Non occorrono parole … un discorso che non fa una piega.
RUSSIA
PUTIN: NON SPETTA ALL’AMERICA O ALLA FRANCIA SCEGLIERE CHI DEVE GOVERNARE IN SIRIA
Il presidente russo Vladimir Putin ha respinto gli appelli dei leader Usa e francese alle dimissioni del presidente siriano Bashar al-Assad.
“Ho grande rispetto per i miei colleghi americano e francese, ma non sono cittadini siriani quindi non spetta a loro scegliere la leadership di un altro Paese” ha detto Putin stanotte dopo un faccia a faccia all’Onu con il presidente americano Barack Obama.
La figuraccia antidemocratica della Mogherini
“Tutti sono d’accordo sul fatto che se bisogna avviare un percorso politico in Siria c’è bisogno di tutti gli attori intorno al tavolo, cosi’ come tutti sono d’accordo sul fatto che è molto difficile se non impossibile immaginare un esito della transizione con il presidente Bashar al Assad al potere“.
Lo ha detto l’alto rappresentante degli Affari esteri dell’Ue, Federica Mogherini, parlando con i giornalisti all’Onu.
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Quanta ingerenza da parte di quest'europa.
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Tratto da (CLICCA QUI)
IN UCRAINA E SIRIA IL TEMPO HA DATO RAGIONE ALLA RUSSIA
Il tempo ha dimostrato che la Russia aveva valutato correttamente la situazione in Siria e il ruolo degli accordi di Minsk per stabilizzare il conflitto in Ucraina.
Ora l'Occidente deve riconoscere che i suoi metodi e proposte per risolvere le crisi non hanno avuto successo, ritiene l'ex ambasciatore del Regno Unito in Russia Tony Brenton.
L'imminente incontro tra i presidenti di USA e Russia Barack Obama e Vladimir Putin nell'ambito della 70esima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sarà molto speciale, i leader non si vedevano da 2 anni e mezzo a seguito del serio confronto tra Mosca e Washington in politica internazionale, ritiene l'ex ambasciatore della Gran Bretagna in Russia Tony Brenton.
L'incontro di lunedì indica un cambio di rotta radicale, nonostante gli Stati Uniti e la Russia abbiano già presentato l'evento in modo diverso.
"Come dice Putin, l'obiettivo principale della Russia è evitare il rafforzamento del fondamentalismo islamico, che rappresenta una minaccia interna diretta nel Caucaso e in altre regioni.
I russi hanno visto come abbia agito maldestramente l'Occidente, in particolare in Iraq e Libia.
Il sostegno occidentale all'opposizione moderata in Siria è un'illusione,"- scrive Tony Brenton.
La linea politica dell'Occidente si sta muovendo nella direzione in cui Putin vuole.
In questa situazione, "la scelta è tra qualcosa di brutto (il regime di Assad) e di brutto e pericoloso (ISIS)", per il presidente russo la risposta è ovvia.
Gli USA e il Regno Unito, dopo aver chiesto per diversi anni l'uscita di scena del presidente siriano Bashar Assad, ora stanno valutando la possibilità che rimanga temporaneamente al potere.
Per quanto riguarda l'Ucraina, è probabile che i negoziati seguiranno la ratio delle proposte avanzate dalla Russia.
Già nel febbraio di quest'anno gli Stati Uniti e il Regno Unito erano diffidenti sugli accordi di Minsk e li consideravano temporanei.
Come punto di riferimento della loro politica, Washington e Londra avevano posto la necessità di cambiare la posizione di Putin, tramite l'imposizione di sanzioni che avrebbero "costretto la Russia a cedere."
Tuttavia il piano non ha funzionato, nonostante l'economia russa in realtà stia attraversando un momento difficile e grazie al fatto che gli accordi di Minsk, nonostante tutte le violazioni, hanno fermato i combattimenti e sono ancora in vigore.
Allo stesso tempo le sanzioni non solo non hanno cambiato la posizione del presidente russo, ma in più hanno rafforzato ulteriormente la sua posizione agli occhi dei russi.
Pertanto l'obiettivo esplicito delle sanzioni si è trasformato nella garanzia che la Russia rispetti gli accordi di Minsk, ritiene Tony Brenton.
La crisi in Ucraina non è risolta e questo autunno dovremo aspettarci alcuni momenti delicati.
Tuttavia "i protagonisti dialogano piuttosto che sparare.
Non siamo ancora usciti dal tunnel, ma è probabile che ci stiamo avvicinando all'uscita", rileva l'ex ambasciatore.
GLI SPETSNAZ RUSSI ENTRANO IN AZIONE CONTRO L’ISIS
Ecco il meglio del meglio dell'elite guerriera russa
(Gianfrasket) – Come avevamo anticipato l'11 Settembre http://informare.over-blog.it/2015/09/siria-cosa-sta-per-succedere.html le Forze Speciali russe schierate da Putin in Siria sono entrate in azione. La presenza sul terreno di questi uomini è stata ormai confermata e i media russi non fanno altro che ribadire ciò che che l’Isis, a questo punto, dovrebbe temere di più: gli Spetsnaz.
I tagliagole ne hanno combinate di tutti i colori, convinti di essere protetti dal combinato disposto anglo-franco-americano da una parte e dal connubio israelo-saudita dall'altra, ma adesso sono chiamati a una pesante resa dei conti. Una resa dei conti che i loro protettori non potranno evitare, come il Primo Ministro israeliano si è sentito bruscamente dire da Putin durante la sua recente visita a Mosca…"le frontiere della Siria, sono le frontiere della Russia…"
Checchè ne pensino i buonisti di casa nostra, noi siamo in guerra contro lo Stato islamico. In guerra. E a poche migliaia di chilometri da qui si stanno compiendo delle barbarie inaudite in nome di interessi inconfessabili occidentali e sauditi, mascherati in loco da una perversa interpretazione della religione. Una perversa strategia del caos che sta riversando centinaia di migliaia di profughi in Europa Dopo mesi di oscene manfrine, di una guerra aerea dichiarata ma non attuata e di un rincorrersi di proclami, le potenze occidentali che credevano di essere padrone della situazione, si trovano invece ad assistere impotenti alla discesa dei russi sul campo di battaglia.
I nostri amici di nero vestiti non immaginano nemmeno il guaio che sta per piombare loro addosso: Spetsnaz, ovvero macchine da guerra addestrate a vincere o morire nel tentativo di portare a termine la missione. Le munizioni da guerra, durante l’intero addestramento, sono utilizzate fin da subito e gli incidenti, anche quelli mortali, sono considerati non solo accettabili ma inevitabili nel processo di selezione e formazione degli uomini.
Terminato l'addestramento, che per gli ufficiali dura quattro anni, gli Spetsnaz ricevono il simbolo del lupo: i lupi cacciano in branco, sconfiggendo prede anche molto più grandi di loro e causando il massimo danno possibile. Siamo ben consapevoli di ciò che sono in grado di fare le Forze Speciali occidentali. Ma per gli Spetsnaz, il discorso è diverso. Vanno oltre.
“Il terrore dei terroristi” titolano i giornali in Russia. Ed è proprio così perché per loro portare a termine la missione è più importante degli effetti collaterali. Tagliagole dell’Isis e di Al Nusra, foreign fighters e mercenari, stanno per affrontare qualcosa di mai visto in battaglia. Stiamo parlando di un distillato di ferocia associata ad asimmetria purissima, forse nel suo punto più alto e per certi versi più terrificante. E, spiace dirlo, contro simili tagliagole, non potevano essere schierati che uomini del genere. Uomini in grado di… Lo sa Putin, lo sanno i russi e lo sanno anche gli americani che potranno adesso constatare sul campo cosa realmente accadrà in un confronto tra Forze Speciali russe e occidentali. Tante volte ne avessero schierate a terra.
L'evoluzione della crisi siriana pareva ormai avviata verso un esito infausto per le persone dabbene. Il legittimo governo della Repubblica era sul punto di crollare nonostante l'eroismo dei suoi soldati. Non era infatti possibile competere con un nemico che rimpiazzava giornalmente le perdite in uomini e mezzi. Ed ecco che all'improvviso la Russia muove le sue pedine e sconvolge tutto lo scacchiere mediorientale. Putin non aveva bisogno di nessuna autorizzazione per dichiarare guerra allo Stato islamico e si è mosso fulmineamente. In Siria continua ad ammassare truppe. E’ padrone dell’aria, è protetto dal mare, dispone già di quattro basi fortificate e di altre disporrà a breve. Adesso, mentre la 810^ Brigata di Fanteria di marina punta su Aleppo, scatena le sue Forze Speciali in eliminazioni mirate e in un'opera di devastazione delle retrovie del califfato. Nei prossimi giorni, andrà sempre peggio per terroristi, mercenari e loro sciagurati sponsors.
Che il loro Dio possa avere pietà, perché gli Spetznaz non ne avranno.
PUTIN E LE MINACCIE DI MCCAIN
Durante un'intervista un giornalista chiede a Putin di commentare le minacce del senatore americano Jhon MCCAIN … "LEI POTREBBE SEGUIRE IL DESTINO DI MUHAMMAR GHEDDAFI".
Putin, rivolgendosi al giornalista: " … DEFINENDOLO UN AMICO (Jhon MCCAIN) AVETE UN TANTINO ESAGERATO…" e ha agigunto "… QUESTE DICHIARAZIONI NON SONO RIVOLTE A ME MA A TUTTA LA RUSSIA …".
NON ABBIAMO PAURA DELLA NATO.
L'espansionismo della Nato ai Russi appare come un blocco che li circonda generando anche una sensazione di soffocamento e questo non è accettabile.
Ma Putin risponde:
"SIAMO NOI CHE STRANGOLEREMO TUTTI QUANTI… PERCHE' SIETE COSI' PAUROSI ?"
"NON DOBBIAMO TEMERE NULLA MA DOBBIAMO VALUTARE LA SITUAZIONE IN MODO REALISTICO…
INTERVISTA A PUTIN – ASCOLTATE BENE … E CONDIVIDETE.
PUTIN spiega cosa è accaduto negli ultimi anni e dove si è arrivati
Ascoltate con attenzione, afte le vostre considerazioni e CONDIVIDETE!
Ascoltate con attenzione, afte le vostre considerazioni e CONDIVIDETE!
LA VERITA’ DI PUTIN SU ISIS, SULLA LIBIA E IL MEDIO ORIENTE.
Le agghiaccianti dichiarazioni del Presidente Vladimir Putin, sulla situazione in Medio Oriente sull'ISIS e sulla Libia e sulla politica ambiziosa imperiale degli Stati Uniti che sta avvelenando le menti di milioni di persone nel mondo.
GIULIETTO CHIESA – LA CRISI UCRAINA
LA CRISI IN UCRAINA IN 10 MINUTI … ???
PUTIN: AVETE LETTO COSA CHIEDE L’UE ALL’UCRAINA PER ADERIRE ?
PUTIN: CHI SI E’ PRESO IL DIRITTO DI UCCIDERE GHEDDAFI?
I “NEMICI” DELLA “RIVOLUZIONE” IN UCRAINA
DALLA PAGINA FACEBOOK DELLO SCRITTORE RUSSO NICOLAI LILIN.
RICORDIAMO A CHI NON LO CONOSCESSE CHE LILIN E’ UN UOMO LIBERO, SPESSO IN DISACCORDO CON LA POLITICA DEL PRESIDENTE PUTIN.
CIO’ NON GLI IMPEDISCE, ADESSO, DI ESSERE AL FIANCO DEL SUO POPOLO CONTRO GLI INFAMI ATTACCHI PERPETRATI DALLE POLITICHE GUERRAFONDAIE DEGLI USA DELL’INFAME BARACK OBAMA
Spunta un altro sito con le liste nere del regime di Kiev
L’Ucraina post maidan, occupata da una giunta di terroristi messi al potere per fare il lavoro sporco per conto dello zio Sam, ci insegna, non senza stupore, che non c’è mai fine al peggio.
Quotidianamente vi raccontiamo della mentecatta follia che sta portando alla distruzione questo Paese: bombardamenti sui civili, persecuzioni politiche, disastro economico, liste nere con i nomi dei “cattivi” che il regime invita ad eliminare.
In questa ricchissima platea di mostruosità, vi proponiamo uno degli ultimi siti realizzati dagli sgherri della giunta golpista di Kiev.
Quotidianamente vi raccontiamo della mentecatta follia che sta portando alla distruzione questo Paese: bombardamenti sui civili, persecuzioni politiche, disastro economico, liste nere con i nomi dei “cattivi” che il regime invita ad eliminare.
In questa ricchissima platea di mostruosità, vi proponiamo uno degli ultimi siti realizzati dagli sgherri della giunta golpista di Kiev.
