ATTUALITA

DIETRO IL FIUME DI MIGRANTI UNA STRATEGIA PER DISTRUGGERE L’EUROPA?

immigraUn collaboratore disegna uno scenario inquietante, con un ragionamento che ricorda la Fallaci ma con conclusioni opposte: Alcune organizzazioni internazionali corrompono politici nel Terzo mondo.
Innescano la guerra.
Vendono le armi.
Sottraggono terreni (soprattutto in Africa).
Impongono la migrazione.
La gestiscono.
Coordinano l’accoglienza
(in Italia c’è Mafia Capitale).
E incassano cifre colossali per fronteggiare un problema da essi stessi creato.
Obiettivo: impedire all’Europa di unirsi a Cina e Russia

di Giuseppe Barcellona – Voce di New York

Un fiume umano di disperati in fuga da condizioni di vita miserrime sta invadendo l’Occidente creando un problema di proporzioni bibliche che rende insonni le notti dei politici europei i quali devono trovare un soluzione muovendosi su un filo tra il riconoscimento dei diritti internazionali ed i brontolii della gente del posto che sempre più vive questo fenomeno come una invasione, anche alla luce degli oramai svelati scandali che hanno rivelato truffe e finanziamenti illeciti alle organizzazioni che prendono in carico i migranti al loro arrivo.
Non è semplice comprendere le dinamiche di una situazione che si sviluppa in una vasta area che va dal Medio Oriente fino alla vicina Africa, continuando il proprio iter in Europa, punto di arrivo dei disperati; alcuni sospettano vi sia una regia unica dietro l’intera vicenda, un unico burattinaio i cui fili sono visibili solo a chi osserva con lo sguardo lungo di chi vede da lontano e soprattutto utilizza l’occhio della storia.
Si comincia con la corruzione dei politici in moltissimi Paesi dell’Africa e del Medio Oriente; costoro sono al servizio di organizzazioni internazionali, le quali abilmente creano le condizioni per uno stato di guerra permanente e di povertà assoluta nel Terzo mondo, fomentando guerre, vendendo armi ad entrambe le fazioni, sottraendo terreni coltivabili preservandoli per le lobbies dei bio combustibili.
Poveri, nel bel mezzo di una guerra, senza terra né speranza per il futuro, una marea umana fugge dalla terra natia per giungere nella ricca Europa.
Per arrivare fino ai nostri lidi devono rivolgersi ad una organizzazione che li conduce dai Paesi d’origine fino alla frontiera, nel caso dell’Italia è la Libia e da qui, dopo la traversata, vengono accolti da un’altra organizzazione (molti sostengono che sia la stessa organizzazione a gestire le due fasi, pagare gli scafisti-accogliere migranti-incassare finanziamenti) quella che gestisce i centri di accoglienza.
In sintesi, alcune organizzazioni che operano di concerto corrompono politici nel Terzo mondo, innescano la guerra, vendono le armi, sottraggono terreni, impongono la migrazione, la gestiscono, coordinano l’accoglienza, incassano cifre enormi per fronteggiare un problema da essi stessi creato.
Questo è un sistema operativo tipico della politica secondo il principio azione-reazione-soluzione.
papa-ban-ki-moonNei luoghi d’arrivo – specie in Grecia e in Italia – dove le classi dirigenti locali si distinguono per l’indifferenza verso i cittadini più bisognosi, di colpo, le stesse classi dirigenti, quando arrivano i migranti, scoprono solidarietà ed amore, che vengono riversati verso gli sfortunati in quantità industriali da associazioni, cooperative, organizzazioni umanitarie che di umano non hanno nulla e che sono rette spesso da loschi intermediari che si dimenano tra la malavita e la politica.
Ecco, la politica: è questo il vero problema. Ai vertici dei governi in questione figurano gli stessi individui che le cronache indicano alle riunioni dei potenti della terra, eventi una volta top secret oramai alla mercé di tutti. Seguendo i fili del burattinaio da un capo all’altro del globo, associando persone e fatti, è possibile intuire una cosa: sotto il fenomeno della migrazione c’è un’unica regia che, con le proprie organizzazioni, coordina e gestisce questo scenario globale traendo da questi eventi profitti enormi. Insomma, unendo le tessere del puzzle il mosaico che ne viene fuori è rivelatorio.
Per completare l’analisi utilizziamo un altro strumento a nostra disposizione: l’occhio della storia. Quel che accade ai nostri giorni è una ripetizione di qualcosa che è già avvenuto in tempi lontani. I governanti lo sanno: chi ha il potere determina il futuro a proprio piacimento quasi sempre ripetendo il passato.
Accadde alla fine della Seconda guerra mondiale, un intero popolo di disperati fuggiva dalla guerra e dalla fame, anche a loro avevano tolto tutto; la comunità internazionale (allora come oggi assoggettata ai potenti della terra) creò un corridoio umanitario per consentire agli ebrei di raggiungere la salvezza dando origine allo Stato di Israele. Anche in questo caso in apparenza una lodevole iniziativa umanitaria. In realtà, nei progetti segreti dei governanti d’allora, Israele avrebbe dovuto essere come infatti è stato un avamposto dell’Occidente in Medio Oriente, una spina nel fianco di quel mondo arabo che già si prevedeva sarebbe divenuto nel tempo per motivi religiosi, sociali, economici e logistici un potenziale nemico dello stesso Occidente.
Attraverso Israele il colosso stelle e strisce ha allungato i propri tentacoli destabilizzando l’intera area secondo il principio romano dividi et impera; agli occhi di un acuto osservatore il triangolo Libia, Grecia, Italia altro non è che un corridoio umanitario atto a destabilizzare l’area Europa, ad azzopparla con l’immissione continua di poveri in mezzo ai ricchi, percorrendo a ritroso le orme del passato con i ricchi israeliani in mezzo ai poveri arabi.
Chi è intervenuto in Libia?
Gli americani. Il sistema internazionale che ha affondato la Grecia è a forti tinte stelle e strisce?
Pare di sì.
L’Italia sotto l’egida militare ed economica di quale Paese ha trascorso l’ultimo cinquantennio di storia?
Sempre loro, gli yankee.
L’America ha paura che l’Europa si unisca alla Russia ed alla Cina sottraendo il potere economico e militare agli Stati Uniti.
Il fenomeno della migrazione è abilmente orchestrato da loro per ricreare le condizioni vantaggiose già sviluppate ad arte nel corso della storia in altri contesti.
Ci risiamo: dividi et impera.
Il seme della discordia è stato piantato, con l’approssimarsi dell’esaurimento delle risorse energetiche ed alimentari imbarchiamo migranti su un vascello prossimo al collasso. Ce ne accorgeremo quando sarà già troppo tardi, loro saranno sulla riva opposta del fiume a sogghignare mentre noi affondiamo.
Tratto da (CLICCA QUI)

USA – PENTAGONO: L’IMMIGRAZIONE IN EUROPA DURERA’ 20 ANNI…

Martin-Dempsey2Il Pentagono conferma quello che ormai hanno capito quasi tutti in Europa, tranne i politici di sinistra: siamo in guerra.
Il flusso di migranti che da Siria e Nordafrica partono per l’Europa è “un problema enorme”.
Ad affermarlo è il generale americano Martin Dempsey, capo degli Stati Maggiori Riuniti, riconoscendo che tra i leader militari Usa e della Nato c’è una crescente consapevolezza che si tratti di “una vera crisi”.
Il flusso dei migranti verso l’Europa, ha aggiunto Dempsey in un’intervista esclusiva con ‘Abc News’, è stata “la questione più preminente” discussa dai capi militari di Nato e Usa in occasione delle riunioni periodiche degli ultimi mesi.
Dempsey ha quindi sottolineato la necessità di affrontare – “unilateralmente” e insieme ai partner – la questione “come un problema generazionale”, “organizzarci” e trovare le risorse per gestirlo “per 20 anni”.
Se ne parlano da mesi i capi militari USA e ne riferisce in pubblico un generale, significa che siamo in guerra.
Ed ora sappiamo anche con certezza da chi prende ordini Gentiloni, chi gli detta le interviste da rilasciare ai quotidiani di regime
e da dove provengano i suoi strambi discorsi  Immigrazione, Gentiloni: “gli sbarchi continueranno per 10 – 15 anni”
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SONO GLI USA A FINANZIARE IL TRAFFICO DI “MIGRANTI” ?

di  Maurizio Blondet

Sarebbero gli Stati Uniti a finanziare il traffico di migranti africani dalla Libia verso l’Italia.

Lo afferma l’austriaco InfoDirekt, che dice di averlo appreso da un rapporto interno dello ’Österreichischen Abwehramts (i servizi d’intelligence militari di Vienna): ed InfoDirekt è un periodico notoriamente vicino alle forze armate.

Il titolo dice: “Un Insider: gli Stati Uniti pagano i trafficanti (di immigrati) in Europa”. Il testo non dice molto di più. Dice che i servizi austriaci valutano il costo per ogni persona che arriva in Europa molto più dei 3 mila dollari o euro di cui parlano i media.

