ATTUALITA

RILEVANZA GIURIDICA DEL POPOLO VENETO


L'OGVP, in considerazione della sovranità di cui è detentore il Popolo Veneto, riconosce la sua posizione giuridicamente rilevante rispetto ad ogni altro soggetto giuridico riconosciuto sia pubblico che privato.
La norma serve a determinare la rilevanza e la preminenza di qualunque interesse giuridico che investa il Popolo Veneto quale soggetto dotato di personalità giuridica primaria, rispetto all'interesse di qualsiasi altro soggetto giuridico riconosciuto sia pubblico che privato.

CONCLUSIONE DELLA FASE DI TRANSIZIONE


Le ragioni dell’esistenza del MLNV e del GVP sono limitate al conseguimento del ripristino di sovranità del Popolo Veneto, fatto ciò il MLNV ha raggiunto il suo scopo e non ha più motivo di esistere.
Il MLNV e il GVP devono infatti garantire il democratico e naturale processo di ripristino della Nazione Veneta in tutti i suoi aspetti.
La conclusione della fase di transizione è determinata dall'instaurazione delle nuove Istituzioni previste dall'Ordinamento Giuridico che il Popolo Veneto avrà deciso di darsi secondo i tempi e modi che riterrà di fare e sarà sancita con la proclamazione (anche unilaterale) dell'incondizionato e totale ripristino di sovranità del Popolo Veneto sulle proprie terre.

ART.3: PRINCIPIO DI LEGALITA’ E CRITERI DI ATTUAZIONE

Il principio di legalità afferma che tutti gli organi dello Stato sono tenuti ad agire secondo la legge in modo formale e sostanziale.

Tale principio ammette che il potere venga esercitato in modo discrezionale, ma non in modo arbitrario.

Sotto il profilo formale, il principio di legalità conferisce alla pubblica amministrazione la giurisdizione e i soli poteri conferiti dalla legge.

Sotto il profilo sostanziale, il principio di legalità conferisce alla pubblica amministrazione sia la giurisdizione che la facoltà di esercizio dei loro poteri in conformità con i contenuti prescritti dalla legge.

L’amministrazione è tenuta non solo a perseguire i fini determinati dalla legge (legalità-indirizzo), ma anche a operare in conformità alle disposizioni normative stesse (legalità-garanzia).

L’Amministrazione del Governo Veneto Provvisorio (GVP), agisce in tutte le sue espressioni ed articolazioni attraverso l’emanazione, l’applicazione e il potere di far osservare le norme emanate.

 

ART.1: OGVP ELEMENTI FONDAMENTALI

L’OGVP è costituito dall’insieme delle norme emanate dal Governo Veneto Provvisorio (GVP) in tutte le sue espressioni ed articolazioni.
Tutte le norme sono subordinate e tenute al rispetto di questi elementi fondamentali:

  • il Creato ovvero la Natura universale in tutte le sue espressioni;
  • la Persona umana in vita, sovrana del proprio corpo fisico, della propria sfera intellettuale e della propria sfera spirituale
  • il Popolo Veneto, soggetto originario fonte e destinatario delle norme

Tutte le norme giuridiche devono uniformarsi ai seguenti criteri:

  • devono essere di carattere generale e fondamentali per la vita del Paese
  • devono essere fra loro coerenti e coordinate
  • devono essere armonizzate alla tipicità culturale e alla tradizione veneta
  • devono essere comprensibili, sintetiche e semplici.

Tale ordinamento deve consentire al Popolo di identificarsi nelle leggi che lo governano e non di subirle.

Le norme giuridiche sono suddivise  in base alle competenze territoriali, ovvero:

  • NORME FEDERALI quelle emanate dal GVP attraverso il Consiglio Federale Provvisorio.
  • NORME STATALI quelle emanate dal GVP attraverso i Consigli di Contea e applicabili a materie di specifica competenza degli Stati federati.
  • NORME MUNICIPALI quelle emanate dal GVP attraverso i Consigli Distrettuali e applicabili a materie di specifica competenza delle Municipalità.
  • REGOLAMENTI ovvero tutti gli atti normativi emanati da organi dello stato, enti pubblici e privati per disciplinare determinate materie o il proprio funzionamento.
  • CONSUETUDINI ed  USI (dette anche fonti non scritte) che si ispirano e si richiamano alle tradizioni e alla tipicità culturale del Popolo Veneto.

Tutte le norme sono emanate e applicabili secondo il criterio di competenza attribuito alla “Fonte” stessa della norma, (Federale – Contea – Municipalità), determinandone l’eventuale vizio di competenza.
A tutte le norme si applica il criterio temporale per cui l’emanazione successiva di una norma prevale su quella precedente ad eccezione per talune specifiche e limitate deroghe.
Le norme giuridiche sono suddivise  in base ai criteri di applicazione, ovvero:

  • DECRETI
    Un decreto è un provvedimento provvisorio avente forza di legge.
    Entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale del Governo Provvisorio.
    Il Governo Provvisorio emette solo ed esclusivamente decreti legge che devono ispirarsi ai principi generali e consuetudinari universalmente accettati.
  • TRATTATI
    Un trattato internazionale è una delle principali fonti del diritto internazionale e consiste nell’incontro delle volontà di due o più Stati diretti a disciplinare rapporti intercorrenti tra essi.
    Nella prassi si usano anche altre denominazioni, quali accordo, patto o convenzione (le ultime due sono di solito adottate per trattati di particolare rilevanza).
    Viene usato anche il termine protocollo, di solito per indicare il trattato con il quale si stabiliscono norme integrative rispetto a quelle contenute in un altro, o si disciplina l’attuazione di un altro trattato in attesa della sua entrata in vigore (protocollo di firma), o viene regolata una questione specifica.
    Tradizionalmente nel testo dei trattati gli Stati tra cui intercorre l’accordo sono denominati alte parti contraenti.
    Essendo fonti di secondo grado, i trattati sono subordinati alle norme consuetudinarie che ne disciplinano il processo di formazione (diritto dei trattati).
  • ORDINANZE
    Nell’Ordinamento Giuridico Veneto Provvisorio (OGVP) con il termine “ordinanza” si designano atti aventi forza di legge urgenti e di prevalente necessità che creano doveri positivi (di fare o dare) o negativi (di non fare) e che entrano in vigore il giorno successivo alla loro emanazione.
    L’ordinanza è emanata dal Governo Veneto Provvisorio in casi eccezionali e di particolare gravità.
    L’ordinanza non comporta deroghe all’OGVP vigente e ha valore temporale limitato e per un massimo di cento (100) giorni e può essere rinnovata una (1) sola volta purché in via continuativa.
    Il presupposto per l’emanazione delle ordinanze urgenti e di prevalente necessità è l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data, in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (urgenza).

IL RISORGIMENTO ITALIANO… TUTTA UN’ALTRA STORIA.

 C'era una volta…
direbbe ancora il cantastorie di fanciullesca memoria…
… eppure ancora oggi c'è chi si ostina a raccontarci le favole.
Il risorgimento italiano è in realtà un mito inesistente.
Veri e propri genocidi, massacri, campi di concentramento e l'esodo di popoli sono il marchio indelebile e il prezzo di questa unità d'italia.
La mistificazione dei 150 anni dell'unità d'italia è un insulto alle vittime innocenti, ai combattenti e patrioti che hanno difeso, anche con l'estremo sacrificio della vita, le loro Patrie.
Un capitolo dedicato alle verità storiche a imperitura memoria delle Nazioni, dei Popoli e di coloro che l'italia ha voluto cancellare dalla storia.
 
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« Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis » « La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, nunzia dell'antichità. »
La storia (dal greco ἱστορία, istorìa) è la disciplina che si occupa dello studio del passato tramite l'uso di fonti, cioè di tutto ciò che possa trasmettere il sapere.
Più precisamente, la storia è la ricerca e la narrazione continua e sistematica di eventi nel passato di importanza per la specie umana , compreso lo studio degli eventi nel corso del tempo e la loro relazione con l'umanità.
(tratto da wikipedia: clicca qui)


 
LA VERA STORIA DEL FALSO RISORGIMENTO ITALIANO
 
La storia della formazione dello Stato italiano è stata cosí mistificata che non è facile fornire un quadro abbastanza fedele di tutti gli avvenimenti che portarono all‘unità. Dal 1860 in poi è stato eretto dal potere italiano un muro di silenzio sia attorno alle vere cause che questa unità hanno originata sia attorno alla resistenza del popolo duosiciliano contro l’occupazione piemontese (il cosiddetto brigantaggio), molti importanti documenti della quale sono stati fatti sparire o tenuti nascosti.
Ancora oggi è impossibile consultare la documentazione archiviata; al suo posto è stata inventata quella ignobile oleografia che con felice espressione Gramsci definí "la biografia nazionale".
 
