ATTUALITA

SYRIA AND THE PIPELINES … LE RAGIONI DEL TERRORISMO?

Ecco un'analisi che potrebbe fare un pò di chiarezza sulle reali motivazioni che hanno portato ai tragici accadimenti, anche di questi ultimi giorni.
Perché un popolo deve sentirsi in diritto di schiacciarne un'altro per mantenere la sua supremazia?
pipeline-640x336Prima di procedere con l’esposizione di questo redazionale proviamo a fare il gioco del Risiko sullo scacchiere mondiale in questo modo potremmo anche cercare di interpretare quanto accaduto a Parigi lo scorso 13 Novembre.
Pertanto vediamo chi è amico di e nemico di.
La Russia per retaggio storico e culturale è ancora un naturale nemico degli USA, la Russia tuttavia è ancora il partner energetico chiave per l’Unione Europea, quest’ultima alleata militare e culturale degli stessi USA: ricordiamo a tal fine la crisi in Ucraina e l’embargo occidentale verso la Russia.
La Siria è uno storico alleato della Russia in Medio Oriente, le dotazioni dell’esercito siriano sono di derivazione sovietica, nel porto della città di Tartus è situata l’unica base navale russa che consente il presidio e la possibilità di intervenire nelle acque del Mediterraneo.
Per la Russia questo porto di appoggio logistico e militare è più che strategico, direi quasi vitale, senza di esso infatti non potrebbero effettuare rifornimenti ed assistenza alle altre forze armate che dovessero essere collocate nelle coste del Mediterraneo o intervenire eventualmente in Medio Oriente.
La Siria è inoltre alleata naturale dell’Iran per ovvie ragioni ideologiche, l’Iran per la sua recente apertura al mondo occidentale è in pieno contrasto con i paesi islamici di chiara matrice ortodossa, nonostante questo non può essere considerato un paese alleato agli USA.
Quali sono invece i paesi ortodossi nel mondo islamico in piena divergenza con l’Iran ?
In prima battuta abbiamo l’Arabia Saudita, il cinquantunesimo stato degli USA, ancora primo esportatore di greggio al mondo ed anche primo cliente della difesa statunitense.
Oltre all’Arabia Saudita abbiamo anche il Qatar ed il Kuwait smaniosi di conquistare una fetta del mercato energetico europeo, soprattutto il mercato del gas.
Sullo sfondo mancano ancora due importanti attori dell’area, l’Irak e la Turchia: il primo è un paese non allineato agli USA nell’area medio orientale (non penso che serva spiegarne le ragioni), mentre il secondo, soprattutto ora con la nuova governance di Erdogan, sempre più vicino a Washington ed i suoi alleati con in testa tutto il blocco continentale europeo.
Ultimo l’ISIS, presente ormai per due terzi in Siria e per un terzo sul territorio iracheno.
Sullo sfondo di fianco a questi attori troviamo il secondo e più ricco mercato dell’energia al mondo, quello europeo, che come molti sanno ha sempre avuto come principali partner energetici la Russia e la Libia (quest’ultima ora sotto assedio ISIS), entrambi in eterno conflitto con gli USA.
Chi porterà il gas in Europa ed in che modo lo farà nei prossimi anni rappresenta al momento la principale sfida mondiale in campo energetico che coinvolge gli interessi di almeno una dozzina di paesi sostanzialmente schierati in due fazioni, chi sta con sotto l’egida di Washington e chi sta con Mosca.
