ATTUALITA

2022.04.12 – «NATA NEL LUGANSK E DA 20 ANNI A VERONA, MI FA MALE L’IPOCRISIA SULLA GUERRA IN UCRAINA»

tratto da un articolo di VERONASERA segnalatoci.

Col timore che l’articolo possa essere cancellato lo pubblichiamo; l’orginale lo trovi qui

Mi chiamo Polina e sono una ragazza nata in provincia di Lugansk, vivo da 20 anni a Verona.
Ho pensato di inviare questa lettera perché i fatti che accadono oggi in Ucraina e Donbass mi toccano profondamente. Ho amici e parenti che lavorano in quella zona, combattono e non ho mai smesso di andare a visitarli, eccetto negli ultimi due anni.
Lì ho vissuto, ho frequentato la scuola. Conosco quel territorio e penso che l’informazione per essere giusta debba provenire da fonti diverse e non solo da un unico canale europeo
».
Un altro punto di vista su una guerra che ha scosso l’Europa, e non solo, a partire dalla fine febbraio. Polina è una trentenne che da tempo vive nella provincia scaligera ma, come lei stessa ha detto, è nata in una delle zone dove si è acceso il conflitto odierno. Proprio la situazione del Donbass infatti era al centro dell’offensiva lanciata dal Cremlino, insieme alla possibile entrata dell’Ucraina nella NATO, ritenuta da Putin un pericolo per la Russia, il quale si è spinto ora fino alle porte di Kiev, capitale della nazione presieduta da Zelenski.

«Non pretendo in alcun modo alla assoluta ragione o unica conferma dei fatti, ma chiedo solo di valutare che dall’altra parte vi è un’altra verità, di cui la rete mediatica nazionale non parla», spiega Polina nella sua missiva inviata alla nostra redazione e prosegue: «La guerra in Donbass prosegue da 8 anni e fino ad oggi contiamo più di 15.000 civili morti. Da 8 anni Donbass è bombardato dalle autorità di Kiev e alterna le notti tra la camera da letto e scantinati. Ciò che oggi vediamo nei media, che ci riempie di immagini di dolore al fine di urtare la sensibilità dell’opinione pubblica e creare un unico nemico dell’Europa, in realtà non succede da qualche giorno, ma si svolge da 8 anni proprio nel Donbass, a cura del governo di Kiev e nel totale silenzio stampa occidentale.
Ci parlano dell’Ucraina come uno Stato sovrano, della nazionalità ucraina come un’identità di un unico popolo, ma per chi ci vive e ci ha vissuto non è assolutamente così e ci sono le ragioni per dire ciò.
L’Ucraina è una Paese diviso in due, ovest ucraino ed est russo e le radici di questa divisione sono molto profonde. Una breve riassunto dei fatti storici:

  • Ucraina dell’ovest fu parte dell’impero Asburgico, mentre l’est, parte dell’impero Russo.
  • Durante la Rivoluzione russa la zona del Bacino del fiume Don si sollevò al controllo zarista e nel febbraio 1918 costituí la Repubblica Sovietica del Donec-Kivoj Rog che venne annessa dai bolscevichi alla Repubblica Sovietica Ucraina.

Vivendo all’interno di un unico Stato URSS (e voglio chiamarla Stato perchè era questa la percezione contrariamente a quello che oggi potrebbe essere una Unione di Stati, quale è l’UE) che faceva capo a Mosca, le fratture segnate dalla storia precedente, quella degli imperi vennero cancellate. O meglio, non furono evidenti in quanto tutte le Repubbliche facevano capo a un unico centro il Partito Comunista di Mosca.
Con la dissoluzione dell’Urss, a partire dal 1991 quello che oggi chiamiamo Ucraina ha intrapreso la sua strada attuando una serie di politiche volte all’artificiale “ucrainizzazione” del Paese che hanno portato alla Rivoluzione arancione del 2004 dove l’oppositore Jushenko (sostenuto soprattutto nella sponda ovest) contestò i risultati delle presidenziali nei confronti del Presidente Kuchma e Yanukovich, preferenze espresse soprattutto nell’est del Paese
».

Un contesto complicato quello descritto da Polina, che col tempo avrebbe visto le divisioni interne alla nazione accentuarsi sempre più: «Col passare degli anni andava delineandosi una sempre maggiore spaccatura tra la popolazione dell’Ucraina occidentale interessata ad un avvicinamento con l’Unione Europea, e l’Ucraina orientale, composta da popolazione russa.
La situazione si fece evidente anche nelle elezioni presidenziale del 2010, dove le popolazioni occidentali votarono l’europeista Julia Timoshenko, e le popolazioni orientali votarono per Viktor Janukovic, che prevalse.
Nell’Ucraina occidentale quindi si diffonde una narrazione fortemente nazionalista e identitaria, che porta ad un ulteriore inasprimento fra le due parti del paese ed evidenzia la contrapposizione tra cattolicesimo e ortodossia, la lingua Ucraina e la lingua russa.
Proprio qui nell’ovest vengono riabilitati i battaglioni Pravyi Sektor, Azov, e altri a forte stampo nazista dichiarato esplicitamente, vi sono diverse foto pubblicate con svastiche, il sole nero e altri simboli del periodo più buio della nostra storia.
Non per niente proprio in queste zone durante la seconda guerra mondiale vi erano collaborazionisti della Germania nazista che facevano capo a Stepan Bandera. Lo riportava anche un articolo di La Stampa nel 2014.
La situazione esplose nelle proteste dell’Euromaidan nel 2014, con il conseguente colpo di Stato che destituì Janukovic, costretto alla fuga, e vide l’instaurarsi di un governo nazionalista, fortemente anti russo, a guida di Petro Poroshenko.
Da questo momento furono emanati una serie di atti ufficiali che portano a una forzata ucrainizzazione attraverso:

  • Il divieto dell’uso della lingua russa nelle scuole (quando l’est del paese la scuola era solo russa con lo studio dell’ucraino come seconda lingua “straniera” insieme all’inglese).
  • Tutti i documenti pubblici dovevano essere redatti e compilati in Ucraino, cosa che comportó ulteriori difficoltà per la popolazione russofona, per esempio mia nonna per poter compilare moduli per ottenere un documento dalle amministrazioni locali, da un giorno all’altro si ritrovò a non poterlo più fare, ma c’era sempre qualche carina segretaria che si offriva a compilare il documento in Ucraino al posto suo a pagamento.
  • L’insegnamento della lingua russa venne vietato su tutto il territorio.
  • Venne vietata la libera professione della religione cristiana ortodossa legata al patriarcato di Mosca.
  • Le autonomie concesse dai governi precedenti vennero tutte revocate.

