Tribunale di Milano della questione in via pregiudiziale della legittimità degli ordini di inibizione a carico dei provider richiedendo allo stesso Giudice Meneghino di devolvere la questione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, così da chiarire se le norme Comunitarie consentano ai giudici nazionali di disporre ordini di inibizione di tal fatta.
Fulvio Sarzana di S. Ippoto
www.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati
fonte:http://www.fulviosarzana.it/blog/la-wikileaks-italiana-i-provider-italiani-impugnano-di-fronte-al-tribunale-della-liberta-di-milano-il-sequestro-preventivo-delle-pagine-del-network-internazionale-indymedia-e-richiedono-l%E2%80%99int/
2012.10.20 – IN ITALIA 3 MILIONI DI “NUOVI MALATI DI MENTE”…
Coordinatore operativo
Non ETICHETTARE tuo figlio, ASCOLTALO!
www.giulemanidaibambini.org – www.donttouchthechildren.org
2012.10.18 – AI AI AI … AIDS !!! MA SIAMO SICURI? LA SOTTACIUTA VERITA’ SULL’AIDS.

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la scienza del panico… quello che non ti hanno mai detto.
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Ma questo si dimostrò un errore, poiché fu verificato verso la meta’ degli anni ’80 che la medesima attività enzimatica era presente in tutta la materia vivente provando così che la transcriptasi inversa non aveva niente a che fare con i retrovirus per sé.
Nel 2001 arrivarono i risultati del Progetto per la mappatura del Genoma Umano è stato chiaro che stava per essere irrimediabilmente buttato a mare il concetto stesso di “retrovirus”.
Ma negli anni ’70 lo sforzo di innumerevoli gruppi di ricerca era quello di correlare l’attivita’ anomale di cui non si sapeva niente (di trascrizione inversa) al cancro.
Le cose funzionavano cosi’: ogni volta che l’attività transcriptasica inversa veniva rivelata si riteneva che i retrovirus fossero presenti. Ma dopo dieci anni di fallimenti, si cambio’ pista.
Fu chiaro in quel momento storico a tutti i partecipanti che formulare una qualsiasi ipotesi di un ruolo dei retrovirus in una patologia umana sarebbe stato appoggiato dal sistema con tutte le sue forze politiche ed economiche disponibili!
Servivano categorie in cui si potessero trovare facilmente persone che erano molto malate per attribuire su loro l’epidemia dell’ipotetico retrovirus assassino.
Gallo dimostro’ che almeno si poteva attribuire ad un test di frammenti di HIV la malattie dei drogati.
28 anni dopo si parla sempre di meno di HIV, Gallo non ricevette il premio Nobel perche’ i test da lui brevettati avevano delle evidenti forzature.
Gli ultimi sviluppi dimostrano ormai inequivocabilmente che il passaggio da RNA a DNA non è affatto una ABERRAZIONE, piuttosto è ciò che potrebbe spiegare la complessità umana.
L’intero gruppo cui l’HIV apparterrebbe, i retrovirus, non ha niente di patologico e non e’ un gruppo di virus.
Allucinazione di massa pilotata: H.I.V. , ovvero “La scienza del panico”, realizzato nel 2011, durata 80 minuti.
Un documentario di Isabel Otaduy Sömme e Patrizia Monzani (con Arantxa Martinez)
http://www.youtube.com/embed/oF0-MwgxHQQ frameborder=0 width=400 height
LA CAPACITA’ D’AGIRE
IL RAPPORTO GIURIDICIO (LE RELAZIONI GIURIDICHE)
LA PERSONA GIURIDICA
LA PERSONALITA’ GIURIDICA
LA SOGGETTIVITA’ GIURIDICA ACCESSORIA (ESSERI BIOLOGICI VIVENTI IN NATURA)

LA SOGGETTIVITA’ GIURIDICA PRIMARIA
IL FINE COMUNE DEL POPOLO VENETO

Il MLNV è per la costituzione di uno stato democratico attraverso il quale il Popolo Veneto possa assicurare a tutti i propri membri:
- la pacifica e serena convivenza civile;
- la giustizia;
- il perseguimento del bene comune dell’intera comunità;
- le giuste libertà individuali e sociali;
- la libertà religiosa.
2012.10.09 – VIA LIBERA UFFICIALE AL MES (ESM): SIAMO UFFICIALMENTE IN DITTATURA ECONOMICA
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Tagli ai servizi pubblici
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Prelievo dalle tasche degli Italiani

2012.10.08 – MA GUARDA UN PO’ CHE SORPRESA… ECCO I VERTICI DELLA POLIZIA ITALIANA CONDANNATI!



