CORAGGIOSISSIMA SARA CUNIAL ALLA CAMERA LI MANDA TUTTI A STENDERE TRA LE URLA DEI NUOVI FARISEI
—
TRADIZIONI VENETE
LA CANAPA AL FESTIVAL CUCINA VENETA 2019
MI SO VENETO!
CENA CAO DE ANO 2014
Il giorno 1° Marzo 2014, l'MLNV, ha partecipato alla cena organizzata dal 16° Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco, presso l'Osteria Al Cacciatore di Cornuda (TV), i presenti erano circa 170, tra gli invitati c'erano esponenti di partiti politici italiani quali Alessio Morosin di Indipendenza Veneta, Roberto Marcato della Lega Nord, rappresentanti della Liga Veneta Repubblica, nonchè Franco Rocchetta di Plebiscito 2013, Lucio Chiavegato del Movimento 9 Dicembre, Annamaria Deoni dell'Associazione Culturale Raixe Venete, inoltre il rappresentante istituzionale in ambito locale il vicesindaco di Cornuda, ed uno scrittore famoso profondo conoscitore della Cultura Veneta e del suo Popolo come Gianfranco Cavallin.
L'evento è stato gradito per la sua importanza storica data appunto la ricorrenza del Capodanno Veneto che secondo le antiche tradizioni viene festeggiato il 1° Marzo.
Verso le 20:40 il Reggimento ha fatto ingresso in sala al cospetto di tutti i presenti, con una serie dimostrazioni militari veneziane e di ordini impartiti dal Comandante Mattias Von Der Schulenburg, interpretato dal Sig. Luciano Dorella; a lui il merito e l'onore da parte nostra, di aver creato questa Associazione Storica che fa tornare in auge gli antichi Reggimenti della Serenissima Repubblica di Venezia.
La voce tuonante del Comandante, e gli ordini impartiti al suo reggimento, hanno fatto da cornice alle pietanze tipiche venete servite dalle cameriere dell'Osteria. L'atmosfera si è fatta ancora più intensa nel momento in cui è stato suonato l'Inno della Serenissima, che al tempo è stato composto dal nostro amatissimo e nostro conterraneo Antonio Vivaldi, uno degli orgogli del Popolo Veneto nel campo musicale come tanti altri hanno contraddistinto la Cultura quanto mai esemplare e maestosa che ha sempre accompagnato la storia della nostra Repubblica.
La serata è continuata tra una pietanza e l'altra con intermezzi storici, cori a San Marco da parte di tutta la sala con tutti i presenti, lacrime e gioia nel riassaporare questi momenti particolari.

Ma tornando alla cena, prima che il dessert fosse servito, il Signor Dorella, comandande del 16° Reggimento Treviso, ha voluto che ogni portavoce dei partiti politici presenti, movimenti e associazioni, andasse di fronte al pubblico della sala ed esponesse in pochi minuti il suo pensiero e le sue opinioni per far sì che l'unione di tutti i gruppi fosse fruttuosa e portasse a qualche risultato concreto….ovviamente il percorso del MLNV non può essere in sintonia con tali gruppi poichè si tratta di associazioni iscritte in ambito italiano.