Iniziarono a diffondersi episodi di grande violenza nei confronti dei russi, il più celebre la strage di Odessa del 2.05.2014. Città di lingua e cultura russa, dove tra i 50 e i 150 russi vennero bruciati vivi nella Casa del Sindacato. Le immagini di questo crimine sono atroci. Ma nessun criminale fino ad oggi venne punito».

Da lì, secondo Polina, inizierebbe la guerra che noi vediamo oggi dopo l’invasione russa: «Coloro che nei telegiornali vengono chiamati “separatisti” o ancor peggio “ribelli” e “terroristi” sono i miei genitori, sono i miei amici. La loro colpa è essere russi e russofoni ed aver opposto resistenza ad un governo illegittimo fortemente russofobo che per diversi anni ha voluto cancellare l’identità russa delle popolazioni dell’est obbligandoli a sentirsi ciò che non sono, sradicare la loro origine e obbligarli a riconoscere una storia che loro non appartiene, vedere in Stepan Bandera il loro eroe. (Nel 2010, il presidente “arancione” Viktor Juščenko conferì la medaglia di eroe dell’Ucraina alla memoria di Bandera. Vi è un video della primavera del 2014 dove il nuovo presidente Poroshenko instauratosi in seguito al golpe dichiara esplicitamente che “noi” avremo lavoro e “loro” no, “noi” avremo le pensioni e “loro” no, i “nostri” figli andrano all’asilo e scuole i “loro” si rifugeranno negli scantinati. È una dichiarazione di odio, divisione e esplicita russofobia, nonchè minaccia)».

La trentenne dunque s’interroga sulle diverse reazioni avute dal mondo, ma anche sul lavoro svolto dalla diplomazia negli ultimi anni: «Mi chiedo oggi, perché questi fatti sembrano così sconosciuti in Italia? Per quale motivo una popolazione che oggi rappresenta un buon 20% se non di più dell’Ucraina si è vista privata dei loro diritti e la loro identità in un totale silenzio europeo?
In tutti questi anni l’Unione Europea insieme agli Stati Uniti ha finanziato questo odio e violenze mandando miliardi di dollari e tonnellate di armi in silenzio. Pensavo che lo scopo primario fosse la Pace, almeno è quello che voleva Schuman quandò nel 1950 pronunciò le seguenti parole: “Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace.”
Nessuno ha visto, o ha fatto finta di non vedere il genocidio, l’odio e le descriminazioni che stavano perpetrando una parte dell’Ucraina.
Mi fa male l’ipocrisia che vedo in questi giorni. Manifestazioni di pace per l’Ucraina, certo tutti vogliamo la pace. Ma perchè nessuno la chiedeva per Donbass? O sono forse persone di seconda categoria? Sono stati descritti come terroristi, ossia quelli violenti che devono essere eliminati per assicurare “la nostra pace”, “la nostra Europa”. Lì sono morte persone, anche lì dormivano nei scantinati ma non da 5 giorni ma per ben 8 lunghi anni. Per difendere la propria identità.
Stessa situazione, impatto mediatico diverso.
La guerra va sempre condannata ma a quanto pare si preferisce condannare azioni belliche avviate da Paesi che non siano alleati degli Stati Uniti.
Tant’è che oggi l’Europa della Pace e dei diritti aumenta le tensioni e l’escalation con il rischio di scatenare un conflitto internazionale mandando altri armi e sostegni alla guerra. Ma siamo sicuri di volere la pace?
Penso che dovremmo tutti fare una riflessione, oggi, sul perchè di questo silenzio e fallimento della diplomazia.
Il mondo è cambiato e non possiamo pensare che in un mondo interconnesso come quello attuale, una politica di escalation possa favorire l’Occidente e punire quello che consideriamo nemico.
Questa politica di odio, sanzioni e tentativi di emarginazione di un Paese deve essere fermata per il rispetto nei confronti di tutte le vittime del Donbass e Odessa, discriminati, morti in silenzio.
In conclusione, ritengo che se veramente vogliamo la pace, dobbiamo fare tutti un passo indietro. Capire i motivi del fallimento della diplomazia, assumere le nostre colpe e lavorare alla pace e non alla guerra, come accade negli ultimi giorni
».

2022.04.05 – LA FALSA NOTIZIA SUI CIVILI UCCISI A BUCHA IN UCRAINA …

NON CREDETE AI MEDIA ITALIANI.

 

2022.02.26 – SIETE DEI FALSI E FALSA E’ LA VOSTRA INFORMAZIONE
Siete ancora qui a sparare a zero sulla Russia, che manda i propri uomini e i propri mezzi a difendere dal genocidio i Popoli del Dombass, che democraticamente hanno scelto di essere liberi e sovrani, autodeterminati com’è loro diritto, con valore jus cogens del diritto internazionale … continua

 

2022.02.26 – UCRAINA: LA NARRAZIONE RIDICOLA E FUMETTISTICA DEI MEDIA OCCIDENTALI … continua

 

UCRAINA. LA VERITÀ CHE NON CI PIACE (O NON CI FANNO) SENTIRE … continua


basta credere alle menzogne di questi  mass media, aprite gli occhi, e pensate alla povera gente che ci rimette sempre in prima persona…

 

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E’ SPAVENTOSO! BIOLAB IN UCRAINA – MINISTRO DELLA DIFESA DELLA FEDERAZIONE RUSSA

Non ascoltate quello che si dice in occidente, in Europa e in italia.
Tutto è mistificato e comprenderete un’altr verità.

BioLAb in Ucraina – ministro della difesa della Federazione Russa

BRIEFING DEL MINISTERO DELLA DIFESA RUSSO … DETTAGLI SUI LABORATORI PER LA PROLIFERAZIONE DI ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA!
CONDIVIDIAMO AL MASSIMO, TUTTI DEVONO SAPERE LA VERITA’!!!

L’America è finanziatrice di queste atrocità, la verità non può essere nascosta per sempre. Ora vediamo cosa farà il fallito Biden, dovrà rispondere al mondo di questo crimine. In America tutti stanno apprendendo questa realtà, i media non riusciranno a nascondere a lungo la verità.