– Franco Gratteri capo della Direzione centrale anticrimine
condannato a 4 anni per falso aggravato
– Gilberto Caldarozzi capo dello Sco (Servizio Centrale Operativo)
condannato a 3 anni, per lo stesso reato.
Ora rimossi dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri data l’interdizione dei pubblici uffici prevista dalla sentenza.


Senatori Radicali e del Pd presentano interrogazione a Cancellieri a seguito di sentenza Cassazione su Diaz
I senatori Radicali Marco Perduca e Donatella Poretti coi senatori del gruppo del Partito Democratico Roberto Della Seta, Roberto Di Giovan Paolo, Francesco Ferrante e Vincenzo Vita hanno presentato ieri un'interrogazione alla Ministro Cancellieri per sapere se abbia preso cognizione delle motivazioni della sentenza della Corte di cassazione e quali determinazioni intende adottare alla luce delle stesse.
– evidenti appaiono pertanto, al di là delle responsabilità penali, le responsabilità funzionali dell’allora e dell’attuale Capo della polizia.
si chiede di sapere se:
Il Ministro interrogato abbia preso cognizione delle motivazioni della sentenza della Corte di cassazione e quali determinazioni intende adottare alla luce delle stesse.



2012.10.08 – LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL’IRRUZIONE NELLA SCUOLA DI GENOVA DURANTE IL G8
Prescritto il reato di lesioni gravi per nove agenti del nucleo speciale della Mobile. Il Viminale: «Sentenza da rispettare»
La sentenza della CASSAZIONE sull'irruzione nella scuola di genova durante il g8
Diaz, la Cassazione conferma le condanne
per i vertici della polizia: scatta la sospensione
Prescritto il reato di lesioni gravi per nove agenti del nucleo speciale della Mobile. Il Viminale: «Sentenza da rispettare»
Confermate in via definitiva le condanne per falso aggravato inflitte agli alti funzionari di polizia coinvolti nelle violenze alla scuola Diaz di Genova, il 21 luglio 2001.
Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione. Nel dettaglio, la Cassazione ha confermato l'impianto accusatorio della Corte d'Appello di Genova del 18 maggio 2010.
Convalidata la condanna a 4 anni per Francesco Gratteri, attuale capo del dipartimento centrale anticrimine della Polizia; convalidati anche i 4 anni per Giovanni Luperi, vicedirettore Ucigos ai tempi del G8, oggi capo del reparto analisi dell'Aisi.
Tre anni e 8 mesi a Gilberto Caldarozzi, attuale capo servizio centrale operativo.
Convalidata anche la condanna a 5 anni per Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma.
La conferma delle condanne comporterà la sospensione dal servizio per i funzionari dal momento che nei loro confronti è stata applicata la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.

Si tratta degli agenti di polizia Tucci, Cenni, Basili, Ledoti, Compagnone, Stranieri, Lucaroni e Zaccaria.
A quanto si è appreso nei loro confronti, data la dichiarazione di prescrizione, non dovrebbe scattare la pena accessoria della condanna all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
La conferma della condanna
IL VIMINALE (il ministero dell'interno italiano)
«La sentenza della Corte di Cassazione va rispettata come tutte le decisioni della Magistratura.
Il ministero dell'Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte.
La sentenza mette la parola fine a una vicenda dolorosa che ha segnato tante vite umane in questi 11 anni.
Questo non significa che ora si debba dimenticare. Anzi, il caso della Diaz deve restare nella memoria».
Lo afferma in una nota il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri.
«Ma proprio le definitive parole dei giudici ci devono spingere a guardare avanti sicuri che le Forze di Polizia sono per i cittadini italiani una garanzia per la sicurezza e per la democrazia – prosegue il ministro –
Del resto nessuno può dimenticare l'attività quotidiana di tante donne e uomini della Polizia che, con dedizione, professionalità e coraggio, lavorano al servizio dello Stato per il bene di tutti».
MANGANELLI (l'attuale capo della polizia italiana)
La Polizia «accoglie la sentenza della magistratura con il massimo dovuto rispetto e ribadisce l'impegno a proseguire nel costante miglioramento del percorso formativo relativo al complesso campo dell'ordine e della sicurezza pubblica».
Queste le parole del Capo della Polizia, Antonio Manganelli dopo la sentenza sui fatti di Genova. «Esprimo apprezzamento e orgoglio per la maturità, l'onestà, la dedizione e l'entusiasmo con cui quotidianamente il Paese viene servito dalle donne e dagli uomini delle forze di polizia» ha aggiunto Manganelli.
«Giustizia è fatta: ci sono voluti 11 anni per arrivare a questo verdetto e la Cassazione è stata coraggiosa.
Mai, nelle democrazie occidentali, si è arrivati ad una condanna per funzionari della Polizia di così alto livello» ha commentato Emanuele Tambuscio, legale di alcuni no-global picchiati alla Diaz. «La catena di comando è stata condannata e questo è un grande risultato, rimane però il dato di fatto che quella notte alla scuola Diaz è stata una pagina nera per la democrazia italiana e il Parlamento non ha nemmeno fatto una Commissione di inchiesta per individuare le responsabilità politiche» ha aggiunto l'avvocato Francesco Romeo, difensore di alcune vittime del pestaggio alla Diaz.
Il commento di G. Bianconi: «Sentenza terremoto»