FONDAZIONE FÒNDARSE CO SAN MARCO



WSM
Venetia, 06 Marzo 2014
Davide Giaretta
Vice Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
2013.10.31 – VENEZIA VITTIMA DELL’ITALIANIZZAZIONE FASCISTA DI TOLOMEI
Si sta compiendo in questi giorni l'ennesimo abuso ai danni del Popolo Veneto da parte dell'occupante italiano. Vittima ancora una volta è la nostra storica capitale, Venezia, la cui dignità è ogni giorno calpestata in modo sempre più evidente. A farne le spese questa volta i nizioleti, le pitture recanti i nomi delle calle e delle strade della città, particolare storico di Venezia. Pensando evidentemente di "farla franca", sotto gli occhi di un Popolo e dei Cittadini, ancora in gran parte assopiti nel sonno italiota che dura da quasi un secolo e mezzo, l'assessore italiano alla toponomastica, ha deliberato la modifica dei suddetti nizioleti, con diciture "italianizzate" in cui sono state inserite doppie, e sostituiti termini tipicamente veneti con altri dal retrogusto amaro dell'epoca fascista. Rio tera' diventa così "Rio terrà", in Parochia compaiono R e C dal nulla, si leggono castronerie come "Salizzada" o "Madonnetta", sparisce Calle del Fontego del Curame, sostituito da "della donzella". Colti in flagrante, i responsabili si difendono citando come fonte documenti del 1786, il Cattastico dei Sestieri, che riporterebbe queste diciture. Ovviamente, prendendo in esame una storia più che millenaria, gli amministratori italiani hanno ben pensato di prendere spunto dagli ultimi 10 anni di una Repubblica che aveva rappresentato un faro per il mondo, ed era travagliata da correnti interne, che senza l'intervento devastante di Napoleone, avrebbero portato a grandi trasformazioni, ma non certo all'annullamento del Popolo e della Cultura Veneta, come avvenne dall'occupazione italiana del 1866 in poi. Sproniamo quindi i Veneti e soprattutto i Veneziani ad opporsi fieramente a quest'ennesimo scempio e crimine contro il nostro Popolo e la nostra Capitale. Queste sono operazioni studiate a tavolino, servono per tastare il terreno, vogliono vedere se esistono ancora dei Veneti e dei Veneziani a cui importa qualcosa della propria storica Capitale, o se possono abusarne senza ritegno, come con i mostri del mare che entrano in laguna. Per questo non bisogna mollare la presa, non darsi per vinti. Dobbiamo dimostrare che il Popolo Veneto e la sua Storia sono sempre esistiti ed esistono ancora, non lasciamoci cancellare con un colpo di spugna, o una man de bianco come in questo caso!
WSM
Venetia, 25 ottobre 2013
Davide Giaretta
Provveditore Generale del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
2013.09.13 – L’ITALIA COPIA NAPOLEONE, GUERRA AI SIMBOLI DEL POPOLO
Napoleone, amichevolmente conosciuto come "l'infame" dai Veneti, per i crimini di guerra perpetrati durante l'occupazione della nostra Patria, a quanto pare ha degli estimatori eccellenti: gli italiani.
Il suo odio verso Venezia è leggendario, e a quanto pare ha contagiato gli occupanti attuali, che stanno via via rispolverando tutte le nefandezze del piccolo generale francese.
Dopo la vergognosa "riorganizzazione" del museo Correr in chiave "infame", ecco torna in auge forse uno dei peggiori atti di terrorismo mai compiuti: la distruzione sistematica dei simboli popolari, del Simbolo per eccellenza dei Veneti e di Venezia, il Sacro Leone di San Marco.
È notizia di questi giorni, la rimozione di un mosaico raffigurante il Leone in moéca della metà del '900, sovrastante un esercizio commerciale delle Mercerie dell'Orologio, probabilmente per fare spazio ad un'inutile, quanto profana insegna luminosa; un vergognoso atto di puro spregio, di cui i responsabili dovranno sicuramente rispondere a tempo debito. I simboli del Popolo Veneto, tra cui spicca il Leone di San Marco, sono infatti patrimonio di tutti i cittadini, e la loro rimozione non è in alcun modo accettabile.
L'azione non è stata nemmeno mitigata dal tentativo di conservare l'opera spostandola, il mosaico infatti è stato vergognosamente rimosso con trapano e scalpello.
Ulteriori indagini per definire le responsabilità dell'atto sono in corso.
Tratto da (CLICCA QUI)
Provveditore Generale del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
2013.09.05 – IL MOSTRIFICIO ITALICO HA FATTO UNA VITTIMA ILLUSTRE – DISTRUTTO PER SEMPRE IL GESSO DI CANOVA.
Distrutto per sempre il gesso di Canova, in una mostra inutile
Prima o poi doveva succedere: il mostrificio italico ha fatto una vittima illustre.
Il 2 agosto un bassorilievo in gesso di Antonio Canova è stato staccato dal muro dell’Accademia d’Arte di Perugia per essere spedito a soli 24 chilometri di distanza, a una trascurabile mostra di Assisi intitolata semplicemente “Canova”.