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L’ARRESTO DI UN NOTA MILITANTE NEO-NAZI DELL’AZOV (UCRAINA), NOME IN CODICE “LA PESTE”

Non ascoltate quello che si dice in occidente, in Europa e in italia.
Tutto è mistificato e comprenderete un’altr verità.

L’arresto di Julia Paevskaja, nota militante neo-nazi dell’Azov, nome in codice “La Peste”.
l video dell’arresto di una donna, membro del battaglione AZOV, nome di battaglia “La Peste”.
Cercava di fuggire, portando con sè due bambini, ai quali ha ucciso i genitori

Fonte: canale telegram donbass

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2022.03.31 – LA STRAGE DI ODESSA DIVENTA UN INCENDIO CASUALE: WIKIPEDIA RISCRIVE LA STORIA

LA STRAGE DI ODESSA DIVENTA UN INCENDIO CASUALE_ WIKIPEDIA RISCRIVE LA STORIA

Ai tempi di Wikipedia riscrivere la storia a proprio piacimento è semplicissimo. È sufficiente entrare a fare parte dell’élite degli utenti autorizzati e si possono modificare eventi storici acclarati secondo i propri gusti personali.

Da “massacro” a “incendio casuale”

È quello che è successo alla pagina Wikipedia dedicata al rogo di Odessa, un evento che risale al 2 maggio 2014 e strettamente collegato all’attuale conflitto tra Russia e Ucraina. Bene fino a circa un mese fa Wikipedia forniva una precisa versione dei fatti. Il rogo di Odessa veniva infatti definito come un massacro presso la Casa dei sindacati in Ucraina ad opera di estremisti di destra, neonazisti e nazionalisti filo occidentali ucraini ai danni dei manifestanti sostenitori del precedente governo filo russo.

È bastato un mese, inframmezzato dall’inizio delle ostilità tra Russia e Ucraina insieme ad un allineamento della stampa occidentale su posizioni anti russe, per far riscrivere la pagina Wikipedia sulla strage di Odessa. Ora la versione fornita dall’enciclopedia della Wikimedia Foundation è completamente diversa.

Adesso il rogo di Odessa non è più un massacro, ma un semplice incendio verificatosi presso la Casa dei sindacati a seguito di violenti scontri armati tra le fazioni di militanti filo russi e di sostenitori del nuovo corso politico ucraino che ha portato alla morte di 42 persone.

La nuova versione di Wikipedia in contrasto con le fonti ufficiali

Insomma secondo il nuovo corso dell’enciclopedia online sembra che l’incendio scoppiato alla casa dei sindacati di Odessa sia stato un evento casuale, scaturito non si sa bene per quale fenomeno: un po’ di vento? Un improvviso processo di autocombustione? O un fulmine che casualmente ha colpito proprio la casa dei sindacati?

Lascia stupefatti poi l’incredibile piroetta che Wikipedia compie nel descrivere i gruppi ucraini coinvolti negli scontri di Odessa. Da estremisti e neonazisti sono infatti diventati degli innocui sostenitori del nuovo corso politico ucraino. Una versione dei fatti decisamente in contrasto con quanto emerge da tutti i rapporti ufficiali sulla vicenda, compreso il report dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU.

Secondo questo documento tra i gruppi ucraini c’erano diversi esponenti del partito politico Pravyj Sektorche è anche un gruppo paramilitare dichiaratamente neonazista. Non solo. Secondo le ricostruzioni ufficiali i militanti filo russi, numericamente inferiori, si sono rifugiati all’interno della casa dei sindacati di Odessa e sono stati poi circondati dai gruppi ucraini. Sempre secondo le ricostruzioni, dai gruppi ucraini sono partiti diversi colpi di pistola contro l’edificio, nonché un fitto lancio di molotov.

Solo un ristretto gruppo può modificare la pagina

Le indagini non hanno ancora portato ad accertare la responsabilità dell’incendio al 100%, tuttavia non si può negare che un gruppo di filonazisti abbia preso d’assalto un palazzo con molotov e pistolettate, creando quindi tutti i presupposti per la morte di quelle 42 persone. Insomma una versione dei fatti evidentemente occultata dall’enciclopedia del web.

Ora la pagina Wikipedia dedicata al rogo di Odessa risulta bloccata, questo significa che le modifiche possono essere fatte solo dalla stretta cerchia di rollbacker, di utenti convalidati e autoverificati. Si tratta di un ristretto gruppo di persone, spesso nascoste dietro l’anonimato e generalmente scelte dagli amministratori. Ecco come la storia può essere oggi facilmente manipolata da una fondazione con sede a San Francisco.

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Grazie!
Claudio Messora

UCRAINA. LA VERITÀ CHE NON CI PIACE (O NON CI FANNO) SENTIRE

Dario Rivolta.

di Dario Rivolta * –

Non avrei voluto continuare a scrivere di Ucraina né parlare ancora di questa guerra che non piace a nessuno. I morti, le distruzioni, la miseria e i drammi che implica sono un colpo al cuore per tutti. Tuttavia, il vergognoso servilismo della stampa dominante e l’ipocrisia di chi si dispera solo per i morti di una parte e non dell’altra, non consentono alla mia coscienza di analista di politica internazionale e di osservatore critico della realtà di tacere in merito alle falsità che continuano ad essere diffuse. La propaganda è sempre stata in ogni guerra uno degli strumenti usati per attirare il consenso verso se stessi e cercare di nullificare quello dei “nemici”. Non ci sarebbe quindi da stupirsi che anche questa volta ognuno vi ricorra. Ciò che mi fa specie è che vastissimi settori della nostra società, i nostri politici di ogni partito, il nostro attuale governo siano tutti diventati attori protagonisti di una tragedia che recitano come fosse una farsa.
Capisco chi sinceramente piange nel vedere le immagini di famiglie in fuga e di bambini impauriti e a volte uccisi da bombe, di cui nemmeno capiscono perché e da dove vengano. Non comprendo però perché non abbiano mostrato la stessa sensibilità quando, sotto bombe molto simili e altrettante distruzioni, ciò avveniva in un’altra regione della stessa Ucraina: il Donbass.
Una possibile spiegazione forse esiste: le immagini della guerra di oggi sono profuse a iosa da tutte le televisioni, i discorsi dei politicanti anti-Russia sono continuamente ripetuti in tutti i telegiornali e sembrano tutti concordare tra loro. Del Donbass non si parlava o lo si descriveva solo come una inspiegabile ribellione di alcuni fanatici. Come accettare che possa esistere un diverso punto di vista se chi volesse esprimerlo viene preventivamente censurato o messo alla berlina da chi gestisce il monopolio della verità?
C’è sempre un po’ di pigrizia in ciascuno di noi nell’andare a cercare documenti passati ed è molto più comodo accettare ciò che viene proposto al momento. Se poi il racconto che si sente o si legge sembra convincente e tutti lo ripetono tale e quale, perché mettersi contro la vulgata generale se farla propria è così comodo? Vorrei allora aiutare questi cuori sensibili invitandoli a guardare anche questo video, girate nel 2015 da una giornalista francese nel Donbass. È impossibile che l’abbiate già visto perché, guarda caso, è stato censurato appena fu proposto poiché non rientrava nella narrativa che faceva comodo a chi detiene il vero potere. È in lingua francese, ma le immagini parlano da sole e comunque per noi italiani capire la parlata dei “cugini” non è così difficile.

