ATTUALITA

COMMEMORIAMO

Durante la 42a  riunione plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, è stato designato "il giorno della memoria" con la risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005.
Ogni anno si commemorano le vittime dell'olocausto ricordando il 27 gennaio 1945 quando le truppe dell'Armata Rossa hanno liberato il campo di concentramento di Auschwitz.
Ma non c'è solo la sofferenza di Israele.
La memoria ci consente di ricordare fatti ed eventi che hanno caratterizzato l'esistenza di un passato che ancora oggi ci vincola al dovere della rievocazione perché non può e non dovrebbe esserci oblio per le atrocità e le prevaricazioni commesse nel tentativo di estinguere qualsiasi popolo o gruppo razziale o etnico.
L'italia che oggi celebra le vittime dell'Olocausto, ipocritamente finge di non ricordare le sue vittime in danno dei Popoli delle Nazioni pre-unitarie della  penisola italica occupate con una tale ferocia e devastazione da far impallidire di vergogna.
I primi campi di concentramento a Fenestrelle, il lagher dei Savoia, dove molti patrioti del Regno delle Due Sicilie sono stati deportati, torturati, uccisi col taglio della testa e poi sciolti nella calce.
La carneficina di donne bambini e vecchi ad opera delle truppe d'occupazione italiane.
L'annientamento di interi paesi per colpire le famiglie dei "briganti" che altro non erano che patrioti che difendevano la propria Patria dall'invasione italiana.
Non dimentichiamo inoltre le guerre, sempre iniziate dall'italia, per annettersi le province turche della Tripolitania e della Cirenaica (Libia) nonché del Dodecaneso … la responsabilità italiana nella dura repressione del movimento per la liberazione della Libia, durata fino al 1933 … e lo sterminio della popolazione libica che fu decimata nei campi di concentramento, con marce di morte nel deserto e con le armi chimiche usate anche contro i civili.
Non dimentichiamo poi le due guerre mondiali con le quali l'italia ha sempre aggredito altre Nazioni e il genocidio delle foibe anche in danno del Popolo istro/veneto.
Ma che gran faccia di bronzo hanno anche le più autorevoli figure istituzionali italiane di oggi.
Pur sapendo di essere illegalmente costituite e di occupare con la frode territori che non gli appartengono rinnegano le responsabilità del proprio passato e pontificando sul valore e il rispetto dei diritti umani, civili e politici, perpetuano il crimine che si tramandano pur sapendo di esserne moralmente compromessi.
Dobbiamo dunque riflettere sui terribili fatti che ci hanno preceduto ma non solo quelli che oggi si commemorano.
Abbiamo il dovere di prendere le distanze dal falso proselitismo di chi predica bene e razzola male.
Ancora oggi sulla pelle e sul diritto alle libertà di interi Popoli l'italia mantiene con la tirannide la frode che l'ha costituita e il suo crimine è davvero molto grande, oggi come allora.
WSM
Venetia 17 gennaio 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.

NON ANDARE A VOTARE E’ UN DOVERE!

I portavoce dei vari schieramenti politici, ventilando il rischio determinato dal disimpegno degli elettori, si danno battaglia sciorinando promesse e riforme che mai fino ad ora sono state realizzate o hanno portato ad una reale soluzione dei problemi che la gente ha tutti i giorni.
Ci mancava poi l'eloquente ipocrisia del presidente straniero italiano Mattarella anch'egli intervenuto contro il pericolo astensionismo dal voto alle prossime elezioni politiche.
Tutti dunque a sostenere la tesi che in democrazia non è solo un diritto ma è anche un dovere per i cittadini andare a votare.
Tutto vero … solo che non siamo in democrazia.
Si sa che "il lupo perde il pelo ma non il vizio" e così l'italia smaschera da sé il suo malcostume rimpiazzando la democrazia (governo del popolo) con la partitocrazia (governo dei partiti).
In realtà l'italia è uno stato che si è costituito sull'inganno e sulla frode (e non solo in danno del Popolo Veneto) e tutto questo è provato, è dimostrato e documentato e tutti i politici e le più alte autorità italiane lo sanno.
Considerata che l’attuale occupazione straniera italiana dei territori della Serenissima Patria è da ritenersi illegale e illegittima "ab origine", ossia fin dall’inizio della sua prevaricazione, anche ogni sua autorità e provvedimenti da essa emanati sono abusivi e appunto per questo vietati.
Ma questi, con la loro falsa faccia fanno finta di niente.
In una recente sentenza la Corte Costituzionale italiana, negando la validità ai Referendum consultivi sulla Indipendenza del Veneto, ha asserito che il Popolo Veneto non esiste.
Il Popolo Veneto, a detta del massimo Organo di Giustizia italiano ha cessato di esistere in virtù del Plebiscito del 1866, scegliendo di diventare popolo italiano.
Nulla di più falso e menzognero perché il Popolo Veneto non ha mai scelto di essere italiano in quel referendum del 1866 … è provato e documentato il falso storico di questo avvenimento che è una frode commessa dal regno italiano e che è anche poi stata ammessa dallo stesso Conte Thaon di Revel, plenipotenziario del re d’italia di allora e responsabile dell’operazione, che ammise in un suo successivo memoriale il raggiro commesso.
E se a mentire è il massimo organo di giustizia e le più alte cariche istituzionali italiane … perché non devono mentire i partiti politici?
Ed è così che queste persone perpetuano la loro complicità cercando disperatamente di arrogarsi diritti che i cittadini dei vari popoli della penisola italica non hanno mai loro conferito.
Il crimine che tramandano è pesantissimo e ne sono profondamente compromessi.
Questa è loro gravissima responsabilità.
Si sa che chi vive con lealtà e onestà d'intenti non può essere compromesso con inganno e frode.
Tutta questa gente manca del "coraggio del giusto" perché sa di essere illegalmente costituita.
Tutta questa gente sa che deve tacere e mentire pur di mantenere inalterato il sistema malavitoso e clientelare che assicura loro una falsa apparenza di nazione.
Tutti a salvare le apparenze e tacendo sulle inquietanti verità che rendono tutti loro complici di un delitto pesantissimo che si perpetua giorno dopo giorno, gozzovigliano protetti da istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini da questi crimini.
In realtà l'italia è uno stato che difetta di uno dei tre elementi fondamentali per essere considerato tale, cioè manca del popolo, perché quello italiano non esiste.
Non si può essere italiani perché qualcuno me lo impone e mi impedisce di essere ciò che sono.
L’italia da sempre tenta di “estinguere” il Popolo Veneto attraverso l’indebita appropriazione della paternità culturale della civiltà Veneta e attraverso l’annichilimento delle proprie tradizioni, della propria lingua, dei propri usi e costumi.
Ma il Popolo Veneto esiste ancora oggi e i Veneti sono di nazionalità Veneta e di certo non sono italiani, perché non lo sono mai diventati.
Dobbiamo ripristinare la legalità sui nostri territori e lo si può fare solo non riconoscendo l'autorità delle istituzioni italiane costituite con la frode e l'inganno e che ci derubano di tutto ciò che abbiamo e pretendono di dominarci.
Ecco perché E' UN DOVERE ANCHE NON ANDARE A VOTARE.
Dobbiamo smettere di dare il nostro benestare e  di legittimare questi delinquenti e la loro falsa democrazia.
WSM
Venetia, 22 gennaio 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
 

SARANNO SEMPRE SOLO COINCIDENZE … LA FARSA CONTINUA.

Anche oggi come allora forse basterebbero i trenta denari per corroborare la solerzia del balordo di turno ma si sa che "anca pochi schei tajani i plasma paroni e sciavi" (anche pochi soldi italiani plasmano padroni e schiavi).
Mercoledì sera nel tornare a casa ho notato il solito sconosciuto che, probabilmente drogato di protagonismo e di chissà cos'altro, ha debuttato con una repentina fuga dal giardino di casa.
L'ignoto, che indossava una tuta grigia e un giubbino scuro ha sicuramente sperato in una mia distrazione e proprio tale convinzione lo ha riportato sui suoi passi… ma avevo finto di chiudere alle mie spalle l'entrata di casa.
Affrontato repentinamente lo sconosciuto ormai tornato vicino all'abitazione questi si è dato a precipitosa fuga.
Nonostante l'uso della macchina il soggetto non è stato rintracciato.
Poco dopo nel perlustrare le vie adiacenti ho notato altre due persone temporeggiare nei pressi di una vettura station wagon parcheggiata nel piazzale nei pressi della chiesa.
Questi al mio avvicinarmi si sono voltati dandomi le spalle;  hanno inoltre alzano il bagagliaio del veicolo per impedirmi probabilmente di leggere la targa di cui sono riuscito ad intravedere solo le cifre finali "NY".
In attesa dell'aiuto di un amico è stato notato lo sconosciuto con la tuta avvicinarsi ai due soggetti della macchina e andarsene con loro.
Siamo alle solite coincidenze, preferei pensare, ma i tre individui non mi sembravano proprio dei ladruncoli, anzi, chissà come mai mi è venuto da pensare a provocatori agenti italiani aiutati da qualche sprovveduto balordo… ma si sa saranno sempre solo coincidenze.
WSM
Venetia 12 gennaio 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.
 