L’operazione, affidata alla ditta di trasporti Alessandro Maggi di Pietrasanta, è stata fatale: il gesso, cadendo, si è ridotto in mille pezzi.
E non c’è restauro che tenga.
L’opera era uno dei pochi esemplari noti dell’Uccisione di Priamo, episodio omerico che insieme ad altre famose scene della letteratura classica ispirarono a Canova una delle sue più celebri serie di bassorilievi.
Proprio come il bronzo, il gesso consente di moltiplicare gli originali, e in questi casi l’importanza dell’esemplare è legata alle circostanze della creazione: e quello di Perugia aveva tutte le carte in regola, perché era stato donato all’Accademia dagli eredi dello stesso Canova.
L’assicurazione dovrebbe ripagare 700.000 euro.
Magra consolazione: la nostra generazione ha distrutto qualcosa di unico e irripetibile, che non passeremo ai nostri figli.
DELITTO NEL DELITTO, su questo episodio clamoroso è scesa una coltre di silenzio: la notizia non è riuscita a evadere da scarne cronache locali, e i grandi giornali (che vivono anche del business delle mostre) si sono ben guardati dal raccontare il disastro perugino.
Né il sito dell’Accademia né quello del ministero per i Beni Culturali ne danno notizia.
L’unico che ha messo il dito nella piaga è lo storico dell’arte Francesco Federico Mancini, in una bella intervista al Corriere dell’Umbria.
Mancini chiarisce assai bene la costellazione strumentale e commerciale sotto la quale è nata la mostra che è all’origine di quella che definisce una “gravissima perdita per il nostro patrimonio” che suscita “sconcerto e indignazione”.
La mostra di Assisi è una specie di franchising della Gipsoteca Canoviana di Possagno, l’istituzione che raccoglie l’eredità dell’artista, e che oggi è stata trasformata in una fondazione, e dunque immancabilmente cannibalizzata dalla politica.
Il suo presidente, infatti, è il solito Giancarlo Galan, l’ex ministro pdl per i Beni Culturali il cui consigliere saccheggiò la Biblioteca dei Girolamini a Napoli.
Il rapporto culturale tra Galan e Canova è ben chiarito dalla scelta di far realizzare (nel novembre 2012) un catalogo di intimissimi nella Gipsoteca: una galleria fotografica in cui tombe papali, santi e eroi classici servono a vendere mutande e reggicalze.
Una scelta benedetta dall’allora sottosegretario ai Beni Culturali Roberto Cecchi (governo Monti), il quale dichiarò sottilmente che “economia e cultura sono un tutt’uno, non a caso siamo il Bel Paese”.
La mostra di Assisi è l’esatta attuazione di questa linea: non ha un progetto scientifico (anche se ha un comitato che vanta direttori generali Mibac e soprintendenti: i quali forse dovrebbero lasciarlo, visto il tragico epilogo), non ha una linea culturale.
È un’antologica da cassetta che sarebbe giustificata dal fatto che il fratello di Canova aveva possedimenti in Umbria: parole incredibili, ma vere, del direttore artistico culturale di Perugia- Assisi 2019, che è il carrozzone di una delle quasi venti candidature italiane a capitale della cultura europea nel 2019.
Un direttore (meraviglia nella meraviglia) che è il critico letterario Arnaldo Colasanti, noto ai più per aver condotto un’edizione di Uno Mattina Estate.
PROPRIO IL TANDEM europeo Perugia-Assisi è il motivo per cui la mostra di Canova (invece di svolgersi semmai all’Accademia di Perugia, dove avrebbe avuto più senso e più sicurezza) è stata programmata ad Assisi: dando la stura a un coro di esilaranti scempiaggini, come quella (avanzata dal direttore della sventurata Accademia perugina) sulle affinità armoniche tra le forme neoclassiche di Canova e i versi medioevali di San Francesco.
MA C’È POCO DA RIDERE: i cocci del rilievo di Canova ci ricordano che il mostrificio politico-commerciale in servizio permanente-effettivo non mette a rischio solo la funzione civile e culturale del patrimonio.