“I responsabili della tratta chiedono cifre esorbitanti per portare i profughi in Europa” Si va dai 7 ai 14 mila euro, secondo le aree di partenza e le diverse organizzzioni di trafficanti; e i fuggiaschi sono per lo più troppo poveri per poter pagare simili cifre. La polizia austriaca che tratta i richiedenti asilo sa questi dati da tempo; ma nessuno è disposto a parlare e fare dichirazioni su questo tema, nemmeno sotto anonimato.

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Da parte dei servizi, “Si è intuito che organizzazioni provenienti dagli Stati Uniti hanno creato un modello di co-finanziamento e contribuiscono a gran parte dei costi dei trafficanti”. Sarebbero “le stesse organizzazioni che, con il loro lavoro incendiario, hanno gettato nel caos l’Ucraina un anno fa”. Chiara allusione alle “organizzazioni non governative” americane, cosiddette “umanitarie” e per i “diritti civili”, bracci del Dipartimento di Stato o di Georges Soros.

L’articolo termina con un appello “a giornalisti, funzionari di polizia e di intelligence”perché “partecipino attivamente nella ricerca di dati a sostegno delle accuse qui espresse. L’attuale situazione è estremamente pericolosa e il lavoro informativo può prevenire l’intensificarsi della crisi”.

In un successivo articolo, il giornale austriaco rivela che “anche in Austria c’è il “Business dei profughi”, Una “azienda per i richiedenti asilo” ha ottenuto dallo stato 21 milioni  per assissterli nelle pratiche e nutrirli. E’ una vera e propria azienda a scopo di lucroi,   con sede in Svizzera, la ORS Service AG, ed è posseduta da una finanziaria, la British Equistone Partners Europa ( PEE), che fa’ capo a Barclays Bank:  ossia alla potentissima multinazionale finanziaria nota anche come “La corazzata Rotschild”, che ha come principali azionisti la banca privata NM Rotschild e la loro finanziaria satelletite Lazard Brothers. “Presidente di Barclays è stato per anni il figlio Marcus Agius Rothschild . Questi ha sposato la figlia di Edmund de Rothschild : Katherine Juliette. Di conseguenza, ha il controllo anche della British Broadcasting Corporation (BBC), ed uno dei tre amministratori del comitato direttivo del gruppo Bilderberg”. I Rotschild non disdegnano nessun affare: e quello degli immigrati da “accogliere” e curare con denaro pubblico è certo l’industria di cui hanno previsto ( sanno) che crescerà in modo esponenziale.

http://www.info-direkt.at/rothschild-und-die-asyl-industrie/

Thierry Meyssan (Reseau Voltaire) rilancia l’informazione perché vi trova confermato un suo lungo e complesso articolo da lui postato quattro mesi fa, in cui fra l’altro sosteneva che l’ondata di rifugiati in Europa non è l’effetto collaterale accidentale dei conflitti in Medio Oriente, ma un obiettivo strategico degli Stati Uniti. Meyssan chiamava la strategia Usa “la teoria del Caos”, e la faceva risalire a Leo Strauss (1899-1973), il filosofo padre e guru dei neocon annidati nel potere istituzionale Usa.

Il principio di questa dottrina strategica può essere così riassunto: il modo più semplice per saccheggiare le risorse naturali di un Paese sul lungo periodo non è occuparlo, ma distruggere lo Stato. Senza Stato, niente esercito. Senza esercito nemico, nessun rischio di sconfitta. Da quel momento, l’obiettivo strategico delle forze armate USA e dell’alleanza che esse guidano, la NATO, consiste esclusivamente nel distruggere Stati. Ciò che accade alle popolazioni coinvolte non è un problema di Washington”.
“Le migrazioni nel Mediterraneo, che per il momento sono soltanto un problema umanitario (200.000 persone nel 2014), continueranno a crescere fino a divenire un grave problema economico. Le recenti decisioni della UE (…) non serviranno a bloccare le migrazioni, ma a giustificare nuove operazioni militari per mantenere il caos in Libia (e non per risolverlo)”.
http://www.voltairenet.org/article187426.html

E’ proprio così: la strategia americana sembra effettivamente quella di trascinare gli europei in avventure militari in Libia come in Siria e in Ucraina; una volta impantanati fino al collo in quelle paludi del caos, per cui non abbiamo alcuna preparazione militare, dovremo implorare l’aiuto della sola superpotenza rimasta, a cui ci legheremo più che mai perché “ci difende dal caos”.

Una sola ultima considerazione: la sinistra dell’accoglienza, come sempre la sinistra, “fa l’interesse del grande capitale, a volte perfino senza saperlo”. Ad essa s’è aggiunta, con Bergoglio, la Chiesa di Galantino.

Tratto da (CLICCA QUI)

PROFUGHI … E I TRENTA DENARI, POCO PIU’!!!

Scusaci Gesù per quest'immagine …
e per quanti ancora oggi ti tradiscono per trenta denari … o poco più!
 
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I ‘profughi’ rendono a Bagnasco 5.110.000 euro l’anno.
“La chiesa di Genova ospita circa 400 profughi e da oggi 50 di loro sono ospitati presso il seminario arcivescovile”.
Lo afferma il cardinale Angelo Bagnasco in una nota diffusa dal Servizio Informazione Religiosa della Cei.
Nello spirito del Vangelo, in comunione con gli appelli di Papa Francesco e in continuita’ con lo spirito di solidarieta’ che storicamente ha segnato il cammino della Chiesa diocesana genovese”, il cardinale Bagnasco ha infatti accolto la richiesta di aiuto proveniente dalla Prefettura di Genova per l’ospitalita’, da oggi, a un nuovo gruppo di profughi, rendendo temporaneamente disponibile allo scopo, anche il Seminario Arcivescovile del Righi”. “Attraverso la Caritas e l’Ufficio diocesano Migrantes – si legge inoltre – la Chiesa genovese cura gia’ l’accoglienza di 50 profughi in una struttura di San Martino.
Altri 42 li ospita in una struttura diocesana in via del Campo. Presso il Monastero nel quartiere di San Fruttuoso ne accoglie 15.
A Di Negro ne ospita 85″. Altri migranti sono ospitati dalle Suore Gianelline che “hanno accolto nella loro Casa Provinciale in Salita del Monte 23 donne profughe. Il Rettore del Santuario delle Tre Fontane a Montaggio ospita stabilmente 30 giovani provenienti da Paesi africani e asiatici.
Il Ceis (Centro di Solidarieta’ di Genova) ne sta accogliendo 16 a Fassolo, 33 a Campo Ligure e a Genova.
Inoltre, attraverso l’Aub, ospita a Genova 50 profughi minorenni”.
Tutta questa ‘solidarietà’, si traduce in 35 euro al giorno a ‘profugo’,  5.110.000 euro di incasso all’anno.  
Molto più di 30 denari.
(FONTE)
 

CHISSA’ PERCHE’ GIRA ANCORA OGGI SU FACEBOOK.

Francia: fermata auto del Vaticano con a bordo 4 kg di cocaina
Arrestati i due italiani che si trovavano sul veicolo in uso al cardinale argentino Jorge Mejia il quale però è ricoverato da tempo per un infarto
Una vicenda dai contorni poco chiari.
Un’auto del Vaticano è stata fermata a un controllo di dogana in Francia.
A bordo del veicolo sono stati trovati 4 chili di cocaina e 150 grammi di cannabis.
Due gli italiani arrestati.
Non si conoscono le generalità dei due uomini, ma il Vaticano interpellato dall’agenzia francese I.
Media ha assicurato che nessun dipendente o membro della Santa Sede è stato direttamente coinvolto nella vicenda.
Il Vaticano ha quindi confermato la notizia dell’arresto dei due italiani alla dogana francese.
I due erano a bordo dell’auto appartenente al cardinale argentino Jorge Mejia, ex archivista e bibliotecario della Santa Chiesa di Roma.
Giustificazione
Il cardinale Mejia, 91 anni, è in convalescenza dopo un infarto (Papa Francesco due giorni dopo la sua elezione lo andò a visitare in una clinica romana).
Secondo la versione di una radio francese sarebbe stato il segretario di monsignor Mejia a prestare l’auto ai due italiani affinché provvedessero a fare il tagliando.
I due ne hanno approfittato andando in Spagna, comprando la droga e pensando di farla franca grazie all’immatricolazione diplomatica.
Al momento sono in stato di fermo nei pressi di Lione.
Sulla vicenda è intervenuto anche il portavoce Vaticano, padre Federico Lombardi che ha spiegato: «L’auto del cardinale Mejia con a bordo della droga è stata effettivamente bloccata dalla polizia francese ma il cardinale, che sta male, è totalmente estraneo».
Lombardi ha inoltre spiegato che il segretario di Mejia nei giorni scorsi aveva consegnato l’auto ad un carrozziere per fare delle riparazioni. «L’auto è stata consegnata nei giorni scorsi ad una autofficina – ha detto il portavoce vaticano -. Evidentemente ne è stato fatto un altro uso».
(FONTE)
 