LIBERO POPOLO IN LIBERA PATRIA

Presto speriamo di poter pubblicare il primo testo realizzato dal MLNV e dal titolo "LIBERO POPOLO IN LIBERA PATRIA".
Il testo non è sicuramente un compendio di diritto internazionale ma cerca di spiegare, anche sotto il profilo giuridico, le ragioni autentiche del costituirsi del Movimento di Liberazione Nazionale e del percorso intrapreso.
Sconsigliamo vivamente la lettura ai "venetesti" di taluni gruppi la cui inettitudine è gigantesca e per quanto tentino insistentemente di imitarci non eguagliano questo MLNV.
N.B.:
SEZIONE 05 – ARTICOLO 11 dell’Ordinamento Giuridico Veneto Provvisorio (OGVP)
L’OGVP riconosce quale lingua ufficiale e nazionale il “VENETO” in ogni sua espressione idiomatica e inflessione gergale.
Avendo esigenze e necessità di agevolare sia la comunicazione degli atti ufficiali che quella personale, durante la fase di transizione e in attesa di un’ufficiale definizione della grammatica, intesa anche come regole ortografiche e di punteggiatura, della fonologia, morfologia, sintassi, semantica e pragmatica, l’OGVP adotta quale lingua accessoria e di utilità qualsiasi altra lingua in uso attualmente dal Popolo Veneto.
—-
L'OGVP, fino a indiscutibile dimostrazione, non riconosce e/o prende atto che la lingua c.d. italiana sia da considerarsi tale.
E' discutibile la sua origine anche in relazione alla possibile sua derivazione proprio dalla lingua veneta e come tale quindi compatibile con il suo uso.

 

SARANNO SEMPRE COINCIDENZE?

Se non fosse per l'aiuto dei vicini oggi probabilmente non sarei sopravvissuto alle esalazioni della stufa a pellet.
Strana coincidenza sul malfunzionamento della stufa che fino a questa mattina è andata benissimo, ma che oggi pomeriggio ha attirato l'attenzione dei vicini per la notevole foschia venuta a concentratasi fuori di casa, al punto da sospettare un incendio dell'abitazione.
Strano davvero visto e considerato che non c'è stato nessun principio di incendio in casa.
Controllando però il tubo di scarico (el canon) mi hanno insospettito dei residui di carta bruciati al punto da ritenere plausibile un tentativo di intasamento della canna fumaria col conseguente "ritorno" di esalazioni in casa.
Ecco il malditesta accusato oggi mentre mi appisolavo in casa.
Tutto questo mi fa pensare visto e considerato che le conseguenze dell'intasamento avrebbero dovuto concretarsi al mio rientro a casa questa sera tardi (proprio oggi c'è riunione) e non nel primo pomeriggio odierno.
Solo l'inatteso mio ritorno, l'accensione momentanea della stufa e l'intervento dei vicini hanno probabilmente fatto fallire il maldestro tentativo che nella prossima nottata avrebbe potuto sortire gli effetti voluti.
Ma si sa sono sempre solo coincidenze.
WSM
Venetia, 21 dicembre 2017
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provisorio
 

GLI ITALIANI SONO FORSE PADRONI DEL NOSTRO TEMPO?

Ma gli italiani, sono forse i padroni del nostro tempo?
Non credo proprio.
Le forze e le autorità straniere italiane d'occupazione non sono padrone del nostro tempo e continuano ad agire in difetto assoluto di giurisdizione.
Soprattutto i posti di blocco e di controllo sono atti e azioni posti in essere nell'assoluta illegalità.
Il nostro ordinamento giuridico prevede che gli operatori della Polisia Nasionale Veneta, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, possono agire in posizione di preminenza solo ed esclusivamente in presenza e in ragione dell’effettivo, contestuale o prevedibile prevalente pubblico interesse.
In poche parole non è possibile che a discrezione di una qualsiasi istituzione il Cittadino Veneto possa essere sottoposto ad accertamento preventivo per il mero volere di quest'ultima.
Infatti, ogni Istituzione agisce in posizione di supremazia solo ed esclusivamente in presenza e in ragione dell’effettivo, contestuale e prevedibile prevalente pubblico interesse.
E' lecito che un operatore di polisia proceda al controllo di un veicolo laddove ne ravveda la necessità a fronte di una violazione alla circolazione, al sospetto fondato di un illecito ma tale pubblico interesse deve essere reale e prevalente rispetto all'inalienabile diritto di libera circolazione del Cittadino.
Chi è incaricato di una pubblica autorità deve tenere bene a mente che il nostro ordinamento giuridico riconosce l'originarietà della sovranità popolare senza la quale non può derivarsi la sovranità dello Stato, ovvero la sua capacità di "imperio" delegata dal Popolo, attraverso il mutuo consenso.
La sovranità dello Stato ha solo il precipuo fine di garantire interessi individuali, collettivi e primari previsti dalla legge.
Il potere dello stato e la sua sovranità deriva dal mutuo consenso con cui il Popolo ne delega la facoltà di imperio e di rappresentarlo.
WSM
Venetia, 14 novembre 2017
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

GIORGIO TREMANTE E LA SUA BATTAGLIA CONTRO I VACCINI.

Morto Giorgio Tremante, voce storica dei movimenti che chiedono il riconoscimento dei danni da vaccino
Era malato, ma ha combattuto fino alla fine, come ha sempre fatto.
Con la sua determinazione, il suo piglio, la sua voce sicura, la sua massima schiettezza. Giorgio Tremante, geometra veronese, ha perso due figli per le conseguenze del vaccino Sabin e un terzo è rimasto gravemente disabile sempre in seguito alla vaccinazione.
Marco, il primogenito, è morto nel 1971 all'età di 6 anni; poi è morto Andrea, uno dei due gemelli che Giorgio e la moglie avevano avuto successivamente.
Alberto, l'altro gemello, è ancora vivo ma ha riportato un danno gravissimo. Lo hanno accudito i genitori, Giorgio e la moglie Franca, finché è rimasta in vita; poi l'altro fratello, il secondogenito, fortunatamente cresciuto sano.
Tremante si è visto riconoscere il nesso di causalità con il vaccino per la morte dei figli solo nel 1995  , grazie alla legge 210 del 1992 che lui stesso ha contribuito a far approvare.
Nell'agosto del 2011 a Verona un giardino pubblico è stato intitolato ai fratelli Tremante uccisi dal vaccino.
Giorgio ha proseguito la sua battaglia negli anni rilasciando anche interviste, che spesso però sono state strumentalizzate, soprattutto da quando, negli ultimi anni, si è alzato il livello di tensione e di conflitto sulle vaccinazioni.
 

Tratto da (CLICCA QUI)

 