Ne minaccia la stessa sopravvivenza materiale.
Il Mibac diretto da Massimo Bray ha stoppato la terrificante mostra di Roma Barocca prevista a Pechino e annullato l’esibizione commerciale del San Giovannino di Michelangelo alla Galleria Borghese.
Ma è tutto il sistema a dover essere profondamente innovato.
E non è il caso di aspettare altri cocci.
Tratto da (CLICCA QUI)
2013.08.20 – RECOARO TERME E LA FESTA DELL’ACQUA
La Festa dell'Acqua a Recoaro Terme offre l'occasione per fare un tuffo nel passato per rivivere i fasti del termalismo di fine '800 nelle piazze, nei locali e per le strade.
Si può rivivere quell'atmosfera speciale, grazie ad un allestimento e ad un'animazione con personaggi in costume, concertini, operette, mercatini, degustazione di delizie dell'epoca e delle acque di Recoaro Terme.
La città di Recoaro Terme è indissolubilmente legata all'acqua: stazione termale dal tempo dei Romani e particolarmente in voga nell'Ottocento, oltre che sede di una fonte dal quale si ricava una delle migliori acque minerali nazionali.
In nome di questa sua storia sociale e naturale, ogni anno a Recoaro si tiene la Festa dell'Acqua: spettacoli di teatro e musica, iniziative varie per coinvolgere gli abitanti e i turisti, per celebrare Recoaro come stazione termale amata dalla borghesia dell'Ottocento, con persone in costume d'epoca, splendide carrozze trainate da cavalli e auto d'epoca che porteranno dalla piazza della città alle Fonti Centrali.
La giornata si svolge tra animazioni e intrattenimenti, spettacoli musicali e di teatro per i più piccoli con numerosi figuranti, espositori molto particolari, scelti per questa importante occasione e adatti ad un pubblico sia adulto che ai bambini.
2013.08.09 – MUSEO DELLA NAZIONE E DEL POPOLO VENETO.
Non comprendo l'accanimento se non dal punto di vista di un riconoscimento ufficiale del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto come unica alternativa, con intera la sua proposta, alla impossibilità di mantenere civiltà e cultura venete nell'ambito di uno stato italiano che si è fatto usurpatore di molte nazionalità.
Avevo preparato una riflessione circa le ricchezze d'Italia intitolandola "museo italia".
Credo che ora dovrò darmi da fare per invitare a farsi ricchi del "museo veneto".
Ecco la mia riflessione:
IL MUSEO ITALIA – note per una gestione politica del territorio
L'Italia è una ………. fondata sulla bellezza.
Sul vecchio muro di un paesino, a perenne memoria, stava una scritta: Qui nell'anno del Signore…. nevicò una gamba!
L'Italia non ha bisogno, in ogni suo angolo più remoto, di farsi pubblicità con memorie di un passato meteorologico tradotto per ambigue letture dei posteri.
L'articolazione geografica frutto di fantasia creativa delle ere geologiche differenzia il paesaggio prima che l'occhio si sia pienamente beato dello stralcio precedente.
Le stratificazioni umane dalla preistoria all'oggi hanno deposto loro uova d'oro in ogni spazio adatto a farle dischiudere.
Viaggiando da nord a sud e da est ad ovest non esiste tratto superiore ai venti chilometri che non faccia affiorare un elemento di bellezza innalzato da un antenato di qualsivoglia generazione.
Si percorrono territori immensi, uniformi, per visitare un castello nei deserti della Giordania, siti archeologici delle Americhe, Samarcande dopo ore di steppa, monasteri russi dopo boschi e boschi di betulle, eterne vie della seta per l'incontro con le città proibite, tutta un'Australia per un'altura esigua foracchiata dalla ricerca di opale…
Per la nostra Italia non bastano successioni di vite a cogliere a volo contenuto la bellezza disseminata dall'artista tempo e dal suo ospite umano.
Ci si accorge, viaggiando, che per troppo di ambienti e manufatti il paesaggio ormai soffoca e la testimonianza artistica è ugualmente lasciata tra i rovi.