Si tratta ancora una volta di un sito che propone una lista di persone che devono essere eliminate in quanto “nemiche dell’Ucraina” e, udite udite, “Agenti del Cremlino”.
Lo slogan del sito recita: “СПИСОК ВОРОГІВ УКРАЇНИ — НА ЇХ ЧЕКАЄ ТРИБУНАЛ!” – “ELENCO DEI NEMICI DELL’UCRAINA – IN ATTESA DEL LORO TRIBUNALE!”.
Vediamolo, questo elenco. Al loro interno troviamo i nomi di molti giornalisti ucraini che sono dovuti scappare dal Paese per mettere in salvo la propria vita.
Lo slogan del sito recita: “СПИСОК ВОРОГІВ УКРАЇНИ — НА ЇХ ЧЕКАЄ ТРИБУНАЛ!” – “ELENCO DEI NEMICI DELL’UCRAINA – IN ATTESA DEL LORO TRIBUNALE!”.
Vediamolo, questo elenco. Al loro interno troviamo i nomi di molti giornalisti ucraini che sono dovuti scappare dal Paese per mettere in salvo la propria vita.
UNA RAGAZZA UCRAINA RACCONTA LA VERITA’ SUL REGIME IMPOSTO DAGLI USA (VIDEO)
roviamo poi i nomi di Capi di Stato, uomini politici e giornalisti stranieri.
Al primo posto della classifica troviamo Marine Le Pen, leader del movimento politico francese Fronte Nazionale. Al secondo posto il Premier greco Alexis Tsipras. Addirittura al sesto posto il giornalista italiano GIULIETTO CHIESA, che precede di una posizione il Presidente cinese Xi Jiping. Al n°9 Donald Trump, al n°14 Silvio Berlusconi, al n°17 Matteo Salvini. Al n°18 Graham Phillips.
Sembrerebbe un’arlecchinata, ma questi miserabili fanno sul serio.
Al primo posto della classifica troviamo Marine Le Pen, leader del movimento politico francese Fronte Nazionale. Al secondo posto il Premier greco Alexis Tsipras. Addirittura al sesto posto il giornalista italiano GIULIETTO CHIESA, che precede di una posizione il Presidente cinese Xi Jiping. Al n°9 Donald Trump, al n°14 Silvio Berlusconi, al n°17 Matteo Salvini. Al n°18 Graham Phillips.
Sembrerebbe un’arlecchinata, ma questi miserabili fanno sul serio.
L’ITALIA … E LA “MISSIONE” BALTIC AIR POLICING
E così la pacifica italietta, in barba anche alla propria costituzione e alla volontà popolare, ha inviato alcuni caccia militari (aerei da guerra) "Typhoon" per contrastare le operazioni aeree che la Russia starebbe effettuando nei cieli del Baltico.
L'operazione è chiamata eufemisticamente BALTIC AIR POLICING ovvero POLIZIA AEREA SUL BALTICO.
Cioè ?
Con un abile giro di parole (è come dire che in italia la mafia non esiste) chi comanda in europa e nella nato ha deciso che dal 30 marzo 2004 le nazioni della nato gestiscono a rotazione la copertura aerea dello spazio aereo sul Baltico.
Come dice l’articolo di Aereonautica e Difesa nr.341 a pag.42, con l’acuirsi della tensione tra la Russia e la nato a causa del “capovolgimento politico” in Ucraina (altro strano eufemismo) e dell’ ”annessione” della Crimea alla Russia, (altro strano eufemismo), è importante un efficace controllo dello spazio aereo Baltico.
Ma chi ha deciso questo?
L’articolo prosegue asserendo che con la crisi in Crimea e in Ucraina il numero di voli russi che la nato considera “pirata” (attenzione è la nato che li considera in tale modo) è cresciuto in modo esponenziale.
Nel 2013 gli aerei della nato avrebbero eseguito una cinquantina di intercettazioni, salite a 150 nel 2014.
Se da un lato la Russia considera il Baltico come parte del proprio spazio aereo, come mai la nato è così premurosa nei confronti della popolazione delle tre repubbliche baltiche tanto da volerne “proteggere” (altro eufemismo) i territori che considera propri ? … l’alleanza atlantica farà tutto quanto è in suo potere per proteggere i propri territori da ogni possibile azione ostile …
Ancora una volta abbiamo la conferma che nato ed europa sono due facce della stessa medaglia e che le "premurose" mire espansionistiche dell’alleanza atlantica derubano anche al Popolo Veneto e agli altri Popoli sottomessi dallo stato straniero occupante italiano, milioni di euro per favorire la loro politica imperialista.
Continuare a mantenere questo stato parassita italiano che occupa la nostra Patria e che usa i soldi che ci ruba per assecondare mire espansionistiche della Nato e di questa maledetta europa, significa essere complici dei crimini che vengono commessi in nome della pace e di un falso servizio di air policing.
N.B.:
Costo unitario di ogni aereo 62,9 milioni di Euro (quanti miliardi di euro per l'acquisto dei 96 aerei ???)
Acquirente
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Tranche 1
|
Tranche 2
|
Tranche 3A[13]
|
Totale
|
---|---|---|---|---|
Regno Unito | 53 | 67 | 40[14] | 160 |
Germania | 33 | 79 | 31 | 143 |
Italia | 28 | 47 | 21 | 96 |
Spagna | 19 | 34 | 20 | 73 |
Arabia Saudita | 0 | 72 | 0 | 72 |
Austria | 15 | 0 | 0 | 15 |
TOTALE | 148 | 299 | 112[13] | 559 |
Dove sono dislocati questi velivoli con l'aeronautica militare italiana:
- 4º Stormo/9º Gruppo – base di Grosseto
- 4º Stormo/20º Gruppo (Operational Conversion Unit) – base di Grosseto
- 36º Stormo/10º Gruppo – base di Gioia del Colle
- 36º Stormo/12º Gruppo – base di Gioia del Colle
- 37º Stormo/18º Gruppo – base di Trapani-Birgi
WSM
Venetia, 12 agosto 2015
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
PUTIN: ITALIANI, ADESSO PARLO IO! NATO, EUROPA, USA, OBAMA: ECCO LA MIA VERITA’.
Putin: «Non sono aggressore, patto con l’Europa e parità con gli Usa»
Il presidente russo al Corriere: «Svilupperemo il nostro potenziale offensivo e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica degli Usa»
Sono quasi le 2 del mattino quando arriviamo alla fine dell’intervista.
Il presidente russo al Corriere: «Svilupperemo il nostro potenziale offensivo e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica degli Usa»
Sono quasi le 2 del mattino quando arriviamo alla fine dell’intervista.
Vladimir Putin ha risposto per poco meno di due ore alle nostre domande.
IL PRESIDENTE PUTIN AVEVA GIA’ SUONATO LA SVEGLIA AGLI EUROPEI POCO TEMPO FA (CLICCA QUI PER L’ARTICOLO)
IL PRESIDENTE PUTIN AVEVA GIA’ SUONATO LA SVEGLIA AGLI EUROPEI POCO TEMPO FA (CLICCA QUI PER L’ARTICOLO)
«Signor Presidente – chiede il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana – c’è una cosa della quale si rammarica più di tutto nella sua vita, quella che lei considera un errore che non vorrebbe mai più ripetere?».
Il presidente russo si aggiusta sulla poltrona, gli occhi sembrano improvvisamente farsi più brillanti.
Resta per qualche secondo in silenzio, poi con la sua voce sottile e sempre a basso volume, dice: «Sarò assolutamente sincero con voi. Non posso adesso ricordare qualcosa. Evidentemente il Signore ha costruito la mia vita in modo tale che non ho niente da rimpiangere».
Dopo più di quindici anni al vertice della Russia da Presidente o primo ministro, dopo 5538 giorni al potere, Vladimir Putin non si pente di nulla.
Due ragazze dello staff presidenziale ci hanno accolti all’ingresso della Torre Spasskaya, di fronte alla cattedrale di San Basilio, scortandoci dentro le mura del Cremlino fino al Palazzo del Senato, dove Putin ha il suo ufficio.
Il luogo preparato per l’intervista era la Predstavitelskij Zal, la stessa sala di rappresentanza dove in marzo Putin ha ricevuto Matteo Renzi.
È uno spazio ovale, le pareti color verde pallido, la volta a cupola, le decorazioni in stucco bianco e oro.
Dalle nicchie poste agli angoli, le statue in bronzo di quattro imperatori russi dominano la scena: Pietro il Grande, Caterina II, Alessandro II e Nicola I.
Inizialmente previsto per le 19, l’inizio dell’intervista è scivolato di ora in ora.
Finalmente, alle 23:30, è arrivato il portavoce Dmitri Peshkov.
Si è scusato per il ritardo, che ha attribuito a impegni di governo e ci ha detto che il Presidente era pronto.
Vladimir Putin è entrato dalla porta in fondo.
Vestito di blu, camicia azzurra, cravatta blu con motivi stampati, fresco nonostante l’ora, il volto forse un po’ troppo levigato.
Ha salutato cortesemente.
Poi ci ha invitati a sedere.
Signor Presidente, la Russia ha avuto con l’Italia rapporti sempre intensi e privilegiati sia sul piano economico che politico.
La crisi ucraina e le sanzioni però hanno gettato un’ombra su queste relazioni.
La visita in Russia del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nonché quella sua prossima a Milano possono invertire in qualche modo questa tendenza e a quali condizioni?
«Non è stata colpa della Federazione Russa se i rapporti con i Paesi dell’Unione europea si sono deteriorati.
La scelta ci è stata imposta dai nostri partner.
Non siamo stati noi a introdurre certe limitazioni nel commercio e nell’attività economica.
È stato fatto contro di noi e siamo stati costretti ad adottare contromisure.
Però i rapporti tra Russia e Italia effettivamente hanno sempre avuto carattere privilegiato sia in politica che nell’economia.
Negli ultimi anni il volume dell’interscambio è cresciuto di 11 volte, toccando quasi 49 miliardi di dollari.
In Russia operano 400 aziende italiane.
Stiamo lavorando attivamente insieme nel settore dell’energia.
L’Italia è il terzo acquirente dei nostri prodotti energetici.
Ma cooperiamo anche nell’alta tecnologia, dallo spazio all’aeronautica.
Quasi 1 milione di turisti russi sono stati in Italia l’anno scorso e vi hanno speso circa 1 miliardo di euro.
Sul piano politico ci sono sempre stati rapporti di fiducia.
Fu un’idea dell’Italia, allora il Presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, la creazione del Consiglio Nato-Russia, un organo di consultazione che certamente è diventato fattore importante di garanzia della sicurezza in Europa.
In questo senso l’Italia ha dato e dà un contributo notevole allo sviluppo del dialogo tra la Russia e l’Europa e anche con la Nato in generale.
Tutto ciò crea rapporti speciali tra i nostri due Paesi.
E la visita dell’attuale Presidente del Consiglio italiano in Russia è stato un segnale molto importante della disponibilità dell’Italia all’ulteriore sviluppo di questi rapporti.
Noi siamo pronti e disposti ad andare avanti tanto quanto lo saranno i partner italiani.
Spero che anche il mio viaggio a Milano serva a questi obiettivi».
Lei ha conosciuto molti premier italiani: Prodi, Berlusconi, D’Alema, Amato, Monti, Letta e ora Renzi. Con chi di loro c’è stata più comprensione reciproca?
E quanto incidono i rapporti personali nelle relazioni internazionali?
«Quale che sia la carica che ricopriamo, siamo prima di tutto esseri umani e la fiducia tra le persone è un fattore molto importante nel lavoro, nella costruzione dei rapporti al livello degli Stati.
Ma come mi ha detto una delle persone che lei ora ha menzionato, “lei probabilmente è l’unico ad avere rapporti di amicizia sia con Berlusconi che con Prodi”.
Per me non è stato e non è difficile.
Le spiego perché: tutti i miei partner italiani si lasciavano guidare dagli interessi dell’Italia e del popolo italiano e consideravano che per garantirli nel modo giusto bisogna mantenere buoni rapporti con la Russia.
Noi lo capivamo e sentivamo.
Era la cosa più importante.
Ho sempre avvertito il desiderio davvero sincero di costruire rapporti interstatali indipendentemente dalla congiuntura politica interna».
Vladimir Vladimirovic, il 10 giugno lei sarà a Milano in occasione della Giornata della Russia all’Expo 2015, il cui tema è «Nutrire il pianeta.
Energia per la vita».
Qual è il contributo della Russia a questa causa?
E quale significato ha il tema dell’Expo per i rapporti tra gli Stati?
È senza alcun dubbio una delle questioni chiave oggi davanti all’umanità e hanno fatto molto bene gli organizzatori a scegliere questo tema, attirando l’attenzione a ricercare i modi per risolverlo.
La popolazione del pianeta cresce, secondo gli esperti nel 2050 raggiungerà 9 miliardi.