I “NEMICI” DELLA “RIVOLUZIONE” IN UCRAINA

DALLA PAGINA FACEBOOK DELLO SCRITTORE RUSSO NICOLAI LILIN.
RICORDIAMO A CHI NON LO CONOSCESSE CHE LILIN E’ UN UOMO LIBERO, SPESSO IN DISACCORDO CON LA POLITICA DEL PRESIDENTE PUTIN.
CIO’ NON GLI IMPEDISCE, ADESSO, DI ESSERE AL FIANCO DEL SUO POPOLO CONTRO GLI INFAMI ATTACCHI PERPETRATI DALLE POLITICHE GUERRAFONDAIE DEGLI USA DELL’INFAME BARACK OBAMA
Spunta un altro sito con le liste nere del regime di Kiev
L’Ucraina post maidan, occupata da una giunta di terroristi messi al potere per fare il lavoro sporco per conto dello zio Sam, ci insegna, non senza stupore, che non c’è mai fine al peggio.
Quotidianamente vi raccontiamo della mentecatta follia che sta portando alla distruzione questo Paese: bombardamenti sui civili, persecuzioni politiche, disastro economico, liste nere con i nomi dei “cattivi” che il regime invita ad eliminare.
In questa ricchissima platea di mostruosità, vi proponiamo uno degli ultimi siti realizzati dagli sgherri della giunta golpista di Kiev.

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Si tratta ancora una volta di un sito che propone una lista di persone che devono essere eliminate in quanto “nemiche dell’Ucraina” e, udite udite, “Agenti del Cremlino”.
Lo slogan del sito recita: “СПИСОК ВОРОГІВ УКРАЇНИ — НА ЇХ ЧЕКАЄ ТРИБУНАЛ!” – “ELENCO DEI NEMICI DELL’UCRAINA – IN ATTESA DEL LORO TRIBUNALE!”.
Vediamolo, questo elenco. Al loro interno troviamo i nomi di molti giornalisti ucraini che sono dovuti scappare dal Paese per mettere in salvo la propria vita.
UNA RAGAZZA UCRAINA RACCONTA LA VERITA’ SUL REGIME IMPOSTO DAGLI USA (VIDEO)
roviamo poi i nomi di Capi di Stato, uomini politici e giornalisti stranieri.
Al primo posto della classifica troviamo Marine Le Pen, leader del movimento politico francese Fronte Nazionale. Al secondo posto il Premier greco Alexis Tsipras. Addirittura al sesto posto il giornalista italiano GIULIETTO CHIESA, che precede di una posizione il Presidente cinese Xi Jiping. Al n°9 Donald Trump, al n°14 Silvio Berlusconi, al n°17 Matteo Salvini. Al n°18 Graham Phillips.
Sembrerebbe un’arlecchinata, ma questi miserabili fanno sul serio.
 

L’ITALIA … E LA “MISSIONE” BALTIC AIR POLICING

BALTIC AIR POLICINGE così la pacifica italietta, in barba anche alla propria costituzione e alla volontà popolare, ha inviato alcuni caccia militari (aerei da guerra) "Typhoon" per contrastare le operazioni aeree che la Russia starebbe effettuando nei cieli del Baltico.
L'operazione è chiamata eufemisticamente BALTIC AIR POLICING ovvero POLIZIA AEREA SUL BALTICO.
Cioè ?
Con un abile giro di parole (è come dire che in italia la mafia non esiste) chi comanda in europa e nella nato ha deciso che dal 30 marzo 2004 le nazioni della nato gestiscono a rotazione la copertura aerea dello spazio aereo sul Baltico.
Come dice l’articolo di Aereonautica e Difesa nr.341 a pag.42, con l’acuirsi della tensione tra la Russia e la nato a causa del “capovolgimento politico” in Ucraina (altro strano eufemismo) e dell’ ”annessione” della Crimea alla Russia, (altro strano eufemismo), è importante un efficace controllo dello spazio aereo Baltico.
Ma chi ha deciso questo?
L’articolo prosegue asserendo che con la crisi in Crimea e in Ucraina il numero di voli russi che la nato considera “pirata” (attenzione è la nato che li considera in tale modo) è cresciuto in modo esponenziale.
Nel 2013 gli aerei della nato avrebbero eseguito una cinquantina di intercettazioni, salite a 150 nel 2014.
Se da un lato la Russia considera il Baltico come parte del proprio spazio aereo, come mai la nato è così premurosa nei confronti della popolazione delle tre repubbliche baltiche tanto da volerne “proteggere” (altro eufemismo) i territori che considera propri ? … l’alleanza atlantica farà tutto quanto è in suo potere per proteggere i propri territori da ogni possibile azione ostile …
Ancora una volta abbiamo la conferma che nato ed europa sono due facce della stessa medaglia e che le "premurose" mire espansionistiche dell’alleanza atlantica derubano anche al Popolo Veneto e agli altri Popoli sottomessi dallo stato straniero occupante italiano, milioni di euro per favorire la loro politica imperialista.
Continuare a mantenere questo stato parassita italiano che occupa la nostra Patria e che usa i soldi che ci ruba per assecondare mire espansionistiche della Nato e di questa maledetta europa, significa essere complici dei crimini che vengono commessi in nome della pace e di un falso servizio di air policing.

N.B.:

Costo unitario di ogni aereo 62,9 milioni di Euro (quanti miliardi di euro per l'acquisto dei 96 aerei ???)
Sommario produzione prevista per ogni cliente.
Italia, Germania, Regno Unito e Spagna sono i produttori
Acquirente
Tranche 1
Tranche 2
Tranche 3A[13]
Totale
Regno Unito Regno Unito 53 67 40[14] 160
Germania Germania 33 79 31 143
Italia Italia 28 47 21 96
Spagna Spagna 19 34 20 73
Arabia Saudita Arabia Saudita 0 72 0 72
Austria Austria 15 0 0 15
TOTALE 148 299 112[13] 559

Dove sono dislocati questi velivoli con l'aeronautica militare italiana:

  • 4º Stormo/9º Gruppo – base di Grosseto
  • 4º Stormo/20º Gruppo (Operational Conversion Unit) – base di Grosseto
  • 36º Stormo/10º Gruppo – base di Gioia del Colle
  • 36º Stormo/12º Gruppo – base di Gioia del Colle
  • 37º Stormo/18º Gruppo – base di Trapani-Birgi
WSM
Venetia, 12 agosto 2015
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
 

copertina aereonautica e difsa


 

MA E’ VITA QUESTA?

 

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PUTIN: ITALIANI, ADESSO PARLO IO! NATO, EUROPA, USA, OBAMA: ECCO LA MIA VERITA’.

Putin: «Non sono aggressore, patto con l’Europa e parità con gli Usa»
Il presidente russo al Corriere: «Svilupperemo il nostro potenziale offensivo e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica degli Usa»
Sono quasi le 2 del mattino quando arriviamo alla fine dell’intervista.
Vladimir Putin ha risposto per poco meno di due ore alle nostre domande.
IL PRESIDENTE PUTIN AVEVA GIA’ SUONATO LA SVEGLIA AGLI EUROPEI POCO TEMPO FA (CLICCA QUI PER L’ARTICOLO)