I principali esportatori di gas al mondo (escludendo gli USA) sono in ordine di riserve detenute Russia, Iran, Qatar e Arabia Saudita.
Nello specifico il più grande giacimento di gas al mondo denominato South Pars North Dome con un potenziale estrattivo di oltre 50 trilioni di metri cubi è ubicato proprio nel Golfo Persico tra la costa qatarina e quella iraniana con una estensione di circa 10.000 km quadrati, il 60% dei quali competono a diritti di sfruttamento del Qatar ed il restante 40% all’Iran.
Quali saranno le arterie che porteranno energia all’Europa, chi le costruirà e soprattutto chi le controllerà rappresenta una mossa di strategia geopolitica vitale per il controllo degli equilibri planetari nel futuro.
Pensate solo ad un Europa che viene allattata da un partner amico della Russia (sempre più in sintonia con la Cina) piuttosto che da un paese alleato con gli Stati Uniti.
Progetti di nuove pipelines (leggasi gasdotti) sono in gestazione da anni ed alcune sono anche andate vicine anche alla loro fatidica implementazione.
Il più famoso è stato il gasdotto South Stream, che doveva unire la Russia all’Unione Europea, attraversando le acque territoriali turche, passando per la Bulgaria e la Serbia.
Politicamente i leader che ne avevano reso possibile l’ideazione nel 2009 furono Putin, Erdogan e Berlusconi, mentre il consorzio di general contractor che si era impegnato alla sua realizzazione era formato da ENI, Gazprom e EDF.
Tuttavia l’embargo commerciale dell’UE (richiesto da Washington) che venne istituito contro la Russia per la gestione della crisi ucraina portò come conseguenza l’abbandono del progetto da parte della Russia proprio un anno fa (Dicembre 2014).
Sempre in parallelo, nello stesso periodo viene formulato il progetto di un secondo gasdotto, il Nabucco, volto a rafforzare la capacità di approvigionamento energetico dell’EU mediante un nuovo corridoio che partiva da Baku (Azerbaijan), passava per Georgia, Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria sino ad arrivare in Austria.
Il Nabucco avrebbe dovuto rifornirsi non dalla Russia rispetto a South Stream, ma da più partners fra loro indipendenti come Kazakistan, Turkmenistan, Irak e Iran.
Nel 2013 il progetto del Nabucco viene abbandonato per fare spazio al TAP (ossia il Trans Adriatic Pipeline), questo in considerazione degli elevati costi di realizzazione del Nabucco (quasi 8 miliardi) e dei rischi sistemici legati al transito del gasdotto in paesi non ancora garantisti e politicamente instabili.
Il TAP porterà in Italia (con aggancio in Puglia nel territorio leccese) il gas proveniente da approvigionamenti nel Mar Caspio passando per Grecia ed Albania, questo vi fa capire l’importanza che riveste la Grecia per Washington.
La realizzazione del TAP è stata formalmente autorizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico nel maggio di ques’anno come infrastruttura di pubblica utilità ed urgenza.
Con il TAP autorizzato e destinato ad agganciarsi in Turchia ad un altro gasdotto, il TANAP ossia il Trans Anatolian Pipeline, possiamo finalmente inquadrare gli episodi di cronaca nera di Parigi.