TRATTAMENTO SANITARIO E PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE

Il principio di autodeterminazione al trattamento sanitario: origine, sua applicazione e problematiche
di Stefania Cerasoli
Nell’ordinamento giuridico italiano (quindi non VENETO sia chiaro) è oggi principio pacifico che nessun trattamento sanitario possa essere compiuto o proseguito in difetto del previo ed esplicito consenso manifestato dal soggetto interessato.
Il diritto del malato a decidere in piena coscienza e libertà se, da chi e come farsi curare discende dall’art. 32 della nostra Costituzione secondo il quale “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge".
Il cambiamento della sede del processo decisionale dal medico al paziente, con la necessità di un consenso libero ed informato all'atto medico rappresenta il frutto di una evoluzione che da un atteggiamento "paternalistico" del medico è giunto alla cosiddetta "alleanza terapeutica".
Sin dalle origini della professione medica il rapporto tra medico e malato nel mondo occidentale secondo la tradizione del medico greco Ippocrate si è attenuto ad un ordine preciso: il medico aveva il dovere di fare il bene del paziente ripristinando l'ordine della natura sconvolto dalla patologia; il malato non poteva non considerare buono ciò che il medico proponeva come tale e aveva quindi il dovere di accettarlo.
In tale visione etica, di tipo naturalistico, il medico era una specie di sacerdote, egli agiva da mediatore con la divinità e aveva potere sulla vita e sulla morte.
Il cristianesimo si è innestato in questa visione della medicina, contribuendo a universalizzare l'etica ippocratica.
Il medico cristiano sentiva l'importanza della sua missione che veniva paragonata ad un sacerdozio, e, investito dall'autorità che derivava dalla professione, riteneva suo compito guidare il paziente verso il ripristino dello stato di salute.
Nel periodo medioevale la medicina e la salute rimangono essenzialmente doni di Dio; la malattia era qualcosa che turbava l'ordine naturale delle cose; il medico era l'unico abilitato ad intervenire; il paziente non aveva né le conoscenze né l'autorità morale per contrastare il volere del medico che sapeva quale fosse il bene per il paziente.
In tale scenario il consenso all'atto medico viene ritenuto implicito, nella stessa richiesta di aiuto da parte del paziente.
L'atteggiamento paternalistico sopravvive per secoli e ha cominciato ad incrinarsi solo con l'avvento del pensiero illuministico grazie al quale è iniziato il lento processo di riconoscimento dell’opportunità di dare al paziente informazioni circa il suo stato di salute e sulla terapia in atto.
Ciononostante il principio che informava questo comportamento non era dettato dal riconoscimento del diritto di autodeterminazione dell'uomo, bensì dalla convinzione che la consapevolezza del malato potesse determinare un beneficio terapeutico.
Nel 1847 Thomas Percival pubblica un fondamentale lavoro che fu la base del primo codice di deontologia medica della American Medical Association nel quale viene codificato il diritto del malato all’informazione pur persistendo il diritto del medico al cosiddetto “inganno caritatevole”, nei casi di prognosi sfavorevoli.
Furono il processo e la sentenza di Norimberga e la dichiarazione di Ginevra del 1948 ad introdurre internazionalmente il principio del diritto del malato alla autodeterminazione ripreso ormai da tutti i codici di deontologia medica.
Il rapporto medico-paziente è oggi quindi costruito su una relazione equilibrata, che pone sullo stesso piano la libertà di chi assiste e di chi viene sottoposto a cure.
Il consenso informato diventa, quindi, un fattore di espressione della libertà del singolo e si colloca tra i diritti fondamentali riconosciuti dal nostro ordinamento giuridico.
In particolare l’art. 13 della nostra Costituzione (italiana si intende) riconosce l'inviolabilità della libertà personale, nel cui ambito deve ritenersi ricompresa anche la libertà di salvaguardare la propria salute ed integrità fisica, escludendone ogni restrizione, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e con le modalità previsti dalla legge.
L’art. 32, II comma, specifica invece che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge, la quale non può, in ogni caso, violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Tali principi trovano ulteriore conferma e specificazione nell'articolo 33 della legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, che stabilisce che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari; qualora previsti, i trattamenti sanitari obbligatori devono comunque rispettare la dignità della persona, i diritti civici e politici, compreso, per quanto possibile, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
L’esame non può definirsi completo senza un riferimento alla Convenzione di Oviedo ("Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano nei confronti delle applicazioni della bioloia e della medicina: Convenzione sul diritti dell'uomo e la biomedicina") adottata a Nizza il 07.12.00 e ratificata dallo Stato italiano con legge 28.03.01, n. 145.
Si tratta di un provvedimento di fondamentale importanza che stabilisce che il consenso libero e informato del paziente all'atto medico non vada considerato solo sotto il profilo della liceità del trattamento, ma deve essere considerato prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, che riguarda il più generale diritto alla integrità della persona.
Tale documento, nel dedicare un intero capo al tema del consenso, stabilisce all’art. 5, quale norma generale che “un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato. Tale persona riceve preliminarmente informazioni adeguate sulle finalità e sulla natura del trattamento nonché sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, revocare liberamente il proprio consenso”.
I principi di cui alla Convenzione di Oviedo sono stati recepiti dal Codice deontologico della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri approvato il 25 giugno 1995.
Più precisamente in maniera molto dettagliata l’attuale Codice Deontologico sancisce l’obbligo di informazione al paziente (art. 30) o all’eventuale terzo (art. 31), nonché l’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente (art. 32) o del legale rappresentante nell’ipotesi di minore (art. 33).
Lo stesso Codice Deontologico stabilisce poi l’obbligo di rispettare la reale ed effettiva volontà del paziente (art. 34) nonché i comportamenti da tenere nell’ipotesi di assistenza d’urgenza (art. 35). Si può pertanto sostenere che sussiste un obbligo diretto, di natura deontologica, all’informazione al paziente, nonché all’acquisizione del consenso informato. Obbligo che, ove non ottemperato, potrebbe dar luogo di per sé, indipendentemente da eventuali danni in capo al paziente, all’apertura di procedimento disciplinare a carico del sanitario, avanti all’Ordine professionale competente.
Esaurita questa premessa è opportuno passare all’esame dei requisiti che il consenso deve avere nella sostanza perché possano dirsi soddisfatti i principi appena delineati.
  • La prima condizione di validità è rappresentata dalla corretta informazione che deve essere fornita da parte del medico al paziente sul trattamento sanitario, sugli eventuali rischi connessi e le eventuali alternative possibili.
Solo in questo modo la persona è in grado di costruire un proprio parere libero (e quindi revocabile) e consapevole e, dunque, di scegliere se sottoporsi al trattamento o rifiutarlo. Il medico nel fornire l’informativa non potrà prescindere dal livello culturale e dalle capacità di comprensione del singolo individuo avendo quindi cura di usare un linguaggio semplice e accessibile.
Non solo ma con riferimento ad informazioni in ordine a “prognosi gravi o infauste, o tali da poter procurare preoccupazioni e sofferenze particolari al paziente” le stesse dovranno essere fornite “ con circospezione, usando terminologie non traumatizzanti, senza escludere mai elementi di speranza" (cfr art. 30, IV comma).
Il tutto nel pieno rispetto del testo costituzionale che, come noto, interpreta la tutela della salute nella sua accezione più ampia di integrità fisica e psicologica.
Il paziente ha diritto di chiedere e ricevere informazioni più dettagliate, oppure può scegliere di non essere informato o delegare una terza persona a ricevere le informazioni ed esprimere il consenso.
  • Il secondo elemento di validità dell'atto è costituito dall'espressione personale del consenso da parte dell’avente diritto, ovvero dal legale rappresentante se trattasi di incapace.
Il consenso informato è, infatti, un atto personalissimo delegabile solo in casi eccezionali.
Il paziente è l’unica persona che può decidere riguardo alla propria salute come, del resto, ben evidenziato dall’art. 32 della Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo.
Gli unici casi in cui il consenso e/o dissenso al trattamento sanitario può essere delegato fanno riferimento al paziente minore e al maggiorenne legalmente interdetto e quindi a soggetti considerati dall’ordinamento giuridico incapaci di esprimere un valido consenso.
L’art. 33 del Codice di deontologia medica prevede infatti che qualora “si tratti di minore, di interdetto, il Consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale.
In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore dei minori o di incapaci, il Medico è tenuto ad informare l’autorità giudiziaria.”
Per espressa previsione dell’art. 34 del Codice il minorenne ha però diritto a essere informato e a esprimere i suoi desideri, che devono essere tenuti in considerazione“fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante”.
Lo stesso dicasi per la persona interdetta, che ha diritto a essere informata e di veder presa in considerazione la sua volontà.
Quid iuris qualora l’avente diritto non sia minorenne o interdetto ma si trovi in una situazione di incapacità transitoria a fornire il proprio consenso (si pensi all’ipotesi di un paziente in coma)?
Esiste un soggetto legalmente autorizzato ad esprimere un consenso valido in materia di diritti personalissimi quali il diritto alla salute e alla libertà personale in sostituzione del soggetto naturalmente incapace?
Accade spesso che il medico si rivolga ai prossimi congiunti, chiedendo loro il preventivo consenso ad un intervento di particolare difficoltà.
Preme evidenziare che il consenso dei prossimi congiunti con riferimento ad un soggetto naturalmente incapace (e non legalmente incapace come il minore o il soggetto dichiarato interdetto) non ha alcun valore giuridico data la natura strettamente personale dell’atto di prestazione del consenso delegabile, come già precisato, in casi eccezionali.
Quanto detto è confermato dalla Corte Costituzionale che, con sentenza nm. 253 del 04.07.06, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la Legge Regionale Toscana n. 63/04 nella parte in cui prevedeva il diritto di ciascuno di indicare la persona delegata ad esprimere il consenso a determinati trattamenti terapeutici nel caso in cui il diretto interessato versasse in condizioni di incapacità naturale e vi fosse urgenza di provvedere.
La Regione Toscana legiferando in tal modo è infatti intervenuta in materia di rappresentanza e quindi di ordinamento civile, materia che rientra nella competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma lettera l) della Costituzione.
Per una corretta impostazione del problema è importante evidenziare che le professioni sanitarie in genere, costituiscono "servizi di pubblica necessità" ai sensi dell'art. 359 c.p., e implicano talora l'uso di violenza personale nell'interesse del paziente.
A questo si aggiunga la posizione di garanzia rivestita dal sanitario pubblico che costituisce espressione dell'obbligo di solidarietà garantito dalla Costituzione (Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti"), funzione che gli conferisce addirittura l'obbligo giuridico di intervenire sancito dall'art. 40 Codice Penale secondo il quale "non impedire un evento che si ha l'obbligo di impedire equivale a cagionarlo".
Nelle ipotesi in cui il paziente non possa prestare alcun valido consenso sarà quindi il medico a doversi assumere in prima persona ogni responsabilità.
A tale proposito l’art. 54 del Codice Penale prevede che il sanitario possa prescindere dal consenso (oltre al caso in cui sia stato disposto un trattamento sanitario obbligatorio) qualora sussista “la necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo".
Analoga disposizione è prevista agli artt. 7 e 35 del Codice Deontologico che, in situazioni d'emergenza, prevedono che il medico sia tenuto a prestare la sua opera per salvaguardare la salute del paziente
Ed ancora l’art. 8 della Convenzione di Oviedo secondo il quale, qualora “in ragione di una situazione di urgenza il consenso appropriato non può essere ottenuto si potrà procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della salute della persona interessata”.
Il sanitario quindi, dopo aver valutato la necessità e l'urgenza dell'intervento diretto a prevenire un danno grave alla persona, potrà procedere al trattamento terapeutico anche in assenza di consenso ove per assenza si fa riferimento all’incapacità naturale del soggetto di prestare consenso all’atto sanitario.
Del resto se così non fosse sarebbero violati gli art. 328 (omissione e rifiuto atti d'ufficio) e art. 593 del Codice Penale (omissione di soccorso).
Resta inteso che, qualora l'atto sanitario riguardi interventi non urgenti né indispensabili, il medico dovrà desistere dall'intervenire prima di aver acquisito il consenso.
Corre onere evidenziare che nella pratica diventano sempre più frequenti i ricorsi su istanza di medici curanti o di strutture sanitarie e assistenziali, per la nomina di un amministratore di sostegno al fine di prestare il consenso informato a interventi terapeutici e chirurgici.
Tali richieste si riferiscono non solo a casi di interventi urgenti indispensabili per salvare la vita della persona, in totale stato di incapacità, ma anche a casi in cui la persona ha la capacità, parziale o residuale, ma si rifiuta di aderire alla proposta del medico.
Una applicazione effettuata in modo indiscriminato di tale strumento di tutela ci porterebbe a chiederci se sia lecito proteggere la persona anche da se stessa quando questa è ancora capace di intendere e volere con una indiscussa il tutto accompagnato da una gravissima limitazione della sua capacità di agire.
La giurisprudenza è quindi cauta e compie ogni volta valutazioni molto attente.
Se la persona cui è stato nominato un amministratore di sostegno è capace, anche solo in via residuale, di intendere e di volere, deve sapere e potere esercitare in proprio tali diritti, non essendo consentito, in quanto contrario ai principi costituzionali, limitare il diritto alla tutela della salute e alla scelta delle cure di una persona che si assume essere ancora capace legalmente, fino al momento in cui non la si dichiari interdetta.
L’attività dell’ amministratore di sostegno per quanto attiene la cura della persona dovrà quindi essere limitato a scelte ed attività di tipo ordinario inerenti la sua assistenza, ma non potrà comportare la sostituzione del consenso del malato, in caso di decisioni relative a interventi o terapie già rifiutate dallo stesso, o che lo stesso non è in grado di valutare ai fini della decisione, salvi i casi di urgenza ai sensi dell’art. 405, comma 4, c.c..
Non è escluso, però, data la natura di misura residuale dell’interdizione rispetto all’amministratore di sostegno che il giudice tutelare possa conferire a quest’ultimo ogni potere di rappresentanza della persona, se incapace totale, compresa la possibilità di assumere decisioni inerenti le cure e le terapie mediche.
Quanto alla forma di manifestazione del consenso preme evidenziare che, come per la generalità dei negozi giuridici (eccetto per quelli per i quali espressamente la legge preveda la forma scritta) la forma di espressione del consenso è libera.
Per quanto riguarda il consenso scritto, questo è da considerarsi un dovere morale del medico in tutti i casi cui le prestazioni diagnostiche e/ o terapeutiche in ragione della loro natura sono tali da rendere opportuna una manifestazione in equivoca e documentata della volontà del paziente (come si desume dall’art. 32, comma II del Codice deontologico).
È importante evidenziare che, comunque, non sarà la forma scritta a comprovare l’effettività di un consenso libero e pienamente informato.
In sede processuale il testo scritto costituirà elemento di prova, ma se suffragato da testimonianze, ad esempio di collaboratori, sarà più facile dimostrarne l’effettività dello stesso.
È ovvio che, in caso di urgenza e pericolo di vita di persona impossibilitata ad esprimere un valido consenso, dovrà prevalere lo scopo ultimo che è prestare l’assistenza e le cure indispensabili (cfr. art, 35 Codice deontologico).
Alla luce dei principi sopra delineati emerge con chiarezza che l’obbligo di fornire informativa al paziente al fine di acquisire un consenso consapevole, in quanto informato, al trattamento sanitario non potrà dirsi adempiuto nel caso in cui il consenso sia stato prestato attraverso formulari prestampati: in tali ipotesi si è sottolineato che “il consenso deve essere frutto di un rapporto reale e non solo apparente tra medico e paziente, in cui il sanitario è tenuto a raccogliere un’adesione effettiva e partecipata, non solo cartacea, all’intervento.
Esso non è dunque un atto puramente formale e burocratico ma è la condizione imprescindibile per trasformare un atto normalmente illecito (la violazione dell’integrità psicofisica) in un atto lecito” (cfr. Tribunale Milano, sez. V civile, sentenza 29.03.2005 n. 3520).
La violazione dell’obbligo di informativa al paziente è, concordemente, ritenuta fonte di risarcimento del danno in quanto il soggetto è leso nella libertà di autodeterminazione delle proprie scelte esistenziali e questo anche nel caso in cui la prestazione sanitaria sia stata eseguita correttamente e senza errori (cfr. Cassazione sentenza n. 5444 del 14 Marzo 2006).
L’obbligo informativo ha infatti valore costituzionale e per la sua violazione è previsto un risarcimento autonomo e distinto rispetto al danno alla salute cagionato da errore medico in quanto l’interesse tutelato rientra nella previsione dell’art. 2059 Codice civile (Cassazione sentenze n. 8827/03 e n. 8828/03).
Pertanto, oltre al danno morale soggettivo, quale contigente perturbamento dell’animo, al danno biologico, quale lesione dell’integrità psicofisica della persona, può essere chiesto il risarcimento per danno derivante dalla lesione di altri interessi riconosciuti dalla Costituzione tra i quali emerge il diritto di autodeterminazione. Tuttavia, la comprovata lesione di tale diritto, benché di rango costituzionale, non necessariamente da luogo al risarcimento, in particolare se manca un effettivo pregiudizio alla salute del paziente.
E’ infatti lo stesso paziente a dover dimostrare l’esistenza del danno di cui chiede il ristoro, nonché a dover provare che tale pregiudizio sia conseguenza normale, seppur indiretta, del mancato obbligo di informazione da parte dei sanitari.
 