«Signor Presidente – chiede il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana – c’è una cosa della quale si rammarica più di tutto nella sua vita, quella che lei considera un errore che non vorrebbe mai più ripetere?».
Il presidente russo si aggiusta sulla poltrona, gli occhi sembrano improvvisamente farsi più brillanti.
Resta per qualche secondo in silenzio, poi con la sua voce sottile e sempre a basso volume, dice: «Sarò assolutamente sincero con voi. Non posso adesso ricordare qualcosa. Evidentemente il Signore ha costruito la mia vita in modo tale che non ho niente da rimpiangere».
Dopo più di quindici anni al vertice della Russia da Presidente o primo ministro, dopo 5538 giorni al potere, Vladimir Putin non si pente di nulla.
Due ragazze dello staff presidenziale ci hanno accolti all’ingresso della Torre Spasskaya, di fronte alla cattedrale di San Basilio, scortandoci dentro le mura del Cremlino fino al Palazzo del Senato, dove Putin ha il suo ufficio.
Il luogo preparato per l’intervista era la Predstavitelskij Zal, la stessa sala di rappresentanza dove in marzo Putin ha ricevuto Matteo Renzi.
È uno spazio ovale, le pareti color verde pallido, la volta a cupola, le decorazioni in stucco bianco e oro.
Dalle nicchie poste agli angoli, le statue in bronzo di quattro imperatori russi dominano la scena: Pietro il Grande, Caterina II, Alessandro II e Nicola I.
Inizialmente previsto per le 19, l’inizio dell’intervista è scivolato di ora in ora.
Finalmente, alle 23:30, è arrivato il portavoce Dmitri Peshkov.
Si è scusato per il ritardo, che ha attribuito a impegni di governo e ci ha detto che il Presidente era pronto.
Vladimir Putin è entrato dalla porta in fondo.
Vestito di blu, camicia azzurra, cravatta blu con motivi stampati, fresco nonostante l’ora, il volto forse un po’ troppo levigato.
Ha salutato cortesemente.
Poi ci ha invitati a sedere.
Signor Presidente, la Russia ha avuto con l’Italia rapporti sempre intensi e privilegiati sia sul piano economico che politico.
La crisi ucraina e le sanzioni però hanno gettato un’ombra su queste relazioni.
La visita in Russia del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nonché quella sua prossima a Milano possono invertire in qualche modo questa tendenza e a quali condizioni?
«Non è stata colpa della Federazione Russa se i rapporti con i Paesi dell’Unione europea si sono deteriorati.
La scelta ci è stata imposta dai nostri partner.
Non siamo stati noi a introdurre certe limitazioni nel commercio e nell’attività economica.
È stato fatto contro di noi e siamo stati costretti ad adottare contromisure.
Però i rapporti tra Russia e Italia effettivamente hanno sempre avuto carattere privilegiato sia in politica che nell’economia.
Negli ultimi anni il volume dell’interscambio è cresciuto di 11 volte, toccando quasi 49 miliardi di dollari.
In Russia operano 400 aziende italiane.
Stiamo lavorando attivamente insieme nel settore dell’energia.
L’Italia è il terzo acquirente dei nostri prodotti energetici.
Ma cooperiamo anche nell’alta tecnologia, dallo spazio all’aeronautica.
Quasi 1 milione di turisti russi sono stati in Italia l’anno scorso e vi hanno speso circa 1 miliardo di euro.
Sul piano politico ci sono sempre stati rapporti di fiducia.
Fu un’idea dell’Italia, allora il Presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, la creazione del Consiglio Nato-Russia, un organo di consultazione che certamente è diventato fattore importante di garanzia della sicurezza in Europa.
In questo senso l’Italia ha dato e dà un contributo notevole allo sviluppo del dialogo tra la Russia e l’Europa e anche con la Nato in generale.
Tutto ciò crea rapporti speciali tra i nostri due Paesi.
E la visita dell’attuale Presidente del Consiglio italiano in Russia è stato un segnale molto importante della disponibilità dell’Italia all’ulteriore sviluppo di questi rapporti.
Noi siamo pronti e disposti ad andare avanti tanto quanto lo saranno i partner italiani.
Spero che anche il mio viaggio a Milano serva a questi obiettivi».
Lei ha conosciuto molti premier italiani: Prodi, Berlusconi, D’Alema, Amato, Monti, Letta e ora Renzi. Con chi di loro c’è stata più comprensione reciproca?
E quanto incidono i rapporti personali nelle relazioni internazionali?
«Quale che sia la carica che ricopriamo, siamo prima di tutto esseri umani e la fiducia tra le persone è un fattore molto importante nel lavoro, nella costruzione dei rapporti al livello degli Stati.
Ma come mi ha detto una delle persone che lei ora ha menzionato, “lei probabilmente è l’unico ad avere rapporti di amicizia sia con Berlusconi che con Prodi”.
Per me non è stato e non è difficile.
Le spiego perché: tutti i miei partner italiani si lasciavano guidare dagli interessi dell’Italia e del popolo italiano e consideravano che per garantirli nel modo giusto bisogna mantenere buoni rapporti con la Russia.
Noi lo capivamo e sentivamo.
Era la cosa più importante.
Ho sempre avvertito il desiderio davvero sincero di costruire rapporti interstatali indipendentemente dalla congiuntura politica interna».
Vladimir Vladimirovic, il 10 giugno lei sarà a Milano in occasione della Giornata della Russia all’Expo 2015, il cui tema è «Nutrire il pianeta.
Energia per la vita».
Qual è il contributo della Russia a questa causa?
E quale significato ha il tema dell’Expo per i rapporti tra gli Stati?
È senza alcun dubbio una delle questioni chiave oggi davanti all’umanità e hanno fatto molto bene gli organizzatori a scegliere questo tema, attirando l’attenzione a ricercare i modi per risolverlo.
La popolazione del pianeta cresce, secondo gli esperti nel 2050 raggiungerà 9 miliardi.
Già oggi secondo i dati dell’Onu 850 milioni di persone nel mondo soffrono della mancanza di cibo, praticamente fanno la fame, fra queste 100 milioni di bambini.
Da come sarà risolta dipenderanno tante altre questioni, a prima vista non legate a questo problema. Intendo l’instabilità politica di intere regioni del mondo, il terrorismo e così via, tutto è interconnesso.
L’onda dei migranti illegali che sta investendo oggi l’Italia e tutta l’Europa è legata anch’essa a tutto questo.
Quanto al contributo della Russia, noi spendiamo oltre 200 milioni di dollari per i vari programmi alimentari dell’Onu.
Molti Paesi del mondo ottengono il sostegno e l`aiuto necessario usando risorse russe.
Dedichiamo grande attenzione allo sviluppo dell`agricoltura nel nostro Paese.
Nonostante tutte le difficoltà di oggi nell’economia russa, il nostro settore agricolo cresce a ritmi accelerati, l`anno scorso quasi del 3,4 -3.5% , lo stesso nel primo trimestre 2015.
La Russia è al terzo posto nel mondo per l`esportazione dei cereali.
E infine il suo potenziale in questo senso è colossale: abbiamo i campi arati più grandi del mondo e le più grandi riserve d`acqua dolce».
Circola l’opinione che la Russia si senta «tradita dall’Europa come da un’amante».
Cosa non va oggi in queste relazioni?
E cosa si aspetta dall`Europa sulle sanzioni?
«Se lei ha certi rapporti con una donna senza assumersi degli impegni, allora non ha nessun diritto di chiedere alla sua partner di assumersi a sua volta impegni nei suoi confronti.
Noi non abbiamo mai trattato l’Europa come un’amante.
Ora parlo molto seriamente.
Abbiamo sempre proposto rapporti seri.
Ma oggi ho l’impressione che fosse l’Europa a cercare di costruire con noi rapporti puramente su base materiale ed esclusivamente a proprio favore.
Parlo per esempio dell’energia, dell’accesso sui mercati europei negato alle nostre merci nel campo dell’energia nucleare nonostante i tanti accordi.
Oppure della riluttanza a riconoscere la legittimità delle nostre azioni e a collaborare con le unioni di integrazione nello spazio post-sovietico, mi riferisco all’Unione doganale che ora è diventata l`Unione economica euroasiatica.
Perché quando si integrano i Paesi europei è considerato normale, ma se noi nello spazio post-sovietico facciamo lo stesso si cerca di interpretarlo come il desiderio della Russia di ricostruire una specie di impero?
Non capisco questi approcci.
Tempo fa ho parlato della necessità di creare uno spazio economico unico da Lisbona a Vladivostok.
E in realtà molti anni prima di me anche il presidente francese De Gaulle aveva detto qualcosa di simile.
Nessuno pone obiezioni, tutti dicono: bisogna cercare di farlo.
Ma in realtà cosa succede?
Prendiamo ad esempio l’Ucraina. Nell’accordo di Associazione Ucraina-Ue non si richiede a Kiev di integrare i propri sistemi energetici all`Europa, ma questa possibilità per il futuro è prevista.
Se ciò dovesse succedere, saremmo costretti a spendere tra gli 8 e i 10 miliardi di euro per costruire nuove linee elettriche per garantire la fornitura interna alla Russia.
Ma perché farlo, se crediamo che sia giusto creare un unico spazio economico da Lisbona a Vladivostok?
Questo partenariato orientale dell`Ue vuole integrare tutto lo spazio post-sovietico nell`unico spazio economico con l’Europa, lo ripeto per la terza volta, da Lisbona a Vladivostok, oppure tagliare qualcosa e creare nuove frontiere tra la Russia di oggi e la restante parte occidentale, comprese Ucraina e Moldova?».
Ma le vostre azioni in Ucraina sono all’origine di tutta la crisi nei rapporti con l’Occidente.
«Quali sono le origini della crisi in Ucraina?
La ragione, come sembra, non è commensurabile alla tragedia di oggi con un gran numero di vittime nel Sud-Est.
Attorno a cosa è nata questa diatriba?
L’ex presidente Yanukovich disse che aveva bisogno di pensarci sulla firma dell’Accordo d’associazione Ucraina-Ue, forse ottenere dei cambiamenti e consultarsi con la Russia, il partner economico-commerciale principale dell’Ucraina.
Sotto questo pretesto sono cominciati i disordini a Kiev, appoggiati attivamente dai nostri partner sia europei che americani.
Dopo è venuto il colpo di Stato, un’azione assolutamente anticostituzionale.
Le nuove autorità hanno dichiarato di voler firmare l’accordo, rinviandone però l’applicazione al 1° gennaio 2016.
Facciamoci una domanda: a cosa sono serviti il colpo di Stato. la guerra civile, la disfatta economica se l’esito è stato lo stesso?
Non eravamo per niente contrari alla firma dell’accordo tra l’Ucraina e l’Ue.
Però, certo, volevamo partecipare all’elaborazione delle decisioni finali, considerando che l’Ucraina sia allora che adesso fa parte della zona di libero scambio della CSI e ci sono impegni reciprochi che ne derivano.
Com’è possibile ignorare questo fatto e non rispettarlo?
Non riesco a capirlo.
Lo chiedo a molti miei colleghi, inclusi europei e americani».
E che cosa le dicono?
«Che la situazione è uscita fuori controllo.
Il 21 febbraio 2014 è stato firmato un accordo tra il presidente Yanukovich e l’opposizione sul futuro del Paese, incluse le elezioni.
Si doveva ottenere l’attuazione di quest’accordo tanto più che tre ministri degli Esteri europei lo hanno firmato come garanti.
Se americani ed europei avessero detto a chi compiva azioni anticostituzionali, “non vi sosterremo in alcuna circostanza se andate al potere con un golpe, andate alle elezioni e vincetele”, la situazione si sarebbe sviluppata in modo assolutamente diverso.
Tanto più che tutti sanno che avrebbero vinto le elezioni al 100%.
Quindi io credo che la ragione di questa crisi sia completamente artificiale.
E l’accompagnamento di questo processo è inaccettabile.
Ripeto, non era nostra intenzione, noi siamo semplicemente costretti a reagire a quanto sta succedendo».
Non le sembra che in Ucraina sia giunto il momento per la Russia di prendere l’iniziativa nelle proprie mani, nella ricerca della risoluzione della crisi, facendo un gesto di disponibilità?
«Lo stiamo già facendo.
Considero il documento concordato a Minsk, il cosiddetto Minsk2, l’unica via verificata per la risoluzione del problema.
Non l’avremmo mai concordato se non lo considerassimo corretto, giusto, equo.
Certo, da parte nostra facciamo e continueremo a fare tutto quello che dipende da noi per influenzare le autorità delle Repubbliche autoproclamate – quelle di Donetsk e di Lugansk.
Ma non tutto dipende da noi.
Oggi i nostri partner sia in Europa sia negli Stati Uniti devono esercitare un’adeguata influenza sulle autorità di Kiev perché facciano tutto ciò che è stato concordato a Minsk.