«DE GENNARO SI DIMETTA»
«Chiedo formalmente che il Presidente Napolitano, come rappresentante dell'unità del Paese, chieda scusa alle vittime dei fatti della Diaz e di Bolzaneto» ha dichiarato Vittorio Agnoletto, l'ex portavoce del Genoa Social Forum del 2001.
Per Agnoletto, inoltre, Gianni De Gennaro, attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex capo della Polizia, «deve rassegnare le dimissioni, perchè anche in assenza di una condanna giudiziaria esiste una condanna morale e professionale per ciò che è accaduto».
LE REAZIONI
«Una notizia positiva.
Succede di rado, ma quando accade bisogna accoglierla con soddisfazione.
Vuol dire che in questo Paese c'è ancora un barlume di giustizia» ha commentato Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il giovane morto nel luglio 2001 durante gli scontri al G8.
«Ora -ha aggiunto- speriamo che ci siano altre pagine di questo genere.
Cercheremo in tutti i modi di ottenere verità e giustizia anche sull'assassinio di Carlo».
«La nube tossica che per 11 anni ha coperto la mattanza alla Diaz si è dissolta» ha commentato Nichi Vendola presidente di Sinistra Ecologia Libertà.
«La Cassazione ci dice, con sentenza definitiva,- prosegue il leader di Sel – che a Genova nel luglio 2001 i tutori della legge si trasformarono in carnefici di ragazzini.
Per me, lo dico con viva emozione, è un raggio di verità e giustizia che illumina una pagina buia della storia italiana».
AMNESTY INTERNATIONAL
Per Amnesty International si tratta di «una sentenza importante, che finalmente e definitivamente, anche se molto tardi, riconosce che agenti e funzionari dello stato si resero colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani di persone che avrebbero dovuto proteggere».
Tuttavia, per Amnesty «i fallimenti e le omissioni dello stato nel rendere pienamente giustizia alle vittime delle violenze del G8 di Genova sono di tale entità che queste condanne lasciano comunque l'amaro in bocca: arrivano tardi, con pene che non riflettono la gravità dei crimini accertati, e che in buona parte non verranno eseguite a causa della prescrizione, e a seguito di attività investigative difficili ed ostacolate da agenti e dirigenti di polizia che avrebbero dovuto sentire il dovere di contribuire all'accertamento di fatti tanto gravi.
Soprattutto, queste condanne coinvolgono un numero molto piccolo di coloro che parteciparono alle violenze ed alle attività criminali volte a nascondere i reati compiuti».
L'ITER GIUDIZIARIO
In primo grado, il 13 novembre del 2008, 13 imputati erano stati condannati complessivamente a 35 anni e 7 mesi di reclusione e altri 16, tra cui i vertici della catena di comando, erano stati assolti. Il 18 maggio del 2010 la terza sezione della Corte d'Appello di Genova ha sostanzialmente ribaltato la sentenza, condannando 25 imputati su 28, compresi tutti i vertici della polizia che erano stati assolti nel precedente giudizio, ad una pena complessiva di oltre 98 anni e 3 mesi di reclusione.
L'ex comandante del primo reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini, era stato condannato a 5 anni, il capo del dipartimento centrale anticrimine, Francesco Gratteri e l'ex vicedirettore dell'Ucigos, Giovanni Luperi, a 4 anni, l'ex dirigente della Digos di Genova, Spartaco Mortola e l'ex vicecapo del Servizio centrale operativo, Gilberto Caldarozzi, a 3 anni e 8 mesi, con la pena accessoria dell'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici.
Per Gianni De Gennaro, ex capo della polizia, e oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, è stato fatto un processo parallelo.
De Gennaro, assolto in primo grado, ma condannato in appello a un anno e 4 mesi, viene prosciolto definitivamente da ogni accusa dalla Cassazione, che, nel novembre 2011, annulla la sentenza d'appello «perchè il fatto non sussiste».
IL BLITZ ALLA DIAZ
Il blitz alla scuola Diaz, dove il Comune di Genova aveva alloggiato gli attivisti del Genoa Social forum giunti nel capoluogo ligure per le manifestazioni contro il G8 del 2001, avviene nella serata del 21 luglio.
Il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani.
Quasi 400 agenti di polizia fanno irruzione nel complesso scolastico, molti vengono picchiati, le loro facce insanguinate vengono ritratte in foto e filmati e fanno il giro del mondo.
( tratto da un articolo da il CORRIERE DELLA SERA: http://www.corriere.it/cronache/12_luglio_05/diaz-cassazione_03e8bb5e-c6aa-11e1-8ab7-67e552429064.shtml )
ROMA
Le violenze della polizia e gli immotivati arresti di massa dei no-global inerti e innocenti, hanno «gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero».Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni, appena depositate, del processo Diaz che ha decapitato i vertici della polizia. La «gravità» dei reati commessi dai funzionari della polizia, come quello della violazione «dei doveri di fedeltà» delle calunnie e dei falsi, legittima il no «al riconoscimento delle attenuanti generiche» a favore degli imputati. Hanno commesso una «consapevole preordinazione di un falso quadro accusatorio ai danni degli arrestati, realizzato in un lungo arco di tempo intercorso tra la cessazione delle operazioni ed il deposito degli atti in Procura».
Le motivazioni della Cassazione.