Un tempo le politiche sussidiarie che inorgoglivano un comune, una marca, una contea o il piccolo villaggio curavano l'ambiente, gelosamente custodivano il bello, non permettevano invasioni a scapito del gusto, della sicurezza, della saggezza dei padri che lì e non altrove avevano edificato e rispettato quanto la natura di quando in quando ri-esigeva togliendo diritti all'usucapione umana.
All'insegna dell'Unità mazziniana, artatamente conformata all'arco alpino quale confine settentrionale e ai mari, abbiamo trascurato l'Alpe, ingolfate di fabbriche le pianure, tratteggiate di strutture di mercato le coste, abbrutiti i villaggi cresciuti negli ambienti adatti a loro, gonfiate le città del potere, abbattute culture e autonomie millenarie… e quando il centralismo più non paga lo si rafforza con privilegi… e quando l'uniformità della produzione diventa asmatica ci si sente d'improvviso poveri in un paese dove la ricchezza ammicca ad ogni angolo e di fra i rovi.
Spingo al Museo Italia, verso una ricchezza che tutto il pianeta deve godere coltivandone il custode in tutti i suoi bisogni.
L'Italia è ricchezza universale e non va goduta perché il custode crede di sopravvivere dedicando il suo tempo ad altri compiti.
L'Italia può offrire adeguato guadagno ad ogni suo abitante, come custode del Museo Italia, come campana di vetro che conservi tutto ciò che natura ed arte hanno seminato sullo stivale togliendo al degrado quanto soffocato o lasciato in rovina.
Per governare questa nostra terra ci sono alcuni passi da fare: riconoscimento internazionale di una terra patrimonio dell'umanità nella sua conformazione geografica e nella elaborazione artistica dei suoi abitanti lungo i millenni; conseguente impegno economico per la conservazione ambientale e artistica della medesima; affidamento agli abitanti l'Italia della custodia dell'aiuola compensandoli adeguatamente per il servizio svolto o da svolgere.
Conseguentemente e quasi contemporaneamente va riportato in essere il principio di sussidiarietà, vigente il quale il signor qualunque creò e coltivò un tempo il suo spazio vitale, lo correlò a quello dei vicini, innalzò con essi l'isola del villaggio e con i vari villaggi armonizzò una cultura che diede i tratti a varie civiltà strappate dalla foga dei risorgimenti nazionali, affamati di terre e di “anime”, da inglobare nell'ideologia di una potenza pronta e adeguata ai conflitti del ventesimo secolo ed oggi a quelli economici.
Ecco la mia utopia da offrire a un governo che non sa dove trovare ricchezza e come risolvere una conflittualità troppo a lungo alimentata da una posta in gioco abnorme che il centralismo sempre mostra ai concorrenti.
Cambio completamente il titolo e invito a tradurre il tutto in IL MUSEO DELLA NAZIONE E DEL POPOLO VENETO.
Mario Corato
2013.08.07 – GNOCCHI CON FIORETTA
La tradizione e la specificità dei gnocchi con la fioretta, ricetta prettamente Recoarese, viene celebrata con una festa dedicata, che si svolge nel mese di settembre in centro a Recoaro Terme,
"la Festa dei Gnocchi con la Fioreta".
Alla festa organizzata in collaborazione con "i malgari dei Ronchi" si possono degustare i tipici "gnocchi con la fioreta" nella ricetta originale, un piatto tipico che riassume il sapore della malga di montagna e dell'alpeggio.
La Festa dei Gnocchi con la Fioreta, con la sua ricetta semplice e povera ma gustosa, richiama a questa manifestazione dedicata migliaia di persone provenienti anche da fuori provincia, oltre agli ospiti della località termale.

1,5l di fioretta, 1kg di farina bianca, 300g di burro di malga, 300g di formaggio stagionato di malga, sale.
come fare:
in una ciotola ampia versate la fioretta e unite la farina, quindi impastate con un cucchiaio di legno fino ad ottenere un composto liscio ma discretamente compatto. Aiutandovi con un cucchiaio, prendete parte del composto e fatene dei piccoli gnocchi da tuffare nell'acqua bollente abbondantemente salata.