Per inciso TAP e TANAP rappresentano l’ossatura portante del Corridoio Sud del Gas, infrastruttura strategica per consentire l’accesso al mercato europeo a fonti energetiche diverse da quelle russe.
A questo punto possiamo presentare il progetto di gasdotto avanzato da Qatar ed Arabia Saudita, denominato con molta fantasia in Turkey-Qatar Pipeline, il quale prevede un’arteria di collegamento tra i giacimenti estrattivi del Qatar, passando per l’Arabia Saudita, transitando per Giordania e Siria, con approdo in Turchia per collegarsi al Corridoio Sud del Gas di cui abbiamo fatto menzione prima.
Sostanzialmente in questo modo vengono estromessi Iraq, Iran, Russia e Siria, quest’ultima che verrebbe ridimensionato non poco il proprio potenziale logistico.
Nel 2011 il governo di Assad rifiuta il progetto di gasdotto proposto da Qatar e Arabia (immensamente sponsorizzato da Washington, ricordate sempre il ruolo dell’Arabia Saudita nell’economia statunitense) ed invece avanza e propone l’ipotesi di un secondo nuovo gasdotto denominato anche questo con grande fantasia Iran-Iraq-Syria Pipeline successivamente ribattezzato in Islamic Pipeline (caldamente sponsorizzato dalla Russia) in cui la Siria riveste un ruolo strategico nell’infrastruttura in quanto il gas arriverà nelle coste siriane e da lì mediante rigassificatori rifornirà le navi metaniere che andranno nei porti europei, mentre nel primo progetto il gas arriverebbe direttamente in Turchia, un paese schierato ed oggi alleato agli USA.
All’Irak il progetto di Assad pare un sogno sia per i diritti di transito di cui beneficerebbe sia per lo schiaffo morale che potrebbe dare in questo modo agli USA stessi.
A questo punto possiamo capire l’entrate in scena dell’ISIS (fatalità nello stesso periodo) e di chi lo finanzia ossia Turchia, Qatar, e Arabia Saudita, paesi che vogliono destabilizzare il governo di Assad per sostituirlo con uno compiacente in grado di avallare il loro progetto di gasdotto.
Si tratta pertanto di una faida in seno a tutto il Medio Oriente il cui scopo non è più di tanto il denaro in sè, ma la sudditanza energetica dell’Europa e chi potrà controllare e governare questo rapporto di sudditanza.
Gli USA temono infatti nei prossimi due decenni di perdere la loro egemonia valutaria (e per tanto il dominio su tutto) qualora dovessero perdere influenza ed ingerenza nelle scelte di politica energetica di paesi oggi partner ma domani forse.
Gli attentanti di Parigi al pari di quelli di New York nel 2001 hanno smosso e scosso l’opinione pubblica tanto da osannare un immediato intervento militare nell’area in un momento di impasse che vedeva il fronte occidentale in difficoltà per il supporto ed assistenza sovietica.
Solo dopo questo intervento potremmo capire quale progetto di gasdotto verrà imposto alla Siria, magari proprio quello voluto da Washington, rispetto a quello sponsorizzato da Mosca.
Alla fine gli USA non fanno altro che proteggere e rafforzare sempre i propri interessi in ottica di lungo termine a scapito di altri paesi, tuttavia proprio come ha sempre fatto lo stesso Assad per il proprio paese.
Artticolo proposto da Marco Baio
Tratto da (CLICCA QUI)
 