La Cassazione, nelle motivazioni del processo Diaz evidenzia, come già fatto dalla Corte d'Appello di Genova, «l'odiosità del comportamento» dei vertici di comando. «Di chi, in posizione di comando a diversi livelli come i funzionari – è scritto – una volta preso atto che l'esito della perquisizione si era risolto nell'ingiustificabile massacro dei residenti nella scuola, invece di isolare ed emarginare i violenti denunciandoli, dissociandosi così da una condotta che aveva gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero e di rimettere in libertà gli arrestati, avevano scelto di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze». In pratica, crearono verbali menzogneri «funzionali a sostenere così gravi accuse da giustificare un arresto di massa». Ed avevano formulato le accuse «in modo logico e coerente, tanto da indurre i pubblici ministeri a chiedere, e ottenere seppure in parte, la convalida degli arresti».
I poliziotti gridavano bastardi.
I poliziotti che fecero irruzione alla scuola Diaz di Genova – durante il G8 del 2001 – «si erano scagliati sui presenti, sia che dormissero, sia che stessero immobili con le mani alzate, colpendo tutti con i manganelli (detti tonfa) e con calci e pugni, sordi alle invocazioni di non violenza provenienti dalle vittime, alcune con i documenti in mano, pure insultate al grido di bastardi». Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma delle condanne ai vertici della polizia per il pestaggio alla Diaz.
( tratto da un articolo de il MESSAGGERO: http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/diaz_polizia_cassazione/notizie/223008.shtml )
Cassazione: prosciolto De Gennaro (eh eh eh … e quando mai!)
Roma
Il blitz delle forze dell’ordine alla scuola Diaz di Genova, la sera del 21 luglio del 2001, al G8 durante il quale perse la vita il giovane manifestante Carlo Giuliani, fu «eseguito con inusitata violenza dai 300 agenti operanti, pur in assenza di reali gesti di resistenza» da parte dei 93 no-global arrestati e portati nella caserma Bolzaneto dove «subiscono altri atti di prevaricazione», anche dalla polizia penitenziaria.
Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni del proscioglimento dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, ora sottosegretario con delega all’Intelligence , che la corte d’Appello – il 17 giugno 2010 – aveva condannato a un anno e quattro mesi di reclusione per aver istigato alla falsa testimonianza l’ex questore Francesco Colucci, insieme all’ex capo della Digos Spartaco Mortola, condannato a un anno e due mesi e anche lui assolto.
Il fascicolo di De Gennaro e Mortola, che hanno scelto il rito abbreviato, è il primo capitolo del G8 ad approdare alla Suprema Corte – anche se nato per ultimo – ed, essendo corredato dalle due sentenze di merito già emesse nei confronti dei 25 agenti e dirigenti della polizia colpevoli del pestaggio alla Diaz, la Cassazione ne ha potuto prendere visione e maturare un giudizio «sul piano della ricostruzione storica degli eventi».
Questo in attesa che il processo principale del G8, quello sulla «macelleria messicana» avvenuta alla Diaz, si celebri il prossimo 11 giugno, quando è fissata la prima udienza innanzi alla Quinta sezione penale del Palazzaccio. Intanto, comunque, i supremi giudici – nella sentenza 20656 – affermano che «le indagini di polizia giudiziaria, rapidamente promosse dalla Procura di Genova, consentono, alla luce delle concordi dichiarazioni dei manifestanti, delle testimonianze assunte e di molti reperti video-fotografici e documentari, di chiarire subito i profili di abusività e ingiustificata durezza dell’azione portata a compimento nella scuola».
La Cassazione ricorda subito che il presupposto del blitz si basa sulla «accertata falsità del ritrovamento di due bottiglie molotov» nella Diaz, mendacio «asseverato nella maggior parte dei verbali di arresto» dei 93 no-global. In pratica, la storia delle molotov è servita alla polizia solo per legittimare «falsamente “a posteriori” l’arresto in flagranza» degli ospiti della Diaz. Venendo a De Gennaro, la Suprema Corte rileva che il verdetto di appello è «caratterizzato da elementi il più delle volte soltanto congetturali se non apodittici», di cui sono traccia i frequenti «non può non ritenersi» o frasi come «un astratto contributo».
Tutto il processo si riduce ad una circostanza – riassume la Cassazione – se sia stato lui a mandare Roberto Sgalla, allora capo delle relazioni esterne della polizia, alla Diaz, la sera dell’irruzione, o se Sgalla abbia ricevuto la chiamata da Colucci.
I supremi giudici osservano che dagli atti emerge che Colucci – il quale inizialmente disse che fu De Gennaro ad esortarlo a chiamare Sgalla e poi ritrattò la deposizione, dopo abboccamenti con lo stesso De Gennaro e Mortola – fece una prima chiamata a Sgalla e dopo a De Gennaro, il che farebbe presumere che fu l’ex questore a dire all’addetto stampa di andare alla Diaz, tanto più che il Capo della Polizia «ben più agevolmente e con l’autorevolezza del suo ruolo avrebbe potuto mettersi in contatto con Sgalla senza l’intermediazione del questore».
Nessuno, però, sottolinea l’alta Corte si è preso la briga, durante il processo, di chiedere a Sgalla da chi avesse ricevuto l’ordine: si tratta però di una faccenda «destituita di ogni profilo di seria pertinenza».
De Gennaro era al corrente del blitz, tanto che autorizzò l’uso anche di contingenti dei carabinieri, ricorda la Cassazione, ma non diede ordini sulle modalità dell’irruzione – non c’è nessuna prova – anzi raccomandò prudenza.
Per Colucci il processo è in corso e deve spiegare perché cambiò versione sulla catena di comando la sera del blitz nel quale 93 uomini e donne inermi, giornalisti compresi, furono massacrati di botte e sbattuti in carcere.
( tratto da un articolo de il SECOLO XIX: http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/05/28/APbgXpbC-cassazione_prosciolto_gennaro.shtml ).
2012.08.24 – FACEBOOK…E LO STATO CANAGLIA ITALIANO.