Già oggi secondo i dati dell’Onu 850 milioni di persone nel mondo soffrono della mancanza di cibo, praticamente fanno la fame, fra queste 100 milioni di bambini.
Da come sarà risolta dipenderanno tante altre questioni, a prima vista non legate a questo problema. Intendo l’instabilità politica di intere regioni del mondo, il terrorismo e così via, tutto è interconnesso.
L’onda dei migranti illegali che sta investendo oggi l’Italia e tutta l’Europa è legata anch’essa a tutto questo.
Quanto al contributo della Russia, noi spendiamo oltre 200 milioni di dollari per i vari programmi alimentari dell’Onu.
Molti Paesi del mondo ottengono il sostegno e l`aiuto necessario usando risorse russe.
Dedichiamo grande attenzione allo sviluppo dell`agricoltura nel nostro Paese.
Nonostante tutte le difficoltà di oggi nell’economia russa, il nostro settore agricolo cresce a ritmi accelerati, l`anno scorso quasi del 3,4 -3.5% , lo stesso nel primo trimestre 2015.
La Russia è al terzo posto nel mondo per l`esportazione dei cereali.
E infine il suo potenziale in questo senso è colossale: abbiamo i campi arati più grandi del mondo e le più grandi riserve d`acqua dolce».
Circola l’opinione che la Russia si senta «tradita dall’Europa come da un’amante».
Cosa non va oggi in queste relazioni?
E cosa si aspetta dall`Europa sulle sanzioni?
«Se lei ha certi rapporti con una donna senza assumersi degli impegni, allora non ha nessun diritto di chiedere alla sua partner di assumersi a sua volta impegni nei suoi confronti.
Noi non abbiamo mai trattato l’Europa come un’amante.
Ora parlo molto seriamente.
Abbiamo sempre proposto rapporti seri.
Ma oggi ho l’impressione che fosse l’Europa a cercare di costruire con noi rapporti puramente su base materiale ed esclusivamente a proprio favore.
Parlo per esempio dell’energia, dell’accesso sui mercati europei negato alle nostre merci nel campo dell’energia nucleare nonostante i tanti accordi.
Oppure della riluttanza a riconoscere la legittimità delle nostre azioni e a collaborare con le unioni di integrazione nello spazio post-sovietico, mi riferisco all’Unione doganale che ora è diventata l`Unione economica euroasiatica.
Perché quando si integrano i Paesi europei è considerato normale, ma se noi nello spazio post-sovietico facciamo lo stesso si cerca di interpretarlo come il desiderio della Russia di ricostruire una specie di impero?
Non capisco questi approcci.
Tempo fa ho parlato della necessità di creare uno spazio economico unico da Lisbona a Vladivostok.
E in realtà molti anni prima di me anche il presidente francese De Gaulle aveva detto qualcosa di simile.
Nessuno pone obiezioni, tutti dicono: bisogna cercare di farlo.
Ma in realtà cosa succede?
Prendiamo ad esempio l’Ucraina. Nell’accordo di Associazione Ucraina-Ue non si richiede a Kiev di integrare i propri sistemi energetici all`Europa, ma questa possibilità per il futuro è prevista.
Se ciò dovesse succedere, saremmo costretti a spendere tra gli 8 e i 10 miliardi di euro per costruire nuove linee elettriche per garantire la fornitura interna alla Russia.
Ma perché farlo, se crediamo che sia giusto creare un unico spazio economico da Lisbona a Vladivostok?
Questo partenariato orientale dell`Ue vuole integrare tutto lo spazio post-sovietico nell`unico spazio economico con l’Europa, lo ripeto per la terza volta, da Lisbona a Vladivostok, oppure tagliare qualcosa e creare nuove frontiere tra la Russia di oggi e la restante parte occidentale, comprese Ucraina e Moldova?».
Ma le vostre azioni in Ucraina sono all’origine di tutta la crisi nei rapporti con l’Occidente.
«Quali sono le origini della crisi in Ucraina?
La ragione, come sembra, non è commensurabile alla tragedia di oggi con un gran numero di vittime nel Sud-Est.
Attorno a cosa è nata questa diatriba?
L’ex presidente Yanukovich disse che aveva bisogno di pensarci sulla firma dell’Accordo d’associazione Ucraina-Ue, forse ottenere dei cambiamenti e consultarsi con la Russia, il partner economico-commerciale principale dell’Ucraina.
Sotto questo pretesto sono cominciati i disordini a Kiev, appoggiati attivamente dai nostri partner sia europei che americani.
Dopo è venuto il colpo di Stato, un’azione assolutamente anticostituzionale.
Le nuove autorità hanno dichiarato di voler firmare l’accordo, rinviandone però l’applicazione al 1° gennaio 2016.
Facciamoci una domanda: a cosa sono serviti il colpo di Stato. la guerra civile, la disfatta economica se l’esito è stato lo stesso?
Non eravamo per niente contrari alla firma dell’accordo tra l’Ucraina e l’Ue.
Però, certo, volevamo partecipare all’elaborazione delle decisioni finali, considerando che l’Ucraina sia allora che adesso fa parte della zona di libero scambio della CSI e ci sono impegni reciprochi che ne derivano.
Com’è possibile ignorare questo fatto e non rispettarlo?
Non riesco a capirlo.
Lo chiedo a molti miei colleghi, inclusi europei e americani».
E che cosa le dicono?
«Che la situazione è uscita fuori controllo.
Il 21 febbraio 2014 è stato firmato un accordo tra il presidente Yanukovich e l’opposizione sul futuro del Paese, incluse le elezioni.
Si doveva ottenere l’attuazione di quest’accordo tanto più che tre ministri degli Esteri europei lo hanno firmato come garanti.
Se americani ed europei avessero detto a chi compiva azioni anticostituzionali, “non vi sosterremo in alcuna circostanza se andate al potere con un golpe, andate alle elezioni e vincetele”, la situazione si sarebbe sviluppata in modo assolutamente diverso.
Tanto più che tutti sanno che avrebbero vinto le elezioni al 100%.
Quindi io credo che la ragione di questa crisi sia completamente artificiale.
E l’accompagnamento di questo processo è inaccettabile.
Ripeto, non era nostra intenzione, noi siamo semplicemente costretti a reagire a quanto sta succedendo».
Non le sembra che in Ucraina sia giunto il momento per la Russia di prendere l’iniziativa nelle proprie mani, nella ricerca della risoluzione della crisi, facendo un gesto di disponibilità?
«Lo stiamo già facendo.
Considero il documento concordato a Minsk, il cosiddetto Minsk2, l’unica via verificata per la risoluzione del problema.
Non l’avremmo mai concordato se non lo considerassimo corretto, giusto, equo.
Certo, da parte nostra facciamo e continueremo a fare tutto quello che dipende da noi per influenzare le autorità delle Repubbliche autoproclamate – quelle di Donetsk e di Lugansk.
Ma non tutto dipende da noi.
Oggi i nostri partner sia in Europa sia negli Stati Uniti devono esercitare un’adeguata influenza sulle autorità di Kiev perché facciano tutto ciò che è stato concordato a Minsk.
Il punto chiave della soluzione politica è che certamente bisognava nella prima fase cessare le azioni militari in atto, ritirare le armi pesanti. In generale è stato fatto.
Ci sono scontri a fuoco, purtroppo, ci sono anche vittime, ma non ci sono grandi azioni militari, le parti sono separate.
Ora bisogna cominciare a realizzare gli accordi di Minsk.
Concretamente, bisogna fare una riforma costituzionale garantendo i diritti d’autonomia ai rispettivi territori delle Repubbliche non riconosciute.
Poi bisogna votare una legge per le elezioni municipali e una per l’amnistia.
E tutto questo, com’è scritto negli accordi, in coordinazione con la Repubblica Popolare di Donetsk e di Lugansk.
Il problema è che le autorità di Kiev non vogliono nemmeno sedersi allo stesso tavolo negoziale con loro.
E su questo non abbiamo influenza, solo i nostri partner europei e americani ce l’hanno.
Non c’è bisogno di impaurirci con le sanzioni.
Bisogna iniziare la riabilitazione economica e sociale di questi territori, dov’è in corso una catastrofe umanitaria e tutti fanno finta che non succede nulla.
La Russia è interessata e cercherà di ottenere una realizzazione completa e incondizionata di tutti gli accordi di Minsk, non esiste un’altra strada.
Ricordo anche che i leader delle Repubbliche autoproclamate hanno dichiarato pubblicamente che a certe condizioni, cioè la realizzazione degli accordi di Minsk, sono pronti a esaminare la possibilità di considerarsi parte dello Stato ucraino. Ritengo che questa posizione debba essere accolta come condizione preliminare buona per l’inizio di serie trattative».
Ci sta dicendo che nei territori dell’Est dell’Ucraina non preparate uno scenario di annessione come in Crimea?
«Lo scenario di Crimea non è legato alla posizione della Russia ma a quella della gente che ci abita.
Tutte le nostre azioni, incluse quelle di forza, non avevano come obiettivo di alienare la Crimea dall’Ucraina, ma avevano il fine di dare alla gente che vive lì la possibilità di esprimere la propria opinione su come vogliono organizzare la propria vita.
Se questo è stato permesso agli albanesi del Kosovo ed ai kosovari perché vietarlo ai russi, ucraini e tartari che vivono in Crimea?
Credo che un osservatore in buonafede non possa non vedere che la gente ha votato quasi all’unanimità a favore della riunificazione con la Russia.
La soluzione alla questione della Crimea è fondata sulla volontà del popolo.
A Donetsk e a Lugansk la gente ha votato per l’indipendenza e lì la situazione è diversa.
Ma la cosa più importante è rispettare umori e scelte della gente.
E se qualcuno vuole che questi territori restino all’interno dell’Ucraina, bisogna dimostrare a questa gente che in uno Stato unito la vita sarà migliore, più comoda e sicura, che sarà garantito il futuro dei suoi bambini.
Ma persuaderli con le armi è impossibile.
Sono questioni che si possono risolvere solo in modo pacifico».
Parlando di pace signor Presidente, i Paesi dell’ex Patto di Varsavia che oggi sono membri della Nato, come i baltici e la Polonia, si sentono minacciati dalla Russia.
L’Alleanza ha deciso di creare una forza dissuasiva di pronto intervento per venire incontro a queste preoccupazioni.
Ha ragione l’Occidente a temere di nuovo l’«orso russo»?
E perché la Russia assume toni così conflittuali?
«La Russia non parla in tono conflittuale con nessuno e in queste questioni, come diceva Otto von Bismarck, “non sono importanti i discorsi, ma il potenziale”.
Cosa dicono i potenziali reali?
Le spese militari degli Stati Uniti sono superiori alle spese militari di tutti i Paesi del mondo messi insieme.
Quelle complessive della Nato sono 10 volte superiori a quelle della Federazione Russa.
La Russia praticamente non ha più basi militari all’estero.
La nostra politica non ha un carattere globale, offensivo o aggressivo.
Pubblicate sul vostro giornale la mappa del mondo, indicando tutte le basi militari americane e vedrete la differenza.
Le faccio degli esempi. A volte mi fanno osservare che i nostri aerei volano fin sopra l’Oceano Atlantico.
Il pattugliamento con aerei strategici di zone lontane lo facevano solamente l’URSS e gli USA all’epoca della “guerra fredda”.
Ma la nuova Russia, all’inizio degli anni Novanta, lo ha abolito, mentre i nostri amici americani hanno continuato a volare lungo i nostri confini.
Per quale ragione?
Così alcuni anni fa abbiamo ripristinato questi sorvoli: ci siamo comportati aggressivamente?
Vicino alle coste della Norvegia ci sono i sommergibili americani in servizio permanente.
Il tempo che ci mette un missile a raggiungere Mosca da questi sottomarini è di 17 minuti.
E volete dire che ci comportiamo in modo aggressivo?
Lei ha menzionato l’allargamento della Nato a Est.
Ma noi non ci muoviamo da nessuna parte, è l’infrastruttura della Nato che si avvicina alle nostre frontiere.
E’ la dimostrazione della nostra aggressività?
Infine gli Stati Uniti sono unilateralmente usciti dall’Accordo sulla difesa antimissile, l’Abm, la pietra angolare su cui si basava gran parte del sistema di sicurezza internazionale. Un’altra prova della nostra aggressività?
Tutto quello che noi facciamo è semplicemente rispondere alle minacce nei nostri confronti.
E lo facciamo in misura limitata, ma tale da garantire la sicurezza della Russia.
O qualcuno forse si aspettava un nostro disarmo unilaterale?
Un tempo avevo proposto ai nostri partner americani di costruirlo insieme in tre il sistema di difesa anti-missile: Russia, Stati Uniti, Europa.
Questa proposta è stata rifiutata.