Nel nostro ordinamento, infatti, la capacità di agire, ossia l’idoneità a porre in essere atti giuridicamente validi (e quindi ad esercitare diritti e ad assumere obbligazioni) si acquista solo al compimento della maggiore età e viene ad essere esclusa nell’ipotesi in cui ricorrano i presupposti dell’interdizione ossia il soggetto, per quanto maggiorenne, si trova “ in condizione di abituale infermità di mente” che lo rende incapace di provvedere ai propri interessi, tanto da dover essere interdetto (cfr. Codice civile art. 414).
Incapace naturale è la persona che, sebbene capace legalmente (in quanto maggiorenne e non interdetta), sia tuttavia incapace di intendere e volere. In tale stato può venirsi a trovare l’anziano, l’infermo di mente, l’handicappato o chi fa uso di sostanze alcoliche o stupefacenti. Si tratta, poi, di una condizione di incapacità che può essere permanente o puramente transitoria.
L’incapacità naturale consiste, infatti, in qualsivoglia stato psichico idoneo a privare il soggetto agente delle facoltà di discernimento nel momento in cui egli compie atti giuridici.
Leicità della contenzione a letto dei malati psichiatrici” -Tesi di Laurea di Alfredo Maglitto
 Giudice Tutelare del Tribunale di Torino del 22.05.2004.
Tribunale Roma, 22 dicembre 2004 – Ricorrono i presupposti affinché la decisione in merito al consenso al trattamento sanitario venga rimessa all'amministratore di sostegno quando l'interessata non abbia la capacità naturale necessaria ad esprimere un consenso od un rifiuto consapevoli in relazione al trattamento chirurgico prospettato dai sanitari, nè vi è la probabilità che l'interessata riacquisti in tempi brevi la capacità d'intendere e di volere idonea a consentirle una decisione consapevole, mentre d'altro canto l'intervento sanitario è manifestamente necessario ed urgente.
 
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UNIONE EUROPEA … UN SUPERSTATO PER DOMINARCI

Il progetto di un Superstato europeo sta per essere svelato: post-Brexit, le nazioni UE, “stanno per essere trasformate in una sola”.
Se avessero voluto manipolare i risultati del Brexit lo avrebbero fatto come tutte le altre volte, se non è stato fatto ci sono motivi ben precisi.
C’è un piano segreto già da tenmpo.
Se vince il BREXIT in Inghilterra, allora si farà L’ESERCITO EUROPEO”.
Boris Johnson, ex sindaco di Londra dichiara: L’UE vuole un superstato, proprio come Hitler, sempre di fonti inglesi, evidente che né il popolo né i politici anglosassoni dopo aver dominato il mondo per secoli non siano disponibili a cedere la loro sovranità e moneta, la sterlina, magari con altre condizioni, perversi sono i meccanismi globalisti.
La creazione di un Superstato, purtroppo per noi,  persegue l’agenda mondialistica di annullamento delle identità nazionali, dopo aver eliminato le monarchie, dietro la figura di un sovrano ci si poteva riunire e difendersi, ed instaurato la truffa democratica dove riescono a veicolare i voti dove vogliono, dopo aver dato seguito al piano Kalergi per l’ibridazione dei popoli europei con i medesimi obiettivi, non resta altro che instaurare una dittatura, gestita da personaggi votati da nessuno, come per altro ci hanno già avvertito:
L’EURSS – Io ho vissuto nel vostro futuro e non ha funzionato … Vladimir Bukovsky e Stati Uniti, Regno Unito ed Unione europea, ora sono dittature – Lezione di Dittature Invisibili.
La direzione degli eventi è ben chiara da tempo non lamentatevi poi perchè gli avvertimenti sono stati molteplici e ripetuti, quanto poi che i politici siano dei burattini nelle mani di altri basta un esempio con i due articoli correlati:
È Angela Merkel un Asset della CIA? Beh guardatela bene in faccia….
Per non parlare poi di Ennesima TRUFFA, l’Unione Europea giuridicamente non esiste !!
Se volete scaricare una copia del Five President Report cliccate qui.
Per scaricarlo in Italiano basta selezionare la lingua.
Nel video che segue, vengono prensentati personaggi legati alla costruzione del Superstato di Dominio UE (NWO), quelli che hanno deciso per il nostro futuro….
Questi uomini sono i quattro presidenti: Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea. Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo. Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo.
E Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea.
Questi sono gli uomini che hanno deciso il vostro futuro.
Lo hanno già scritto, parola per parola.
Ed è un futuro grigio, fatto di austerità e rigore.
Questi cinque uomini hanno prodotto un documento chiamato Five Presidents’ Report. dove si spiega che cosa accadrà in Europa da qui al 2025.
E si parla della creazione del Superstato europeo.
 
 
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IMPRENDITORE VENETO … SI, MA IN AUSTRIA!