È necessario innanzitutto precisare che il "risorgimento" italiano, anche nei riguardi del Regno delle Due Sicilie, è stato ed è un grande falso storico oltre che un grandissimo crimine.
Il cosiddetto "risorgimento" fu una martellante propaganda di guerra e rappresenta il classico esempio che la storia viene sempre scritta dal vincitore.
Esso non è stato in realtà che un capitolo della storia dell’imperialismo inglese.
La mistica risorgimentale ci ha abituato a considerare Cavour come un grande statista, un genio della politica.
In realtà la maggior parte delle sue decisioni non furono altro che esecuzioni dei "suggerimenti" che venivano orchestrati da Londra.
La politica imperiale inglese si è sempre basata su due fattori cardini: il mantenimento di una grande potenza navale (the silent power of sea) e l’alimentazione di disordini all’interno degli altri Stati, che venivano cosí distolti dalla politica estera.
L’Inghilterra, per quanto riguarda in particolare il Mediterraneo, perseguí una sua complessa strategia politica che si sviluppò attraverso varie fasi.
Iniziò con l’impossessamento di Gibilterra e, nel 1800, di Malta, che apparteneva alle Due Sicilie, approfittando dei disordini causati dalle guerre di Napoleone.
Poi, intorno al 1850, in previsione dell’apertura del canale di Suez, per essa divenne vitale possedere il dominio del Mediterraneo per potersi collegare facilmente con le sue colonie.
Per questo i suoi obiettivi principali furono l’eliminazione della Russia dal Mediterraneo, contro la quale scatenò la vittoriosa guerra di Crimea nel 1853, e il ridimensionamento dell’influenza politica della Francia nel Mediterraneo.
Il fattore determinante che spinse l’Inghilterra a dare inizio alle modifiche dell’assetto politico della penisola italiana furono gli accordi commerciali tra le Due Sicilie e l’impero russo, che aveva iniziato a far navigare la sua flotta nel Mediterraneo, avendo come base di appoggio i porti delle Due Sicilie.
La Francia, a sua volta, voleva rafforzare la sua influenza sulla penisola italiana, sia con un suo protettorato sullo Stato Pontificio, sia con un suo progetto di mettere un principe francese nelle Due Sicilie.
Per raggiungere questi obiettivi le due potenze si servirono del piccolo Stato savoiardo che, non avendo risorse economiche e militari per fare le sue guerre, dovette vendere alla Francia Nizza e la Savoia, ed era in procinto di vendere anche la Sardegna se non fosse stato fermato dall’Inghilterra che temeva un piú forte dominio della Francia nel bacino mediterraneo.
In Piemonte, infatti, il sistema sociale ed economico era ben povera cosa.
Vi erano solo alcune Casse di risparmio e le istituzioni piú attive erano i Monti di Pietà.
Insomma esistevano solo delle piccole banche e banchieri privati, generalmente d’origine straniera, che assicuravano il cambio delle monete al ridotto mercato piemontese.
In Lombardia non c’era alcuna banca di emissione e le attività commerciali riuscivano ad andare avanti solo perché operava la banca austriaca.
E tutto questo già da solo dovrebbe rendere evidente che prima dell’invasione del Sud, al nord non potevano esserci vere industrie, né vi poteva essere un grande commercio, né i suoi abitanti erano ricchi ed evoluti, come afferma la storiografia ufficiale.
Per il Piemonte, dunque, il problema più urgente era quello di evitare il collasso economico, dato il suo disastroso bilancio, e l’unico modo per venirne fuori era quello offertogli da Inghilterra e Francia che gli promettevano il loro appoggio per l’annessione dei prosperi e ricchi territori delle Due Sicilie e degli altri piccoli Stati della penisola italiana.
Il mezzo con cui l’Inghilterra diede esecuzione a questo disegno fu innanzitutto la propaganda delle idee sul nazionalismo dei popoli e critiche sul "dispotismo oppressivo" dei governi di Austria, Russia e Due Sicilie.
A proposito di "Nazione", bisogna dire che si tratta di un concetto in termini giuridico-politici elaborato a partire dalla Rivoluzione Francese e sviluppatosi soprattutto nell’800.
Questo concetto è stato un’autentica invenzione di un’ideologia molto coinvolgente ed emotiva che è servita, e serve ancora, per tenere insieme le parti e gli interessi di uno Stato.
In tal modo si preparavano psicologicamente le masse a "giustificare" le sommosse popolari poi artatamente sollevate da sovversivi prezzolati, i quali istigavano anche ingenui idealisti, suggestionati da idee libertarie.
Quando poi questi moti scoppiavano, si predicava il principio del "non intervento", spacciandole per "faccende interne" di uno Stato.
Quelli che furono chiamati "moti liberali" venivano fatti scoppiare continuamente ad opera delle sette massoniche, che raggiungevano cosí numerosi scopi: la dimostrazione concreta che i governi erano oppressivi e che il popolo "spontaneamente" si ribellava al dispotismo.
Inoltre, queste sommosse, facendo scatenare la necessaria reazione di quei governi, aggravavano e rendevano verosimili le menzogne propagandate.
Per quanto riguarda le Due Sicilie i moti piú gravi furono quelli del 1820 e del 1848, a cui vanno aggiunti gli episodi degli attentati del 17 dicembre 1856 (scoppio deposito polveri a Napoli con 17 morti) e del 4 gennaio 1857 (nel porto di Napoli saltò in aria la fregata Carlo III con 38 morti), quello del 25 giugno 1857 con lo sbarco di Pisacane e poi le rivolte di Palermo precedenti lo sbarco di Garibaldi.
La regía di queste azioni era del Mazzini collegato direttamente con Londra, il cui governo aveva affidato anche al Cavour l’incarico di far scoppiare sommosse in tutti gli altri Stati italiani, con l’evidente scopo di legittimare l’intervento del Piemonte per sedare i "disordini".
Molti furono i disordini causati, tra l’altro, coll’invio di carabinieri in borghese.
Nel frattempo, in preparazione allo sbarco del Garibaldi, erano stati formati nelle Due Sicilie alcuni centri sovversivi, che assoldavano molti delinquenti per le sommosse e corrompevano alte personalità duosiciliane per agevolare l’avanzata del pirata.