Se volete veramente vederlo è meglio che vi affrettiate perché temo che, vedendolo scaricato da un po’ di persone, “qualcuno” lo elimini anche da YouTube.
Naturalmente è più facile, e sembra naturale, affermare che la Russia sia un prepotente aggressore guidata da un autocrate, forse pazzo, che sta cercando di ricomporre con la forza l’impero che fu sovietico e che, come prossimo obiettivo, guarderà ai Paesi Baltici, alla Polonia e magari anche oltre. Peccato che questa narrativa sia totalmente falsa e solo frutto di quella propaganda cui accennavo poco sopra.
La verità, verificabile da chiunque si prenda la briga di scorrere gli avvenimenti degli ultimi vent’anni o di guardare le mappe dell’Europa e i confini della NATO come erano negli anni novanta e come sono oggi, è che nessuno può nascondersi cosa sia veramente accaduto in questi anni e il perché di ciò che accade oggi.
Nessuno vuole o può nascondere i morti civili in tutto il territorio ucraino da che le truppe russe vi sono entrate. Le immagini di palazzi sventrati e di persone di ogni età che si rifugiano negli scantinati sono vere (esattamente lo stesso di quanto accadeva nel Donbass sotto il tiro delle artiglierie dell’esercito ufficiale ucraino) ed è terribile e scandaloso che ciò succeda a pochi chilometri da casa nostra, nell’Europa che si pensa civilizzata. Ma rendersi conto del perché stia succedendo non è superfluo o poco importante.
Il conflitto Russia-Ucraina è stato coltivato da anni, ma non per l’appetito di un feroce Putin che voleva sentirsi il nuovo zar, bensì perché gli Stati Uniti e i loro “amici” polacchi hanno continuato a usare l’Ucraina come parte del loro strategico disegno di annientare la Russia o di renderla un vassallo dei propri interessi politici ed economici.
Questa guerra poteva essere certamente evitata. Bastava concordare che l’Ucraina restasse neutrale e indipendente come lo fu l’Austria dal dopoguerra. Perché si voleva a tutti i costi che entrasse a far parte della NATO? A chi servirebbe? E per fare cosa? Se lo domandino tutti i pacifisti di oggi e trovino una risposta sincera!
La domanda che Mosca sta avanzando da più di vent’anni per le normali vie diplomatiche è di non avere basi NATO sulla porta di casa. Questa domanda noi occidentali abbiamo sempre fatto finta di non sentirla e, al contrario, abbiamo continuato a incoraggiare gli oligarchi e i politici ucraini convincendoli che si trattava di una questione di tempo. La NATO e la UE li stavano aspettando a braccia aperte. Nel frattempo, mandavamo quantità crescenti di armi, invitavamo i loro soldati a partecipare alle manovre militari congiunte con l’Alleanza e inondavamo quel Paese di soldi e di “consiglieri” civili e militari.
I veri criminali, i responsabili delle morti che dobbiamo vedere con raccapriccio siamo proprio noi, gli americani e gli europei. Ancora peggio: tutti abbiamo sempre saputo che, in caso di attacco russo (che volevamo credere “impossibile” nei fatti) l’esercito ucraino non sarebbe stato in grado di far fronte a quello russo, molto più forte. Tutti i nostri politici che hanno incontrato negli ultimi mesi i vertici di Kiev hanno continuato a rassicurarli, sapendo di mentire, che non li avremmo abbandonati. In realtà, nessuno in Europa o negli USA ha mai veramente pensato che la NATO avrebbe mandato, nemmeno all’occorrenza, proprie truppe. Farlo, lo sapevamo, avrebbe significato, come lo stesso Biden ha detto, l’inizio di una terza guerra mondiale e noi non lo volevamo.
Anche oggi tutti sappiamo che, prima o poi, il governo ucraino dovrà cedere e venire a patti con gli inviati di Putin. Perché allora continuare a mandare altre armi, glorificare la loro (inaspettata) resistenza, fingere di poter vincere pur essendo consci che ogni giorno di guerra in più significa altri bombardamenti e altre morti? La spiegazione sta nel fatto che, ancora una volta, da parte occidentale questa è una guerra per procura. A nessuno, a Washington e a Bruxelles, interessa la sorte degli ucraini: l’obbiettivo è Putin in persona.
Ogni giorno in più di guerra è un danno per il regime moscovita. Putin aveva sottovalutato la resistenza ucraina e pensava che in una settimana o poco più l’Ucraina sarebbe stata così sopraffatta da essere costretta a venire a patti. Il prolungamento della guerra sta spolpando, anche grazie alle sanzioni, le capacità economiche e militari della Russia ma è soprattutto l’impatto sull’opinione pubblica di quel Paese ciò cui gli americani puntano. La speranza è che le immagini cruente della guerra e il numero di morti tra i soldati russi inneschi nel popolo russo una crescente disapprovazione verso il loro presidente. Pochi giorni prima dell’invasione, il Levada Center (una società indipendente di sondaggi con sede a Mosca) aveva rilevato che una grande maggioranza di russi sosteneva il riconoscimento delle Repubbliche separatiste e incolpava l’Ucraina e la NATO per quel conflitto. Questi sentimenti hanno cominciato a cambiare dopo lo scoppio di questa guerra e la popolarità di Putin, al suo massimo dopo l’assimilazione della Crimea, ha iniziato una caduta sempre più visibile. Ecco, è questo il vero obiettivo degli USA: togliere di mezzo, attraverso uno sconvolgimento interno magari innescato da quegli oligarchi che sono particolarmente colpiti dalle sanzioni occidentali, un leader che è riuscito a riportare il suo Paese al livello di potenza internazionale, che ha ridato al suo popolo umiliato un senso di appartenenza e di orgoglio nazionale. In particolare, un leader (ecco la sua massima colpa) che ha saputo impedire che multinazionali straniere si impadronissero delle immense ricchezze naturali del suo Paese. Non è un democratico, si dice. Ed è certamente vero che reprime i suoi oppositori. Tuttavia ad ogni elezione (magari con risultati gonfiati ma sostanzialmente veri, come dimostrano tutti i sondaggi indipendenti) la maggior parte degli elettori lo ha riconfermato. Eppure, se teniamo così tanto alla democrazia come noi la intendiamo, come mai stringiamo a noi come cari alleati i Sauditi, Erdogan, e perfino l’ungherese Orban o il polacco Kaczynski? Forse perché loro sono più disponibili ad ascoltare i “suggerimenti” che arrivano da oltre-oceano?
Non mi meravigliano i giornalisti che chiudono volutamente gli occhi davanti alla realtà delle cose, devono pensare al proprio portafoglio o alla loro carriera. Quel che mi stupisce è il becero conformismo di tanta gente che nemmeno vuol veder un poco al di là dell’indottrinamento assillante che li circonda e non si accorge che le libertà di espressione che pensavamo acquisite una volta per sempre ci vengono ridotte ogni giorno di più. Prima con l’emergenza Covid, ora con quella ucraina.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.