L’imprenditore veneto: “Ho portato la fabbrica in Austria: l’autonomia non serve a niente”
Il problema non sono le tasse, ma la burocrazia locale
L’ultima nicchia dello sterminato capannone da 60 mila metri quadrati è occupata da imballaggi alti quattro metri.
Due presse, 8 mila tonnellate ciascuna, arrivate dal Giappone.
Costate 17 milioni e mai installate. «Ho richieste da tutto il mondo e non riesco a soddisfarle.
Non mi lasciano ampliare lo stabilimento, e allora queste macchine restano imballate.
Ci perdo io, ci perdono tutti: potrei dare lavoro a centinaia di veneti. Invece assumo all’estero».
Nonostante l’Italia, a quasi 79 anni Francesco Biasion tutte le mattine alle 8 entra in fabbrica. Spesso anche di sabato.
Domenica ha votato sì al referendum.
Per sconforto, racconta. «Il Veneto dà troppo e riceve troppo poco.
Peggio di così non può andare.
Ma dia retta a me: non cambierà nulla. Anzi, potrebbe essere peggio: l’unica autonomia necessaria è quella da certi amministratori locali che ci impediscono di lavorare;
Dio ce ne scampi se un domani avranno più poteri». 
Quinta elementare.
A dieci anni era in azienda.
Anzi, prima: «Mio padre mi portava a vedere i fabbri picchiare l’incudine».
La Bifrangi era poco più di un’officina. Oggi è leader mondiale nello stampaggio a caldo dell’acciaio: oltre mille dipendenti, 250 milioni di fatturato, sei stabilimenti. Il più grande, quasi 500 addetti, è a Mussolente, 7 mila anime in provincia di Vicenza, dove i Biasion abitano da generazioni.
Gli altri sono a Lincoln e Sheffield, in Gran Bretagna, e a Houston.
L’ultimo è ad Althofen, in Carinzia, dove negli anni scorsi qualche imprenditore veneto ha ceduto alle lusinghe e trasferito in Austria parte delle produzioni.  
Biasion non ha scelto l’Est Europa dove la manodopera costa un quarto.
Ha aperto là dove gli operai guadagnano bene e il Fisco è meno opprimente, ma solo un po’. «Quelli come me non se ne vanno per pagare meno tasse.
Ce ne andiamo perché non siamo padroni nelle nostre fabbriche.
Sono stufo di andare dal sindaco di turno con il cappello in mano ogni volta che devo fare un investimento». 
Nel Vicentino la Bifrangi dà lavoro a centinaia di famiglie tra dipendenti, fornitori e indotto, albergatori compresi, perché è un modello studiato a ogni latitudine.
Mai uno sciopero. In mensa lavorano dieci cuochi assunti, si serve la verdura coltivata nei campi di Biasion e la carne delle sue bestie.
C’è un frantoio per estrarre l’olio delle sue olive e un piccolissimo mulino per macinare la farina ottenuta dal suo grano.
Nei capannoni si producono non solo i componenti in acciaio per l’industria pesante e la meccanica di precisione venduti in tutto il mondo; si progettano e realizzano anche i macchinari con cui fabbricarli.  
«Eppure mi sento trattato come un delinquente», dice Biasion.
Dieci anni fa ha brevettato il maglio più grande al mondo: un gigante di 1.500 tonnellate che quando piomba sull’acciaio incandescente esercita una pressione di 55 milioni di chili.
«Mi serviva un capannone nuovo.
Provincia e Regione erano d’accordo.
Il Comune anche».
Anzi no: il sindaco decide di costruire una nuova strada proprio nell’area dove dovrebbe estendersi la fabbrica. «Protesto e alla fine la spunto».
Ma in Comune si accorgono che il capannone è troppo alto e gli uccelli potrebbero sbatterci contro: niente licenza edilizia, altri anni di liti finché arriva la deroga per cominciare i lavori.
Apre il cantiere: servono fondamenta profonde 16 metri ma il Comune si mette di nuovo di traverso. «Mi sono stufato.
Ho chiamato in Texas.
La sera avevo una risposta: si può fare.
Quando siamo andati a presentare il progetto erano sorpresi: la fabbrica è vostra, dentro potete fare quel che volete». 
Tre anni fa, come alcuni suoi colleghi veneti, Biasion ha trasferito un pezzo di produzione in Carinzia.
Gli austriaci facevano promozione spinta, avevano creato una agenzia (oggi in liquidazione) per setacciare il Nord Italia e convincere le aziende a varcare il confine.
«E io sono andato, sempre per lo stesso motivo: avevo troppe commesse, mi serviva uno stabilimento più grande ma qui non me lo lasciavano fare». In dieci mesi la fabbrica era pronta.
«Mi hanno accolto con le fanfare, non sono mai riuscito a pagare nemmeno un caffè.
Eppure non lo rifarei: le tasse sono più basse, la pubblica amministrazione garantisce contributi a fondo perduto e procedure snelle, ma non trovo manodopera. Un disastro». 
Si torna al punto di partenza: le due presse imballate da cinque anni, i progetti incagliati, gli investimenti bloccati.
Le denunce: per aver piantato alcuni alberi e installato tre panchine, per una recinzione abusiva, per un impianto che inquinava.
«Tutte archiviate.
L’ultima poche settimane fa: il fatto non sussiste».
Nel frattempo Francesco Biasion ha assunto i 700 addetti che gli servivano.
All’estero. 
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Francesco Biasion, 79 anni, è presidente del gruppo Bifrangi, leader mondiale nello stampaggio a caldo dell’acciaio.
La Bifrangi ha sei stabilimenti: uno in Veneto, gli altri sparsi tra Usa, Gran Bretagna e Carinzia 250 milioni
È il fatturato della Bifrangi.
Il gruppo ha oltre mille dipendenti, dei quali 500 lavorano a Mussolente, nel Vicentino

 

CHIESA E STATO… IL MAGNA MAGNA CONTINUA

SPUNTA IL MAXI-VITALIZIO , IMBARAZZO BERTONE… INDOVINA QUANTO INTASCA A VITA?
 
«Lo Stato vuole togliere le pensioni alle vedove per dare a Bagnasco. 
Ora basta!», il titolo, d’ inusitata ferocia, si aggrappa alle viscere.
E la foto, cattivella, a corredo, del cardinale Bagnasco presidente Cei ghignante come il signor Burns, il cattivo dei Simpson; be’ diciamo che non aiuta.
Sicché, proprio mentre il governo incespicava sulla futuribile irreversibilità delle pensioni, in cinque giorni ben 73.652 (fino a ieri) sostenitori incazzatissimi hanno firmato la petizione che il veneziano Ciro Verrati, presidente di Laicitalia ha lanciato sulla piattaforma Change.org: caro Matteo Renzi, togli l’ «ingiusto privilegio» della pensione militare che lo Stato italiano paga al cappellano dell’ Esercito Franco Bagnasco.
Il quale Bagnasco, oltre ad essere il potente presidente della Cei, a 63 anni ha maturato il vitalizio.
La petizione, che macina polemica nel web, è indirizzata sia al Presidente del Consiglio Renzi, sia al Presidente dell’ Inps Tito Boeri.
Ora, in effetti, Sua Eminenza è un baby pensionato.
Scrive Verrati: «Bagnasco, che è anche generale di brigata, ha diritto ad una pensione che si aggira, secondo alcune fonti attorno a 4.000 euro, ma secondo alcuni la pensione erogata dall’ Inps in suo favore sarebbe addirittura di 7.000 euro, nonostante abbia “prestato servizio” nell’ esercito per soli tre anni».
Tra l’ altro mi sa che c’ è un errore.
In difetto.
Anche se non è dato di saperlo con certezza, Bagnasco dal 2003 al 2006 è stato «arcivescovo ordinario militare» per l’ Italia, cioè reggente della diocesi, capo dei capi dei cappellani: per legge dovrebbe addirittura aver maturato il grado di generale di corpo d’ armata, stipendio da 190mila euro lordi l’ anno (ma il monsignore prenderebbe meno).
E prima di Bagnasco tornarono in sagrestia con laute pensioni tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni).
Si capirà che la cosa, ora, salti all’ occhio.
Lo Stato sborserebbe 8 milioni per 176 sacerdoti, 5 vicari episcopali, un provicario generale, un vicario generale e l’ arcivescovo ordinario.
«Non solo, c’ è anche il capitolo delle pensioni.
L’ Inpdap, ha ammesso candidamente il ministro, non riesce a fornire cifre precise sulle pensioni ai cappellani, perché in quanto integrati nell’ esercito rientrano nel computo generale», scrive sempre il nostro petitore.
Dall’ ordinariato militare trapela che negli ultimi 20 anni sono andati in pensione 4 ordinari militari, 4 vicari generali, 8 ispettori e circa 140 cappellani militari.
E la Difesa ha stimato pensioni per circa 43mila euro lordi per ognuno di costoro.
Certo, qualcosa s’ è tagliato (per un’ inchiesta dell’ Espresso del 2012 i milioni erano 15).
E nel 2014 ci fu anche, col vibratile Monti, l’ annuncio di una furiosa spending review: «Cappellani militari, addio a pensione e stipendio».
Poi la cosa sfumò.
Ora, il cardinal Bagnasco non ha mai smentito gli attacchi al suo diritto alla pensione militare (i primi furono ovviamente dei Radicali).
E il diritto è legittimo.
Però, diamine, stride.
Sia con la fresca memoria delle « ingerenze» nello Stato laico di cui lo stesso cardinale è tacciato in tema di unioni civili.
Sia perchè la pensione di Bagnasco evoca l’ attico di Bertone.
Sia perché fu proprio Bagnasco, l’ anno scorso, a proclamare: «La politica deve cambiare e cessare di essere una via indecorosa per l’ arricchimento personale. Il paese sano è stanco di populismi».
Ecco, appunto, parliamone…

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FIERO DI NON AVER VOTATO.