MOVIMENTO DI INDIPENDENZA DELLA NAZIONE NAPOLITANA


Nasce il movimento "Nazione Napolitana Indipendente"…
Un gruppo di persone che amano il proprio popolo e la propria terra si sono riuniti non per depositare e registrare delle regole ed ordinamenti, ma per guardarsi negli occhi, stringersi… a cerchio e giurare di erigersi a barriera a difesa dell'onore e dignità del popolo napolitano.
Dignità negata con soprusi perpetrati sul territorio con devastazione ambientale, sulla persona con negazione dei più elementari diritti alla sacralità di una vita sociale…
E noi in passato popolo forte delle nostre tradizioni di tolleranza ed ospitalità, le stiamo perdendo, barattandole con un' identità meccanica di uno stato colonizzatore, nato per compiacere potenze straniere e per gettarci in una vita distruttiva, senza valori e senza futuro!
Qualcuno dirà : un' altro movimento…
Ancora dispersioni, divisioni, confusioni…
Ma noi vogliamo, anzi dobbiamo ricucire dove altri hanno facilmente strappato, per protagonismo, differenza di vedute, interessi economici…
Non abbiamo il dovere di provare dove altri hanno fallito, provare, provare e riprovare!
Ma non riunire tutte le ideologie in un calderone che sarebbe un chiaro fallimento, già tentato e con esito devastante, con evidente soddisfazione di ascari e traditori al soldo del colonizzatore, che si avvalgono delle briciole di potere e della comoda poltrona concessa, per portare ad attriti e divisioni facendo comodo gioco al sistema corrotto che non ci appartiene…
Noi abbiamo il dovere di provarci, ma per vincere!
E non per gioco o per ricompensa materiale alcuna, perchè dallo spezzare le catene altrui, dallo aiutare a riappropriarsi dei diritti alla propria identità e dignità, non si potrà ricavare che la sola felicità e soddisfazione per il sudore e sangue versato…
Noi non siamo un partito, non abbiamo bisogno di numeri, di quote e di iscrizioni e per questo non cercheremo di crescere cercando di sfaldare o attaccare altri movimenti ed associazioni, ma collaboreremo con loro e cercheremo di trovare un filo conduttore per tutti, che sia l'amore e la difesa del nostro popolo e la nostra terra…
Con i nostri fratelli siciliani che ci accompagnano in una magnifica storia comune millenaria, con il rispetto della loro autodeterminazione di popolo.
Noi dobbiamo essere il legante che è sempre mancato, adattarci, evolverci, perfezionarci per amor di causa, come un liquido che prende forma nel recipiente che lo ospita…
Chiunque si sia prodigato per il bene della nostra terra, sia per la ricerca e divulgazione delle verità storiche, sia a difesa dell'ambiente, sia a difesa dei diritti del'individuo e dello stato sociale oggetto dell'attacco di uno stato nemico, chiunque sia mosso da nobili intenti è nostro fratello ed alleato e merita la nostra ammirazione e rispetto!
Il giorno che tenderemo la mano al nostro rivale, al nostro nemico, a colui che ci ha accoltellato alle spalle, sapendo che potrà aiutarci nella causa comune, avremo vinto!
Noi non badiamo a lustrini e salotti, non amiamo esporci a riflettori, ma amiamo entrare nei vicoli scuri, dove nemmeno il sole riesce ad entrare, dove lo stato è nemico e non vedremo tricolori sbandierati, ma una miriade di panni colorati, cuori pulpitanti di emozioni e di speranza a cui dobbiamo dare voce e forma, noi abbiamo il dovere di non fallire, perchè la causa che abbiamo abbracciato non ci permetterà più di abbandonarla e ci accompagnerà tra gioie, dolori, sacrifici e privazioni…
Noi siamo persone semplici ed umili, ed abbiamo conosciuto la misera condizione umana della sopravvivenza, delle privazioni e denigrazioni, solo questo ci ha rafforzato e spinto ad intraprendere questa strada lastricata di fallimenti e senza possibilità di ritorno, perchè dietro le spalle abbiamo solo il baratro, dietro le spalle una voragine a dismisura che ingoia futuro e dignità…
Perchè è finito il tempo di dire "ho famiglia", tra poco potremo perdere anche quella, tra gli occhi sgomenti dei nostri figli per un futuro incerto e drammatico, tra impietose leggi e discriminazioni di uno stato straniero, che ci portano al cappio come unica via…
Dobbiamo dare voce a chi ha rinunciato a parlare, a chi rassegnato, a chi non ha voce, dobbiamo gridare per chi ha rinunciato a vivere e si trascina in un' esistenza senza valori distruggendo quello che dovrebbe amare…
Abbiamo preso forse un'impegno più grande di noi, ma confidiamo nel vostro aiuto, nel vostro cuore generoso ed impavido, perchè se siete qui a leggerci, significa già molto, significa che qualcosa, qualcuno potrà cambiare…
E se qualcosa o qualcuno potrà cambiare, quel baratro alle spalle sarà sempre più distante e più lontano dai nostri ricordi!
E quel giorno che spero vicino, non avremo più timore a guardare i nostri figli negli occhi ed avremo la forza di non girare lo sguardo e chinare la testa, forti nella nostra condizione di Popolo unito e determinato!
Noi non vogliamo che i nostri figli e di chi a venire, vengano sacrificati in nome del losco dio denaro, su di un'altare di una patria spietata e sanguinaria…Noi con la nostra unica ambizione e pretesa, con il nostro spirito e determinazione, non vogliamo meriti e lusinghe…
Non vogliamo festini e lustrini…
Nè burattini, nè burattinai, ma come uomini Liberi, vogliamo solo essere umili servitori della nostra causa !
 
 