Quando riaffiorano lasciarli cuocere per altri tre, quattro minuti.
Nel frattempo mettete a scaldare in una padellina il burro lasciandolo fino a che s'è colorato di nocciola.
Pescate quindi gli gnocchi con delicatezza, disponeteli nel piatto, cospargeteli con abbondante formaggio grattugiato, conditeli con il burro fuso e servite.
A piacere possono essere aggiunte delle foglie di salvia per insaporire il burro oppure può essere grattugiata della ricotta affumicata.
Evitare di alterare la ricetta base con altri ingredienti (es. pancetta, speck, prosciutto, noce moscata, ecc.).
Ricordiamo che la ricetta è derivata da un’attenta e minuziosa ricerca delle tradizioni popolari del territorio di Recoaro Terme.
Con grande piacere ho avuto modo di constatare che ad apprezzare la ricetta dei gnocchi con la fioretta nello stesso posto c'è stato anche Dino da Sandrà – un Fenomeno de Costume (vedi qui)
2013.08.06 – RECOARO E LE SUE TERME

Recoaro Terme è un comune di 6.645 abitanti della provincia di Vicenza, situato nell'alta Valle dell'Agno, sul fondo di una conca a 445 metri sul livello del mare, ai
piedi delle Piccole Dolomiti.
La zona di Recoaro venne abitata nel corso del XIII secolo da dei coloni germanici: il primo documento ufficiale nomina la "villa" di Rovegliana risale al 1262.
La frazione fu inizialmente il centro principale della conca, data la posizione favorevole, esposta al sole, rialzata sulle colline, mentre il capoluogo, pur abitato, si sviluppò in seguito.
Nel XIV secolo la zona del vicentino fu sottoposta alle signorie prima degli Scaligeri e quindi dei Visconti, finché nel XV secolo non subentrò la Repubblica Veneta, che mantenne il proprio predominio fino al XVIII secolo.
Tracce della dominazione veneziana si possono trovare nel leone di San Marco, originariamente posto a Rovegliana e oggi conservato in municipio, e in tracce di disboscamento nella zona di Recoaro Mille.
Importante fatto nella storia di Recoaro fu la scoperta delle acque minerali nel 1689, ad opera del conte Lelio Piovene (da cui la sorgente prese il nome di Lelia).
Nel Settecento Recoaro conobbe un primo sviluppo a causa del termalismo, ma fu solo nell'Ottocento che il paese ebbe una vera e propria crescita legata allo sfruttamento curativo delle acque.
Nel frattempo, seguendo le sorti del Lombardo-Veneto, al crollo della Serenissima il territorio comunale era passato all'Impero Asburgico, sotto la cui giurisdizione rimase fino al 1866.
Nonostante lo sfruttamento delle acque termali e lo sviluppo turistico (con medie di 8-9000 visitatori all'anno nell'Ottocento e di 10-15.000 nei primi del Novecento), la maggioranza della popolazione viveva ancora di un'agricoltura di sussistenza, molto povera a causa dell'ambiente montano.
Solo lo sfruttamento commerciale dell'acqua minerale tramite lo stabilimento di imbottigliamento fra le due guerre mondiali pose le basi per uno sviluppo economico che ebbe il suo apice nel secondo dopoguerra.
Durante la seconda guerra mondiale Recoaro fu anche sede di un comando nazista, con occupazione da parte delle truppe tedesche di molti edifici, fra cui anche le Fonti, che vennero bombardate dagli Alleati nell'aprile 1945.
« Recoaro, come paesaggio, è una delle più belle esperienze; e questa sua bellezza io l'inseguita prodigandovi con zelo e fatica.
La bellezza della natura, come ogni altra bellezza, è gelosa, e vuole che si serva lei sola » – (Friedrich Nietzsche, dalla lettera a Peter Gast del 17 giugno 1881).
2013.06.10 – IL RAZZISMO E IL COLONIALISMO ITALIANO… RIMOSSI 14 SECOLI DI STORIA DAL MUSEO CORRER!