E PUTIN DICE DELL’ITALIA (E NON DELLA REPUBBLICA VENETA)

WTG putinE così, come sembra apparire da un articolo di oggi 24 novembre 2015 su News 24 italia, il Presidente Russo avrebbe definito l'italia:
"un paese governato da incapaci, schiavo dell' europa e che oggi non vale nulla".
"… l'italia oggi vale meno di 2 metri quadrati di deserto … perché è un paese governato da incapaci, per altro non eletti da nessuno, che sanno solo farsi calpestare dai vertici europei.
L'italia è diventata un rifugio per clandestini e terroristi, dove entrare è semplice e restarci ancor di più …"
La sua soluzione per il paese italiano … il suo amico Silvio Berlusconi con una coalizione con Salvini e Meloni.
Per l'italia potrebbe essere la salvezza.
Se fosse così ripristinata la legalità in italia e rispettata la volontà popolare, anche la Serenissima Repubblica di Venezia, tornata libera sulle proprie terre marciane, potrebbe impegnarsi per aiutare gli italiani e il loro paese allo sbando.
 
 

COMMEMORIAMO VALERIA SOLESIN …

… ma non trasformate i suoi funerali nello sgradevole e nauseante palcoscenico istituzionale italiano.

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A voi tutte, autorità d'occupazione straniere italiane.
È ripugnante la vostra ipocrisia e la vostra falsa indignazione con la quale vi mostrate qui nelle Nostre (e solo nostre) Terre Marciane servendovi di una così mesta occasione.
Non dimenticate che siete nel cuore della Serenissima Repubblica Veneta e siete ospiti sgraditi.
Siete come mosche fastidiose, scortati, protetti dalla vostra polizia e attorniati dalla schiera di servi, portaborse e lacchè senza i quali per voi qui non c’è alcun omaggio e riguardo.
Ma come mai non siete corsi ad ossequiare le vite spezzate di altri Veneti, sepolti in fretta e che sbrigativamente pretendete che si dimentichi per togliervi dall’imbarazzo di responsabilità per le quali meritereste la forca.
Voi, col vostro sistema, marcio e prepotente, corrotto fino nell’anima, pretendete di imporci un’italianità che non ci appartiene e che forzatamente ci imponete.
Voi rappresentate solo l’appannaggio della vostra inesistente unità nazionale italiana.
Ricordate … la vostra presenza è un insulto all’orgoglio della Veneta Nazione che non è non sarà mai italiana.
Continuate così.
Non ci sarà neppure bisogno di combattervi perché come ogni favola italiana che si rispetti ha sempre lo stesso epilogo … e finsero felici e contenti.
WSM
Venetia 23 novembvre 2015
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.

VALERIA SOLESINvan_1
 
Valeria Solesin aveva 28 anni.
Veneziana, stava facendo un dottorato in sociologia alla Sorbona di Parigi.
La sera di venerdì 13 novembre u.s. era alla sala di concerti Bataclan col suo fidanzato… (continua)
 
 

CONNAZIONALE VENETA UCCISA DAI TERRORISTI

VALERIA SOLESINValeria Solesin aveva 28 anni: veneziana, stava facendo un dottorato in sociologia alla Sorbona di Parigi.
La sera di venerd' 13 novembre u.s. Valeria era alla sala di concerti Bataclan col suo fidanzato.
Durante la carneficina i due sarebbero scappati nel tentativo di mettersi in salvo.
Nella confusione i due si sarebbero divisi e il suo ragazzo non è più riuscito a rintracciarla.
Il nome della connazionale Veneta non risultava fino a sabato nell'elenco delle vittime, ma nessuno l'aveva più sentita.
Valeria Solesin era esperta in welfare e diritto femminile e la sua attività di ricerca all'Università di Parigi riguardava l'articolazione tra famiglia e lavoro.
Alla famiglia e ai suoi amici un abbraccio commosso e solidale per la drammatica scomparsa di Valeria.
WSM
Venetia, 19 novembre 2015
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

aristide barraudTra i feriti degli attacchi terroristici di venerdì 13 a Parigi c’è anche il mediano d’apertura del Mogliano Aristide Barraud, di origine francese.
Aristide Barraud si trovava con alcuni amici in una terrazza vicino a uno dei luoghi dove hanno colpito i terroristi.
Il giocatore avrebbe un polmone perforato da una scheggia;   operato nella notte starebbe bene.
A lui e a tutti i feriti negli attentati gli auguri sinceri di una pronta e totale guarigione.

 

 
 

2015.11.12 – LA RABBIA DEI VENETI AI FUNERALI DI ERMES MATTIELLI

Questa è la realtà … e questo è solo un esempio.
Fuori l’italia dalla Nazione Veneta.

Ermes Mattielli, l’artigiano di Arsiero condannato dalla magistratura a risarcire con 135mila euro due Rom che aveva ferito dopo che si erano introdotto nella sua proprietà per derubarlo, è morto.
Nel giorno dei suoi funerali esplode la rabbia per quello che molti cittadini percepiscono come una ingiustizia.
Salvare la sua casa, che potrebbe essere destinata ai due rapinatori come risarcimento, è diventata una battaglia di principio. (Francesca Carrarini)

 

DIVENTA SEMPRE PIU’ DURA LA GUERRA DI VLADIMIR PUTIN CONTRO LO STATO ISLAMICO

Vladimir Putin: "Vivo o morto, portatemi Al Baghdadi"
Secondo quanto riferiscono i media iraniani, il presidente russo vorrebbe giustiziare il Califfo
Diventa sempre più spietata la guerra di Vladimir Putin contro lo Stato islamico.
 