2013.01.02 – IL FEDERALISMO VERO E QUELLO DEI PARTITI ITALIANI

da L'ACCADEMIA DEGLI UNITI:
Inchiesta sul Federalismo e la Democrazie Diretta.
Federalismo, democrazia diretta, Europa dei popoli, quale soluzione all’Unione Europea degli Stati ottocenteschi controllati dalle èlite econimico-politiche, che si nascondono dietro la finta democrazia, ovvero la democrazia rappresentativa, dove l’inefficienza, lo spreco ed i privilegi contrastano con la “fatica di vivere” ed i diritti di partecipazione della maggioranza delle popolazioni.
Penso che un federalista che conosce la materia abbia poco da condividere con la Lega Nord e con i suoi alleati sulla bellissima idea della forma di stato e di governo “Federale”. Infatti:
la Lega accetta l'idea che lo stato sia costituito da un centro di POTERE posto sopra ai cittadini (stato onnipotente e sovrano) fondato su PRINCIPI e VALORI;
per il Federalismo lo stato è un sistema di GARANZIA della libertà e della sovranità dei cittadini a qualunque livello dello stato, sui FATTI e BISOGNI.
La Lega, esattamente come tutti gli altri partiti di regime, accetta l'idea che con la crocetta dell'analfabeta posta sulla scheda elettorale preparata dalle segreterie dei partiti il cittadino ceda ai rappresentanti tutta la sovranità che gli appartiene per diritto naturale;
per il Federalismo la quantità di potere e di sovranità cui ogni avente diritto al voto rinuncia con la scelta dei rappresentanti è sempre inferiore a quella che riserva per sé.
Per la Lega e per i partiti di regime i cittadini sudditi sono chiamati a pagare le imposte e le tasse (oggi abbiamo oltrepassato il 75% di quanto producono), decise dai rappresentanti senza responsabilità diretta;
per il Federalismo le tasse, le imposte ed i balzelli pagati dai cittadini sovrani non possono essere superiori a quanto ricevono complessivamente dallo stato, dalla regione, dalla Provincia e dal Comune sotto forma di benefici e servizi e sono controllate direttamente dai cittadini sovrani con i Referendum legislativi.
Per la Lega (come per gli altri partiti di regime) lo stato ha il diritto di espropriare i cittadini imponendo loro con la forza di pagare le tasse e le imposte decise dai loro rappresentanti;
per il Federalismo i cittadini possono abrogare leggi esistenti sulle tasse e sulle imposte o possono cambiarle o deliberarne di nuove se lo ritengono vantaggioso e necessario per il bene di tutti.
Per la Lega i cittadini possono continuare ad essere sudditi della monarchia partitocratica insediata in parlamento;
per il Federalismo ogni cittadino sovrano deve conservare tutta la propria libertà, sovranità ed iniziativa meno la parte relativa all'oggetto specifico per il quale il "contratto politico" (limitato ai FATTI limitati della vita sociale) è stipulato e per la quale si chiede la garanzia allo Stato federale.
La Lega accetta e condivide il centralismo statale e regionale;
il Federalismo nega ogni tipo di potere centralista e suddivide il potere dello stato fra i suoi organi ai vari livelli istituzionali in relazione alle competenze specifiche loro attribuite e sotto il controllo diretto dei cittadini sovrani.
La Lega accetta il presidenzialismo con ampi poteri;
il vero Federalismo predilige un Direttorio formato da pochissime persone SAGGE con poteri decisionali limitati, esclusivi e ben definiti.
La Lega condivide il principio che le competenze fra gli organi possano continuare ad essere concorrenti e sovrapposte fra gli organi ai vari livelli dello stato;
il Federalismo prevede che le competenze di ogni organo dello stato a qualsiasi livello siano rigidamente divise e fortemente separate.
La Lega condivide l'idea di "stato unitario sovrano".
il Federalismo pone la "sovranità" dello stato e dei suoi organi territoriali unicamente nelle persone, negli individui responsabili, nel popolo.
La Lega riferendosi al Federalismo non ha mai parlato di "Contratto politico";
il vero Federalismo è "la Teoria dello stato contrattuale", in quanto "Contratto politico" è sinonimo di FEDERAZIONE.
La Lega non ha mai parlato e non conosce la differenza fra “contratto politico bilaterale” (o sinallagmatico, che deve avere un "nesso di reciprocità") commutativo e quello aleatorio;
per il Federalismo il contratto politico o di federazione deve essere bilaterale e commutativo (minimo rischio e massima garanzia di esecuzione per i contraenti che sono i cittadini, come nella vicina Svizzera) e che il rapporto che unisce i cittadini e forma lo stato non può essere aleatorio (minima garanzia di esecuzione e massimo rischio come è attualmente in Italia).
La Lega ha ormai accettato l'assoluto dell'art 5° della Costituzione sull'unità per cui l'Italia è una ed indivisibile;
per il Federalismo lo stato è sempre una "scelta" condivisa dalla maggioranza responsabile che vota un "contratto di unione" fra diverse entità territoriali, che lascia ognuno padrone a casa sua.
La Lega approva e condivide la "rappresentanza integrale" difesa dal grande capitale, dalle banche del “signoraggio” e dalla partitocrazia;
il vero federalismo prevede che Democrazia diretta e Democrazia rappresentativa siano equilibrate mediante i Referendum popolari di iniziativa e di revisione delle leggi, senza l'antidemocratico Quorum che non rispetta il principio di Sovranità degli individui (popolo).
La Lega non accetta i Referendum di iniziativa popolare deliberativi a livello comunale e di conseguenza non li ha mai introdotti negli Statuti dei Comuni, delle Province e delle Regioni dove è in maggioranza;