Una violazione della privacy che farà molto discutere.
Negli Stati Uniti, tra migliaia di polemiche, è sul tavolo un disegno di legge che, se sarà approvato, permetterà alle agenzie investigative federali di irrompere senza mandato nelle piattaforme tecnologiche tipo Facebook e acquisire tutti i loro dati riservati.In Italia in silenzio e senza clamore, lo hanno già fatto.
I dirigenti della Polizia postale due settimane fa si sono recati a Palo Alto, in California, e hanno strappato, primi in Europa, un patto di collaborazione che prevede la possibilità di attivare una serie infinita di controlli sulle pagine del social network senza dover presentare alcuna richiesta della magistratura e attendere i tempi necessari per una rogatoria internazionale.
Questo perchè, spiegano alla Polizia Postale, la tempestività di intervento è fondamentale per reprimere certi reati che proprio per la velocita di diffusione su Internet evolvono in tempo reale.
Una corsia preferenziale, insomma, che potranno percorrere i detective digitali italiani impegnati soprattutto nella lotta alla pedopornografia, al phishing e alle truffe telematiche, ma anche per evitare inconvenienti ai personaggi pubblici i cui profili vengono creati a loro insaputa.
Intenti forse condivisibili, ma che di fatto consegnano alle forze dell’ordine il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali senza che sia necessaria l’autorizzazione di un pubblico ministero.
In concreto, i 400 agenti della Direzione investigativa della Polizia postale e delle comunicazioni potranno sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili italiani di Facebook.
Ma siamo certi che tutto ciò avverrà nel rispetto della nostra privacy?
Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e persino i vigili urbani scandagliano le comunità di Internet per ricavare informazioni sensibili, ricostruire la loro rete di relazioni, confermare o smentire alibi e incriminare gli autori di reati.
Sempre più persone condur l’enorme potenzialità del Web e per la facilità con cui si viola riservatezza altrui cono in Rete una vita parallela e questo spiega perche alle indagini tradizionali da tempo si affianchino pedinamenti virtuali.
Con la differenza che proprio pea molto facile finire nel mirino dei cyberop: non è necessario macchiarsi di reati ma basta aver concesso l’amicizia a qualcuno che graviti in ambienti “interessanti” per le forze dell’ordine.
A Milano, per esempio, una sezione della Polizia locale voluta dal vicesindaco Riccardo De Corato sguinzaglia i suoi “ghisa” nei gruppi di writer, allo scopo di infiltrarsi nelle loro community e individuare le firme dei graffiti metropolitani per risalire agli autori e denunciarli per imbrattamento.
Le bande di adolescenti cinesi che, tra Lombardia e Piemonte, terrorizzano i connazionali con le estorsioni, sono continuamente monitorate dagli interpreti della polizia che si insinuano in Qq, la più diffusa chat della comunità.
Anche le gang sudamericane, protagoniste in passato di regolamenti di conti a Genova e Milano, vengono sorvegliate dalle forze dell’ordine.
E le lavagne degli uffici delle Squadre mobili sono ricoperte di foto scaricate da Facebook, dove i capi delle pandillas che si fanno chiamare Latin King, Forever o Ms18 sono stati taggati insieme ad a ltri ragazzi sudamericani, permettendo cosi agli agenti di conoscere il loro organigramma.
Veri esperti nel monitoraggio del Web sono ormai gli investigatori delle Digos, che hanno smesso di farsi crescere la barba per gironzolare intorno ai centri sociali o di rasarsi i capelli per frequentare le curve degli stadi.
Molto più semplice penetrare nei gruppi considerati a rischio con un clic del mouse.
Quanto ai Carabinieri, ogni reparto operativo autorizza i propri militari, dal grado di maresciallo in su, ad accedere a qualunque sito internet per indagini sotto copertura, soprattutto nel mondo dello spaccio tra giovanissimi che utilizzano le chat per fissare gli scambi di droga o ordinare le dosi da ricevere negli istituti scolastici.
Mentre, per prevenire eventuali problemi durante i rave, alle compagnie dei Carabinieri di provincia è stato chiesto di iscriversi al sito di social networking Netlog, dove gli appassionati di musica tecno si danno appuntamento per i raduni convocando fans da tutta Europa.
A caccia di raver ci sono anche i venti compartimenti della Polizia postale e delle comunicazioni, localizzati in tutti i capoluoghi di regione e 76 sezioni dislocate in provincia. «Il nostro obiettivo è quello di prevenire i rave party prima che abbiano inizio», spiegano, «e per questo ci inseriamo nelle comunicazioni tra organizzatori e partecipanti, nei social network, nei forum e nei biog».