Il 5 giugno è stata presentata infatti dal consigliere M.Foggiato un’interrogazione per far luce su quella che sembra essere, di fatto, una vera e propria censura della memoria storica della Civiltà Veneta: da qualche anno a questa parte “il museo ha mutato conformazione, si sono accantonati i materiali prestigiosi di storia veneta, quelli che tutto il mondo venendo a Venezia vuole apprezzare e conoscere, al fine di valorizzare la conoscenza di ciascuno su questo mondo incantevole. Nel contempo venivano messi in primo piano ambientazioni tirate a nuovo, non di meno banali, che riproponevano il soggiorno di Napoleone, della principessa Sissi, di Francesco Giuseppe e dei Savoia”.
Ma andiamo per ordine. Fra i primi a sollevare il caso attorno a questa vicenda è stato il Presidente dell’Associazione “Europa Veneta”, Edoardo Rubini, che attraverso un comunicato stampa ha denunciato come fosse stata “maldestramente sconvolta l’esposizione dei pregiatissimi pezzi, frutto di preziosi lasciti e importantissime acquisizioni collezionate nel tempo, nel segno del recupero
Ecco come appariva Piazza San Marco in precedenza:
Il Comitato Francese per il recupero del Palazzo Reale veneziano dal 2000 – nell’ambito del Programma Unesco – Comitati privati internazionali per la salvaguardia di Venezia – ha proseguito i lavori sugli appartamenti di rappresentanza (2000-2004) e nelle altre sale di nuova acquisizione, affacciate sui giardini e sul Bacino. Alla fine di questa incredibile mutazione, il museo ha messo in primo piano l’ala già abitata da Napoleone, da Sissi a Francesco Giuseppe e dai Savoia”.
Quindi la visita del museo Correr, un tempo rivolta alle collezioni strettamente legate alla storia della Veneta Repubblica, come da volontà del suo fondatore Teodoro Correr (da La Gazzetta di Venezia, 26 febbraio 1830: “tutta la sua facoltà mobile, immobile, azioni, ragioni, crediti abbiano a servire di patrocinio a questa sua Pubblica istituzione, ch’egli pone a tutela della Città di Venezia”) è oggi dichiaratamente riservata alle occupazioni straniere post 1797.
Ora la parola passa alla politica veneta, che a breve dovrà interrogarsi su “quali iniziative si intendano intraprendere affinchè il Museo ritorni in linea con le volontà del fondatore Teodoro Correr e, in particolare, se e quando possano venire rimessi i pezzi storici al loro posto ed essere progettata nel contempo la loro nuova sistemazione in modo da conferirvi massime centralità e visibilità, con allestimenti esplicativi all’avanguardia, che consentano al visitatore di entrare nel vivo della Venezia del tempo”.
Un’interrogazione che dovremmo tutti fare nostra.
Davide Guiotto
2012.11.13 – IN SERBIA SI CANTA PER SAN MARCO
Essere veneziani non è mai stata una questione di sangue.
“Par ti, San Marco” è cantata in un veneto perfetto.
In “Par Ti, San Marco” si parla anche di maschere veneziane. Cosa ti ha affascinato di questo tema?
.
La prima strofa, in veneto, non parla però né di Venezia né di maschere, ma apre uno scorcio su una scena di vita familiare: un padre che riposa e una madre persa nei suoi pensieri.
.
.
Tommaso Stoppa
2012.07.22 – E GLI SLOVENI SI RISCOPRONO VENETI???
2012.05.20 – FESTA DELLE SENSA E IL BUCINTORO
2012.01.21 – SE BRUSA LA VECIA… (LA MARANTEGA ovvero MARE ANTINGA= MADRE ANTICA)
Non ci è dato di sapere se fin dai tempi remoti – com'è nell'attuale costume – nel falò si bruciasse la vècia/vecchia, che nella lingua veneta è chiamata Maràntega (mare antiga = madre antica), oppure Redodexa o nelle nostre isole Veròla.