Lo diciamo da tempo e oggi confermiamo la nostra posizione rispetto al referendum voluto dal partito italiano lega nord e da Luca Zaia, esponente di spicco di tale partito italiano e presidente dell'ente periferico italiano denominato "regione veneto ".
E così la popolazione residente, stranieri compresi (anche gli italiani sono foresti a casa nostra),  ha votato per un'autonomia che Luca Zaia andrà ad elemosinare a Roma.
Dunque io che non credo ai partiti italiani, che non credo al sistema italia, che non credo ai politici italiani, sono forse uno stolto, uno sciocco o un povero illuso che aspira a vedere liberata la propria Patria dall'occupazione straniera italiana?
La Patria, per l'appunto, la millenaria Serenissima Repubblica Veneta, sempre più ostaggio di un Popolo tenuto al guinzaglio e mantenuto nel recinto dell'inconsapevolezza della propria identità.
Siamo come un gregge sfamato con le briciole del proprio pane.
Ed è così che il lamentoso piagnucolare trova sfogo nel compiacimento di un voto creato ad arte per illuderci di aver esercitato un diritto democratico.
Ma noi VENETI non siamo italiani e come il 22 ottobre del 1866 ecco replicata la frode italiana.
E adesso???
Adesso vedremo come l'italianissimo Luca Zaia porterà a casa l'inutile autonomia tanto decantata.
Se un milione di persone crede ad una cosa idiota, la cosa non cessa di essere idiota (Anatole France).
WSM
Venetia, 23 ottobre 2017
Sergio Bortotto
Presidente del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto
e del Governo Veneto Provvisorio
 

E L’AUSTRIA NON STA A GUARDARE…

A GEORGE SOROS IL DIVIETO DI OPERARE IN AUSTRIA: “HAI 28 GIORNI PER ANDARTENE”

Il leader più giovane del mondo, il neo-eletto Sebastian Kurz, non perde tempo e si rivolge a George Soros: l’obbligo imposto è quello di cessare qualsiasi operazione ad opera della sua Open Society Foundation in Austria entro 28 giorni.
L’alternativa è andare incontro ad un’azione legale per “tentata minaccia alla democrazia della nazione”.
Secondo il portale di informazione indipendente YourNewswire, il trentunenne Sebastian Kurz, il leader austriaco più giovane di sempre, avrebbe parlato ai suoi colleghi della necessità di agire immediatamente, a seguito della notizia per cui George Soros ha donato $18 miliardi del suo patrimonio da $24 miliardi alla Open Society Foundation, fondazione di proprietà dello stesso Soros.
«La situazione è diventata critica», ha detto Kurz.
«Soros sta versando tutto ciò che ha dietro alla sua spinta per (ottenere) il controllo mondiale.
La disinformazione e la manipolazione dei media sono già aumentate esponenzialmente durante la notte.
Non abbiamo spazio per la compiacenza».
Kurz, che si autodefinisce un fan delle cospirazione e sostiene di essere stato illuminato dal film Loose Change sull’11 settembre, afferma di aver compreso pienamente l’agenda di Soros e dichiara che «non esiste alcun modo per cui questo paese sarà la sua quinta vittima».
Il neo-cancelliere austriaco si riferisce al numero delle economie nazionali che Soros ha fatto quasi fallire per ottenere enormi profitti personali e una forte influenza politica.
Interrogato sul perché voglia bannare la Fondazione Open Society di George Soros dall’Austria, Kurz ha risposto: «Perché è il 2017».
La notizia per cui Soros ha versato il 75% della sua fortuna per sostenere la sua agenda politica e sociale ha causato onde d’urto in tutto il mondo: molti leader eletti democraticamente temono che il peso dei suoi miliardi, usato per comprare politici e giornalisti, possa essere difficile da combattere.
Kurz è d’accordo.
Ed è questo il motivo per cui avrebbe optato per un’azione rapida:
“Lo spettro di Soros è la sfida più grande che l’umanità affronta nel mondo nel 2017.
È un grande calamaro vampiro avvolto attorno al volto dell’umanità, che inserisce inesorabilmente il suo imbuto di sangue in qualsiasi cosa che odori di denaro, usando questi soldi per corrompere politici, giornalisti e il settore pubblico, tentando di creare il mondo alla sua immagine.
Il popolo austriaco ha rifiutato il Nuovo Ordine Mondiale ed è mio dovere e mio privilegio difendere la sua volontà”.
 
 
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MORTO IL DIFENSORE DEI MAPUCHE …

Argentina, è di Santiago Maldonado il cadavere nel fiume: morto il difensore dei Mapuche
L’annuncio è arrivato dal giudice incaricato di seguire il caso, il fratello di Santiago poi ha confermato.
L’artigiano 28enne era scomparso il 1° agosto scorso, durante una manifestazione in difesa degli indigeni.
Ora si aspetta l’esito dell’autopsia
Il corpo trovato nel fiume nel sud dell’Argentina appartiene all’attivista Santiago Maldonado: la conferma arriva dal giudice Gustavo Lleral, incaricato di indagare sulle sorti del 28enne scomparso dal 1 agosto durante la repressione di una protesta degli indigeni mapuche in Patagonia .
L’autopsia preliminare effettuata ha stabilito che non presentava lesioni, ma adesso bisognerà chiarire le cause della morte: «Ci vorranno più di due settimane per avere i risultati finali dell’esame autoptico», ha chiarito il giudice, che ha assunto l’incarico dopo che il primo magistrato era stato esautorato per richiesta della famiglia.
Poche ore dopo anche Sergio Maldonado, fratello maggiore di Santiago, ha confermato che il corpo ritrovato nel fiume Chubut è quello del fratello. «Abbiamo riconosciuto i suoi tatuaggi, siamo convinti che si tratti di Santiago», ha detto, parlando con la stampa davanti all’obitorio giudiziario di Buenos Aires, dove un gruppo di una ventina di esperti ha esaminato il cadavere scoperto martedì scorso a circa 300 metri dal posto dove suo fratello era stato visto per ultima volta.
 
L’ondata di proteste
La famiglia e molte associazioni per i diritti umani hanno accusato in queste settimane la polizia di quanto accaduto al ragazzo.
E il governo di Mauricio Macri, è stato accusato dall’opposizione di aver dato poca importanza alla misteriosa sparizione del 28enne o perfino di aver coperto azioni illegali della Gendarmeria.
Una manifestazione in favore di Maldonado si era svolta il primo ottobre in Plaza de Mayo a Buenos Aires.
Il caso, indicato per la giustizia come “sparizione forzata” , ha mobilitato centinaia di migliaia di persone per le strade di Argentina, un paese particolarmente sensibile alla violenza istituzionale dalle conseguenze terribili lasciati dall’ultima dittatura, durata dal 1976 al 1983.
«Dov’è Santiago Maldonado?»
è stata la questione che ha attraversato il paese fin dall’inizio.
«Rispettiamo il diritto della famiglia a conoscere la verità»,
ha detto il giudice.
«Adesso prevale la nostra responsabilità etica».
 
 
Vi ricordo gli articoli che avevamo riportato:
  1. MAPUCHE UN POPOLO IN LOTTA CONTRO BENETTON
  2. CHE FINE HA FATTO SANTIAGO?

IL VESCOVO DEGLI SCANDALI

ATTICO PAGATO COI SOLDI PER I BIMBI MALATI
 
“I soldi destinati ai bambini autistici e ai piccoli malati oncologici sono finiti in un attico di 210 metri quadri con depandance al centro di Roma.
Ottocentomila euro, sottratti ad un ente morale, la Fondazione Campanile, una delle più importanti realtà socio-assistenziali della Sicilia, e utilizzati a fini privati dall’ormai ex vescovo di Trapani monsignor Francesco Micciché, sollevato dal suo incarico nel 2012 da papa Benedetto XVI all’esplodere dello scandalo per un ammanco milionario dai conti della Diocesi.
Cinque anni dopo, dall’inchiesta ancora aperta alla Procura di Trapani che vede l’alto prelato indagato per appropriazione indebita e malversazione per la distrazione dei fondi dell’8 per mille, continuano a venire fuori sorprese… (continua)
 

Come questo attico al quarto piano di un antico palazzo nobiliare al numero 50 di via San Nicola di Tolentino alle spalle di piazza Barberini.
Cinque finestre su un unico balcone in uno stabile di pregio che ospita anche un paio di residence di lusso e un’accademia di moda.
Acquistato nel 2008 dal vescovo di Trapani ad un prezzo decisamente sottostimato per i prezzi del centro di Roma: 760.000 euro più 30.000 di spese notarili, per di più dichiarandone l’utilizzo ai fini di culto (dunque equiparato ad una chiesa) per non pagare l’imposta di registro, l’appartamento è stato intestato alla Curia di Trapani.
Come ha confermato ai pm monsignor Alessandro Plotti, inviato dal Vaticano come amministratore apostolico a Trapani dopo la rimozione di Micciché.
Quello dell’alto prelato (scomparso qualche tempo fa) è un durissimo atto d’accusa: “Io ho rilevato l’anomalia dell’acquisto di una casa privata intestata alla diocesi con soldi che avrebbero dovuto essere destinati alla cura dei bambini e alle finalità della Fondazione Campanile.
Non è accettabile che siano stati buttati via 500.000 euro per l’acquisto di una casa privata a Roma in pieno centro storico sottraendo quella somma alla possibilità di destinarli alla cura di bambini con problemi psichici”.”

 

NUOVA TASSA SULLA CASA PER SISTEMARE I CONTI!