Tratto da qui

DIVIETO DI USARE LA MINACCIA O LA FORZA CONTRO I MOVIMENTI DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Tanto per non sembrare superflui e ricordare all’italia quali sono i cuoi obblighi rispetto alla Legge.
Nel settore dell’uso della forza, l’affermazione del principio di autodeterminazione ha avuto una duplice conseguenza.
Da un lato,  esso ha ampliato la portata de divieto di cui all’art.2 pag. 4, della Carta delle Nazioni Unite, proibendo agli Stati di ricorerre alla minaccia, o all’uso della forza contro il Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Dall’altra parte, i Movimenti di Liberazione in lotta per l’autodeterminazione hanno il diritto di ricorrere alla forza per reagire contro lo Stato che impedisce con la forza l’esercizio del diritto di autodeterminazione.
Anche allo stato italiano è fatto divieto, quindi proibito, di ricorrere all’uso della forza contro i Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
L’art.2 pag. 4 della Carta delle Nazioni Unite precisa altresì che gli stati, quindi compreso quello italiano, non può ricorrere neppure alla minaccia, ovvero all’intimidazione contro i Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Per intimidazione e minaccia deve intendersi anche la provocazione, quale sfida o istigazione da parte dello stato occupante nei confronti dei Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Lo stato italiano sfida ogni giorno il Popolo Veneto e calpesta deliberatamente i suoi diritti previsti per legge.
La sua è una sfida intenzionale.
L’intimidazione è destinata a trascinarci tutti in un forzato confronto con le sue istituzioni che agiscono illegalmente sui nostri territori.
Come quasi tutti i tiranni, anche lo stato italiano, ha necessità di “giustificare” il proprio operato ma, essendo una “falsa democrazia”, lo deve fare con il pretesto dell’ordine pubblico o magari anche del terrorismo.
Il Popolo Veneto va quindi piegato dalla paura, dal timore di una aggressiva, folle e illegittima reazione da parte dello stato occupante.
Per lo stato italiano il Popolo Veneto non esiste (come se bastasse una sentenza della loro corte costituzionale a cancellare ciò che siamo).
Questa è una incontrovertibile offesa ed è nostro diritto che lo stato italiano si scusi con il Popolo Veneto per tanta arrogante e oltraggiosa insolenza.
Ma perché tanta imprudenza?
Ci hanno abituati che ad ogni azione corrisponde una reazione.
Ciò nonostante, per ogni dispotismo il presupposto di ogni repressione è fondato sul principio che non può esserci confronto se non ci sono gli “sfidanti”.
Il sistema è sempre lo stesso.
Lo stato dominante ha bisogno di trascinare il “confronto” (che tale non è) sul piano della forza perché è quello a cui sono abituati, dove si sentono più forti e possono pretestuosamente “sopprimere” gli avversari e calpestare i loro ideali.
Ma se i nemici non ci sono come potrebbe giustificare tanta veemenza?
Ricordate il caso “Polisia Veneta”???
Ecco un tangibile esempio di tale strategia.
Pur sapendo di mentire, polizia e magistratura, con la complicità di taluni italianissimi mezzi di informazione mediatica, hanno presentato questo Movimento di Liberazione Nazionale come un accozzaglia di sprovveduti, di malviventi, armati e pronti alla guerra.
Una indegna, impunita e ipocrita commedia.
Ma si sa che lo stato italiano è fondato sulla frode fin dal suo inizio ed è abituato a sopprimere con violenza chi vi si oppone … è una ineluttabile dinamica perché nell’esercizio di una forza sono sempre coinvolti due rivali.
E’ in questa dualità che si confrontano il bene e il male, il giusto e il malavitoso, la democrazia e la tirannia.
Questo è il percorso del MLNV, che scioglie i nodi con il sistema e non accetta compromessi o “allettanti scorciatoie”.
Non sono solo i soldi a nuocere, ma anche l’ambizione del potere.
Il ripristino di una Nazione è spesso giocata sul tavolo di avvoltoi e imbonitori, con interessi inimmaginabili.
Un Popolo, rimane spesso il protagonista assente del proprio destino.
WSM
Venetia, giovedì 1 novembre 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.

2022.02.16 – PISA, ARMI AL POSTO DI AIUTI UMANITARI … PORTUALI BLOCCANO IL VOLO PER L’UCRAINA

Pisa, armi al posto di aiuti umanitari: gli aeroportuali bloccano volo per l’Ucraina.

Nelle scorse ore è emerso che dal Cargo Village sito presso l’aeroporto civile di Pisa sarebbe dovuto partire un volo contenente casse di armi, munizioni ed esplosivi,

in contrasto con lo scopo stesso del viaggio, data la sua natura umanitaria. Infatti, il volo avrebbe dovuto fornire cibo, medicinali, e altri prodotti utili alla popolazione ucraina, in difficoltà a causa dei combattimenti delle ultime settimane.