il Federalismo ritiene che i Referendum deliberativi (Comuni e Province) e legislativi (Regione e Stato) di iniziativa popolare senza Quorum siano il cardine della Democrazia e della Legge e che la modifica degli Statuti comunali con l'introduzione dell'istituto del Referendum deliberativo sia il primo passo verso il vero federalismo che parte dal basso, dai cittadini.
La Lega vuole calare il federalismo dall'alto secondo le direttive di chi lo ha sempre usato unicamente come "piede di porco" per aprire le stanze del potere;
il Federalismo può nascere solo spontaneamente dal basso, dalle persone "associate" in Comunità e stato.
La Lega identifica il "federalismo fiscale" col Federalismo;
il vero Federalismo prevede che il federalismo fiscale sia la conseguenza di una struttura federale dello stato già in atto e che non sia possibile introdurlo in un sistema accentrato (l'Italia di oggi).
La Lega ritiene che il "federalismo fiscale" porterà vantaggi ad ogni cittadino;
per il Federalismo si tratta di un matrimonio incestuoso fra due diverse concezioni contrapposte ed antitetiche dello stato che possono sommariamente essere riassunte in Stato moderno sovrano (quello esistente) e Stato contrattuale o federale in cui “sovrano” è il cittadino. Nelle attuali condizioni appare verosimile che il federalismo fiscale porterà prima ad uno scontro sociale e poi al fallimento dello Stato.
La Lega, come tutti i partiti di regime, intende la sussidiarietà come principio gerarchico fra organi dello stato partendo dal vertice, ovvero dal "centro";
il Federalismo afferma che la sussidiarietà è sinonimo di Democrazia diretta e di Sovranità popolare e che l'individuo e la famiglia, e non la gerarchia verticista, siano il cardine della Comunità e dello stato.
La Lega approva il principio che la legge, fatta dai partiti per i partiti, sia legittimata dal presidente della Repubblica;
il Federalismo prevede che la Legge possa essere sempre legittimata, fatta, abrogata o modificata dagli aventi diritto al voto con lo strumento del Referendum legislativo di iniziativa popolare senza Quorum.
La Lega ha mostrato di ritenere che gli unici Referendum possibili siano quello abrogativo, quello consultivo e quello propositivo, in linea con i partiti centralisti ed antidemocratici;
per il Federalismo tutti e tre referendum sono TRUFFE di Democrazia in quanto lasciano sempre l'ultima parola agli eletti nelle istituzioni.
La Lega vuole mantenere le Regioni, le Province ed i Comuni;
per il Federalismo si dovrebbe chiedere l'abolizione delle Regioni ed il mantenimento delle Province in quanto enti territoriali più vicini ai cittadini e pertanto più facilmente controllabili dagli stessi.
Quelle sopra esposte sono solo alcune delle differenze fra il vero Federalismo e quello proposto dalla Lega nord. È mia opinione che il Federalismo, in quanto forma di stato e di governo, si possa o meno condividere, ma è necessario che ogni cittadino sia opportunamente informato su come stanno veramente le cose e soprattutto che possa “scegliere”, cosa non consentita dall'ordinamento vigente.
Qui termina l’analisi del nostro Paolo Bonacchi. Disamina per noi condivisibile.
Ci sentiamo, tuttavia, in animo d’implementare questo discorso per esternderlo a tutta la partitocrazia italiana. La Lega, infatti, ha fatto passare i suoi propositi con l’appoggio degli alleati e senza che la cosiddetta opposizione presentasse controproposte autenticamente federaliste.
Di qui la necessità, secondo noi, di fare almeno altri due discorsi: uno sulla cultura, l’altro sull’utilità dei partiti politici.
La partitocrazia pretende che chiamati a decidere siano i pochi che se ne intendono. Ai tempi degli Stati assoluti, il volgo doveva essere tenuto lontano dagli arcana imperii perché lo si riteneva troppo ignorante. Ora il volgo è certamente meno ignorante. Ma i problemi da risolvere, problemi come la lotta all'inflazione, del pieno impiego, della più giusta distribuzione del reddito, non sono diventati sempre più complicati? Non sono questi problemi tali da richiedere cognizioni scientifiche e tecniche, che non sono meno arcane per l'uomo medio di oggi (anche se più istruito)?
In primo luogo c’è da osservare che attraverso il federalismo la democrazia è aristocrazia per tutti; è un livellamento in alto, non un livellamento in basso. Il vero democratico non desidera raggiungere l’uguaglianza abbassando il livello culturale della società e riducendo ognuno a una grigia uniformità di esistenza. Egli desidera la vita più ricca e più piena possibile.
La partitocrazia, invece, cosa ci propina: un sistema mass-mediatico basato sulle “assistenze” all’editoria. Giornali, radio, televisioni pubbliche e private difficilmente sopravviverebbero senza i sussidi di Stato. Non occorrono censure quando chi scrive sa che il suo reddito dipende dalle sovvenzioni erogate dal potere.
Chi crede, poi, che il controllo delle masse si attua prevalentemente gestendo le notizie nei programmi d’informazione è completamente fuori strada. Il nucleo del controllo delle masse nei sistemi democratici, come abbiamo spiegato più volte, consiste nel determinare, alla lunga, dei modi di pensare generalizzati.
La televisione si presta meglio per manipolare le grandi masse, specialmente per periodi di tempo prolungati. Radio, giornali o la rete Internet (soprattutto quest’ultima al momento), sono d’impatto secondario sulla psiche delle masse e sulla formazione di mode, culture, opinioni e consensi.