 
Secondo una fonte dell'agenzia stampa iraniana Tansim news, citata da Qelsi, lo zar avrebbe ordinato ai suoi generali: "Vivo o morto, portatemi Abu Bakr al Baghdadi a Mosca".
Secondo quanto riferiscono i media iraniani citati da Qelsi, "Putin sarebbe intenzionato a giustiziare il califfo Al Baghdadi e ad esporre in pubblico il suo corpo.
Cosa che non sarebbe però possibile, poiché in Russia la pena di morte è stata sospesa nel 1996".
Nel caso in cui il Califfo dovesse morire negli scontri con le forze militari russe o siriani, Putin avrebbe comunque chiesto di portare le salme di Al Baghdadi in Russia.
"La sua richiesta, scrivono gli iraniani, mira a mettere in imbarazzo gli Usa, ad evidenziare il fallimento della Coalizione internazionale".

E LA RUSSIA IN SIRIA DIMOSTRA FORZA E ORGANIZZAZIONE

In Siria i soldati di Putin mettono in campo armi, velocità di movimento e sfrontatezza mediatica.
Un'esibizione di forza che spaventa
 
Gli Stati Uniti sono sotto choc per quel che hanno visto della non prevista capacità militare dei russi in Siria.
Non si tratta soltanto delle armi nuovissime ed estremamente precise, ma anche dello stile, della velocità di movimento militare e persino della sfrontatezza mediatica del Cremlino che sfida apertamente gli americani a fornire gli obiettivi che vorrebbero bombardati e quelli che vorrebbero risparmiare.
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Washington è rimasta interdetta e sembra che la risposta sia stata: ci stiamo lavorando, vi faremo sapere.
Vero o falso che sia, questo scambio di battute ha prodotto il suo effetto. Un dettaglio per rendere l'idea: i russi hanno portato in Siria caserme prefabbricate per migliaia di soldati e hanno allestito spettacoli serali con ballerine e comici, varietà e teatro.
Ieri il New York Times dava un quadro molto documentato dell'effetto traumatico che sta avendo sull'America la guerra di Putin in Siria.
Tutti sono colpiti da un trauma che ha un solo precedente: quello del lancio del primo satellite artificiale Sputnik il quattro ottobre del 1957.
Allora l'America pensò di aver sbagliato tutto: scuole, addestramento, università, investimenti e si sottopose a una vera autoflagellazione che poi dette come risultato il primo uomo sulla Luna.
Adesso non si tratta di andare sulla Luna ma di prendere decisioni, anche diplomatiche e di intelligence, all'altezza del nuovo oggetto sconosciuto che non è più una palla di latta del diametro di 58 centimetri in orbita nello spazio, ma una macchina militare mai vista ancora in azione con tutti i nuovi armamenti che Vladimir Putin ha tenacemente voluto anche durante la devastante crisi per il crollo del prezzo del petrolio.
Alla Casa Bianca e al Pentagono lo staff militare e operativo ha passato ore difficili da cui alla fine è scaturita la notizia di ieri: Obama ha capovolto la sua politica e ha annunciato che a ritirarsi dall'Afghanistan non ci pensa nemmeno.