Pagare una tassa per l’occupazione del suolo da parte dell’immobile.
Non è una follia, ma l’ultima idea per mettere le mani nelle nostre tasche.
Quest’idea è pura follia.
Sia dal punto di vista morale sia economico che anche giuridico.
È un’intromissione di uno stato che finora ha sempre giocato contro gli interessi italiani.
Fra l’altro è evidente la correlazione fra tassazione patrimoniale degli immobili italiani, gonfiata da Monti, perdita di valore degli immobili di imprese e famiglie e deterioramento della solvibilità del portafoglio crediti delle banche.
L’Italia è fallita!
Prima o poi qualcosa succederà
Lo dicono quelli che di economia capiscono.
L’Italia è fallita. (continua)
 

Copre i debiti facendo altri debiti e i secondi superano i primi. Il Partito debosciato invece di contenere la spesa raccatta l’Africa.
Gli invasori sono un mutuo a vita per i contribuenti italiani. Non un mutuo per la casa o per l’automobile, ma per mantenere milioni di sfaccendati.
Il peggio deve ancora venire. Siamo ultimi nella crescita.
E’ un processo irreversibile. Il comunismo e le sue derivazioni ha portato la miseria ovunque ha attecchito.
Ma poi, dopo un po’ di tempo, la gente ha capito e lo ha schifato.
Gli utili idioti italiani ancora credono alla befana e la votano.
Dio salva l’Italia. Se puoi.
Ma sarà difficile anche per te.
L’ipotesi di una patrimoniale sui terreni immobiliari sarebbe nata da France stratégie, una think tank vicino ad Emmanuel Macron che sarebbe pronto a suggerire all’Ue l’idea di un nuovo balzello tarato proprio sull’Italia per ridurre il deficit.
Mario Seminerio su phastidio.netha di fatto smascherato il piano di Parigi.
Una mossa studiata in silenzio per mettere le mani nel portafoglio degli italiani.
E come sottolinea laVerità, il meccanismo che sta mettendo a punto la Francia andrebbe a colpire il patrimonio immobiliare italiano.
Di fatto non verrebbe tassato l’immobile ma il terreno su cui viene edificata la casa.
Il balzello dunque diventerebbe una sorta di canone d’affitto pagato allo Stato per l’occupazione del suolo da parte del proprietario dell’immobile.
E chi non paga?
Rischia direttamente l’esproprio sia in caso di vendita che in caso di eredità.
Lo studio che gira nei salotti francesi quantifica in un 40 per cento la quota di rapporto tra Pil e debito pubblico che verrebbe abbattuta.
In Italia 56 milioni di immobili sono di proprietà di persone fisiche, mentre la percentuale di famiglie italiane che vive in case di proprietà tocca quota 77,4 per cento.
Un bacino immenso per chi spera di far cassa sulle spalle di chi ha lavorato una vita per poter acquistare un tetto…

 

IN AUSTRIA HA VINTO LA DESTRA … FINALMENTE!

L'ÖVP e l'FPÖ, di centrodestra ed estrema destra, hanno ottenuto la maggioranza dei voti: quasi certamente governeranno insieme con Sebastian Kurz come cancelliere.
I popolari democristiani dell’ÖVP hanno vinto le elezioni che si sono tenute domenica in Austria, ottenendo il 31,4 per cento dei voti, confermando i sondaggi delle ultime settimane che lo avevano dato per favorito.
Il partito di estrema destra FPÖ ha invece ottenuto il 27,4 per cento dei voti, diventando secondo partito e distanziando di poco il partito socialdemocratico, che è stato votato dal 26,7 percento degli elettori. ÖVP e FPÖ potrebbero quindi formare una loro maggioranza di governo in Parlamento, cosa che potrebbe consentire a Sebastian Kurz, il giovane leader dell’ÖVP di diventare cancelliere.
Le elezioni sono servite per il rinnovo del Nationalrat, la camera bassa del parlamento che dispone dei maggiori poteri legislativi (l’altra camera è il Bundesrat e rappresenta i nove stati federati dell’Austria).
Sono state elezioni anticipate, dopo che lo scorso maggio era entrata in crisi la coalizione al governo formata dai socialdemocratici della SPÖ (centrosinistra) e dai popolari democristiani dell’ÖVP (centrodestra).
Il favorito per l’elezione a cancelliere, secondo tutti i sondaggi, era l’attuale ministro degli Esteri Sebastian Kurz: ha 31 anni e durante la campagna elettorale si era molto avvicinato alle posizioni dell’estrema destra dell’FPÖ, il partito che fu un tempo di Jörg Haider.
I cittadini con diritto di voto sono 6,4 milioni (lì si può votare già da 16 anni): l’affluenza è stata del 67,6 per cento; nel 2003, alle precedenti elezioni, fu del 75 per cento.

La legislatura avrebbe avuto il suo termine naturale nel 2018. Alle elezioni federali del settembre 2008, la SPÖ si era confermata primo partito alla camera bassa del Parlamento, Werner Faymann era diventato cancelliere e aveva formato un governo di coalizione con la ÖVP.
Nel 2015, con la cosiddetta crisi dei migranti, aveva cominciato a rafforzarsi sempre di più l’FPÖ, contrario a qualsiasi nuovo ingresso di rifugiati.
Nel 2016 c’erano state infine le elezioni presidenziali: SPÖ e ÖVP – che riuscivano dal 1957 a eleggere un loro candidato – erano entrambi rimasti esclusi dal ballottaggio.
Ai primi due posti erano arrivati Alexander Van der Bellen (indipendente sostenuto dai Verdi che poi era stato eletto) e Norbert Hofer (di FPÖ).
Il risultato del primo turno aveva avuto come conseguenza le dimissioni del cancelliere Werner Faymannn, che era stato sostituito per pochi giorni dal suo vice Reinhold Mitterlehner, presidente di ÖVP, e poi dal socialdemocratico Christian Kern.
Lo scorso maggio la crisi vera era cominciata quando Reinhold Mitterlehner si era dimesso da leader dei popolari democristiani, dicendo che non era più in grado di fermare i litigi tra i ministri del suo partito.
Il nuovo leader era diventato l’attuale ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz. Questa situazione aveva portato alla caduta del governo, e quindi a nuove elezioni fissate per ottobre.

I candidati alla carica di cancelliere erano dieci, ma il favorito era Sebastian Kurz (ÖVP): nato il 27 agosto del 1986 a Vienna, si è iscritto a Giurisprudenza ma non si è laureato e nel 2009 è diventato capo della sezione giovanile del suo partito.
Nel 2011, a 25 anni, è stato nominato sottosegretario agli Interni con delega all’Integrazione, poi ministro degli Esteri a 28 anni e infine è diventato il leader dei popolari (questa sua carriera così rapida e le sue importanti nomine sono state molto criticate, vista la giovane età e il suo basso grado di scolarizzazione).
Ora dovrebbe diventare il più giovane capo di governo nella storia d’Europa e il leader mondiale più giovane.
Sotto la guida di Kurz il partito popolare è cambiato notevolmente.
Alle elezioni non si è presentato con la sua sigla, ma con il nome del suo candidato (Liste Sebastian Kurz – Die neue Volkspartei), il colore simbolo del partito è passato dal nero al turchese e a sostenerlo ci sono testimonial poco politici, ma molto celebri (tipo l’ex miss Austria e alcuni sportivi come l’ex campione di Formula Uno Niki Lauda).
Kurz è molto attivo sui social e pubblica video in cui scala una montagna e, arrivato in cima, guarda il suo paese e dice cose come “La nostra è la terra più bella del mondo e dobbiamo riportarla in vetta”.
Kurz ha condotto una campagna elettorale basata sul rinnovamento cercando però di guadagnare voti a destra sottraendoli al Partito della Libertà (FPÖ): la questione dei migranti è stata uno dei temi principali della campagna elettorale.
L’Austria è uno tra i paesi d’Europa in cui sono state presentate più richieste di asilo e in cui l’8 per cento della popolazione è musulmana (una percentuale piuttosto alta).
I dati dicono anche che un terzo degli austriaci non vorrebbe avere un musulmano come suo vicino di casa e negli ultimi anni è infatti cresciuto il sostegno ai movimenti e ai partiti xenofobi.
Anche i partiti che hanno tradizioni ben lontane da questa retorica hanno però progressivamente adattato i loro discorsi alla generale diffidenza e al crescente populismo di destra.
Kurz ha sostenuto e fatto approvare una legge in vigore dal primo ottobre che vieta il burqa (la «Legge contro la copertura del volto»), fa riferimento a delle «società parallele» che starebbero emergendo nel paese e durante una visita a Malta come ministro degli Esteri ha criticato apertamente la «follia delle ong» che favorirebbero i trafficanti di migranti.
Ha chiesto poi la chiusura della rotta del Mediterraneo, minacciando anche di bloccare il Brennero, e nel febbraio del 2016 è stato l’organizzatore di un incontro a Vienna tra i ministri degli Esteri e degli Interni di Slovenia e altri 8 paesi balcanici per discutere una strategia comune sulla cosiddetta “rotta balcanica” dal Medio Oriente verso l’Europa occidentale.
Al termine della conferenza i dieci paesi avevano diffuso un documento congiunto in cui si erano accordati per inasprire i propri controlli alle frontiere con l’obiettivo di ridurre gli arrivi.
La Grecia, che non era stata invitata all’incontro, aveva richiamato il proprio ambasciatore in Austria.
FPÖ è il Partito della Libertà (Freiheitliche Partei Österreich) e si presentava alle elezioni con il suo storico leader Heinz-Christian Strache, che era in testa ai sondaggi fino a pochi mesi fa e che aveva cominciato a perdere consensi dopo l’arrivo di Sebastian Kurz.
Strache aveva addirittura accusato Kurz di aver copiato il suo programma.
Nonostante questo (o meglio: proprio per questo) gli osservatori dicono che sarà molto probabile un governo formato da una coalizione tra popolari e liberali xenofobi (come avvenne, prima e finora unica volta, dal 2000 al 2005).
Il programma elettorale di FPÖ è costituito da 25 capitoli: ciascun punto inizia con la parola “noi”.
 