Ai lavoratori dell’aeroporto “Galileo Galilei” di Pisa era stato chiesto di caricare degli aiuti umanitari destinati all’Ucraina.

Quando si sono ritrovati però di fronte a casse contenenti materiale bellico hanno deciso di non eseguire l’ordine.

L’Unione Sindacale di Base (USB) è stata tra i primi a raccogliere le testimonianze dei lavoratori e a segnalare l’accaduto, manifestando in un comunicato la propria volontà di denunciare “con forza questa vera e propria falsificazione, che usa cinicamente la copertura umanitaria per continuare ad alimentare la guerra in Ucraina“.

tratto da: “CLICCA QUI

2022.03.08 – DISCRIMINAZIONE PATITA DA UN PROF. UNIVERSITARIO

Riceviamo e pubblichiamo

Gentili Socie/Soci, Avvocati, Medici, Simpatizzanti,

per conoscere la violenza acefala di questo governo del male, trasmettiamo la “Comunicazione” limpida e dettagliata del Prof. Marco Mamone Capria, docente di matematica all’Università degli Studi di Perugia, (studioso di storia e filosofia della scienza e presidente della “Fondazione Hans Ruesch per una medicina senza violenza”), colpito dalla covid-dittatura in quanto non ha ceduto al ricatto del dogma vaccinale, anzi ha esplorato e pubblicato l’ampia problematica del danno vaccinale.
E’ stato votato con la fiducia il decreto dell’infamia che ha istituito l’obbligo vaccinale illegale e illegittimo per chi ha più di 50 anni e chiusure di ogni servizio, negozi, uffici postali, banche…
Dobbiamo liberarci da questo governo illegittimo e infame che perseguita la parte sana e intelligente del paese e in particolare gli esponenti della conoscenza obiettiva.

Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi
e la Morte a Cuore Battente
www.antipredazione.org

——– Messaggio Inoltrato ——–

Mittente: mamone@dmi.unipg.it
Oggetto: Comunicazione

Cari amici, collaboratori e “compagni di strada”,

   come diversi di voi – compresi visitatori del sito che non avevo mai
sentito prima – hanno prontamente notato, l’indirizzo del sito Scienza e
Democrazia/Science and Democracy non è più attivo da alcuni giorni. La
spiegazione è quella che potete immaginarvi, ma merita che ci spenda
qualche parola.

L'atmosfera dell'università è diventata in questi due anni sempre più
asfissiante, con l'introduzione di una serie di regole e vincoli
burocratici come non si erano mai visti prima. In particolare
quest'anno, per la prima volta in vent'anni di esistenza del sito (la
norma ai applica ad ogni sito di membro dell'università di Perugia, ma ce
ne sono pochi, e per ampiezza e durata il mio era unico), avrei dovuto
chiedere
al mio Consiglio di Dipartimento di approvare la continuazione del sito,
spiegando le ragioni per cui ritengo che le sue finalità erano in armonia
con quelle dell’università. Già che questo andasse esplicitato fa capire
in che stato si trovi oggi l’università italiana.

Ora, può anche darsi che con una serie di contatti personali diretti avrei
potuto ottenere una votazione favorevole, ma sarebbe stata comunque
un'autorizzazione vigilata – il contrario di ciò che il sito era stato da
sempre e il contrario dello spirito dell'università come essa è stata nei
suoi momenti migliori. Inoltre, devo dire che i miei cosiddetti colleghi
hanno dato prova in questo biennio di un conformismo e appiattimento alle
follie governative così impermeabile a ogni argomento che ottenere una
loro approvazione mi avrebbe procurato una crisi di identità.

Pertanto ho scelto di spostare il sito, tale e quale, come "canale" del
sito della Fondazione Hans Ruesch per una Medicina senza Vivisezione, di
cui sono presidente da un quindicennio. Penso che i visitatori del sito
guadagnino a scoprire materiale collegato e affine (compresi diversi miei
articoli che non avevo ripubblicato su Scienza e Democrazia).

In pratica al posto dell'indirizzo

http://www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem

adesso l'indirizzo è

http://www.hansruesch.net/sci-dem

e ogni link a un articolo del vecchio sito passa da:

http://www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem/ [+++]

a

http://www.hansruesch.net/sci-dem/[+++]

che ha anche il pregio di essere più semplice e più breve.

I due siti hanno sempre avuto molto in comune (oltre alla segnalazione
reciproca), e non è un caso che la problematica del danno vaccinale sia
stata esplorata in convegni di Scienza e Democrazia nel 2003, 2005, 2008 e
2011.

All’ultimo di questi convegni intervenne il dottor Dario Miedico,
recentemente radiato con una “sentenza” dell’Ordine dei medici che resterà
una eterna macchia per l’intera professione, e che era stato relatore
(insieme ad altri studiosi e attivisti che sono diventati meglio noti al
pubblico nel biennio successivo) al convegno “Il punto sui vaccini – verso
le elezioni europee” che con la Fondazione avevo organizzato nel 2019.

Aggiungo che uno studioso statunitense che oggi è meritatamente noto a
livello internazionale per i suoi articoli sulla trasparenza dei dati e i
conflitti di interesse nella ricerca medica – sto parlando di Peter Doshi
– fece una delle sue prime apparizioni pubbliche al convegno di Scienza e
Democrazia a Napoli nel 2005. In quell’occasione presentò un ottimo
intervento sulla questione delle statistiche dell’influenza, poi apparso
anche, in forma abbreviata, sul British Medical Journal (oggi BMJ) di cui
è adesso un caporedattore. È da allora, per inciso, che ho cominciato a
occuparmi sistematicamente della questione, ed ecco come mai quando si è
cominciato a parlare di covid-19 non sono affatto stato colto di sorpresa,
e ho sentito il dovere di intervenire in varie sedi contro l’abuso della
credulità popolare e la sua strumentalizzazione a fini autoritari che ha
soffocato l’intera vita civile, in Italia e altrove -- ma in Italia più
che altrove -- negli ultimi due anni.

È chiaro che una certa consapevolezza della reale natura della presunta
“pandemia” si è diffusa, ma non starei a scrivere questa lettera se
avessimo già vinto la battaglia delle idee a livello di opinione pubblica
e di pubblica amministrazione.

Una testimonianza personale. In data 16 febbraio la mia amministrazione
(università di Perugia) mi ha comunicato «l'immediata sospensione dal
diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari
e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di
sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o
emolumento, comunque denominati».