Essa rappresenta Reitia – la dea della Terra a conclusione del ciclo delle stagioni – ormai vecchia; dopo esser stata ridotta in carbone e trasformata perciò in energia, rinascerà a primavera nuovamente bella, giovane, pronta a regalare i suoi doni.
L’usanza si è mantenuta anche nei campi di Venezia almeno fino alla fine della Serenissima.
La Vecia veniva processata per le malefatte dell’anno trascorso, al fine del quale, nonostante la difesa di un avvocato, era condannata ad essere segata in due ed infine bruciata.
Dal taglio uscivano dolci, frutta, confetti, fiori che venivano raccolti dai bambini e dai presenti.
Nel corso della festa erano allestiti banchetti con frittelle, vino ed altre leccornie, con giochi vari che rinnovavano, per un giorno, l’allegria carnevalesca.
Questa festa interrompeva i rigidi digiuni che allora venivano fatti durante la quaresima.
La "vecia" rappresenta tutte le miserie della stagione trascorsa (fame, disgrazie, malattie, ingiustizie), insomma il rifiuto di un passato negativo e l' augurio di un futuro promettente per la campagna e per la vita.
L’usanza è rimasta in vita fino ai giorni nostri a Malamocco (seconda sede del Dogato Veneto) e nelle campagne del triveneto.
Il falò serviva a bruciare con la Vecia anche i “cai” delle ultime potature dei vitigni per scongiurare le gelate di primavera e liberare i campi dalle sterpaglie, prima dei lavori della bella stagione.
2012.01.21 – PASTA E FASIOI COL MUSETTO (Cotechino)
2012.01.21 – CASTAGNOLE VENETE
•:*`*:•. CHI TA' CAGA' •:*`*:•.
Ingredienti 450 g farina 2 uova 100 g zucchero un cucchiaio zucchero vanigliato una bustina lievito per dolci sale ,un pizzico 50 g burro vino bianco secco zucchero vanigliato q.b. olio per friggere preparazione
Fate una pasta con la farina, le uova, lo zucchero, lo zucchero vanigliato, il lievito, il sale, ed il burro ammorbidito, aggiungendo vino bianco quanto basta per avere una pasta nè troppo dura nè troppo molle.
Lavoratela bene per circa 10 minuti, tagliatela poi a pezzetti che arrotolerete in modo da ottenere dei cilindretti grossi come il dito medio, ritagliandone poi dei pezzetti lunghi circa 2 cm. con cui formerete tante palline che friggerete in abbondante olio (devono galleggiare) ben caldo avendo cura di rigirarle continuamente.
Quando ben gonfie, scolatele su della carta assorbente e spolverizzatele con zucchero vanigliato.
A piacere possono essere spruzzate con rum.
Tratto da: clicca qui
2011.06.13 – I VENETI NEL MONDO
Nei primi 24 anni di emigrazione fuggirono 1.385.000 Veneti su 2.800.000 abitanti (il 50%). Dal 1876 al 1978 bel 4.439.840 di Veneti hanno lasciato la nostra terra con tanta voglia di fare, alla ricerca di fortuna e di speranza, due essenze di vita sempre più difficili da trovare qui anche attualmente.
Dal 1876 al 1880 la proporzione dell’esodo fu questa:
35 Veneti contro 1 Siciliano, 41 Veneti contro 1 Pugliese.
Dal 1881 al 1890:
12 Veneti contro 1 Siciliano, 25 Veneti contro 1 Pugliese, 125 Veneti contro 1 Umbro.
Dal 1891 al 1900:
18 Veneti contro 1 Pugliese, 25 Veneti contro 1 Laziale, 39 Veneti contro 1 Sardo.
Attualmente ci sono più di 10 milioni di Veneti in giro per il mondo, hanno mantenuto la nostra lingua (chiamata taljan[?]) e le nostre tradizioni. (dati tratti da “Gli ultimi Veneti” di G.Cavallin, Panda Edizioni)
La loro maggiore concentrazione è nel sud del Brasile, dove in un intero stato, Rio Grande do Sul, è in uso come lingua ufficiale il Veneto.
Testimonianza commovente è questo documento: un tuffo alla scoperta del nostro Popolo,