In teoria queste attività sono coordinate dalle procure che conducono le indagini su singoli fatti o su fenomeni più ampi. I responsabili dei social network non ci tengono a farlo sapere e parlano di una generica offerta di collaborazione con le forze dell’ordine per impedire che le loro piattaforme favoriscano alcuni delitti.
Un investigatore milanese rivela a “L’espresso” che, grazie alle autorizzazioni della magistratura, da tempo ottiene dai responsabili di Facebook Italia di visualizzare centinaia di profili riservati di altrettanti utenti, riuscendo persino ad avere accesso ai contenuti delle chat andando indietro nel tempo fino ad un anno.
Chi crede di aver impostato le funzioni di riservatezza in modo da non permettere a nessuno di vedere le foto, i post e gli scambi di messaggi con altri amici, in realtà, se nel suo gruppo c’e un sospetto, viene messo a nudo e di queste intrusioni non verrà mai a conoscenza.
E non sempre l’autorità giudiziaria viene messa al corrente delle modalità con cui vengono condotte alcune indagini telematiche.
Un ufficiale dei Carabinieri, che chiede di rimanere anonimo, ammette che certe violazioni della legge sulla riservatezza delle comunicazioni vengono praticate con disinvoltura: «Talvolta», spiega l’ufficiale. «creiamo una falsa identità femminile su Fb, su Msn o su altre chat, inseriamo nel profilo la foto di un carabiniere donna, meglio se giovane e carina, e lanciamo l’esca.
II nostro carabiniere virtuale tenta un approccio con la persona su cui vogliamo raccogliere informazioni, magari complimentandosi per un tatuaggio.
E in men che non si dica facciamo parte del suo gruppo, riuscendo a diventare “amici” di tutti i soggetti che ci interessano».
Di tutta questa attività, spiega ancora l’ufficiale, «non sempre facciamo un resoconto alla procura e nei verbali ci limitiamo a citare una fantomatica fonte confidenziale».
Da oggi, in virtù dell’accordo di collaborazione con Mark Zuckerberg siglato dalla Polizia, chi conduce queste indagini potrà fare a meno di avvisare un magistrato perchè «la fantasia investigativa può spaziare», prevede un funzionario della Polposta, «e le osservazioni virtuali potranno essere impiegate anche in indagini preventive».
fonte (L’Espresso)
tratto da:
http://mondonewss24.altervista.org/blog/facebook-il-ministero-degli-interni-ha-ottenuto-le-chiavi-per-entrare-nei-profili/
2012.07.22 – E GLI SLOVENI SI RISCOPRONO VENETI???
23.06.2012 – GIANNOTTI BRUNO – PIEDIMONTE SAN GERMANO (FROSINONE)
COGNOME : giannotti
NOME : bruno
DATA NASCITA : 27/04/1981
SESSO : M
INDIRIZZO : via enrico loris
CAP : 03030
COMUNE : piedimonte san germano
PROVINCIA : frosinone
TELEFONO : 3270156411
FAX :
E-MAIL : brunogiannotti@libero.it
TITOLO STUDIO : licenza media
POSIZIONE : PRIVO DI OCCUPAZIONE
LOCALITA’ LAV. : ovunque (mi trasferisco immediatamente…è urgente aspetto un bimbo per fine settembre)
CURRICULUM : Servizio di leva assolto nei vigili del fuoco nell’ anno 1999/2000;
Operaio generico metalmeccanico in catena di montaggio presso Lear Corporation, per mesi sei;
Guardia giurata armata presso Metronotte città di Cassino per anni tre;
Cameriere e aiuto cucina in ristorante;
Rappresentante/venditore di contratti telefonia mobile per la Wind Mobile;
Rappresentante/venditore di polizze assicurative per la Generali Assicurazioni;
Operaio, carrellista, sequenziatore e magazziniere presso la Ceva Logistics di Cassino per anni uno;
Autista di bisarca su territorio nazionale presso TVL di Piedimonte San Germano per mesi tre (periodo corto causa assunzione per sostituire autista infortunato);
Autista di bisarca su territorio estero presso Simone Trasporti;
Magazziniere e addetto consegne con furgone presso Qualitalia Gastrochef di Aquino (ingrosso accessori e alimenti nel settore macelleria) nel territorio del Lazio e parte della Campania e Abbruzzo;
2012.06.04 – MLNS – DENUNCIA DI OCCUPAZIONE, DOMINAZIONE E COLONIZZAZIONE DELLA NAZIONE SARDA
2012.06.14 – L’EUROGENDFOR E LA REPUBBLICA DEI ROBOCOP
Nel mondo cinematografico vengono spesso prodotti film avveniristici e fantascientifici, con l’intento di immaginare il mondo e la società in cui viviamo in un ipotetico futuro prossimo o remoto, solo per citarne due su tutti: 2001 Odissea nello Spazio (1968) del maestro Stanley Kubrick e la trilogia Ritorno al futuro (1985), diretta da Robert Zemeckis.