Il punto chiave della soluzione politica è che certamente bisognava nella prima fase cessare le azioni militari in atto, ritirare le armi pesanti. In generale è stato fatto.
Ci sono scontri a fuoco, purtroppo, ci sono anche vittime, ma non ci sono grandi azioni militari, le parti sono separate.
Ora bisogna cominciare a realizzare gli accordi di Minsk.
Concretamente, bisogna fare una riforma costituzionale garantendo i diritti d’autonomia ai rispettivi territori delle Repubbliche non riconosciute.
Poi bisogna votare una legge per le elezioni municipali e una per l’amnistia.
E tutto questo, com’è scritto negli accordi, in coordinazione con la Repubblica Popolare di Donetsk e di Lugansk.
Il problema è che le autorità di Kiev non vogliono nemmeno sedersi allo stesso tavolo negoziale con loro.
E su questo non abbiamo influenza, solo i nostri partner europei e americani ce l’hanno.
Non c’è bisogno di impaurirci con le sanzioni.
Bisogna iniziare la riabilitazione economica e sociale di questi territori, dov’è in corso una catastrofe umanitaria e tutti fanno finta che non succede nulla.
La Russia è interessata e cercherà di ottenere una realizzazione completa e incondizionata di tutti gli accordi di Minsk, non esiste un’altra strada.
Ricordo anche che i leader delle Repubbliche autoproclamate hanno dichiarato pubblicamente che a certe condizioni, cioè la realizzazione degli accordi di Minsk, sono pronti a esaminare la possibilità di considerarsi parte dello Stato ucraino. Ritengo che questa posizione debba essere accolta come condizione preliminare buona per l’inizio di serie trattative».
Ci sta dicendo che nei territori dell’Est dell’Ucraina non preparate uno scenario di annessione come in Crimea?
«Lo scenario di Crimea non è legato alla posizione della Russia ma a quella della gente che ci abita.
Tutte le nostre azioni, incluse quelle di forza, non avevano come obiettivo di alienare la Crimea dall’Ucraina, ma avevano il fine di dare alla gente che vive lì la possibilità di esprimere la propria opinione su come vogliono organizzare la propria vita.
Se questo è stato permesso agli albanesi del Kosovo ed ai kosovari perché vietarlo ai russi, ucraini e tartari che vivono in Crimea?
Credo che un osservatore in buonafede non possa non vedere che la gente ha votato quasi all’unanimità a favore della riunificazione con la Russia.
La soluzione alla questione della Crimea è fondata sulla volontà del popolo.
 A Donetsk e a Lugansk la gente ha votato per l’indipendenza e lì la situazione è diversa.
Ma la cosa più importante è rispettare umori e scelte della gente.
E se qualcuno vuole che questi territori restino all’interno dell’Ucraina, bisogna dimostrare a questa gente che in uno Stato unito la vita sarà migliore, più comoda e sicura, che sarà garantito il futuro dei suoi bambini.
Ma persuaderli con le armi è impossibile.
Sono questioni che si possono risolvere solo in modo pacifico».
Parlando di pace signor Presidente, i Paesi dell’ex Patto di Varsavia che oggi sono membri della Nato, come i baltici e la Polonia, si sentono minacciati dalla Russia.
L’Alleanza ha deciso di creare una forza dissuasiva di pronto intervento per venire incontro a queste preoccupazioni.
Ha ragione l’Occidente a temere di nuovo l’«orso russo»?
E perché la Russia assume toni così conflittuali?
«La Russia non parla in tono conflittuale con nessuno e in queste questioni, come diceva Otto von Bismarck, “non sono importanti i discorsi, ma il potenziale”.
Cosa dicono i potenziali reali?
Le spese militari degli Stati Uniti sono superiori alle spese militari di tutti i Paesi del mondo messi insieme.
Quelle complessive della Nato sono 10 volte superiori a quelle della Federazione Russa.
La Russia praticamente non ha più basi militari all’estero.
La nostra politica non ha un carattere globale, offensivo o aggressivo.
Pubblicate sul vostro giornale la mappa del mondo, indicando tutte le basi militari americane e vedrete la differenza.
Le faccio degli esempi. A volte mi fanno osservare che i nostri aerei volano fin sopra l’Oceano Atlantico.
Il pattugliamento con aerei strategici di zone lontane lo facevano solamente l’URSS e gli USA all’epoca della “guerra fredda”.
Ma la nuova Russia, all’inizio degli anni Novanta, lo ha abolito, mentre i nostri amici americani hanno continuato a volare lungo i nostri confini.
Per quale ragione?
Così alcuni anni fa abbiamo ripristinato questi sorvoli: ci siamo comportati aggressivamente?
Vicino alle coste della Norvegia ci sono i sommergibili americani in servizio permanente.
Il tempo che ci mette un missile a raggiungere Mosca da questi sottomarini è di 17 minuti.
E volete dire che ci comportiamo in modo aggressivo?
Lei ha menzionato l’allargamento della Nato a Est.
Ma noi non ci muoviamo da nessuna parte, è l’infrastruttura della Nato che si avvicina alle nostre frontiere.
E’ la dimostrazione della nostra aggressività?
Infine gli Stati Uniti sono unilateralmente usciti dall’Accordo sulla difesa antimissile, l’Abm, la pietra angolare su cui si basava gran parte del sistema di sicurezza internazionale. Un’altra prova della nostra aggressività?
Tutto quello che noi facciamo è semplicemente rispondere alle minacce nei nostri confronti.
E lo facciamo in misura limitata, ma tale da garantire la sicurezza della Russia.
O qualcuno forse si aspettava un nostro disarmo unilaterale?
Un tempo avevo proposto ai nostri partner americani di costruirlo insieme in tre il sistema di difesa anti-missile: Russia, Stati Uniti, Europa.
Questa proposta è stata rifiutata.
Allora ci siamo detti, questo è un sistema costoso e ancora non ne conosciamo l’efficacia.
Ma naturalmente per garantire l’equilibrio strategico, svilupperemo il nostro potenziale offensivo strategico e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica. E vi devo dire che abbiamo fatto notevoli progressi in questa direzione».
Nega le minacce alla Nato?
«Solo una persona non sana di mente o in sogno può immaginare che la Russia possa un giorno attaccare la Nato.
Sostenere quest’idea non ha senso, è del tutto infondata.
Forse qualcuno può essere interessato ad alimentare queste paure.
Io posso solo supporlo.
Ad esempio gli americani non vogliono tanto il ravvicinamento tra la Russia e l’Europa.
Non lo affermo, lo dico solo come ipotesi.
Supponiamo che gli USA vogliano mantenere la propria leadership nella comunità atlantica.
Hanno bisogno di una minaccia esterna, di un nemico per garantirla.
E l’Iran chiaramente non è una minaccia in grado di intimidire abbastanza.
Con chi mettere paura?
Improvvisamente sopraggiunge la crisi ucraina.
La Russia è costretta a reagire.
Forse tutto è fatto apposta, non lo so.
Ma non siamo noi a farlo.
Voglio dirvi: non bisogna aver paura della Russia.
Il mondo è talmente cambiato, che oggi le persone ragionevoli non possono immaginare un conflitto militare su scala così vasta.
Noi abbiamo altre cose da fare, ve lo posso assicurare».
Sull’Iran però voi collaborate con gli USA.
La visita di John Kerry a Sochi in questo senso è stata un segnale di svolta, o ci sbagliamo?
«No, non vi sbagliate, avete ragione.
Noi collaboriamo con gli USA non solo sul programma nucleare iraniano, ma anche in altri settori molto importanti.
Nonostante il fatto che gli americani siano usciti dall’Abm, noi continuiamo il dialogo per il controllo degli armamenti.
Siamo non solo partner, ma direi alleati nelle questioni della non-proliferazione delle armi di distruzione di massa e senza dubbio nella lotta contro il terrorismo.
Ci sono poi altri settori di cooperazione.
Ecco, il tema al quale è dedicata l’Expo di Milano è un altro esempio del nostro lavoro comune».
Vladimir Vladimirovich, il 9 maggio la Russia ha celebrato i 70 anni della vittoria nella Grande Guerra Patriottica, che liberò il Paese e l’Europa dal nazismo.
Nessun altro Paese ha pagato il prezzo di sangue pagato dalla Russia.
Ma sulla Piazza Rossa insieme a lei non c’erano i leader occidentali.
Ha considerato questa assenza come una mancanza di rispetto verso il popolo russo?
E cosa significa oggi per l’identità russa quella memoria?
«La guerra rappresenta una delle pagine tragiche della nostra storia.
Noi nel commemorare tali giornate festive e tristi ovviamente pensiamo alla generazione che ci ha garantito libertà ed indipendenza, sconfiggendo il nazismo.
Pensiamo anche che nessuno abbia il diritto di dimenticare questa tragedia, in primo luogo perché dobbiamo assicurare che non si ripeta più niente di simile.
E non sono parole vuote, non è un timore fondato sul nulla.
Oggi per esempio c’è chi nega l’Olocausto.
Si cerca di eroicizzare nazisti o collaborazionisti.
Il terrorismo di oggi in molte sue manifestazioni è simile al nazismo, non c’è in sostanza alcuna differenza.
I colleghi dei quali lei ha parlato semplicemente non hanno visto dietro la corrente difficile congiuntura delle relazioni internazionali, cose molto più serie collegate non solo col passato, ma anche con la necessità di lottare per il nostro futuro comune.
E’ stata una loro scelta.
Ma la festa era soprattutto nostra.
Capisce?
Abbiamo ricordato in quei giorni non solo chi ha lottato contro il fascismo nell’Unione Sovietica, ma anche tutti i nostri alleati, i partecipanti alla Resistenza nella Germania stessa, in Francia e in Italia.
Rendiamo merito a tutta la gente che non s’è risparmiata nella lotta al nazismo.
Certo noi sappiamo che è stata l’Unione Sovietica a dare il contributo decisivo a questa vittoria, sacrificando più vite umane.
Per noi non è semplicemente una vittoria militare ma anche morale e poi quasi ogni nostra famiglia ha perso i propri cari.
È impossibile scordarsene».
Lei è un leader molto popolare in Russia, ma spesso all’estero e anche nel suo Paese viene accusato di essere autoritario.
Perché è cosi difficile in Russia fare l’opposizione?
«Che c’è di difficile?
Se l’opposizione prova che può risolvere i problemi di un distretto, una regione oppure del Paese penso che la gente lo vedrà sempre.
Il numero dei partiti politici da noi è aumentato di parecchie volte, negli anni precedenti abbiamo liberalizzato le regole per la loro costituzione e il loro avanzamento sulla scena politica regionale e nazionale.
Si deve solo essere validi e sapere lavorare con l’elettorato, con i cittadini».
Ma perché i principali canali TV russi non fanno quasi mai interviste con i rappresentati dell’opposizione?
«Se sapranno attirare interesse, penso che saranno intervistati di più.
A proposito della lotta politica posso dire che come sappiamo nella lotta con gli avversari politici si ricorre a diversi mezzi.
Basta ricordare la recente storia dell’Italia».
Signor Presidente, la Grecia oggi ha dei rapporti molto difficili con l’Europa.
Se la Grecia uscisse dalla zona euro, la Russia sarebbe pronta a darle appoggio politico nonché prestarle assistenza economica?
«Noi sviluppiamo le relazioni con la Grecia indipendentemente dal fatto che sia membro dell’Unione Europea e della Nato o si trovi nella zona euro.
Abbiamo con questo Paese rapporti storici, molto vicini e di buon partenariato, ma è una scelta sovrana del popolo greco di stare in certe unioni o zone.
Non conosciamo cosa succederà in futuro, ecco perché tirare ad indovinare adesso sarebbe errato ed anche controproducente sia per l’economia europea sia per quella greca».
In questa stanza quattro imperatori russi ci guardano.
Quale figura storica, quale personaggio la ispira più di tutti?
Vladimir Putin sorride.
Sa che la domanda è a tesi.
Più volte ha detto che il suo Zar preferito è Alessandro III, l’imperatore secondo il quale «la Russia ha due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta».
Ma questa volta sta in guardia: «Quando mi fanno questa domanda preferisco dribblarla perché poi si fanno diverse interpretazioni.
Perciò preferisco rispondere che cerco di non avere degli idoli.
Mi attengo nel mio lavoro agli interessi del popolo russo, basandomi su tutto ciò che è stato accumulato nel tempo passato, ma avendo presente le condizioni della vita ai giorni nostri.
Sia nella nostra Storia, che in quella europea e mondiale ci sono stati molti degni esempi di leadership.
Ma tutte queste persone vivevano e lavoravano in certe condizioni.
La cosa principale è essere onesto con se stesso e con le persone che ti hanno affidato questo lavoro».
Tratto da (CLICCA QUI)
 