La televisione circoscrive le scelte. Offre l’immagine dell’individuo vincente. Promuovere tutti gli aspetti positivi dell’immagine individualista e forte, furba e determinata e magari anche un po’ aggressiva e bugiarda. Si omettono dalla consapevolezza comune del paese tutti gli altri aspetti della vita non favorevoli economicamente o politicamente al regime che possono essere l’altruismo, la delicatezza, la sensibilità, la serenità, la riflessione, l’arte, la profondità, la sincerità, la cultura, etc…
Inoltre, si stimolano invidie e sensazioni di inadeguatezza verso chi non si conforma al modello che tutti devono conoscere (estetico, politico, stile di vita, economico).
Il Giusto e lo Sbagliato non deve più nascere da una indagine intellettiva, libera da coinvolgimenti di parte, ma invece dalle risate contagiose dell’arena in cui si grida, ridicolizzando l’avversario con una furba e cattiva battuta d’effetto.
Fatte salve rare eccezzioni, si può affermare che l’Italia ha un sistema di disinformazione, piuttosto che atto alla consapevolezza civile e democratica del cittadino.
Di qui, scendere all’analisi dei mali derivanti dal sistema attuale dei partiti politici in generale, il passo è breve.
È vero che secondo alcuni sondaggi, buona parte delle popolazioni dell'America Latina si dicono disponibili a tornare sotto dittature militari e la maggioranza dei Russi afferma che privilegia la necessità di un leader forte rispetto alle libertà individuali, e si capisce quanta parte della popolazione mondiale accetti questo scambio.
Ma in occidente un uomo ha i suoi diritti, anche contro lo stato. L’intera storia d’Europa è la storia della rivendicazione di questi diritti e dell’affermazione della libertà umana, tanto da parte di classi e comunità, quanto da parte degli individui, dai baroni inglesi di Runnymede, alle città libere del Medio Evo, ai contadini svizzeri, alla Camera dei Comuni in Inghilterra, fino alla definitiva dichiarazione dei diritti dell’uomo da parte dei padri degli Stati Uniti e dei fondatori della Repubblica Francese.
Sfugge a tutti coloro che sono disposti a delegare l’intera sovranità ai “rappresentanti” che il diritto all'autodeterminazione è un diritto che spetta semplicemente a tutti coloro che individualmente sono capaci di essere responsabili della propria vita.
Come individui, noi siamo membri di una comunità in quanto rinunciamo a una parte del diritto ad autodeterminarci in maniera assoluta, ed accettiamo di regolare la nostra vita secondo le decisioni e le regole della comunità. Ma la vita è la nostra e come tale abbiamo il diritto a contribuire a determinare la gestione di quella parte che abbiamo messo in comune, come chiunque altro che abbia fatto la stessa rinuncia a favore della comunità. Troviamo, infine, utile ricordare che a proporre una democrazia libera dai partiti fu non già un dittatore, ma Simone Weil e prima ancora di lei, agli inizi del 1900, Moisei Ostrogorski [Vedasi: «Contro i partiti». Saggi sul pensiero].
Ricordiamo che la Weil fu incaricata dal governo di Charles De Gaulle in esilio durante la guerra (1943), di elaborare una forma di Costituzione per la Francia futura. Essa pensò in modo radicalmente nuovo, a come garantire la libertà da ogni limite: e l’esistenza di partiti era, per lei, il limite più insidioso.
Il risultato del suoi pensieri è scritto nel suo libro migliore, «L’enracinement» [nell’edizione italiana, «La prima radice»].
Vi si legge: «Dovunque ci sono partiti politici, la democrazia è morta. Non resta altra soluzione pratica che la vita pubblica senza partiti».
Bisogna creare un'atmosfera culturale tale, dice Simone Weil, che «un rappresentante del popolo non concepisca di abdicare alla propria dignità al punto da diventare membro disciplinato di un partito».
Simone Weil respinge l’obiezione che l’abolizione dei partiti avrebbe colpito la libertà d’associazione e d’opinione.
«La libertà d’associazione è, in genere, la libertà delle associazioni», contro quella degli esseri umani. Infatti, «la libertà d’espressione è un bisogno dell’intelligenza, e l’intelligenza risiede solo nell’essere umano individualmente considerato. L’intelligenza non può essere esercitata collettivamente, quindi nessun gruppo può legittimamente aspirare alla libertà d’espressione».
È possibile che Simone Weil fosse ingenua.
Voleva una repubblica fondata non sui «diritti», ma sull’«obbligo».
«L’adempimento effettivo di un diritto non viene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa».
«Obbligo» è non negare agli altri uomini quelli che Simone Weil chiama «i bisogni dell'anima».
Certo il progetto di Simone Weil, nella sua radicale ingenuità, parrà inattuabile.
Forse lo fu.
Ma bisogna almeno ripensare così radicalmente, per non ridurci vittime passive della partitocrazia, dei suoi collaborazionisti (numerosi intellettuali compresi), dei gangster, delle intercettazioni selettive. E degli ignoranti estremi che li mettono al potere, e se ne fanno corrompere.
In ultima analisi noi proponiamo di ricondurre i partiti italiani nel loro alveo naturale di semplici associazioni private di cittadini, che come tali non hanno nemmeno l’obbligo di una qualche iscrizione da qualche parte (vedasi l’art. 21 della Costituzione), libere associazioni che, secondo il dettato dell’art. 49 della Carta scaturita dalla resistenza, CONCORRANO (NON egemonizzino) a determinare la politica nazionale.
lì,18 aprile 2010