I ground boots a stelle e strisce restano sul campo anche per sostenere la concorrenza russa sul campo di battaglia.
Le forze armate di Mosca, nell'immaginario americano ma anche europeo, erano finora prigioniere del cliché sovietico: milioni di soldati ingolfati in uniformi sgraziate e milioni di tonnellate di ferro in marcia spargendo miasmi e cannonate.
Ora, con l'intervento in Siria ci troviamo di fronte al primo caso di una Russia che esce fuori dai confini del vecchio impero, cosa che non succedeva dai tempi dell'Afghanistan.
La sorpresa dello schieramento e l'inaspettata velocità di programmazione hanno portato vertici e analisti a concludere che l'operazione militare in Siria doveva essere stata preparata da mesi.
In realtà le forze armate russe non sono nuove a imprese veloci e impressionanti: quando nel 1945 Stalin si decise a spazzar via l'armata giapponese in Manciuria a guerra praticamente finita per bilanciare l'effetto delle atomiche americane aveva a disposizione magnifiche truppe che avevano combattuto in Europa mentre la produzione militare industriale era al suo massimo.
Ondate di grandi aerei sbarcavano divisioni e armamenti sul campo di battaglia riforniti da una combinazione mai vista di aria e terra.
Degli ottocentomila giapponesi non rimase nulla.
Oggi la situazione è ovviamente tutt'altra e gli analisti americani notano il netto progresso russo dall'intervento in Georgia del 2008 a oggi, passando per la guerra segreta e senza mostrine in Ucraina.
In Georgia le cose non andarono totalmente lisce: Putin perse alcuni aerei e la fanteria non si dimostrò all'altezza.
Sono passati da allora sette anni e in questo periodo è cambiata radicalmente la modernizzazione oltre che il look militare russo: vedi questi soldati in televisione, e sembrano americani.
Mostrano i filmati dei loro bombardamenti e trattano gli statunitensi come cretini («Hanno la testa piena di funghi» ha detto Putin).
Le uniformi, le navi lanciamissili, i ponti di comando, tutto è mostrato come in una showroom che è anche una guerra.
Che cosa succederà quando gli americani si saranno ripresi dal trauma?
Il Pentagono è sotto accusa per aver trascurato un monitoraggio all'altezza dei cambiamenti.
La Cia è ovviamente sotto tiro anche se l'intelligence americana ha da tempo lanciato l'allarme specialmente nel centro Europa.
L'esperienza storica insegna che gli Stati Uniti hanno al loro interno un software autocorrettivo che ha funzionato nel passato ogni volta che si doveva confrontare con potenze soverchianti sul campo, come la Germania e il Giappone, ma oggi non si tratta per fortuna di combattere una guerra fra potenze, ma soltanto di capire bene quel che accade per non fare e non concedere errori.
Tratto da (CLICCA QUI)
 