 

 

ANCORA SUL PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE

Tanto per non lesinare sul bagaglio culturale e la formazione intellettuale che per finta o sul serio, in merito alle norme di diritto internazionale e alla loro applicabilità, sembra contraddistinguere le autorità e le forze d'occupazione straniere italiane, facciamo ancora una precisazione:
Lo stesso diritto all'autodeterminazione, nella sua accezione esterna, spetta ai Popoli sottoposti a regime militare straniero, se essi precedentemente facevano parte di uno Stato indipendente … (pag. 178 capitolo 7 – Diritto Internazionale – Antonio Cassese – seconda edizione edito da "Il MUlino").
Il Popolo Veneto è detentore di tale diritto e non c'è un atto di cessione o rinuncia alla propria sovranità resa dal Governo della Serenissima Repubblica Veneta e/o dalla stessa Cittadinanza.
E' documentata e ammessa dallo stesso Conte Tahon di Revel (*), plenipotenziario dei re d'italia di allora, la frode commessa con l'annessione militare dei territori Veneti mascherata con il plebiscito nel 1866 e i cui falsi risultati vennero addirittura erroneamente pubblicati sulla stampa tre giorni prima del loro realizzarsi.
Il giorno stesso venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del 7 ottobre per il plebiscito.
« Al Presidente del Consiglio dei Ministri è pervenuto oggi alle ore 10 ¾ antimeridiane il seguente dispaccio da Venezia:
La bandiera Reale italiana sventola dalle antenne di piazza San Marco, salutata dalle frenetiche grida della esultante popolazione. – Generale Di Revel
Il Presidente del Consiglio dei Ministri rispose immediatamente con questo dispaccio:
Alla Rappresentanza municipale di Venezia – Il Governo del Re saluta Venezia esultante mentre la bandiera nazionale italiana sventola dalle antenne di piazza San Marco, simbolo di Venezia restituita all'Italia, dell'Italia restituita finalmente a se stessa. – Ricasoli »
(Gazzetta Ufficiale, 19 ottobre 1866)
Secondo alcune fonti, il 19 ottobre il Veneto sarebbe stato invece ceduto direttamente dall'Austria al Regno d'Italia: il quotidiano Gazzetta di Venezia in pochissime righe riportò che: «Questa mattina in una camera dell'albergo Europa si è fatta la cessione del Veneto».
Il 20 ottobre giunse a Venezia il commissario regio Giuseppe Pasolini, nominato già dal 13 ottobre.
La votazione per il plebiscito ebbe luogo nei giorni 21 e 22 ottobre 1866; a Venezia gli uffici elettorali rimasero aperti dalle 10:00 alle 17:00 in entrambi i giorni.

L'ITALIA E TUTTE LE SUE ISTITUZIONI SONO ILLEGALMENTE PRESENTI SUI NOSTRI TERRITORI E AGISCONO IN DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE.
Tutti gli uffici pubblici italiani, carabinieri, polizia, guardia di finanza, vigili urbani, forze armate, guardie particolari giurate e ogni altra istituzione costituita e designata dallo stato straniero occupante italiano, è illegale su tutti i nostri territori.

(*)
Thaon di Revel (pronuncia: taõ di rœvèl[3]e Sant'Andrea, sono una famiglia nobiliare originari della Contea di Nizza.
Per tradizione famigliare i figli maschi vennero educati alla carriera militare o politica e diplomatica.
Molti membri dei Thaon di Revel hanno raggiunto posizioni di pubblico interesse, sia in ambito militare che politico, partecipando attivamente nel governo del Regno di Sardegna e alla formazione del Regno d'Italia.
Il ramo dei Thaon si stabilisce nel nizzardo nel XV secolo e da lì in Piemonte.

 

FORZA AUSTRIA … FORZA FPÖ

IL CANDIDATO PREMIER AUSTRIACO STRACHE:
"PERCHÉ L’EUROPA CI VUOLE RENDERE SCHIAVI"
Domenica prossima in Austria si vota.
Elezioni politiche in cui, per la prima volta nella storia, l’FPÖ, letteralmente il partito della libertà, nei fatti il partito della destra nazionalista, che l’anno scorso al primo turno delle presidenziali ottenne il 35% dei consensi, mancando l’elezione del presidente al ballottaggio per soli 31mila voti, ha ottime chance di risultare il partito di maggioranza relativa.
Nel 2016 fu il voto di Vienna a costargli la presidenza, mentre nel resto del Paese, il suo candidato, Norbert Hofer, prevalse ovunque.
Quelli dell’FPÖ, per semplificare, sono gli eredi di Haider, il governatore della Carinzia che a inizio secolo fu il primo ad attaccare con forza l’Europa delle banche e dei burocrati e a parlare di muri contro gli immigrati, ricevendo in cambio da Bruxelles accuse di razzismo e perfino nazismo.
Non però da Papa Ratzinger, omaggiato da Haider con un albero di Natale che Benedetto XVI collocò in Piazza San Pietro.
Il governatore poi morì in un misterioso incidente automobilistico ma aveva già lasciato l’FPÖ sbattendo la porta perché non condivideva la nuova linea ultranazionalista.
A sottrarglielo, nel 2005, fu Heinz-Christian Strache, odontoiatra viennese, che da allora guida il partito.
In economia ha recuperato le istanze ultraliberali dei tempi pre Haider, sull’immigrazione ha perfino irrigidito la linea, quanto alle istanze nazionali, ha sposato il sovranismo abbandonando i localismi.
Risultato: in quattro anni ha raddoppiato i voti, in dieci li ha triplicati e tra una settimana potrebbe essere il primo presidente del Consiglio di estrema destra dell’Europa al di qua dell’ex cortina di ferro.
La parabola di Strache ricorda in parte quella dell’attuale leader della Lega, Matteo Salvini, del quale l’austriaco è pressoché coetaneo e con il quale nel 2014, prima delle elezioni Europee, ha siglato un’intesa tra euroscettici.
Entrambi vengono dalla metropoli e hanno politicamente ucciso il padre, prima soffiandogli il potere, poi portando il proprio partito a risultati mai raggiunti.
Entrambi fanno della lotta agli immigrati, del sovranismo, dell’euroscetticismo e dell’abbassamento delle tasse i loro cavalli di battaglia.
Entrambi si sono guadagnati un bollino di ignominia dalla sinistra ma non se ne preoccupano.
Entrambi puntano alla premiership e sono pronti a governare con il centrodestra moderato.
Con il suo braccio destro, Harald Vilimsky, segretario generale dell’FPÖ, Strache ha acconsentito a un’intervista pre-elettorale con Libero.
Cosa pensa l’FPÖ dell’Europa?
Strache: «La nostra concezione d’Europa è un’alleanza basata sull’autodeterminazione dei popoli, nella tradizione culturale occidentale.
Solo un Paese sovrano può preservare la propria indipendenza e libertà.
L’obiettivo della Ue dev’essere la creazione di una comunità geograficamente, mentalmente e culturalmente omogenea che si impegna a conservare i valori occidentali, nel rispetto della propria identità tradizionale».
Nella crisi catalana sostenete Madrid o Barcellona?
S: «Siamo per la democrazia diretta.
Quanto accaduto in Catalogna è vergognoso.
La violenza delle autorità nei confronti dei propri cittadini è inaccettabile.
La sovranità nazionale e l’ideale di un’Europa delle patrie sono sempre più minacciate dagli attuali sviluppi della Ue.
Noi sogniamo un’Unione che consenta una democrazia genuina e rispetti i cittadini maturi e liberi».
Se vincerete le elezioni avvierete un processo di addio alla Ue?
Vilimsky: «La maggioranza degli austriaci vuole restare nella Ue.
Noi lavoreremo per migliorarla.
Bruxelles dovrebbe concentrarsi su ciò che è veramente importante, ad esempio la protezione delle frontiere esterne e la stabilizzazione della moneta».
Come intendete migliorare l’Unione?
V: «Siamo in ottimi contatti con i Paesi del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia).
Vogliamo fare leva su questi per riformare la Ue, rivalutare il ruolo degli Stati nazionali, il recuperare le tradizioni europee e difendere i confini del Continente».
Quindi no all’uscita dall’euro?
V: «La soluzione ideale sarebbe avere due euro, uno per il Nord Europa, l’altro per il Sud, in modo che entrambe le aree economiche abbiano più spazio di manovra».
Pensate che la Brexit si farà?
V: «Il 52% degli inglesi ha deciso di andarsene dalla Ue.
È stato un voto democratico e va rispettato. Il divorzio deve essere realizzato in modo equo, professionale e amichevole.
Sarebbe un errore fatale alterare l’esito del voto con trucchi politici».
L’economia è il punto qualificante della vostra campagna elettorale?
S: «Gioca senza dubbio un ruolo molto rilevante.
Ci battiamo per avere tagli significativi alle tasse per i cittadini austriaci.
Il nostro motto è: “Gli austriaci meritano correttezza”.
Ma per noi sono soprattutto importanti il rispetto della democrazia diretta, in ogni istituzione, e lo stop all’immigrazione di massa e senza ostacoli alla quale abbiamo assistito negli ultimi anni.
Il flusso di migranti verso l’Europa dev’essere interrotto immediatamente».