In pratica, per «inadempimento dell’obbligo vaccinale» (nel mio caso
*totalmente irrilevante dal punto di vista sanitario*, non dovendo io
accedere per nessuna parte del mio lavoro alle strutture universitarie),
mi tagliano lo stipendio, per di più assumendo assurdamente che qualcosa
che la Costituzione riconosce esplicitamente come diritto-dovere – quello
al lavoro, appunto – *possa essere sospeso*: di fatto un cittadino
italiano, rimanendo tale, non potrebbe rinunciarvi nemmeno se lo volesse!

L'inevitabile domanda è: è possibile che un errore così fondamentale dal
punto di vista del diritto costituzionale e dello statuto dei lavoratori
possa essere commesso a fini repressivi dalla pubblica amministrazione, e
non certo solo quella della mia università?

La risposta, oggi, è: purtroppo sì, è possibile, anche se spero che chi
l’ha commesso e continua a commetterlo – consapevolmente e per complicità
con governi illegittimi che emanano da due anni norme palesemente
incostituzionali – ne debba pagare le conseguenze in un giorno non tanto
lontano. Di sicuro il diversivo della questione ucraina non aiuterà a far
risvegliare una cittadinanza per la maggior parte inebetita e abulica.

Devo aggiungere una precisazione. Sono perfettamente consapevole che mi
sarebbe bastato sottopormi a un po’ di tamponi per risultare prima
“malato” e poi “guarito” dal covid-19, ed evitare quindi, almeno per
alcuni mesi, il provvedimento da cui sono stato colpito. Conosco parecchie
persone che hanno fatto del loro meglio -- per così dire -- per risultare
“positivi” e poi “negativizzarsi”, eludendo quindi per qualche mese la
vaccinazione e la sospensione dello stipendio.

Non critico questo modo di guadagnare tempo (e non impoverirsi)
nell’attesa di tempi migliori, e in molti casi individuali penso che sia
stata una scelta doverosa o quasi.

Per quanto riguarda il mio caso, però, dato ciò che penso e ho argomentato
in dettaglio a proposito della fragilità scientifica dei tamponi, mi
sarebbe sembrato come presentare un certificato astrologico su una
congiunzione planetaria favorevole al mio tema natale – e questo per poter
vedere riconosciuto economicamente un lavoro che è mio diritto-dovere
svolgere, che  *continuo a svolgere*, e che nessuno potrà sospendermi
finché avrò voglia e possibilità materiale di svolgerlo.

Ha detto un moralista francese del XVII secolo che l’ipocrisia è l’omaggio
che il vizio rende alla virtù. L’Italia oggi sta morendo anche di
ipocrisia, e penso che, in generale ma soprattutto tra i lavoratori della
conoscenza,  chi può permetterselo, e fintanto che può, dovrebbe evitare
di contribuirvi.

                      Con i migliori saluti,

                                      Marco Mamone Capria


***
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2022.03.08 – FESTA DELLA DONNA … MA VA!

Quest’anno non ho auguri da fare per la festa della donna, ovvero non ho voglia di fare gli auguri a tutte le donne in quanto tali.
L’amara esperienza vissuta mi porta a reprimere questo sentimento più per alcune donne della mia ex famiglia di orgine, che ancora non si sono rese conto di quale male mi hanno fatto credendosi paladine di giustizia e di aver agito nel giusto.
Rimangano convinte della loro insipienza ma hanno spento in me ogni rigurigito di perdono.
… omissis …
Sergio

2022.03.07 – NEL DOMBASS IN OTTO ANNI 14 MILA MORTI…CHI PROTESTAVA?

La Russia “è certamente interessata a garantire che i negoziati con Kiev siano efficaci”, ma non può sottolineare quanto sia stato “scioccante” vedere che la decisione di inviare armi letali all’Ucraina sia stata presa mentre iniziava il primo round di trattative. In un’intervista all’Adnkronos, l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, spiega quali sono le linee rosse per Mosca nel negoziato e denuncia l’invio di armi da parte dell’Occidente, armi che saranno usate “per uccidere i militari russi”.
“Le trattative sono iniziate. La nostra posizione, come delineata dal presidente Vladimir V. Putin, è la seguente – ricorda Razov – Status neutrale e non nucleare dell’Ucraina, sua smilitarizzazione e denazificazione, riconoscimento dell’appartenenza alla Russia della Crimea e sovranità delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Abbiamo ripetutamente e ragionevolmente spiegato ciascuna di queste posizioni. Siamo certamente interessati a garantire che i negoziati siano efficaci”.
All’ambasciatore russo “pare” però “scioccante, in questo contesto, che la decisione di fornire armi letali all’Ucraina sia stata presa proprio nel momento in cui le delegazioni russa e ucraina erano sedute al tavolo del primo round di negoziati a Gomel. Di fatto quelle armi saranno usate per uccidere i militari russi, il che, sarete d’accordo, aggiunge ulteriori complicazioni alle relazioni tra Stati”.

La posizione di Sergey Razov, ambasciatore russo a Roma

“Inoltre – accusa Razov – è difficile prevedere in quali mani finiranno queste armi e contro chi potranno essere utilizzate.
Come sapete, decine di migliaia di armi leggere sono già state distribuite alla popolazione civile, compresi elementi criminali ucraini rilasciati dal carcere, che potrebbero svolgere un ruolo in Ucraina e in altre zone di conflitto”.
“La Russia respinge categoricamente le accuse di crimini di guerra”.
Lo dice in un’intervista all’Adnkronos l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, commentando l’avvio di un’inchiesta preliminare da parte della Corte penale internazionale dell’Aja sui crimini di guerra che sarebbero stati commessi dalle forze russe in Ucraina.
“Per inciso, né la Russia né l’Ucraina sono membri del tribunale penale internazionale dell’Aja – premette l’ambasciatore – Richiamo l’attenzione sul fatto che negli ultimi otto anni, durante i quali nel Donbass sono state uccise 14.000 persone, compresi i civili, nessuna delle 5.588 denunce presentate dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani alla Corte europea per i diritti umani è stata accolta.
Il doppiopesismo e il pregiudizio sono evidenti”.

Tratto da qui

2022.03.06 – IL GRANDE DITTATORE – IL DISCORSO DI CHARLIE CHAPLIN

Il testo completo del Discorso all’Umanità pronunciato da Charlie Chaplin nel finale del film Il Grande Dittatore del 1940.


«Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore.
Non voglio né governare né comandare nessuno.
Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi.
Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo.
Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro.
In questo mondo c’è posto per tutti.
La natura è ricca e sufficiente per tutti noi.
La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato.
L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le cose più abiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi.
La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi.
Pensiamo troppo e sentiamo poco.
Più che macchine ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza.
Senza queste qualità la vita è vuota e violenta e tutto è perduto.
L’aviazione e la radio hanno avvicinato la gente, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale.
L’unione dell’umanità.
Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone.
Milioni di uomini, donne, bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di segregare, umiliare e torturare gente innocente.
A coloro che ci odiano io dico: non disperate!
Perché l’avidità che ci comanda è soltanto un male passeggero, come la pochezza di uomini che temono le meraviglie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come vivere!
Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie!
Voi vi consegnate a questa gente senza un’anima!
Uomini macchine con macchine al posto del cervello e del cuore.
Ma voi non siete macchine!
Voi non siete bestie!
Siete uomini!
Voi portate l’amore dell’umanità nel cuore.
Voi non odiate.
Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui.
Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà!
Ricordate che nel Vangelo di Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell’Uomo».
Non di un solo uomo, ma nel cuore di tutti gli uomini.
Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, il progresso e la felicità.
Voi, il popolo, avete la forza di fare si che la vita sia bella e libera.
Voi che potete fare di questa vita una splendida avventura.
Soldati, in nome della democrazia, uniamo queste forze.
Uniamoci tutti!
Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza.
Promettendovi queste cose degli uomini sono andati al potere.
Mentivano!
Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno.
E non ne daranno conto a nessuno.
Forse i dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo.
Combattiamo per mantenere quelle promesse.
Per abbattere i confini e le barriere.
Combattiamo per eliminare l’avidità e l’odio.
Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere.
Soldati!
Nel nome della democrazia siate tutti uniti!»

qUESTO è Il testo completo del Discorso all’Umanità pronunciato da Charlie Chaplin nel finale del film Il Grande Dittatore del 1940.
tratto da qui

2022.02.26 – SIETE DEI FALSI E FALSA E’ LA VOSTRA INFORMAZIONE

Dimostrate di essere sempre dei falsi, ecco perchè non ci si può fidare di voi governanti italiani.
Ma da che pulpito arriva la predica del capo del governo italiano e del presidente della repubblica italiana.
Vi rifate al diritto internazionale solo quando vi fa comodo e vi lavate la bocca con le vostre menzogne.
Occupate da poco più di cento cinquant’anni la nostra Patria, che non è l’italia ma la Serenissima Repubblica di Venezia, ancor aoggi esistente.
Il Popolo Veneto esiste e non come dice la vostra corte costituzionale, che non esiste più perchè avrebbe scelto di diventare popolo italiano.
Siete ben a conoscenza della falsità del referendum truffa architettato per giustificare l’occupazione della nostra Patria.
E’ il popolo italiano che non esiste perchè esiste lo stato italiano, ma non la nazione italiana.
Siete ancora qui a sparare a zero sulla Russia, che manda i propri uomini e i propri mezzi a difendere dal genocidio i Popoli del Dombass, che democraticamente hanno scelto di essere liberi e sovrani, autodeterminati com’è loro diritto, con valore jus cogens del diritto internazionale.
Cari (anche per quanto costate a tutti noi) capo dello stato italiano e caro capo del govenro italiano, così come tutti voi politicanti italiani, di ogni ordine e grado, fareste meglio a stare zitti e imparare un pò di rispetto per quei valori dettai dalla Carta delle Nazioni Unite e dai Diritti Umani.
Anche la Nazione Veneta, che non ha niente da spartire con questa vostra italia, esiste ancora oggi, ma la vostra italia, la occupa illegalmente e illecitamente, con la forza e l’occupazione militare … cosa volete insegnare ad altri i valori che voi stessi caplestate.
Parlate di unità nazionale solo quando vi fa comodo e fino ad ora avete sottomesso i Popoli liberi e sovrani della Nazioni esistenti sulla pensiola italica.
Ricordate … anche l’impero romano è caduto, proprio perchè era un impero che sottometteva altri Popoli … chiamatela oggi pure democrazia all’occidentale, ma è un’oligarchia vera e propria, non siamo in democrazia ma in partitocrazia.
Noi non vogliamo avere nulla a che fare con voi e con la vostra europa.
Sappiatelo.
WSM

Venetia, 26 febbraio 2022
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

 

2022.02.22 – MA DA CHE PULPITO ARRIVA LA PREDICA … E’ INACCETTABILE LA VIOLAZIONE DI SOVRANITA’ ANCHE DEI TERRITORI DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

Ucraina, Draghi condanna la Russia con fermezza. “Inaccettabile violazione di sovranità”

Il premier italiano approva l’applicazione delle sanzioni, “ma quando efficaci”.
E continua a privilegiare la via del dialogo.
Il Parlamento scalpita

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante la cerimonia di giuramento del nuovo presidente del Consiglio di Stato, Franco Frattini, Roma, 22 febbraio 2022.  ANSA / Filippo Attili - Ufficio stampa Palazzo Chigi  +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante la cerimonia dei giudici

PER APPROFONDIRE:

  • ARTICOLO: Ucraina, Draghi vola da Putin per fargli incontrare Zielinsky. Usa: “Invasione imminente”
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  • ARTICOLO: Ucraina, cosa succede ora: Ue alza la voce, ma sulle sanzioni è divisa

Roma – «Voglio esprimere la mia più ferma condanna per la decisione del governo russo di riconoscere i due territori separatisti del Donbass. Si tratta di un’inaccettabile violazione della sovranità democratica e dell’integrità territoriale dell’Ucraina». Così il presidente del Consiglio Mario Draghi commenta gli ultimi sviluppi della crisi ucraina.

 «Sono in costante contatto con gli alleati per trovare una soluzione pacifica alla crisi ed evitare una guerra nel cuore dell’Europa – aggiunge il premier – La via del dialogo resta essenziale ma stiamo già definendo nell’ambito dell’Ue misure e sanzioni nei confronti della Russia».

Intanto, Putin avrebbe assicurato che la Russia proseguirà le forniture di gas ai mercati globali, mentre si attende nel pomeriggio il Consiglio Affari esteri europeo che dovrà decidere in merito alle sanzioni.