Allora ci siamo detti, questo è un sistema costoso e ancora non ne conosciamo l’efficacia.
Ma naturalmente per garantire l’equilibrio strategico, svilupperemo il nostro potenziale offensivo strategico e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica. E vi devo dire che abbiamo fatto notevoli progressi in questa direzione».
Nega le minacce alla Nato?
«Solo una persona non sana di mente o in sogno può immaginare che la Russia possa un giorno attaccare la Nato.
Sostenere quest’idea non ha senso, è del tutto infondata.
Forse qualcuno può essere interessato ad alimentare queste paure.
Io posso solo supporlo.
Ad esempio gli americani non vogliono tanto il ravvicinamento tra la Russia e l’Europa.
Non lo affermo, lo dico solo come ipotesi.
Supponiamo che gli USA vogliano mantenere la propria leadership nella comunità atlantica.
Hanno bisogno di una minaccia esterna, di un nemico per garantirla.
E l’Iran chiaramente non è una minaccia in grado di intimidire abbastanza.
Con chi mettere paura?
Improvvisamente sopraggiunge la crisi ucraina.
La Russia è costretta a reagire.
Forse tutto è fatto apposta, non lo so.
Ma non siamo noi a farlo.
Voglio dirvi: non bisogna aver paura della Russia.
Il mondo è talmente cambiato, che oggi le persone ragionevoli non possono immaginare un conflitto militare su scala così vasta.
Noi abbiamo altre cose da fare, ve lo posso assicurare».
Sull’Iran però voi collaborate con gli USA.
La visita di John Kerry a Sochi in questo senso è stata un segnale di svolta, o ci sbagliamo?
«No, non vi sbagliate, avete ragione.
Noi collaboriamo con gli USA non solo sul programma nucleare iraniano, ma anche in altri settori molto importanti.
Nonostante il fatto che gli americani siano usciti dall’Abm, noi continuiamo il dialogo per il controllo degli armamenti.
Siamo non solo partner, ma direi alleati nelle questioni della non-proliferazione delle armi di distruzione di massa e senza dubbio nella lotta contro il terrorismo.
Ci sono poi altri settori di cooperazione.
Ecco, il tema al quale è dedicata l’Expo di Milano è un altro esempio del nostro lavoro comune».
Vladimir Vladimirovich, il 9 maggio la Russia ha celebrato i 70 anni della vittoria nella Grande Guerra Patriottica, che liberò il Paese e l’Europa dal nazismo.
Nessun altro Paese ha pagato il prezzo di sangue pagato dalla Russia.
Ma sulla Piazza Rossa insieme a lei non c’erano i leader occidentali.
Ha considerato questa assenza come una mancanza di rispetto verso il popolo russo?
E cosa significa oggi per l’identità russa quella memoria?
«La guerra rappresenta una delle pagine tragiche della nostra storia.
Noi nel commemorare tali giornate festive e tristi ovviamente pensiamo alla generazione che ci ha garantito libertà ed indipendenza, sconfiggendo il nazismo.
Pensiamo anche che nessuno abbia il diritto di dimenticare questa tragedia, in primo luogo perché dobbiamo assicurare che non si ripeta più niente di simile.
E non sono parole vuote, non è un timore fondato sul nulla.
Oggi per esempio c’è chi nega l’Olocausto.
Si cerca di eroicizzare nazisti o collaborazionisti.
Il terrorismo di oggi in molte sue manifestazioni è simile al nazismo, non c’è in sostanza alcuna differenza.
I colleghi dei quali lei ha parlato semplicemente non hanno visto dietro la corrente difficile congiuntura delle relazioni internazionali, cose molto più serie collegate non solo col passato, ma anche con la necessità di lottare per il nostro futuro comune.
E’ stata una loro scelta.
Ma la festa era soprattutto nostra.
Capisce?
Abbiamo ricordato in quei giorni non solo chi ha lottato contro il fascismo nell’Unione Sovietica, ma anche tutti i nostri alleati, i partecipanti alla Resistenza nella Germania stessa, in Francia e in Italia.
Rendiamo merito a tutta la gente che non s’è risparmiata nella lotta al nazismo.
Certo noi sappiamo che è stata l’Unione Sovietica a dare il contributo decisivo a questa vittoria, sacrificando più vite umane.
Per noi non è semplicemente una vittoria militare ma anche morale e poi quasi ogni nostra famiglia ha perso i propri cari.
È impossibile scordarsene».
Lei è un leader molto popolare in Russia, ma spesso all’estero e anche nel suo Paese viene accusato di essere autoritario.
Perché è cosi difficile in Russia fare l’opposizione?
«Che c’è di difficile?
Se l’opposizione prova che può risolvere i problemi di un distretto, una regione oppure del Paese penso che la gente lo vedrà sempre.
Il numero dei partiti politici da noi è aumentato di parecchie volte, negli anni precedenti abbiamo liberalizzato le regole per la loro costituzione e il loro avanzamento sulla scena politica regionale e nazionale.
Si deve solo essere validi e sapere lavorare con l’elettorato, con i cittadini».
Ma perché i principali canali TV russi non fanno quasi mai interviste con i rappresentati dell’opposizione?
«Se sapranno attirare interesse, penso che saranno intervistati di più.
A proposito della lotta politica posso dire che come sappiamo nella lotta con gli avversari politici si ricorre a diversi mezzi.
Basta ricordare la recente storia dell’Italia».
Signor Presidente, la Grecia oggi ha dei rapporti molto difficili con l’Europa.
Se la Grecia uscisse dalla zona euro, la Russia sarebbe pronta a darle appoggio politico nonché prestarle assistenza economica?
«Noi sviluppiamo le relazioni con la Grecia indipendentemente dal fatto che sia membro dell’Unione Europea e della Nato o si trovi nella zona euro.
Abbiamo con questo Paese rapporti storici, molto vicini e di buon partenariato, ma è una scelta sovrana del popolo greco di stare in certe unioni o zone.
Non conosciamo cosa succederà in futuro, ecco perché tirare ad indovinare adesso sarebbe errato ed anche controproducente sia per l’economia europea sia per quella greca».
In questa stanza quattro imperatori russi ci guardano.
Quale figura storica, quale personaggio la ispira più di tutti?
Vladimir Putin sorride.
Sa che la domanda è a tesi.
Più volte ha detto che il suo Zar preferito è Alessandro III, l’imperatore secondo il quale «la Russia ha due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta».
Ma questa volta sta in guardia: «Quando mi fanno questa domanda preferisco dribblarla perché poi si fanno diverse interpretazioni.
Perciò preferisco rispondere che cerco di non avere degli idoli.
Mi attengo nel mio lavoro agli interessi del popolo russo, basandomi su tutto ciò che è stato accumulato nel tempo passato, ma avendo presente le condizioni della vita ai giorni nostri.
Sia nella nostra Storia, che in quella europea e mondiale ci sono stati molti degni esempi di leadership.
Ma tutte queste persone vivevano e lavoravano in certe condizioni.
La cosa principale è essere onesto con se stesso e con le persone che ti hanno affidato questo lavoro».
Il presidente russo si aggiusta sulla poltrona, gli occhi sembrano improvvisamente farsi più brillanti.
Resta per qualche secondo in silenzio, poi con la sua voce sottile e sempre a basso volume, dice: «Sarò assolutamente sincero con voi. Non posso adesso ricordare qualcosa. Evidentemente il Signore ha costruito la mia vita in modo tale che non ho niente da rimpiangere».
Dopo più di quindici anni al vertice della Russia da Presidente o primo ministro, dopo 5538 giorni al potere, Vladimir Putin non si pente di nulla.
Due ragazze dello staff presidenziale ci hanno accolti all’ingresso della Torre Spasskaya, di fronte alla cattedrale di San Basilio, scortandoci dentro le mura del Cremlino fino al Palazzo del Senato, dove Putin ha il suo ufficio.
Il luogo preparato per l’intervista era la Predstavitelskij Zal, la stessa sala di rappresentanza dove in marzo Putin ha ricevuto Matteo Renzi.
È uno spazio ovale, le pareti color verde pallido, la volta a cupola, le decorazioni in stucco bianco e oro.
Dalle nicchie poste agli angoli, le statue in bronzo di quattro imperatori russi dominano la scena: Pietro il Grande, Caterina II, Alessandro II e Nicola I.
Inizialmente previsto per le 19, l’inizio dell’intervista è scivolato di ora in ora.
Finalmente, alle 23:30, è arrivato il portavoce Dmitri Peshkov.
Si è scusato per il ritardo, che ha attribuito a impegni di governo e ci ha detto che il Presidente era pronto.
Vladimir Putin è entrato dalla porta in fondo.
Vestito di blu, camicia azzurra, cravatta blu con motivi stampati, fresco nonostante l’ora, il volto forse un po’ troppo levigato.
Ha salutato cortesemente.
Poi ci ha invitati a sedere.
Signor Presidente, la Russia ha avuto con l’Italia rapporti sempre intensi e privilegiati sia sul piano economico che politico.
La crisi ucraina e le sanzioni però hanno gettato un’ombra su queste relazioni.
La visita in Russia del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nonché quella sua prossima a Milano possono invertire in qualche modo questa tendenza e a quali condizioni?
«Non è stata colpa della Federazione Russa se i rapporti con i Paesi dell’Unione europea si sono deteriorati.
La scelta ci è stata imposta dai nostri partner.
Non siamo stati noi a introdurre certe limitazioni nel commercio e nell’attività economica.
È stato fatto contro di noi e siamo stati costretti ad adottare contromisure.
Però i rapporti tra Russia e Italia effettivamente hanno sempre avuto carattere privilegiato sia in politica che nell’economia.
Negli ultimi anni il volume dell’interscambio è cresciuto di 11 volte, toccando quasi 49 miliardi di dollari.
In Russia operano 400 aziende italiane.
Stiamo lavorando attivamente insieme nel settore dell’energia.
L’Italia è il terzo acquirente dei nostri prodotti energetici.
Ma cooperiamo anche nell’alta tecnologia, dallo spazio all’aeronautica.
Quasi 1 milione di turisti russi sono stati in Italia l’anno scorso e vi hanno speso circa 1 miliardo di euro.
Sul piano politico ci sono sempre stati rapporti di fiducia.
Fu un’idea dell’Italia, allora il Presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, la creazione del Consiglio Nato-Russia, un organo di consultazione che certamente è diventato fattore importante di garanzia della sicurezza in Europa.
In questo senso l’Italia ha dato e dà un contributo notevole allo sviluppo del dialogo tra la Russia e l’Europa e anche con la Nato in generale.
Tutto ciò crea rapporti speciali tra i nostri due Paesi.
E la visita dell’attuale Presidente del Consiglio italiano in Russia è stato un segnale molto importante della disponibilità dell’Italia all’ulteriore sviluppo di questi rapporti.
Noi siamo pronti e disposti ad andare avanti tanto quanto lo saranno i partner italiani.
Spero che anche il mio viaggio a Milano serva a questi obiettivi».
Lei ha conosciuto molti premier italiani: Prodi, Berlusconi, D’Alema, Amato, Monti, Letta e ora Renzi. Con chi di loro c’è stata più comprensione reciproca?
E quanto incidono i rapporti personali nelle relazioni internazionali?
«Quale che sia la carica che ricopriamo, siamo prima di tutto esseri umani e la fiducia tra le persone è un fattore molto importante nel lavoro, nella costruzione dei rapporti al livello degli Stati.
Ma come mi ha detto una delle persone che lei ora ha menzionato, “lei probabilmente è l’unico ad avere rapporti di amicizia sia con Berlusconi che con Prodi”.
Per me non è stato e non è difficile.
Le spiego perché: tutti i miei partner italiani si lasciavano guidare dagli interessi dell’Italia e del popolo italiano e consideravano che per garantirli nel modo giusto bisogna mantenere buoni rapporti con la Russia.
Noi lo capivamo e sentivamo.
Era la cosa più importante.
Ho sempre avvertito il desiderio davvero sincero di costruire rapporti interstatali indipendentemente dalla congiuntura politica interna».
Vladimir Vladimirovic, il 10 giugno lei sarà a Milano in occasione della Giornata della Russia all’Expo 2015, il cui tema è «Nutrire il pianeta.
Energia per la vita».
Qual è il contributo della Russia a questa causa?
E quale significato ha il tema dell’Expo per i rapporti tra gli Stati?
È senza alcun dubbio una delle questioni chiave oggi davanti all’umanità e hanno fatto molto bene gli organizzatori a scegliere questo tema, attirando l’attenzione a ricercare i modi per risolverlo.
La popolazione del pianeta cresce, secondo gli esperti nel 2050 raggiungerà 9 miliardi.
Già oggi secondo i dati dell’Onu 850 milioni di persone nel mondo soffrono della mancanza di cibo, praticamente fanno la fame, fra queste 100 milioni di bambini.