Il Consiglio d’amministrazione della OCP è in

Nella Detroit del futuro Verhoeven ha immaginato la dittatura capitalista, la sottomissione legale del popolo ai padroni del profitto. Il regista olandese ha visto nella OCP i nazisti del futuro, rappresentando il nazismo oggi l’emblema del regime totalitario: infatti colori del logo OCP richiamano direttamente alla bandiera nazista.

Altri incontrovertibili segnali della ricaduta al suolo della crisi e del conseguente depauperamento del popolo, sono il proliferare dei “Compro Oro”, ovvero di piccole botteghe di cambiavalute che lucrano sulla penuria di moneta e sulla disperazione della gente. Questi negozi escono fuori come funghi: sostituiscono con impressionante regolarità gli esercizi commerciali più piccoli. La crescente disperazione è messa in evidenza anche dal continuo sorgere, insieme ai Compro Oro, delle cosiddette “sale slot“, che altro non sono che filiali dell’Agenzia dell’Entrate in grado di illudere le masse con il sogno del soldo facile, con il mito della “svolta della vita” che ogni sofferente disagiato che si rispetti attende con devota speranza.

Questo è ciò che accade quando le città diventano facile preda dell’usura planetaria. Questa è la crisi che il regista di Robocop nel 1987 aveva immaginato nella Detroit del futuro, con il relativo avvento del privato che sostituisce il pubblico per incrementare i suoi profitti e appropriarsi dei cittadini.
Non è un caso infatti che oggi le privatizzazioni siano diventate la parola d’ordine a cui ogni pubblica amministrazione italiana è chiamata a rispondere battendo i tacchi. E nel disegno dei nuovi dominatori rappresentati dalla Troika (UE, BCE e FMI), lo smantellamento sistematico degli stati attraverso la privatizzazione del tessuto produttivo e del welfare diventa una necessità improrogabile. E gli stati dell’Unione monetaria devono sottostare al diktat, devono man mano cedere la loro sovranità (parola che suscita immediate allergie epidermiche agli €urocrati) come Mr. Goldman Sachs – Monti dichiarava sfacciatamente qualche mese fa. Devono lasciare il passo al privato, agli organismi sovranazionali non eletti e immuni a qualsiasi azione legale da parte da chicchessia. Perchè la necessita della Troika è una necessità da difendere con manganelli e proiettili di gomma se necessario. E non è detto che tutti i governi e tutti gli uomini delle forze armate siano disposti a reprimere le piazze affollate da gente che rivendica la propria sovranità, il proprio diritto ad esistere.