TRIESTE OCCUPATA DALL’ITALIA

546957_284123898374194_1442187724_nTRIESTE, UN TERRITORIO LIBERO, OCCUPATO DALL'ITALIA.
 
per NON DIMENTICARE MAI e COMPRENDERE com'è iniziata la distruzione dell'Italia per Trieste!!
Di Davide Tonchella.

L' "OTTOBRE NERO" DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE 8 OTTOBRE 1953. – NOTA BIPARTITA
con la quale gli angloamericani dichiaravano di voler affidare l'amministrazione della zona A all'Italia, che provoco' l'esodo in massa di decine di migliaia di istriani dalla Zona B a Trieste, e di decine di migliaia di cittadini, da Trieste e Zona A in Australia, che fino allora avevano fiduciosamente atteso sulla loro terra l'attuazione pratica dello Statuto Permanente del Territorio Libero di Trieste.
Lo slogan in voga in quell'epoca era — come ben ricorderete –: "la madre ritorna i figli partono"

5 O220px-Trieste-Italy_borderTTOBRE 1954. – MEMORANDUM D'INTESA
siglato a Londra dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti, dalla Jugoslavia e dall'Italia, con il quale veniva affidata all'amministrazione civile e provvisoria della Zona A, all'Italia e della Zona B alla Jugoslavia.

26 OTTOBRE 1954. – RITORNO DELL'AMMINISTRAZIONE ITALIANA A TRIESTE
con il suo ordinamento, le sue leggi ed i suoi funzionari, e purtroppo, con i piani di smantellamento della nostra economia.

7 OTTOBRE 1966. – PIANO CIPE
che con una presunta ristrutturazione cantieristica in campo nazionale infierisce un colpo mortale al glorioso cantiere San Marco e liquida la non meno rinomata Fabbrica Macchine di Sant'Andrea.

8 OTTOBRE 1966. – INSURREZIONE POPOLARE
contro il famigerato piano CIPE e l'amministrazone italiana.
I dimostranti gridavano alla polizia confluita da tutte le parti d'Italia: "Andate a casa vostra!" "Lasciateci lavorare", ed altri ancora inneggiavano al Territorio Libero di Trieste.

Vi furono oltre mille fermi fra gli "insorti" e pesanti condanne nel processo che segui'.