Da come sarà risolta dipenderanno tante altre questioni, a prima vista non legate a questo problema. Intendo l’instabilità politica di intere regioni del mondo, il terrorismo e così via, tutto è interconnesso.
L’onda dei migranti illegali che sta investendo oggi l’Italia e tutta l’Europa è legata anch’essa a tutto questo.
Quanto al contributo della Russia, noi spendiamo oltre 200 milioni di dollari per i vari programmi alimentari dell’Onu.
Molti Paesi del mondo ottengono il sostegno e l`aiuto necessario usando risorse russe.
Dedichiamo grande attenzione allo sviluppo dell`agricoltura nel nostro Paese.
Nonostante tutte le difficoltà di oggi nell’economia russa, il nostro settore agricolo cresce a ritmi accelerati, l`anno scorso quasi del 3,4 -3.5% , lo stesso nel primo trimestre 2015.
La Russia è al terzo posto nel mondo per l`esportazione dei cereali.
E infine il suo potenziale in questo senso è colossale: abbiamo i campi arati più grandi del mondo e le più grandi riserve d`acqua dolce».
Circola l’opinione che la Russia si senta «tradita dall’Europa come da un’amante».
Cosa non va oggi in queste relazioni?
E cosa si aspetta dall`Europa sulle sanzioni?
«Se lei ha certi rapporti con una donna senza assumersi degli impegni, allora non ha nessun diritto di chiedere alla sua partner di assumersi a sua volta impegni nei suoi confronti.
Noi non abbiamo mai trattato l’Europa come un’amante.
Ora parlo molto seriamente.
Abbiamo sempre proposto rapporti seri.
Ma oggi ho l’impressione che fosse l’Europa a cercare di costruire con noi rapporti puramente su base materiale ed esclusivamente a proprio favore.
Parlo per esempio dell’energia, dell’accesso sui mercati europei negato alle nostre merci nel campo dell’energia nucleare nonostante i tanti accordi.
Oppure della riluttanza a riconoscere la legittimità delle nostre azioni e a collaborare con le unioni di integrazione nello spazio post-sovietico, mi riferisco all’Unione doganale che ora è diventata l`Unione economica euroasiatica.
Perché quando si integrano i Paesi europei è considerato normale, ma se noi nello spazio post-sovietico facciamo lo stesso si cerca di interpretarlo come il desiderio della Russia di ricostruire una specie di impero?
Non capisco questi approcci.
Tempo fa ho parlato della necessità di creare uno spazio economico unico da Lisbona a Vladivostok.
E in realtà molti anni prima di me anche il presidente francese De Gaulle aveva detto qualcosa di simile.
Nessuno pone obiezioni, tutti dicono: bisogna cercare di farlo.
Ma in realtà cosa succede?
Prendiamo ad esempio l’Ucraina. Nell’accordo di Associazione Ucraina-Ue non si richiede a Kiev di integrare i propri sistemi energetici all`Europa, ma questa possibilità per il futuro è prevista.
Se ciò dovesse succedere, saremmo costretti a spendere tra gli 8 e i 10 miliardi di euro per costruire nuove linee elettriche per garantire la fornitura interna alla Russia.
Ma perché farlo, se crediamo che sia giusto creare un unico spazio economico da Lisbona a Vladivostok?
Questo partenariato orientale dell`Ue vuole integrare tutto lo spazio post-sovietico nell`unico spazio economico con l’Europa, lo ripeto per la terza volta, da Lisbona a Vladivostok, oppure tagliare qualcosa e creare nuove frontiere tra la Russia di oggi e la restante parte occidentale, comprese Ucraina e Moldova?».
Ma le vostre azioni in Ucraina sono all’origine di tutta la crisi nei rapporti con l’Occidente.
«Quali sono le origini della crisi in Ucraina?
La ragione, come sembra, non è commensurabile alla tragedia di oggi con un gran numero di vittime nel Sud-Est.
Attorno a cosa è nata questa diatriba?
L’ex presidente Yanukovich disse che aveva bisogno di pensarci sulla firma dell’Accordo d’associazione Ucraina-Ue, forse ottenere dei cambiamenti e consultarsi con la Russia, il partner economico-commerciale principale dell’Ucraina.
Sotto questo pretesto sono cominciati i disordini a Kiev, appoggiati attivamente dai nostri partner sia europei che americani.
Dopo è venuto il colpo di Stato, un’azione assolutamente anticostituzionale.
Le nuove autorità hanno dichiarato di voler firmare l’accordo, rinviandone però l’applicazione al 1° gennaio 2016.
Facciamoci una domanda: a cosa sono serviti il colpo di Stato. la guerra civile, la disfatta economica se l’esito è stato lo stesso?
Non eravamo per niente contrari alla firma dell’accordo tra l’Ucraina e l’Ue.
Però, certo, volevamo partecipare all’elaborazione delle decisioni finali, considerando che l’Ucraina sia allora che adesso fa parte della zona di libero scambio della CSI e ci sono impegni reciprochi che ne derivano.
Com’è possibile ignorare questo fatto e non rispettarlo?
Non riesco a capirlo.
Lo chiedo a molti miei colleghi, inclusi europei e americani».
E che cosa le dicono?
«Che la situazione è uscita fuori controllo.
Il 21 febbraio 2014 è stato firmato un accordo tra il presidente Yanukovich e l’opposizione sul futuro del Paese, incluse le elezioni.
Si doveva ottenere l’attuazione di quest’accordo tanto più che tre ministri degli Esteri europei lo hanno firmato come garanti.
Se americani ed europei avessero detto a chi compiva azioni anticostituzionali, “non vi sosterremo in alcuna circostanza se andate al potere con un golpe, andate alle elezioni e vincetele”, la situazione si sarebbe sviluppata in modo assolutamente diverso.
Tanto più che tutti sanno che avrebbero vinto le elezioni al 100%.
Quindi io credo che la ragione di questa crisi sia completamente artificiale.
E l’accompagnamento di questo processo è inaccettabile.
Ripeto, non era nostra intenzione, noi siamo semplicemente costretti a reagire a quanto sta succedendo».
Non le sembra che in Ucraina sia giunto il momento per la Russia di prendere l’iniziativa nelle proprie mani, nella ricerca della risoluzione della crisi, facendo un gesto di disponibilità?
«Lo stiamo già facendo.
Considero il documento concordato a Minsk, il cosiddetto Minsk2, l’unica via verificata per la risoluzione del problema.
Non l’avremmo mai concordato se non lo considerassimo corretto, giusto, equo.
Certo, da parte nostra facciamo e continueremo a fare tutto quello che dipende da noi per influenzare le autorità delle Repubbliche autoproclamate – quelle di Donetsk e di Lugansk.
Ma non tutto dipende da noi.
Oggi i nostri partner sia in Europa sia negli Stati Uniti devono esercitare un’adeguata influenza sulle autorità di Kiev perché facciano tutto ciò che è stato concordato a Minsk.
Il punto chiave della soluzione politica è che certamente bisognava nella prima fase cessare le azioni militari in atto, ritirare le armi pesanti. In generale è stato fatto.
Ci sono scontri a fuoco, purtroppo, ci sono anche vittime, ma non ci sono grandi azioni militari, le parti sono separate.
Ora bisogna cominciare a realizzare gli accordi di Minsk.
Concretamente, bisogna fare una riforma costituzionale garantendo i diritti d’autonomia ai rispettivi territori delle Repubbliche non riconosciute.
Poi bisogna votare una legge per le elezioni municipali e una per l’amnistia.
E tutto questo, com’è scritto negli accordi, in coordinazione con la Repubblica Popolare di Donetsk e di Lugansk.
Il problema è che le autorità di Kiev non vogliono nemmeno sedersi allo stesso tavolo negoziale con loro.
E su questo non abbiamo influenza, solo i nostri partner europei e americani ce l’hanno.
Non c’è bisogno di impaurirci con le sanzioni.
Bisogna iniziare la riabilitazione economica e sociale di questi territori, dov’è in corso una catastrofe umanitaria e tutti fanno finta che non succede nulla.
La Russia è interessata e cercherà di ottenere una realizzazione completa e incondizionata di tutti gli accordi di Minsk, non esiste un’altra strada.
Ricordo anche che i leader delle Repubbliche autoproclamate hanno dichiarato pubblicamente che a certe condizioni, cioè la realizzazione degli accordi di Minsk, sono pronti a esaminare la possibilità di considerarsi parte dello Stato ucraino. Ritengo che questa posizione debba essere accolta come condizione preliminare buona per l’inizio di serie trattative».
Ci sta dicendo che nei territori dell’Est dell’Ucraina non preparate uno scenario di annessione come in Crimea?
«Lo scenario di Crimea non è legato alla posizione della Russia ma a quella della gente che ci abita.
Tutte le nostre azioni, incluse quelle di forza, non avevano come obiettivo di alienare la Crimea dall’Ucraina, ma avevano il fine di dare alla gente che vive lì la possibilità di esprimere la propria opinione su come vogliono organizzare la propria vita.
Se questo è stato permesso agli albanesi del Kosovo ed ai kosovari perché vietarlo ai russi, ucraini e tartari che vivono in Crimea?
Credo che un osservatore in buonafede non possa non vedere che la gente ha votato quasi all’unanimità a favore della riunificazione con la Russia.
La soluzione alla questione della Crimea è fondata sulla volontà del popolo.
A Donetsk e a Lugansk la gente ha votato per l’indipendenza e lì la situazione è diversa.
Ma la cosa più importante è rispettare umori e scelte della gente.
E se qualcuno vuole che questi territori restino all’interno dell’Ucraina, bisogna dimostrare a questa gente che in uno Stato unito la vita sarà migliore, più comoda e sicura, che sarà garantito il futuro dei suoi bambini.
Ma persuaderli con le armi è impossibile.
Sono questioni che si possono risolvere solo in modo pacifico».
Parlando di pace signor Presidente, i Paesi dell’ex Patto di Varsavia che oggi sono membri della Nato, come i baltici e la Polonia, si sentono minacciati dalla Russia.
L’Alleanza ha deciso di creare una forza dissuasiva di pronto intervento per venire incontro a queste preoccupazioni.
Ha ragione l’Occidente a temere di nuovo l’«orso russo»?
E perché la Russia assume toni così conflittuali?
«La Russia non parla in tono conflittuale con nessuno e in queste questioni, come diceva Otto von Bismarck, “non sono importanti i discorsi, ma il potenziale”.
Cosa dicono i potenziali reali?
Le spese militari degli Stati Uniti sono superiori alle spese militari di tutti i Paesi del mondo messi insieme.
Quelle complessive della Nato sono 10 volte superiori a quelle della Federazione Russa.
La Russia praticamente non ha più basi militari all’estero.
La nostra politica non ha un carattere globale, offensivo o aggressivo.
Pubblicate sul vostro giornale la mappa del mondo, indicando tutte le basi militari americane e vedrete la differenza.
Le faccio degli esempi. A volte mi fanno osservare che i nostri aerei volano fin sopra l’Oceano Atlantico.
Il pattugliamento con aerei strategici di zone lontane lo facevano solamente l’URSS e gli USA all’epoca della “guerra fredda”.
Ma la nuova Russia, all’inizio degli anni Novanta, lo ha abolito, mentre i nostri amici americani hanno continuato a volare lungo i nostri confini.
Per quale ragione?
Così alcuni anni fa abbiamo ripristinato questi sorvoli: ci siamo comportati aggressivamente?
Vicino alle coste della Norvegia ci sono i sommergibili americani in servizio permanente.
Il tempo che ci mette un missile a raggiungere Mosca da questi sottomarini è di 17 minuti.
E volete dire che ci comportiamo in modo aggressivo?
Lei ha menzionato l’allargamento della Nato a Est.
Ma noi non ci muoviamo da nessuna parte, è l’infrastruttura della Nato che si avvicina alle nostre frontiere.
E’ la dimostrazione della nostra aggressività?
Infine gli Stati Uniti sono unilateralmente usciti dall’Accordo sulla difesa antimissile, l’Abm, la pietra angolare su cui si basava gran parte del sistema di sicurezza internazionale. Un’altra prova della nostra aggressività?
Tutto quello che noi facciamo è semplicemente rispondere alle minacce nei nostri confronti.
E lo facciamo in misura limitata, ma tale da garantire la sicurezza della Russia.
O qualcuno forse si aspettava un nostro disarmo unilaterale?
Un tempo avevo proposto ai nostri partner americani di costruirlo insieme in tre il sistema di difesa anti-missile: Russia, Stati Uniti, Europa.
Questa proposta è stata rifiutata.
Allora ci siamo detti, questo è un sistema costoso e ancora non ne conosciamo l’efficacia.
Ma naturalmente per garantire l’equilibrio strategico, svilupperemo il nostro potenziale offensivo strategico e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica. E vi devo dire che abbiamo fatto notevoli progressi in questa direzione».