 

 

 

PUTIN: NON SPETTA ALL’AMERICA O ALLA FRANCIA SCEGLIERE CHI DEVE GOVERNARE IN SIRIA

Il presidente russo Vladimir Putin ha respinto gli appelli dei leader Usa e francese alle dimissioni del presidente siriano Bashar al-Assad.
“Ho grande rispetto per i miei colleghi americano e francese, ma non sono cittadini siriani quindi non spetta a loro scegliere la leadership di un altro Paese” ha detto Putin stanotte dopo un faccia a faccia all’Onu con il presidente americano Barack Obama.
La figuraccia antidemocratica della Mogherini
“Tutti sono d’accordo sul fatto che se bisogna avviare un percorso politico in Siria c’è bisogno di tutti gli attori intorno al tavolo, cosi’ come tutti sono d’accordo sul fatto che è molto difficile se non impossibile immaginare un esito della transizione con il presidente Bashar al Assad al potere“.
Lo ha detto l’alto rappresentante degli Affari esteri dell’Ue, Federica Mogherini, parlando con i giornalisti all’Onu.
Quanta ingerenza da parte di quest'europa.
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IN UCRAINA E SIRIA IL TEMPO HA DATO RAGIONE ALLA RUSSIA

Il tempo ha dimostrato che la Russia aveva valutato correttamente la situazione in Siria e il ruolo degli accordi di Minsk per stabilizzare il conflitto in Ucraina.
Ora l'Occidente deve riconoscere che i suoi metodi e proposte per risolvere le crisi non hanno avuto successo, ritiene l'ex ambasciatore del Regno Unito in Russia Tony Brenton.
L'imminente incontro tra i presidenti di USA e Russia Barack Obama e Vladimir Putin nell'ambito della 70esima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sarà molto speciale, i leader non si vedevano da 2 anni e mezzo a seguito del serio confronto tra Mosca e Washington in politica internazionale, ritiene l'ex ambasciatore della Gran Bretagna in Russia Tony Brenton.
L'incontro di lunedì indica un cambio di rotta radicale, nonostante gli Stati Uniti e la Russia abbiano già presentato l'evento in modo diverso.
"Come dice Putin, l'obiettivo principale della Russia è evitare il rafforzamento del fondamentalismo islamico, che rappresenta una minaccia interna diretta nel Caucaso e in altre regioni.
I russi hanno visto come abbia agito maldestramente l'Occidente, in particolare in Iraq e Libia.
Il sostegno occidentale all'opposizione moderata in Siria è un'illusione,"- scrive Tony Brenton.
La linea politica dell'Occidente si sta muovendo nella direzione in cui Putin vuole.
In questa situazione, "la scelta è tra qualcosa di brutto (il regime di Assad) e di brutto e pericoloso (ISIS)", per il presidente russo la risposta è ovvia.
Gli USA e il Regno Unito, dopo aver chiesto per diversi anni l'uscita di scena del presidente siriano Bashar Assad, ora stanno valutando la possibilità che rimanga temporaneamente al potere.
Per quanto riguarda l'Ucraina, è probabile che i negoziati seguiranno la ratio delle proposte avanzate dalla Russia.
Già nel febbraio di quest'anno gli Stati Uniti e il Regno Unito erano diffidenti sugli accordi di Minsk e li consideravano temporanei.
Come punto di riferimento della loro politica, Washington e Londra avevano posto la necessità di cambiare la posizione di Putin, tramite l'imposizione di sanzioni che avrebbero "costretto la Russia a cedere."
Tuttavia il piano non ha funzionato, nonostante l'economia russa in realtà stia attraversando un momento difficile e grazie al fatto che gli accordi di Minsk, nonostante tutte le violazioni, hanno fermato i combattimenti e sono ancora in vigore.
Allo stesso tempo le sanzioni non solo non hanno cambiato la posizione del presidente russo, ma in più hanno rafforzato ulteriormente la sua posizione agli occhi dei russi.
Pertanto l'obiettivo esplicito delle sanzioni si è trasformato nella garanzia che la Russia rispetti gli accordi di Minsk, ritiene Tony Brenton.
La crisi in Ucraina non è risolta e questo autunno dovremo aspettarci alcuni momenti delicati.
Tuttavia "i protagonisti dialogano piuttosto che sparare.
Non siamo ancora usciti dal tunnel, ma è probabile che ci stiamo avvicinando all'uscita", rileva l'ex ambasciatore.
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GLI SPETSNAZ RUSSI ENTRANO IN AZIONE CONTRO L’ISIS