La profezia di Verhoeven sembra essersi avverata, le grandi consorterie finanziarie europee che si nascondono dietro la Troika si stanno impadronendo degli stati nazionali, impongono le loro regole e le loro forze dell’ordine. Il tutto sta accadendo in questi giorni, con il colpevole silenzio della politica e dei mass media, anch’essi assoldati e al servizio della Troika.
2012.06.11 – SATANA MONTI
Monti ha basato la sua azione, in questi sei mesi di “duro” lavoro, su tre principii fondamentali, riassumibili in questi tre concetti.
1) Prima aumentiamo le tasse, poi migliorerà la situazione economica.
2) Prima facciamo chiudere tutte le aziende, poi creeremo posti di lavoro.
3) Prima leviamo ai cittadini tutti i soldi che hanno a disposizione, poi aumenteranno i consumi.
Tutti sappiamo in quale maniera antidemocratica Monti sia stato (im)posto al Governo dell’Italia ma non tutti, purtroppo, credevano che Monti fosse parte attiva di un progetto diabolico per schiavizzare i popoli.
I sei mesi del suo operato costituiscono la prova lampante che il Prof. Monti è l’espressione del male, di quell’entità che si arroga il diritto di imporre la sottomissione dei popoli nella loro più assoluta inconsapevolezza.
Dopo sei mesi della sua satanica attività i risultati sono: un carico fiscale molto più pesante, un debito pubblico molto più grande di prima e la minaccia di ipoteca su tutti gli immobili privati a garanzia del debito pubblico.
Era questo il suo intento?
Un docente che applica questi tre princìpii, che sono l’esatto contrario no solo di ciò che insegna la scienza dell’economia, ma di quanto avviene nella pratica giornaliera del libero mercato, sta solo completando il progetto di distruzione a cui è stato demandato.
Qualunque imprenditore sa che una pressione fiscale insostenibile come quella a cui siamo sottoposti da anni ed aggravatasi negli ultimi mesi, può solo produrre fallimenti, dismissioni, disoccupazione e disperazione.
Qualunque di noi sa che quando un’azienda chiude è difficilissimo farla ripartire e se le cause che hanno portato alla sua chiusura coincidono con i tre principii di Monti e non vengono drasticamente rimosse, quell’azienda non riaprirà mai più.
Tutti noi sappiamo, senza averlo mai studiato, ma per averlo testato quando, mettendo mano al nostro portafogli ci accorgiamo che è vuoto, che senza soldi in tasca non si va nei negozi a fare acquisti e senza acquisti il mercato va indietro, arretra l’economia, si va in recessione e la recessione crea ulteriori fallimenti, chiusure, disoccupazione e disperazione.
Monti e i suoi fratelli satanici hanno portato a termine la loro opera di disgregazione della società democratica ed ora i popoli si trovano ad un bivio:
– accettare passivamente il gramo destino che la banda dei diabolici potenti ha riservato agli schiavi;
– ribellarsi, cacciare i dèmoni impostori e riprendere in mano le redini dei propri destini.
Le sedicenti Istituzioni democratiche repubblicane si stanno preparando a questa seconda evenienza convocando vertici nelle Prefetture per prevenire disordini ipotetici, ma altamente probabili, vista l’alta tensione sociale latente.
Cosa faranno?
Metteranno in atto arresti preventivi di cittadini “esasperati”, di potenziali “sobillatori”? O si limiteranno ad azioni di contrasto tramite le forze speciali antisommossa?
Ma queste istituzioni chi difendono?
I cittadini esasperati da imposizioni folli o i folli che continuano ad imporle?
Non sarebbe il caso che le forze dell’ordine si aggregassero alle sacrosante future proteste dei cittadini per dare loro manforte ad assegnare tutti gli autori e spalleggiatori del disastro sociale a democratici tribunali popolari, tribunali composti da onesti cittadini, padri e madri di famiglia, per un giudizio equo e imparziale emesso secondo il principio del buon senso del padre di famiglia?
Se così non sarà, se i responsabili la faranno ancora e sempre franca rimanendo impuniti, addirittura con la protezione di chi ha il dovere di difendere tutti i cittadini, queste istituzioni democratiche avranno innescato, molto incautamente, la miccia di una guerra civile.
Daniele Quaglia