Nega le minacce alla Nato?
«Solo una persona non sana di mente o in sogno può immaginare che la Russia possa un giorno attaccare la Nato.
Sostenere quest’idea non ha senso, è del tutto infondata.
Forse qualcuno può essere interessato ad alimentare queste paure.
Io posso solo supporlo.
Ad esempio gli americani non vogliono tanto il ravvicinamento tra la Russia e l’Europa.
Non lo affermo, lo dico solo come ipotesi.
Supponiamo che gli USA vogliano mantenere la propria leadership nella comunità atlantica.
Hanno bisogno di una minaccia esterna, di un nemico per garantirla.
E l’Iran chiaramente non è una minaccia in grado di intimidire abbastanza.
Con chi mettere paura?
Improvvisamente sopraggiunge la crisi ucraina.
La Russia è costretta a reagire.
Forse tutto è fatto apposta, non lo so.
Ma non siamo noi a farlo.
Voglio dirvi: non bisogna aver paura della Russia.
Il mondo è talmente cambiato, che oggi le persone ragionevoli non possono immaginare un conflitto militare su scala così vasta.
Noi abbiamo altre cose da fare, ve lo posso assicurare».
Sull’Iran però voi collaborate con gli USA.
La visita di John Kerry a Sochi in questo senso è stata un segnale di svolta, o ci sbagliamo?
«No, non vi sbagliate, avete ragione.
Noi collaboriamo con gli USA non solo sul programma nucleare iraniano, ma anche in altri settori molto importanti.
Nonostante il fatto che gli americani siano usciti dall’Abm, noi continuiamo il dialogo per il controllo degli armamenti.
Siamo non solo partner, ma direi alleati nelle questioni della non-proliferazione delle armi di distruzione di massa e senza dubbio nella lotta contro il terrorismo.
Ci sono poi altri settori di cooperazione.
Ecco, il tema al quale è dedicata l’Expo di Milano è un altro esempio del nostro lavoro comune».
Vladimir Vladimirovich, il 9 maggio la Russia ha celebrato i 70 anni della vittoria nella Grande Guerra Patriottica, che liberò il Paese e l’Europa dal nazismo.
Nessun altro Paese ha pagato il prezzo di sangue pagato dalla Russia.
Ma sulla Piazza Rossa insieme a lei non c’erano i leader occidentali.
Ha considerato questa assenza come una mancanza di rispetto verso il popolo russo?
E cosa significa oggi per l’identità russa quella memoria?
«La guerra rappresenta una delle pagine tragiche della nostra storia.
Noi nel commemorare tali giornate festive e tristi ovviamente pensiamo alla generazione che ci ha garantito libertà ed indipendenza, sconfiggendo il nazismo.
Pensiamo anche che nessuno abbia il diritto di dimenticare questa tragedia, in primo luogo perché dobbiamo assicurare che non si ripeta più niente di simile.
E non sono parole vuote, non è un timore fondato sul nulla.
Oggi per esempio c’è chi nega l’Olocausto.
Si cerca di eroicizzare nazisti o collaborazionisti.
Il terrorismo di oggi in molte sue manifestazioni è simile al nazismo, non c’è in sostanza alcuna differenza.
I colleghi dei quali lei ha parlato semplicemente non hanno visto dietro la corrente difficile congiuntura delle relazioni internazionali, cose molto più serie collegate non solo col passato, ma anche con la necessità di lottare per il nostro futuro comune.
E’ stata una loro scelta.
Ma la festa era soprattutto nostra.
Capisce?
Abbiamo ricordato in quei giorni non solo chi ha lottato contro il fascismo nell’Unione Sovietica, ma anche tutti i nostri alleati, i partecipanti alla Resistenza nella Germania stessa, in Francia e in Italia.
Rendiamo merito a tutta la gente che non s’è risparmiata nella lotta al nazismo.
Certo noi sappiamo che è stata l’Unione Sovietica a dare il contributo decisivo a questa vittoria, sacrificando più vite umane.
Per noi non è semplicemente una vittoria militare ma anche morale e poi quasi ogni nostra famiglia ha perso i propri cari.
È impossibile scordarsene».
Lei è un leader molto popolare in Russia, ma spesso all’estero e anche nel suo Paese viene accusato di essere autoritario.
Perché è cosi difficile in Russia fare l’opposizione?
«Che c’è di difficile?
Se l’opposizione prova che può risolvere i problemi di un distretto, una regione oppure del Paese penso che la gente lo vedrà sempre.
Il numero dei partiti politici da noi è aumentato di parecchie volte, negli anni precedenti abbiamo liberalizzato le regole per la loro costituzione e il loro avanzamento sulla scena politica regionale e nazionale.
Si deve solo essere validi e sapere lavorare con l’elettorato, con i cittadini».
Ma perché i principali canali TV russi non fanno quasi mai interviste con i rappresentati dell’opposizione?
«Se sapranno attirare interesse, penso che saranno intervistati di più.
A proposito della lotta politica posso dire che come sappiamo nella lotta con gli avversari politici si ricorre a diversi mezzi.
Basta ricordare la recente storia dell’Italia».
Signor Presidente, la Grecia oggi ha dei rapporti molto difficili con l’Europa.
Se la Grecia uscisse dalla zona euro, la Russia sarebbe pronta a darle appoggio politico nonché prestarle assistenza economica?
«Noi sviluppiamo le relazioni con la Grecia indipendentemente dal fatto che sia membro dell’Unione Europea e della Nato o si trovi nella zona euro.
Abbiamo con questo Paese rapporti storici, molto vicini e di buon partenariato, ma è una scelta sovrana del popolo greco di stare in certe unioni o zone.
Non conosciamo cosa succederà in futuro, ecco perché tirare ad indovinare adesso sarebbe errato ed anche controproducente sia per l’economia europea sia per quella greca».
In questa stanza quattro imperatori russi ci guardano.
Quale figura storica, quale personaggio la ispira più di tutti?
Vladimir Putin sorride.
Sa che la domanda è a tesi.
Più volte ha detto che il suo Zar preferito è Alessandro III, l’imperatore secondo il quale «la Russia ha due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta».
Ma questa volta sta in guardia: «Quando mi fanno questa domanda preferisco dribblarla perché poi si fanno diverse interpretazioni.
Perciò preferisco rispondere che cerco di non avere degli idoli.
Mi attengo nel mio lavoro agli interessi del popolo russo, basandomi su tutto ciò che è stato accumulato nel tempo passato, ma avendo presente le condizioni della vita ai giorni nostri.
Sia nella nostra Storia, che in quella europea e mondiale ci sono stati molti degni esempi di leadership.
Ma tutte queste persone vivevano e lavoravano in certe condizioni.
La cosa principale è essere onesto con se stesso e con le persone che ti hanno affidato questo lavoro».
Tratto da (CLICCA QUI)
RUSSIA, PARLA DUGIN … “ISIS STRUMENTO DEGLI USA, STIAMO ANDANDO VERSO IL DISASTRO”
Russia, parla Dugin, il guru di Putin: "Isis strumento degli Usa, stiamo andando verso il disastro"
Pubblicato su 25 Giugno 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI – CM in POLITICA
Pubblicato su 25 Giugno 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI – CM in POLITICA
Già professore all’Università di Mosca, Alexander Dugin è politologo e filosofo russo tra i più vicini al Cremlino. Lo abbiamo intervistato in occasione della presentazione svoltasi ieri a Milano del libro Rinascita di un Impero. La Russia di Vladimir Putin (Circolo Proudhon Edizioni) organizzata dal quotidiano online L’Intellettuale Dissidente e dall’Associazione Culturale Lombardia-Russia presidiata da Gianluca Savoini.
In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo?
«Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare …
In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo?
«Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare …
Già professore all’Università di Mosca, Alexander Dugin è politologo e filosofo russo tra i più vicini al Cremlino. Lo abbiamo intervistato in occasione della presentazione svoltasi ieri a Milano del libro Rinascita di un Impero. La Russia di Vladimir Putin (Circolo Proudhon Edizioni) organizzata dal quotidiano online L’Intellettuale Dissidente e dall’Associazione Culturale Lombardia-Russia presidiata da Gianluca Savoini.
In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo?
«Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare dei mesi o degli anni cosa succederà. È importante perché io sono il primo uomo che è stato sanzionato dagli americani per le sue idee: per i miei pensieri, per le mie dichiarazioni. Io non faccio parte di nessun gruppo terroristico, sono un intellettuale. Questo è emblematico. La democrazia liberale arriva in un momento di contraddizione: nel nome della libertà di espressione si sanzionano le personalità che esprimono opinioni diverse dal Pensiero unico. L’Occidente condanna i totalitarismi, eccetto il terzo totalitarismo, che è quello liberale che censura nel nome della libertà di pensiero e di espressione. La nostra è una realtà orwelliana, o peggio, viviamo nel “migliore dei mondi” di Huxley: il nostro è un totalitarismo soft».
Dall’altra parte, anche Vladimir Putin ha stilato una lista di personalità non gradite. Tra queste vi è anche un intellettuale, se così possiamo chiamarlo: Bernard-Henry Levy…
«Si tratta di una provocazione. Bernard-Henri Levy è un mio nemico diretto. Ha fatto una lezione intera a Kiev contro il mio libro La quarta teoria politica. Ha criticato le mie idee, è a favore del governo golpista ucraino, appoggia il nazionalismo e il liberalismo russofobo. Le sanzioni non sono solo contro di lui, ma anche contro altri personaggi come il leader dei Verdi francesi Daniel Cohn Bendit. Putin ha quindi ricambiato, si tratta di una risposta alle sanzioni. In più i nomi nella lista non sono intellettuali ma vere e proprie spie…».
Vladimir Putin è stato tagliato fuori dall’ultimo G7, ma in compenso Matteo Renzi lo ha accolto festosamente a Milano quando è venuto a visitare l’Expo. Non c’è una schizofrenia in questo atteggiamento?
«La volontà di escludere la Russia dal G7 è stata puramente simbolica. Pensate che il summit divenne G8 dopo il crollo del muro di Berlino con la presa del potere di Boris Elstin, il quale ha tradito allora la Russia. Il suo invito è legato alla perdita di sovranità del nostro Paese. Quando la Russia con Putin ha riacquistato maggiore sovranità è stata tagliata fuori. Per i russi questa non è di un’umiliazione ma un premio».
E riguardo alle sanzioni economiche europee che opinione si è fatto?
«Credo i Paesi europei abbiano tutte le ragioni per continuare a cooperare con la Russia. Per motivi economici, energetici, finanziari, industriali e commerciali, le sanzioni non giovano ai loro interessi. Le società europee non possono comprendere il perché di queste sanzioni, non ci sono basi economiche. Eppure i vertici di Bruxelles, tutti i capi europei, sono schizofrenici. Da una parte hanno interesse a cooperare con i russi, dall’altro invece non sono liberi per colpa della volontà statunitense per cui c’è una situazione di equilibrismo. Il mondo unipolare diretto da Washington ci porta al disastro e Matteo Renzi è ostaggio di queste relazioni internazionali».
Quali sono le conseguenze per noi italiani, un Paese storicamente legato alla Russia?
«È il Nord dell’Italia che paga soprattutto questa politica delle sanzioni. Di meno, invece, la Russia che ha rapporti commerciali anche con il mercato asiatico. Penso all’export italiano legato all’agricoltura, all’artigianato, ai prodotti industriali».
Parliamo di politica internazionale. Lei sembra convinto che ci sia un collegamento tra gli Stati Uniti e l’Isis.
«È evidente che il fondamentalismo islamico è stato manipolato fin dall’inizio dagli americani. Inizialmente è stato lo strumento per la lotta ai movimenti islamici filo-sovietici, poi è stato il pretesto e il nemico perfetto per le battaglie degli Stati Uniti in Medio Oriente, così dalla guerra in Afghanistan in poi. Credo che l’Isis non sia una realtà omogenea, all’interno ci sono diverse correnti, e una di queste è legata a doppio filo con gli Stati Uniti, ci sono documenti che lo dimostrano tra questi anche quelli di Edward Snowden. La politica estera americana tradizionalmente governa attraverso il caos e l’Isis fomenta questo caos».
Il fondamentalismo islamico è stato affrontato dal governo russo negli anni della guerra in Cecenia. In che modo? Come possiamo noi europei sconfiggere l’Isis?
«La Russia ha utilizzato una strategia delle divisioni tra un Islam tradizionale, euroasiatico, un islam politico, artificiale e antitradizionale, antisufista. Facendo questa divisione noi siamo riusciti a separare due rappresentazioni appoggiando l’islam tradizionale, garantendo molte libertà ai capi tradizionali. Detto ciò, i musulmani tradizionali hanno ricevuto più di quello che immaginassero. Anche il potere, la libertà di introdurre le leggi islamiche nella società, come nella Cecenia; ma il prezzo era quello di lasciare l’islam radicale, politico, atlantista. Questa è la doppia anima dell’islam, esistono correnti tradizionalisti e correnti pro-americane e pro-saudite che sono pericolose».