Ecco il meglio del meglio dell'elite guerriera russa
(Gianfrasket) – Come avevamo anticipato l'11 Settembre  http://informare.over-blog.it/2015/09/siria-cosa-sta-per-succedere.html  le Forze Speciali russe schierate da Putin in Siria sono entrate in azione. La presenza sul terreno di questi uomini è stata ormai confermata e i media russi non fanno altro che ribadire ciò che che l’Isis, a questo punto, dovrebbe temere di più: gli Spetsnaz.
I tagliagole ne hanno combinate di tutti i colori, convinti di essere protetti dal combinato disposto anglo-franco-americano da una parte e dal connubio israelo-saudita dall'altra, ma adesso sono chiamati a una pesante resa dei conti. Una resa dei conti che i loro protettori non potranno evitare, come il Primo Ministro israeliano si è sentito bruscamente dire da Putin durante la sua recente visita a Mosca…"le frontiere della Siria, sono le frontiere della Russia…"
Checchè ne pensino i buonisti di casa nostra, noi siamo in guerra contro lo Stato islamico. In guerra. E a poche migliaia di chilometri da qui si stanno compiendo delle barbarie inaudite in nome di interessi inconfessabili occidentali e sauditi, mascherati in loco da una perversa interpretazione della religione. Una perversa strategia del caos che sta riversando centinaia di migliaia di profughi in Europa Dopo mesi di oscene manfrine, di una guerra aerea dichiarata ma non attuata  e di un rincorrersi di proclami, le potenze occidentali che credevano di essere padrone della situazione, si trovano invece ad assistere impotenti alla discesa dei russi sul campo di battaglia.
I nostri amici di nero vestiti non immaginano nemmeno il guaio che sta per piombare loro addosso: Spetsnaz, ovvero macchine da guerra addestrate a vincere o morire nel tentativo di portare a termine la missione. Le munizioni da guerra, durante l’intero addestramento, sono utilizzate fin da subito e gli incidenti, anche quelli mortali, sono considerati non solo accettabili ma inevitabili nel processo di selezione e formazione degli uomini.
Terminato l'addestramento, che per gli ufficiali dura quattro anni, gli Spetsnaz ricevono il simbolo del lupo: i lupi cacciano in branco, sconfiggendo prede anche molto più grandi di loro e causando il massimo danno possibile. Siamo ben consapevoli di ciò che sono in grado di fare le Forze Speciali occidentali. Ma per gli Spetsnaz, il discorso è diverso. Vanno oltre.
“Il terrore dei terroristi” titolano i giornali in Russia. Ed è proprio così perché per loro portare a termine la missione è più importante degli effetti collaterali. Tagliagole dell’Isis e di Al Nusra, foreign fighters e mercenari, stanno per affrontare qualcosa di mai visto in battaglia. Stiamo parlando di un distillato di ferocia associata ad asimmetria purissima, forse nel suo punto più alto e per certi versi più terrificante. E, spiace dirlo, contro simili tagliagole, non potevano essere schierati che uomini del genere. Uomini in grado di… Lo sa Putin, lo sanno i russi e lo sanno anche gli americani che potranno adesso constatare sul campo cosa realmente accadrà in un confronto tra Forze Speciali russe e occidentali. Tante volte ne avessero schierate a terra.
L'evoluzione della crisi siriana pareva ormai avviata verso un esito infausto per le persone dabbene. Il legittimo governo della Repubblica era sul punto di crollare nonostante l'eroismo dei suoi soldati. Non era infatti possibile competere con un nemico che rimpiazzava giornalmente le perdite in uomini e mezzi. Ed ecco che all'improvviso la Russia muove le sue pedine e sconvolge tutto lo scacchiere mediorientale. Putin non aveva bisogno di nessuna autorizzazione per dichiarare guerra allo Stato islamico e si è mosso fulmineamente. In Siria continua ad ammassare truppe. E’ padrone dell’aria, è protetto dal mare, dispone già di quattro basi fortificate e di altre disporrà  a breve. Adesso, mentre la 810^ Brigata di Fanteria di marina punta su Aleppo, scatena le sue Forze Speciali in eliminazioni mirate e in un'opera di devastazione delle retrovie del califfato. Nei prossimi giorni, andrà sempre peggio per  terroristi, mercenari e loro sciagurati sponsors.
Che il loro Dio possa avere pietà, perché gli Spetznaz non ne avranno.

 


Tratto da (CLICCA QUI)

 

 

 

PUTIN E LE MINACCIE DI MCCAIN

Durante un'intervista un giornalista chiede a Putin di commentare le minacce del senatore americano Jhon MCCAIN  … "LEI POTREBBE SEGUIRE IL DESTINO DI MUHAMMAR GHEDDAFI".
Putin, rivolgendosi al giornalista: " … DEFINENDOLO UN AMICO (Jhon MCCAIN) AVETE UN TANTINO ESAGERATO…" e ha agigunto "… QUESTE DICHIARAZIONI NON SONO RIVOLTE A ME MA A TUTTA LA RUSSIA …".

 

NON ABBIAMO PAURA DELLA NATO.

L'espansionismo della Nato ai Russi appare come un blocco che li circonda generando anche una sensazione di soffocamento e questo non è accettabile.
Ma Putin risponde:
"SIAMO NOI CHE STRANGOLEREMO TUTTI QUANTI… PERCHE' SIETE COSI' PAUROSI ?"
"NON DOBBIAMO TEMERE NULLA MA DOBBIAMO VALUTARE LA SITUAZIONE IN MODO REALISTICO…