17 AGOSTO 1571 – IL MARTIRIO DI MARCANTONIO BRAGADIN.

Tratto da un post di facebook

15 AGOSTO 1571. IL MARTIRIO DI MARCANTONIO BRAGADIN.
NESSUNA NAZIONE E NESSUN POPOLO HA MAI AVUTO EROI DI QUESTO VALORE
post di Antonella Todesco
ONORE AGLI EROI…
Nel 1537 Francesco I di Francia tratta positivamente con i Turchi un triste contratto che gli permette di colpire Carlo V per via di terra. Venezia ricusa la iniqua alleanza e non viene risparmiata dagli Ottomani.
Essi iniziano con l’ attacco di Corfù che viene difesa come posizione chiave, ma vengono perdute Sciro, Patmos, Egina, Stampallia e Paros, oltre agli attacchi continui a Napoli di Romania e di Morea.
Venezia stringe allora una lega con il Papa e Carlo V ma le direttive sono diverse e gli alleati sospettosi l’uno dell’altro; si arriva così all’infausta battaglia della Prevesa: la flotta cristiana, comandata dal genovese Andrea Doria si ritira vigliaccamente (o per probabile combutta con il turco) di fronte alla flotta ottomana di Kareddim detto Barbarossa.
Venezia, abbandonata dagli alleati deve cedere ad una pace con gli Ottomani nel 1540 per non subire danni ulteriori.
Vengono perdute Napoli di Malvasia e di Romania, le isole dell’Egeo e alcune piazzeforti in Dalmazia.
Non passa molto tempo che i Turchi accampano chiaramente pretese su Cipro con un ultimatum che viene respinto, mentre Pio V indice una Lega Santa veneto-spagnola-pontificia.
Ma la flotta partita per difendere Cipro si perde in contrasti e si scioglie prima di aver raggiunto alcun risultato.
Cipro viene così lasciata alla sua sorte.
Nicosia cade e poco dopo capitola anche Famagosta retta dal Provveditore veneziano Marcantonio Bragadin.
Il primo agosto 1571 una tregua fa tacere i cannoneggiamenti.
Il plenipotenziario del generale turco Lala Mustafa presenta il documento della capitolazione nel quale si prometteva e giurava su Dio di mantenere ciò che era contenuto nei capitoli.
I capitoli prevedono: passaggio salvo e sicuro dei superstiti fino a Sitía, nell’isola di Creta; imbarco garantito e indisturbato delle truppe italiane a tocco di tamburo, con insegne spiegate, artiglieria, armi, bagagli, mogli e figli; libera partenza per i ciprioti che vogliono seguire i veneziani e nessuna molestia agli italiani che desiderano restare a Famagosta.
Il due agosto iniziano le operazioni d’imbarco.
Il 5 è tutto già sistemato.
Marcantonio Bragadin manda a chiedere a Mustafa quando desideri avere le chiavi della città.
Sono le norme del galateo militare del tempo, e Mustafa mostra di volersi uniformare.
Risponde che è a sua disposizione, che lo vedrà con piacere “atto il gran valore et previdenza che aveva mostrato” e che sarebbe lietissimo di conoscere anche “li capitani che nella fortezza hanno mostrato tanta bravura”.
Bragadin, con Astorre Baglioni e altri comandanti, si presenta alla tenda di Lala Mustafa; questi li accoglie cordialmente, ma quando il provveditore veneziano gli consegna le chiavi dicendo:” Vi consegno le chiavi non per mia viltà ma per necessità” il turco cambia atteggiamento e accusa i veneziani di aver fatto decapitare alcuni schiavi turchi.
Il Bragadin nega e dice che può verificare la veridicità delle sue parole.
È chiaro che Mustafa cerca solo scuse per litigare.
Investe il Bragadin con una raffica di domande, gli chiede dove sono le munizioni, le vettovaglie e alla risposta del provveditore che dichiara che non è rimasto più nulla esplode la sua rabbia: “Ah cane!
Perché tenermi la città se non havevi di che mantenerla?
Perché non ti sei arreso subito invece di farmi perdere così tanti uomini?”
Ordina ai suoi di legare i visitatori e con un coltello taglia un orecchio al Bragadin e fa mozzare l’altro da un soldato, ordina quindi l’eccidio di tutti coloro che sono venuti con lui, fa tagliare la testa ad Astorre Baglioni e la mostra alle truppe che irrompono nella città trucidando tutti gli italiani, violentando le donne cipriote e ammucchiando teste davanti alla sua tenda.
Bragadin vive ancora ma per lui il peggio deve ancora venire.
Otto giorni dopo Mustafa si reca da lui e gli propone di farsi mussulmano in cambio della vita ma il veneziano risponde rinfacciandogli il tradimento della parola data.
Il 15 agosto viene celebrato il suo martirio.
È sofferente, le ferite alla testa si sono infettate ma, per divertire la truppa viene fatto passare avanti e indietro, di truppa in truppa, carico di grosse gerle di terra e di sassi.
Poi “strassinandolo più morto che vivo” lo appendono ad una antenna di galea e dopo un’ora in questo stato viene calato giù, nudo.
Legato ad una colonna viene scorticato vivo alla presenza di Lala Mustafa.
Le sue membra, squartare vengono distribuite tra i vari reparti dell’esercito turco, la pelle riempita di paglia e cucita, viene vestita con i suoi abiti e quei poveri resti, issati sul dorso di un bue, vengono fatti passeggiare per tutta Famagosta.
La sua pelle, assieme alle teste di Astorre Baglioni, del generale Martinengo e del castellano Andrea Bragadin viene poi portata in giro e mostrata dovunque sul litorale asiatico, prima di finire a Costantinopoli, da dove, trafugata, giungerà a Venezia per una degna sepoltura, dapprima nella Chiesa di San Gregorio e poi ai Santi Giovanni e Paolo, dove ancora si trova.
Da: “Venezia nel tempo” R. Andreoli
“La Repubblica del Leone” Alvise Zorzi
In foto: ritratto di Marcantonio Bragadin eseguito da Gualtiero Scarpini Flangini per il suo libro “Polidoro, l’uomo che rubò la reliquia di M.Bragadin”