Nel Caucaso fa presa l’Isis sui musulmani?
«Al Nord del Caucaso ci sono piccoli gruppi legati all’Isis, ma non i numero tale da mettere in pericolo la nostra sicurezza. L’Islam tradizionale riconosciuto in Russia fa la guerra a queste frange».
Recentemente nei Paesi Baltici c’è un dispiegamento delle forze militari della Nato. Sempre al Nord dell’Europa, nei Paesi Scandinavi, la Russia ha ammonito il governo svedese qualora dovesse entrare nella Nato. Cosa sta succedendo da quelle parti?
«Gli americani spingono l’Europa alla guerra con la Russia. Giocano sui rancori e i risentimenti storici tra il nostro Paese e i Paesi dell’Est europeo. La Russia non ha interesse in questo conflitto e vuole evitarlo a tutti i costi».
«Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare dei mesi o degli anni cosa succederà. È importante perché io sono il primo uomo che è stato sanzionato dagli americani per le sue idee: per i miei pensieri, per le mie dichiarazioni. Io non faccio parte di nessun gruppo terroristico, sono un intellettuale. Questo è emblematico. La democrazia liberale arriva in un momento di contraddizione: nel nome della libertà di espressione si sanzionano le personalità che esprimono opinioni diverse dal Pensiero unico. L’Occidente condanna i totalitarismi, eccetto il terzo totalitarismo, che è quello liberale che censura nel nome della libertà di pensiero e di espressione. La nostra è una realtà orwelliana, o peggio, viviamo nel “migliore dei mondi” di Huxley: il nostro è un totalitarismo soft».
Dall’altra parte, anche Vladimir Putin ha stilato una lista di personalità non gradite. Tra queste vi è anche un intellettuale, se così possiamo chiamarlo: Bernard-Henry Levy…
«Si tratta di una provocazione. Bernard-Henri Levy è un mio nemico diretto. Ha fatto una lezione intera a Kiev contro il mio libro La quarta teoria politica. Ha criticato le mie idee, è a favore del governo golpista ucraino, appoggia il nazionalismo e il liberalismo russofobo. Le sanzioni non sono solo contro di lui, ma anche contro altri personaggi come il leader dei Verdi francesi Daniel Cohn Bendit. Putin ha quindi ricambiato, si tratta di una risposta alle sanzioni. In più i nomi nella lista non sono intellettuali ma vere e proprie spie…».
Vladimir Putin è stato tagliato fuori dall’ultimo G7, ma in compenso Matteo Renzi lo ha accolto festosamente a Milano quando è venuto a visitare l’Expo. Non c’è una schizofrenia in questo atteggiamento?
«La volontà di escludere la Russia dal G7 è stata puramente simbolica. Pensate che il summit divenne G8 dopo il crollo del muro di Berlino con la presa del potere di Boris Elstin, il quale ha tradito allora la Russia. Il suo invito è legato alla perdita di sovranità del nostro Paese. Quando la Russia con Putin ha riacquistato maggiore sovranità è stata tagliata fuori. Per i russi questa non è di un’umiliazione ma un premio».
E riguardo alle sanzioni economiche europee che opinione si è fatto?
«Credo i Paesi europei abbiano tutte le ragioni per continuare a cooperare con la Russia. Per motivi economici, energetici, finanziari, industriali e commerciali, le sanzioni non giovano ai loro interessi. Le società europee non possono comprendere il perché di queste sanzioni, non ci sono basi economiche. Eppure i vertici di Bruxelles, tutti i capi europei, sono schizofrenici. Da una parte hanno interesse a cooperare con i russi, dall’altro invece non sono liberi per colpa della volontà statunitense per cui c’è una situazione di equilibrismo. Il mondo unipolare diretto da Washington ci porta al disastro e Matteo Renzi è ostaggio di queste relazioni internazionali».
Quali sono le conseguenze per noi italiani, un Paese storicamente legato alla Russia?
«È il Nord dell’Italia che paga soprattutto questa politica delle sanzioni. Di meno, invece, la Russia che ha rapporti commerciali anche con il mercato asiatico. Penso all’export italiano legato all’agricoltura, all’artigianato, ai prodotti industriali».
Parliamo di politica internazionale. Lei sembra convinto che ci sia un collegamento tra gli Stati Uniti e l’Isis.
«È evidente che il fondamentalismo islamico è stato manipolato fin dall’inizio dagli americani. Inizialmente è stato lo strumento per la lotta ai movimenti islamici filo-sovietici, poi è stato il pretesto e il nemico perfetto per le battaglie degli Stati Uniti in Medio Oriente, così dalla guerra in Afghanistan in poi. Credo che l’Isis non sia una realtà omogenea, all’interno ci sono diverse correnti, e una di queste è legata a doppio filo con gli Stati Uniti, ci sono documenti che lo dimostrano tra questi anche quelli di Edward Snowden. La politica estera americana tradizionalmente governa attraverso il caos e l’Isis fomenta questo caos».
Il fondamentalismo islamico è stato affrontato dal governo russo negli anni della guerra in Cecenia. In che modo? Come possiamo noi europei sconfiggere l’Isis?
«La Russia ha utilizzato una strategia delle divisioni tra un Islam tradizionale, euroasiatico, un islam politico, artificiale e antitradizionale, antisufista. Facendo questa divisione noi siamo riusciti a separare due rappresentazioni appoggiando l’islam tradizionale, garantendo molte libertà ai capi tradizionali. Detto ciò, i musulmani tradizionali hanno ricevuto più di quello che immaginassero. Anche il potere, la libertà di introdurre le leggi islamiche nella società, come nella Cecenia; ma il prezzo era quello di lasciare l’islam radicale, politico, atlantista. Questa è la doppia anima dell’islam, esistono correnti tradizionalisti e correnti pro-americane e pro-saudite che sono pericolose».
Nel Caucaso fa presa l’Isis sui musulmani?
«Al Nord del Caucaso ci sono piccoli gruppi legati all’Isis, ma non i numero tale da mettere in pericolo la nostra sicurezza. L’Islam tradizionale riconosciuto in Russia fa la guerra a queste frange».
Recentemente nei Paesi Baltici c’è un dispiegamento delle forze militari della Nato. Sempre al Nord dell’Europa, nei Paesi Scandinavi, la Russia ha ammonito il governo svedese qualora dovesse entrare nella Nato. Cosa sta succedendo da quelle parti?
«Gli americani spingono l’Europa alla guerra con la Russia. Giocano sui rancori e i risentimenti storici tra il nostro Paese e i Paesi dell’Est europeo. La Russia non ha interesse in questo conflitto e vuole evitarlo a tutti i costi».
di Sebastiano Caputo
PUTIN CONTRO L’ORDINE MONDIALE UNILATERALE DEGLI USA
PUTIN ALL’EUROPA: “NON SIETE STANCHI DI ESSERE SERVI ECONOMICI DEGLI USA?”- LE SANZIONI STANNO AMMAZZANDO NOI E VOI: FATEVI FURBI! ECCO LA CLAMOROSA PROPOSTA DEL LEADER RUSSO
La “sorprendente” proposta della Russia all’Ue: stracciate il TTIP e unitevi all’Unione Eurasiatica
La “sorprendente” proposta della Russia all’Ue: stracciate il TTIP e unitevi all’Unione Eurasiatica
Deciderà l’Europa di averne avuto abbastanza dell’eutanasia economica imposta dalle sanzioni a Mosca volute dagli Usa?
Appare sempre più evidente come le sanzioni decise dall’UE e dagli Usa alla Russia in seguito alla crisi ucraina e più in generale il blocco finanziario contro Mosca abbiano prodotto le sue conseguenze più nefaste contro i paesi membri dell’Ue.
La Germania è stata la prima ad ammetterlo alla fine del 2014 con la sua economia ormai sull’orlo della recessione.
Ma si tratta di una considerazione ormai di uso comune all’interno dell’Ue.
La Germania è stata la prima ad ammetterlo alla fine del 2014 con la sua economia ormai sull’orlo della recessione.
Ma si tratta di una considerazione ormai di uso comune all’interno dell’Ue.
L’ex primo ministro italiano Romano Prodi, ad esempio, ha scritto sul Messaggero che un’economia russa debole non è desiderabile e profittevole per l’Italia.
Secondo Prodi le sanzioni alla Russia per la crisi ucraina e l’abbassamento dei prezzi del petrolio e del gas faranno crollare il Pil russo del 5% annuo, determinando, a sua volta, un crollo delle esportazioni italiane del 50% nel paese.
Secondo Prodi le sanzioni alla Russia per la crisi ucraina e l’abbassamento dei prezzi del petrolio e del gas faranno crollare il Pil russo del 5% annuo, determinando, a sua volta, un crollo delle esportazioni italiane del 50% nel paese.
In altre parole, scrive Zero Hedge, il mondo sta iniziando ad avvicinarsi ad un periocoloso punto di rottura: non è tanto l’esposizione finanziaria alla Russia, o la minaccia di un contagio finanziario che Mosca potrebbe soffrire.
Ma, peggio, è una questione molto più semplice che condurrà ad un’atroce sofferenza per i paesi europei: la mancanza di commercio con un partner strategico fondamentale in una fase di crisi già drammatica.
Mentre le Banche centrali possono continuare a monetizzare e ritardare il punto di rottura, creando bolle azionarie senza precedenti per gonfiare la fiducia di investitori e consumatori nel breve periodo, non possono “stampare commercio”, che resta il più importante veicolo di crescita nel sistema globalizzato attuale.
In questo contesto un articolo della Deutsche Wirtschafts Nachrichten va controcorrente ma nella giusta direzione nello scrivere come la Russia ha una proposta “sorprendente” verso l’Europa che questa dovrebbe prendere in considerazione, vale a dire rinunciare all’area di libero mercato con l’Usa – che impone la perdita di commercio con la Russia e quindi l’ennesimo anno di crollo economico – e unirsi all’Unione economica euroasiatica.
Dall’articolo si legge: “La Russia ha presentato una proposta sorprendente per superare le tensioni con l’Unione Europea: l’Ue dovrebbe rinunciare all’accordo di area di libero scambio con gli Stati Uniti, il TTIP, ed entrare come partner nella nuova Unione Economica Euroasiatica. Un’area di libero scambio con i vicini che avrebbe sicuramente più senso che un accordo con gli Usa. Sicuramente lo avrebbe ma poi come come potrà l’Europa fingere indignazione quando la NSA si trova ad aver spiato ancora una volta uno dei sui “partner commerciali più stretti?”
Vladimir Chizhov, l’ambasciatore russo presso l’Unione Europea, ad Euobserver ha dichiarato: “La nostra idea è quella di iniziare contatti ufficiali tra l’Ue e l’EAEU il prima possibile.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di questo non tanto tempo fa.
Le sanzioni dell’UE alla Russia non sono un ostacolo.
Credo che il senso comune ci consigli di esplorare la possibilità di stabilire uno spazio comune economico nella regione euro-asiatica, incluso il focus nei paesi dell’Eastern Partnership [una politica Ue con legami più stretti con Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldovae Ucraina]”.
E ancora: “Potremmo pensare ad una zona di area di libero scambio che inglobi tutte le parti interessate in Eurasia”.
Chizhov descrive la possibilità come un’opportunità molto migliore per i paesi dell’Unione Europea: “Pensate saggio spendere così tante energie politiche per un’area con gli Usa mentre avete partner naturali così vicini da casa?”, ha dichiarato l’ambasciatore.
E quindi la palla è oggi nelle mani dell’Europa: con la sua recessione che da triple-dip sta per divenire quadrupla e con l’unica risposta che resta una spinta monetaria da una Banca centrale controllata da Goldman Sachs finalizzata a distruggere ulteriormente la classe media a favore di pochi fortunati, deciderà l’Europa di averne avuta abbastanza e spostare i suoi obiettivi strategici e di commercio dall’occidente – parlando del TTIP, il ministro dell’agricoltura tedesco ha recentemente dichiarato: “Non possiamo proteggere ogni slasiccia” –verso oriente?
Considerando che gli interessi delle corporazioni multinazionali e finanziarie che spingono verso il TTIP sono oggi dominanti attraverso le burocrazie non elette di Bruxelles, conclude Zero Hedge, la risposta è negativa.
E considerando che sono Renzi, Gentiloni e Mogherini a dover rappresentare gli interessi strategici nazionali, dall’Italia non possiamo attenderci altro che cieco servilismo all’”alleato” americano.