 
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IL PIANO KALERGI E IL GENOCIDIO VOLUTO DEI POPOLI EUROPEI

l'italia e le sue forze dell' (dis)ordine sono complici

non ci sono rifugiati e povera gente che scappa da guerre e carestie, ma giovani maschi, nutriti e ben messi.
Quando il numero sufficiente sarà raggiunto (ed è tempo ormai) si infiammerà il saccheggio e la depredazione, una vera e propria guerra senza quartiere, casa per casa.
Come mai questa gente riesce a raggiungere le nostre Terre Marciane e nonostante vengano intercettati poi riescono a fuggire al controllo delle forze dell’ordine straniere italiane ?
Come fanno a scappare ?
Riescono a dileguarsi perché è loro permesso, anzi vengono aiutati in questo e il sistema straniero italiano è COMPLICE di questo programma di aggressione anche contro il nostro Popolo.
È urgente che costituiamo le CERNIDE con i Gruppi Civili di Autodifesa in ogni Municipalità e con essi dare l’avvio alla costituzione della Polizia Nazionale Veneta con almeno una Brigata Federale per i controlli dei confini della nostra Patria.
Gli appartenenti alle forze dell’ordine straniere italiane prendano seriamente in considerazione la possibilità di chiedere di partecipare a questo programma sotto l’egida del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio … fra un po’ sarà tardi anche per loro.
WSM
Con onore e rispetto
Venetia, 17 luglio 2015
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
Kalergi, sconosciuto all'opinione pubblica, nelle classi di storia e tra i deputati è considerato come il padre di Maastricht e del multiculturalismo.
"La novità del suo piano non è che accetta il genocidio come mezzo per raggiungere il potere, ma che pretende creare dei subumani, i quali grazie alle loro caratteristiche negative come l'incapacità e l'instabilità, garantiscano la tolleranza e l'accettazione di quella "razza nobile".
Honsik, op.cit.

I sostenitori della Globalizzazione si sforzano di convincerci che rinunciare alla nostra identità è un atto progressista e umanitario, che il "razzismo" è sbagliato, ma solo perché vorrebbero farci diventare tutti come ciechi consumatori.

Il piano Kalergi:
il genocidio dei popoli europei
di Riccardo Percivaldi
L’immigrazione di massa è un fenomeno le cui cause sono tutt’oggi abilmente celate dal Sistema e che la propaganda  multietnica si sforza falsamente di rappresentare come inevitabile. Con questo articolo intendiamo dimostrare una volta per tutte che non si tratta di un fenomeno spontaneo. Ciò che si vorrebbe far apparire come un frutto ineluttabile della storia è in realtà un piano studiato a tavolino e preparato da decenni per distruggere completamente il volto del Vecchio continente.
LA PANEUROPA
Pochi sanno che uno dei principali ideatori del processo d’integrazione europea fu anche colui che pianificò il genocidio programmato dei popoli europei. Si tratta di un oscuro personaggio di cui la massa ignora l’esistenza, ma che i potenti considerano come il padre fondatore dell’Unione Europea. Il suo nome è Richard Coudenhove Kalergi. Egli muovendosi dietro le quinte, lontano dai riflettori, riuscì ad attrarre nelle sue trame i più importanti capi di stato, che si fecero sostenitori e promotori del suo progetto di unificazione europea.[1]
Nel 1922 fonda a Vienna il movimento “Paneuropa” che mira all’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale basato su una Federazione di Nazioni guidata dagli Stati Uniti. L’unificazione europea avrebbe costituito il primo passo verso un unico Governo Mondiale.
Con l’ascesa dei fascismi in Europa, il Piano subisce una battuta d’arresto, e l’unione Paneuropea è costretta a sciogliersi, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale Kalergi, grazie ad una frenetica e instancabile attività, nonché all’appoggio di Winston Churchill, della loggia massonica B’nai B’rith e di importanti quotidiani come il New York Times, riesce a far accettare il suo progetto al Governo degli Stati Uniti.
L’ESSENZA DEL PIANO KALERGI
Nel suo libro «Praktischer Idealismus», Kalergi dichiara che gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa” non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di subumanità resa bestiale dalla mescolanza razziale. Egli afferma senza mezzi termini che è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’elite al potere.
«L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura  eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità. [2]
Ecco come Gerd Honsik descrive l’essenza del Piano Kalergi
Kalergi proclama l’abolizione del diritto di autodeterminazione dei popoli e, successivamente, l’eliminazione delle nazioni per mezzo dei movimenti etnici separatisti o l’immigrazione allogena di massa. Affinchè l’Europa sia dominabile dall‘elite, pretende di trasformare i popoli omogenei in una razza mescolata di bianchi, negri e asiatici. A questi meticci egli attribuisce crudeltà, infedeltà e altre caratteristiche che, secondo lui, devono essere create coscientemente perché sono indispensabili per conseguire la superiorità dell‘elite.
Eliminando per prima la democrazia, ossia il governo del popolo, e poi il popolo medesimo attraverso la mescolanza razziale, la razza bianca deve essere sostituita da una razza meticcia facilmente dominabile. Abolendo il principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge e evitando qualunque critica alle minoranze con leggi straordinarie che le proteggano, si riuscirà a reprimere la massa.
I politici del suo tempo diedero ascolto a Kalergi, le potenze occidentali si basarono sul suo piano e le banche, la stampa e i servizi segreti americani finanziarono i suoi progetti. I capi della politica europea sanno bene che è lui l’autore di questa Europa che si dirige a Bruxelles e a Maastricht. Kalergi, sconosciuto all’opinione pubblica, nelle classi di storia e tra i deputati è considerato come il padre di Maastricht e del multiculturalismo.
La novità del suo piano non è che accetta il genocidio come mezzo per raggiungere il potere, ma che pretende creare dei subumani, i quali grazie alle loro caratteristiche negative come l’incapacità e l’instabilità, garantiscano la tolleranza e l’accettazione di quella “razza nobile”. [3]
DA KALERGI AI NOSTRI GIORNI
Benché nessun libro di scuola parli di Kalergi, le sue idee sono rimaste i principi ispiratori dell’odierna Unione Europea. La convinzione che i popoli d’Europa debbano essere mescolati con negri e asiatici per distruggerne l’identità e creare un’unica razza meticcia, sta alla base di tutte le politiche comunitarie volte all’integrazione e alla tutela delle minoranze. Non si tratta di principi umanitari, ma di direttive emanate con spietata determinazione per realizzare il più grande genocidio della storia.
In suo onore è stato istituito il premio europeo Coudenhove-Kalergi che ogni due anni premia gli europeisti che si sono maggiormente distinti nel perseguire il suo piano criminale. Tra di loro troviamo nomi del calibro di Angela Merkel o Herman Van Rompuy.
 
La Società Europea Coudenhove-Kalergi

 

 

 

 

 

 

 

 

ha assegnato alla Cancelliera Federale Angela Merkel il Premio europeo nel 2010

Il 16 novembre 2012 è stato conferito al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy il premio europeo Coudenhove-Kalergi 2012 durante un convegno speciale svoltosi a Vienna per celebrare i novant’anni del movimento paneuropeo. Alla sue spalle compare il simbolo dell’unione paneuropea: una croce rossa che sovrasta il sole dorato, simbolo che era stato l’insegna dei Rosacroce.
L’incitamento al genocidio è anche alla base dei costanti inviti dell’ONU ad accogliere milioni di immigrati per compensare la bassa natalità europea. Secondo un rapporto diffuso all’inizio del nuovo millennio, gennaio 2000, nel rapporto della “Population division” (Divisione per la popolazione) delle Nazioni Unite a New York, intitolato: “Migrazioni di ricambio: una soluzione per le popolazioni in declino e invecchiamento, l’Europa avrebbe bisogno entro il 2025 di 159 milioni di immigrati. Ci si chiede come sarebbe possibile fare stime così precise se l’immigrazione non fosse un piano studiato a tavolino. È certo infatti che la bassa natalità di per sé potrebbe essere facilmente invertita con idonei provvedimenti di sostegno alle famiglie. È altrettanto evidente che non è attraverso l’apporto di un patrimonio genetico diverso che si protegge il patrimonio genetico europeo, ma che così facendo se ne accelera la scomparsa. L’unico scopo di queste misure è dunque quello di snaturare completamente un popolo, trasformarlo in un insieme di individui senza più alcuna coesione  etnica, storica e culturale. In breve, le tesi del Piano Kalergi hanno costituito e costituiscono tutt’oggi il fondamento delle politiche ufficiali dei governi volte al genocidio dei popoli europei attraverso l‘immigrazione di massa. G. Brock Chisholm, ex direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  (OMS), dimosta di avere imparato bene la lezione di Kalergi quando afferma:
 «Ciò che in tutti i luoghi la gente deve fare è praticare la limitazione delle  nascite e i matrimoni misti (tra razze differenti), e ciò in vista di creare una sola razza in un mondo unico dipendente da un’autorità centrale» [4]
CONCLUSIONE
Se ci guardiamo attorno il piano Kalergi sembra essersi pienamente realizzato. Siamo di fronte ad una vera terzomondializzazione dell’Europa. L’assioma portante della “Nuova civiltà” sostenuta dagli evangelizzatori del Verbo multiculturale, è l’adesione all’incrocio etnico forzato. Gli europei sono naufragati nel meticciato, sommersi da orde di immigrati afro-asiatici. La piaga dei matrimoni misti produce ogni anno migliaia di nuovi individui di razza mista: i “figli di Kalergi”. Sotto la duplice spinta della disinformazione e del rimbecillimento umanitario operato dai mezzi di comunicazione di massa si è insegnato agli europei a rinnegare le proprie origini, a disconoscere la propria identità etnica.
I sostenitori della Globalizzazione si sforzano di convincerci che rinunciare alla nostra identità è un atto progressista e umanitario, che il “razzismo” è sbagliato, ma solo perché vorrebbero farci diventare tutti come ciechi consumatori. È più che mai necessario in questi tempi reagire alle menzogne del Sistema, ridestare lo spirito di ribellione negli europei. Occorre mettere sotto gli occhi di tutti il fatto che l’integrazione equivale a un genocidio. Non abbiamo altra scelta, l’alternativa è il suicidio etnico.
 