Ma, peggio, è una questione molto più semplice che condurrà ad un’atroce sofferenza per i paesi europei: la mancanza di commercio con un partner strategico fondamentale in una fase di crisi già drammatica.
Mentre le Banche centrali possono continuare a monetizzare e ritardare il punto di rottura, creando bolle azionarie senza precedenti per gonfiare la fiducia di investitori e consumatori nel breve periodo, non possono “stampare commercio”, che resta il più importante veicolo di crescita nel sistema globalizzato attuale.
In questo contesto un articolo della Deutsche Wirtschafts Nachrichten va controcorrente ma nella giusta direzione nello scrivere come la Russia ha una proposta “sorprendente” verso l’Europa che questa dovrebbe prendere in considerazione, vale a dire rinunciare all’area di libero mercato con l’Usa – che impone la perdita di commercio con la Russia e quindi l’ennesimo anno di crollo economico – e unirsi all’Unione economica euroasiatica.
Dall’articolo si legge: “La Russia ha presentato una proposta sorprendente per superare le tensioni con l’Unione Europea: l’Ue dovrebbe rinunciare all’accordo di area di libero scambio con gli Stati Uniti, il TTIP, ed entrare come partner nella nuova Unione Economica Euroasiatica. Un’area di libero scambio con i vicini che avrebbe sicuramente più senso che un accordo con gli Usa. Sicuramente lo avrebbe ma poi come come potrà l’Europa fingere indignazione quando la NSA si trova ad aver spiato ancora una volta uno dei sui “partner commerciali più stretti?”
Vladimir Chizhov, l’ambasciatore russo presso l’Unione Europea, ad Euobserver ha dichiarato: “La nostra idea è quella di iniziare contatti ufficiali tra l’Ue e l’EAEU il prima possibile.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di questo non tanto tempo fa.
Le sanzioni dell’UE alla Russia non sono un ostacolo.
Credo che il senso comune ci consigli di esplorare la possibilità di stabilire uno spazio comune economico nella regione euro-asiatica, incluso il focus nei paesi dell’Eastern Partnership [una politica Ue con legami più stretti con Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldovae Ucraina]”.
E ancora: “Potremmo pensare ad una zona di area di libero scambio che inglobi tutte le parti interessate in Eurasia”.
Chizhov descrive la possibilità come un’opportunità molto migliore per i paesi dell’Unione Europea: “Pensate saggio spendere così tante energie politiche per un’area con gli Usa mentre avete partner naturali così vicini da casa?”, ha dichiarato l’ambasciatore.
E quindi la palla è oggi nelle mani dell’Europa: con la sua recessione che da triple-dip sta per divenire quadrupla e con l’unica risposta che resta una spinta monetaria da una Banca centrale controllata da Goldman Sachs finalizzata a distruggere ulteriormente la classe media a favore di pochi fortunati, deciderà l’Europa di averne avuta abbastanza e spostare i suoi obiettivi strategici e di commercio dall’occidente – parlando del TTIP, il ministro dell’agricoltura tedesco ha recentemente dichiarato: “Non possiamo proteggere ogni slasiccia” –verso oriente?
Considerando che gli interessi delle corporazioni multinazionali e finanziarie che spingono verso il TTIP sono oggi dominanti attraverso le burocrazie non elette di Bruxelles, conclude Zero Hedge, la risposta è negativa.
E considerando che sono Renzi, Gentiloni e Mogherini a dover rappresentare gli interessi strategici nazionali, dall’Italia non possiamo attenderci altro che cieco servilismo all’”alleato” americano.
Tratto da (CLICCA QUI)
MENTRE LO CERCAVANO OVUNQUE, PUTIN GUIDAVA UNA RIVOLUZIONE SILENZIOSA
Nelle ultime settimane, due le principali notizie che hanno riguardato la Russia: la sparizione di Vladimir Putin per nove giorni, di cui ci siamo occupati nell'articolo La guerra nucleare e i suoi nemici, in merito al presunto tentativo di attacco nucleare da parte statunitense e britannica alla potenza eurasiatica, e il viaggio a Mosca del Premier greco Alexis Tsipras, con le possibili conseguenze in termini di sostegno russo alla ristrutturazione del debito ellenico (ma anche di possibili riposizionamenti geopolitici).
Dal viaggio a Mosca, sembra che Tsipras abbia ricavato la possibilità per la Grecia di ricevere finanziamenti russi alla realizzazione in territorio greco del gasodtto Turkstream, variante del South Stream elaborata da Mosca, e la possibile sospensione delle sanzioni agricole e alimentari da parte russa (ipotesi formulata anche per i governi di Nicosia e Budapest).
Dal viaggio a Mosca, sembra che Tsipras abbia ricavato la possibilità per la Grecia di ricevere finanziamenti russi alla realizzazione in territorio greco del gasodtto Turkstream, variante del South Stream elaborata da Mosca, e la possibile sospensione delle sanzioni agricole e alimentari da parte russa (ipotesi formulata anche per i governi di Nicosia e Budapest).
L'articolo che segue, scritto in russo da Crimson Alter per Politrussia.com e tradotto anche in italiano da Alessandro Lattanzio di Sito Aurora, fa il punto della situazione, alla luce delle novità economiche (e geopolitiche) rappresentate dall'adesione del Regno Unito alla Banca d'Investimenti cinese e dalla nuova moneta dell'Unione Eurasiatica, di cui è prevista la nascita in tempi non lunghi.
E non solo…
Buona lettura, quindi, in attesa di poter leggere a breve l'articolo Dalla guerra energetica alla guerra valutaria di Mahdi Darius Nazemroaya sul nuovo numero di NEXUS New Times (potete vederne qui l'anteprima)… [Redazione NEXUS]
Mentre lo cercavano ovunque, Putin guidava una rivoluzione silenziosa
Sono sempre sorpreso dalle teorie cospirative sul nostro presidente.
Putin è un uomo politico unico, è estremamente sincero; sincero per quanto possibile date le limitazioni del capo di una superpotenza nucleare.
Lo stile comunicativo di Putin ha inevitabilmente un forte impatto sul lavoro dei suoi subordinati.
Così, quando Peskov disse in diretta Echo of Moscow [stazione radiofonica russa, ndr] che “L’ordine del giorno è ormai molto fitto, soprattutto per la crisi.
Attualmente vi sono comunicazioni continue tra governo, imprese pubbliche e naturalmente banche, ci vuole tempo“, le sue parole sembrano le più affidabili.
Non è necessario fare appello alle teorie del complotto quando economicamente in Russia e all’estero, vi sono cambiamenti realmente rivoluzionari.
Perché i media vi prestano così poca attenzione?
È un altro problema su cui torneremo.
Allora cos’è successo nell’economia internazionale e russa durante la “scomparsa” dagli schermi televisivi di Putin?
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La Cina ha annunciato la creazione di un proprio sistema di pagamento interbancario, analogo al SWIFT, entro la fine del 2015. Dicembre 2015 – gennaio 2016 sarà il momento in cui la guerra economica tra Stati Uniti e resto del mondo entrerà nella fase attiva.
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Putin ha incaricato il Ministero delle Finanze e la Banca centrale di sviluppare un piano per finanziare la costruzione di centrali elettriche in Crimea. Secondo il Ministro dell’Energia Novak: “La Banca centrale in questo caso ci permette di eseguire un’operazione finanziaria per fornire liquidità alle banche creditrici… Una richiesta è stata presentata a Banca Centrale e Ministero delle Finanze per preparare e presentare un piano finanziario… per il pagamento degli interessi sui prestiti, per circa 80 miliardi di rubli”. Secondo la Costituzione (durante la colonizzazione occidentale negli anni ’90 – Kristina Rus) Putin (o Medvedev) non avrebbero avuto diritto d’impartire istruzioni alla Banca centrale. La banca centrale è indipendente ma si scopre che in realtà non lo è affatto. Se l’ordine del presidente viene eseguito come indicato da Novak (la Banca Centrale finanzia le banche che finanziano le società russe per la costruzione di centrali elettriche in Crimea), allora avremo ciò che i patrioti di tutti i tipi hanno a lungo chiesto: la Banca centrale che finanzia lo sviluppo economico del proprio Paese. Una rivoluzione. Una rivoluzione silenziosa. Inoltre, mutui e prestiti agricoli saranno sovvenzionati, un altro grande successo.
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Dopo l’approvazione da parte del Governo, la Banca centrale del Kazakistan ha annunciato un piano per la de-dollarizzazione dell’economia entro la fine del 2016. L’obiettivo principale è sbarazzarsi dell’instabilità macroeconomica creata dalla valuta statunitense. Nazarbaev è un politico dalla grande intuizione e con seri legami con Pechino e Mosca. L’approvazione definitiva ed immediata della politica di de-dollarizzazione è un chiaro segnale della posizione del Kazakistan nell’ambito dell’acuto scontro economico imminente.
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Il 10 marzo 2015, il Presidente Putin ha incaricato la Banca centrale della Federazione russa e il governo a determinare la fattibilità della creazione di un’unione monetaria dell’UEE (Unione eurasiatica). RIA Novosti ha rivelato che la nuova valuta dell’UEE, Altyn (o Evraz) potrebbe apparire nel 2016.
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Goldman Sachs, una delle maggiori banche degli Stati Uniti, controllore occulto della FED e “portfolio” dell’élite mondiale che Khazin chiama “agenti di Rothschild”, ha fatto una previsione… raccomandando l’acquisto di obbligazioni russe. Si, avete letto bene: acquistare obbligazioni russe! La massima banca degli USA consiglia l’acquisto di titoli del Paese che secondo Obama avrebbe l’economia “a pezzi!”
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La Gran Bretagna desidera entrare nel capitale della Banca di investimenti infrastrutturali asiatica, l’istituzione finanziaria internazionale che la Cina ha fondato per contrapporsi e sostituire la Banca Mondiale controllata dagli Stati Uniti. Un affronto mondiale di Londra verso Washington. La reazione di Washington ricorda la reazione di uno zoticone razzista che sorprende la moglie inglese a letto con l’amichetto cinese: furiosa. Un alto funzionario dell’amministrazione Obama ha detto al Financial Times che l’iniziativa inglese di entrare nel piano del capitale cinese “non è il modo migliore di comportarsi con una potenza emergente“. “La potenza emergente” per gli Stati Uniti traditi è la Cina! La cosa interessante è che Londra non s’è presa nemmeno la briga di rispondere all’indignazione di Washington.
In questo contesto, è facile vedere quanto Putin sia occupato.
Ha domato la Banca centrale e ha mantenuto i contatti internazionali e fatto sì che la Russia sia al vertice quando le tensioni nel conflitto economico globale saranno finite.
Fin qui tutto bene.
La vittoria sarà nostra.
Tratto da (CLICCA QUI)
PUTIN – NOI RITENIAMO LA REAZIONE DELL’OCCIDENTE INADEGUATA
A PROPOSITO DI AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI !!!
ASCOLTATE ATTENTAMENTE COSA DICE PUTIN.
https://www.dailymotion.com/video/x2gmx2n_putin-noi-riteniamo-la-reazione-dell-occidente-inadeguata-ita_news
LA RUSSIA TENDE LA MANO AD ATENE … VI AIUTIAMO NOI.
giovedì, 29, gennaio, 2015
Mosca non s’è fatta sfuggire l’apertura offerta da Atene che, per premere su Bruxelles, ha preso le distanze dalle sanzioni Ue sulla vicenda dell’Ucraina.
La Russia sarebbe disposta a fornire degli aiuti finanziari alla Grecia, dopo che il nuovo governo ellenico ha messo in dubbio l’opportunità di nuove sanzioni europee – par la cui approvazione serve l’unanimità – nei confronti di Mosca: lo ha affermato il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov, intervistato dall’emittente televisiva Cnbc.
Siluanov ha precisato che da Atene non è giunta alcuna richiesta in tal senso, ma non ha escluso l’ipotesi di un accordo se una tale richiesta venisse presentata: “Possiamo immaginare qualunque cosa, dunque se una tale richiesta venisse sottoposta al governo russo la prenderemmo certamente in considerazione, valutando anche tutti gli aspetti dei rapporti bilaterali fra Grecia e Russia“.
Alexis Tsipras, tra i primissimi atti dopo la schiacciante vittoria elettorale, s’era subito affrettato a prendere le distanze dall’Europa sull’ipotesi di ulteriori sanzioni alla Russia.
Con una nota formale rivolta a Bruxelles, il neo premier greco ha espresso una obiezione formale al comunicato di ieri mattina dell’Ue nel quale si parla della “responsabilità” di Mosca nel “deterioramento della situazione nell’Est dell’Ucraina” e si evoca l’ipotesi di nuove sanzioni.
Tsipras ha sostenuto che il governo di Atene non era stato consultato precedentemente e il suo silenzio non poteva essere considerato, come solitamente avviene, un tacito consenso.
askanews