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RUSSIA, PARLA DUGIN … “ISIS STRUMENTO DEGLI USA, STIAMO ANDANDO VERSO IL DISASTRO”

Russia, parla Dugin, il guru di Putin: "Isis strumento degli Usa, stiamo andando verso il disastro"
Pubblicato su 25 Giugno 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI – CM in POLITICA
Già professore all’Università di Mosca, Alexander Dugin è politologo e filosofo russo tra i più vicini al Cremlino. Lo abbiamo intervistato in occasione della presentazione svoltasi ieri a Milano del libro Rinascita di un Impero. La Russia di Vladimir Putin (Circolo Proudhon Edizioni) organizzata dal quotidiano online L’Intellettuale Dissidente e dall’Associazione Culturale Lombardia-Russia presidiata da Gianluca Savoini.
In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo?
«Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare …

Già professore all’Università di Mosca, Alexander Dugin è politologo e filosofo russo tra i più vicini al Cremlino. Lo abbiamo intervistato in occasione della presentazione svoltasi ieri a Milano del libro Rinascita di un Impero. La Russia di Vladimir Putin (Circolo Proudhon Edizioni) organizzata dal quotidiano online L’Intellettuale Dissidente e dall’Associazione Culturale Lombardia-Russia presidiata da Gianluca Savoini.
In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo?
«Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare dei mesi o degli anni cosa succederà. È importante perché io sono il primo uomo che è stato sanzionato dagli americani per le sue idee: per i miei pensieri, per le mie dichiarazioni. Io non faccio parte di nessun gruppo terroristico, sono un intellettuale. Questo è emblematico. La democrazia liberale arriva in un momento di contraddizione: nel nome della libertà di espressione si sanzionano le personalità che esprimono opinioni diverse dal Pensiero unico. L’Occidente condanna i totalitarismi, eccetto il terzo totalitarismo, che è quello liberale che censura nel nome della libertà di pensiero e di espressione. La nostra è una realtà orwelliana, o peggio, viviamo nel “migliore dei mondi” di Huxley: il nostro è un totalitarismo soft».  
Dall’altra parte, anche Vladimir Putin ha stilato una lista di personalità non gradite. Tra queste vi è anche un intellettuale, se così possiamo chiamarlo: Bernard-Henry Levy…
«Si tratta di una provocazione. Bernard-Henri Levy è un mio nemico diretto. Ha fatto una lezione intera a Kiev contro il mio libro La quarta teoria politica. Ha criticato le mie idee, è a favore del governo golpista ucraino, appoggia il nazionalismo e il liberalismo russofobo. Le sanzioni non sono solo contro di lui, ma anche contro altri personaggi come il leader dei Verdi francesi Daniel Cohn Bendit. Putin ha quindi ricambiato, si tratta di una risposta alle sanzioni. In più i nomi nella lista non sono intellettuali ma vere e proprie spie…».
Vladimir Putin è stato tagliato fuori dall’ultimo G7, ma in compenso Matteo Renzi lo ha accolto festosamente a Milano quando è venuto a visitare l’Expo. Non c’è una schizofrenia in questo atteggiamento?  
«La volontà di escludere la Russia dal G7 è stata puramente simbolica. Pensate che il summit divenne G8 dopo il crollo del muro di Berlino con la presa del potere di Boris Elstin, il quale ha tradito allora la Russia. Il suo invito è legato alla perdita di sovranità del nostro Paese. Quando la Russia con Putin ha riacquistato maggiore sovranità è stata tagliata fuori. Per i russi questa non è di un’umiliazione ma un premio».  
E riguardo alle sanzioni economiche europee che opinione si è fatto?  
«Credo i Paesi europei abbiano tutte le ragioni per continuare a cooperare con la Russia. Per motivi economici, energetici, finanziari, industriali e commerciali, le sanzioni non giovano ai loro interessi. Le società europee non possono comprendere il perché di queste sanzioni, non ci sono basi economiche. Eppure i vertici di Bruxelles, tutti i capi europei, sono schizofrenici. Da una parte hanno interesse a cooperare con i russi, dall’altro invece non sono liberi per colpa della volontà statunitense per cui c’è una situazione di equilibrismo. Il mondo unipolare diretto da Washington ci porta al disastro e Matteo Renzi è ostaggio di queste relazioni internazionali».  
Quali sono le conseguenze per noi italiani, un Paese storicamente legato alla Russia?  
«È il Nord dell’Italia che paga soprattutto questa politica delle sanzioni. Di meno, invece, la Russia che ha rapporti commerciali anche con il mercato asiatico. Penso all’export italiano legato all’agricoltura, all’artigianato, ai prodotti industriali».  
Parliamo di politica internazionale. Lei sembra convinto che ci sia un collegamento tra gli Stati Uniti e l’Isis.
«È evidente che il fondamentalismo islamico è stato manipolato fin dall’inizio dagli americani. Inizialmente è stato lo strumento per la lotta ai movimenti islamici filo-sovietici, poi è stato il pretesto e il nemico perfetto per le battaglie degli Stati Uniti in Medio Oriente, così dalla guerra in Afghanistan in poi. Credo che l’Isis non sia una realtà omogenea, all’interno ci sono diverse correnti, e una di queste è legata a doppio filo con gli Stati Uniti, ci sono documenti che lo dimostrano tra questi anche quelli di Edward Snowden. La politica estera americana tradizionalmente governa attraverso il caos e l’Isis fomenta questo caos».  
Il fondamentalismo islamico è stato affrontato dal governo russo negli anni della guerra in Cecenia. In che modo? Come possiamo noi europei sconfiggere l’Isis?  
«La Russia ha utilizzato una strategia delle divisioni tra un Islam tradizionale, euroasiatico, un islam politico, artificiale e antitradizionale, antisufista. Facendo questa divisione noi siamo riusciti a separare due rappresentazioni appoggiando l’islam tradizionale, garantendo molte libertà ai capi tradizionali. Detto ciò, i musulmani tradizionali hanno ricevuto più di quello che immaginassero. Anche il potere, la libertà di introdurre le leggi islamiche nella società, come nella Cecenia; ma il prezzo era quello di lasciare l’islam radicale, politico, atlantista. Questa è la doppia anima dell’islam, esistono correnti tradizionalisti e correnti pro-americane e pro-saudite che sono pericolose».  
Nel Caucaso fa presa l’Isis sui musulmani?
«Al Nord del Caucaso ci sono piccoli gruppi legati all’Isis, ma non i numero tale da mettere in pericolo la nostra sicurezza. L’Islam tradizionale riconosciuto in Russia fa la guerra a queste frange».  
Recentemente nei Paesi Baltici c’è un dispiegamento delle forze militari della Nato. Sempre al Nord dell’Europa, nei Paesi Scandinavi, la Russia ha ammonito il governo svedese qualora dovesse entrare nella Nato. Cosa sta succedendo da quelle parti?
«Gli americani spingono l’Europa alla guerra con la Russia. Giocano sui rancori e i risentimenti storici tra il nostro Paese e i Paesi dell’Est europeo. La Russia non ha interesse in questo conflitto e vuole evitarlo a tutti i costi».
di Sebastiano Caputo

MARCIA A POTENZA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE DELLA NAZIONE NAPOLITANIA INDIPENDENTE (NNI)

 
MOVIMENTO DI LIBERAZIONE NNI
SABATO 12 SETTEMBRE 2015 – NUOVA MARCIA A POTENZA
Sono un attivista di NAZIONE NAPOLITANA INDIPENDENTE (NNI), movimento culturale/politico/sociale per l'autodeterminazione popolare della nazione dell'ex regno di Napoli (1282-1816), già repubblica nel 1799.
Con i fondatori di NNI (Ciro Borrelli e Pasquale Aurilia)  abbiamo deciso di organizzare una super-marcia (multi-popolare) su Potenza (PZ), entro il secondo sabato di settembre.
A Potenza abbiamo già un amico, indipendentista napolitano pure lui, che ci procurerà il permesso per poter marciare nella città.
Il percorso avrà la partenza dallo stadio comunale Alfredo Viviani, e il capolinea al centro commerciale le piramidi, in modo tale da fare sosta e ristorazione prima di lasciare la città.