2013.01.02 – L’INDIPENDENZA.COM

 


 
L’Indipendenza compie un anno: deve crescere o abortire?
di GIANLUCA MARCHI
 
Fra poco meno di un mese L’Indipendenza compie un anno di vita, avendo esordito sulla rete l’8 gennaio scorso.
A questo traguardo ci siamo ormai arrivati, e non era affatto scontato, sulla scorta di alcuni numeri di un certo riguardo: supereremo il traguardo dei 3 milioni di visitatori unici e sfioreremo i 7 milioni di pagine scaricate.
Non sono certo i numeri di un grande mezzo di comunicazione online, bensì quelli di una nicchia che, nonostante i pochi mezzi a disposizione, è riuscita ad imporsi piuttosto velocemente ed è diventata uno dei punti di riferimento non solo del mondo indipendentista, ma anche del mondo giornalistico attento a quanto si muove in quest’area.
Diciamocelo francamente: il cammino de L’Indipendenza è stato fin qui possibile grazie a una grande sforzo di puro volontariato svolto da un certo numero di persone e dalla contribuzione economica dei soci sostenitori, di qualche centinaio di lettori e di un manipolo di inserzionisti pubblicitari.
I numeri del nostro bilancio sono infinitamente piccoli se paragonati a qualsiasi altra impresa giornalistica, anche solo online, senza dimenticarne qualcuna nata anche dopo di noi con un budget che a L’Indipendenza avrebbe assicurato cinque anni di vita e che purtroppo è già defunta.
Facciamoli, brevemente, questi numeri: a ieri le nostre entrate sono ammontate a 47.400 euro circa, di cui 21.800 provenienti da contributi dei soci fondatori e dei lettori, e 25.500 provenienti da inserzioni pubblicitarie.
Nello stesso periodo le spese sostenute, e quindi già saldate, ammontano a 48.300 euro e sono così suddivise: 42.200 per rimborsi spese riconosciuti ai diversi soggetti che hanno contribuito alla realizzazione del giornale attraverso articoli, servizi vari, video e fotografie; 5.300 per spese notarili, tenuta conto corrente, strumenti di lavoro e spese telefoniche; 800 euro per spese di trasferta.
A queste voci vanno aggiunti circa 8 mila euro di introiti pubblicitari non ancora contabilizzati, che serviranno per far fronte ad alcuni oneri fiscali e soprattutto a riconoscere le spese vive alla società Onoma srl di Brescia, vale a dire colei che ci ha consentito di realizzare e mettere in rete il nostro sito senza chiederci inizialmente un euro, ma alla quale vanno riconosciuti i costi tecnici e quelli della tenuta dei server, non dimenticando che a metà dell’anno è stato necessario un potenziamento degli stessi a causa del traffico superiore alle attese.
Tenendo conto delle spese che dobbiamo ancora onorare da qui alla fine dell’anno, che portano il budget definitivo a 64.000 euro, affinché il nostro bilancio possa chiudere in pareggio ci mancano all’incirca 8.500 euro.
Come far fronte a questo fabbisogno?
Dobbiamo fare appello ancora una volta alla pazienza dei soci fondatori e soprattutto dei nostri lettori, chiedendo loro di contribuire per quello che possono.
Ogni settimana darò conto di quanto raccolto per verificare quanto ci manca a raggiungere l’obiettivo e se riusciremo a inaugurare il 2013 senza zavorre relative all’anno che sta per concludersi. In qualità di socio fondatore comincerò io la “colletta” mettendo a disposizione 500 euro.
Facco, altro socio fondatore, farà lo stesso.
Rivolgiamo ora lo sguardo all’anno nuovo, partendo dai mesi messi alle spalle: permettetemi di fare un discorso franco, in modo che siano chiare a tutti le prospettive. In questo anno, chi scrive e Leo Facco hanno lavorato a L’Indipendenza una media di 9/10 ore al giorno tutti i giorni compresi i festivi e pure le vacanze (dove semmai s’è accorciato solo un po’ l’orario di impegno): il nostro modo per contribuire alla riuscita dell’iniziativa è stato quello di rinunciare a qualsiasi stipendio (che non sarebbe stato sopportabile per il bilancio), limitandoci a qualche rimborso spese.
A un altro piccolo manipolo di colleghi abbiamo potuto riconoscere un rimborso spese della cui entità mi vergogno.
Tutti gli altri, a cominciare dagli editorialisti, hanno lavorato gratuitamente.
Per il 2013 non pretendiamo di discostarci molto da tale andamento, anche se un innalzamento del budget verso i 100 mila euro ci consentirebbe  di lavorare con maggiore serenità, di potenziare un po’ le forze in campo per migliorare ulteriormente l’offerta giornalistica de L’Indipendenza, di seguire dal vivo fatti e avvenimenti che oggi non ci possono vedere presenti per motivi di ristrettezze, di mettere all’opera qualche forza fresca per diffondere le notizie de L’Indipendenza sui vari social-network, lavoro considerato fondamentale per chi fa informazione online.
Per raggiungere o per avvicinarci a questo traguardo avremmo bisogno mediamente 4/5 mila euro mese di contributi dai nostri lettori: insomma, l’equivalente di un caffè al mese da un analogo numero di persone, o se volete un caffè e un quarto la settimana da mille lettori.
E’ nostra intenzione inserire nel sito un contatore che si aggiorna all’istante in modo che ciascun lettore possa verificare quanto manca al traguardo e contribuire in maniera semplice.
Aggiungendovi le contribuzioni dei fondatori e la pubblicità, dovremmo poter avvicinare all’obiettivo prefissato.
Se non dovesse essere possibile questa strada, vi illustro le alternative che abbiamo, con alcune controindicazioni:
1)  Introdurre il pagamento per la lettura completa del nostro giornale, con l’inevitabile conseguenza di abbattere sensibilmente il numero dei lettori;
2) Tentare la strada di ottenere i contributi pubblici all’editoria, che dal 2013 si aprono anche all’online. Ma a parte essere sempre ostaggio di quando il governo decide di pagare (perché delle scadenze di legge spesso si fanno un baffo), questa è una strada che non ci piace affatto. E che ci farebbe perdere Facco, che non ne vuole sapere.
3) Riuscire a far eleggere un nostro rappresentante al Parlamento o in consiglio regionale, impegnandolo a destinare una parte consistente degli emolumenti al sostentamento del giornale: l’obiettivo non è facilissimo da raggiungere;
4) Derubricare il nostro quotidiano (come qualche lettore ha suggerito) a semplice blog dove siano sostanzialmente i lettori a comporre i testi: ve lo dico da subito, personalmente mi sfilerei dall’iniziativa e lo farebbe anche Facco;
5) Chiudere baracca e burattini.
Aspetto ora di capire soprattutto dai lettori cosa ne pensano, aggiungendo fin d’ora un impegno: L’Indipendenza, salvo cataclismi, ci sarà di certo fino alle prossime elezioni. Il dopo dipenderà molto dalle risposte che avremo da oggi in avanti e se i nostri lettori riconosceranno che L’Indipendenza ha un ruolo e soprattutto una missione da svolgere.
 

INTERVISTA A MICHELE IANNELLI DI “IDENTITA’ MEDITERRANEA”.

INTERVISTE 2011
Antonella Ricciardi per Italiasociale intervista Michele Iannelli del movimento politico "Identità Mediterranea”.
Nel dialogo che segue, Michele Iannelli, medico e specialista in Psicologia clinica, dai molteplici interessi ed ambiti di competenza (ha anche , tra le altre cose, insegnato gli elementi base della terapia dei Fiori di Bach e dell'Omotossicologia, per una visione olistica, integrata tra psiche e corpo), presenta il suo movimento politico.
Questa nuova formazione, dall'emblematica denominazione di Identità Mediterranea, si batte per una emancipazione liberatrice del Meridione d'Italia, ma anche del resto dell’Italia e non solo, con particolare riguardo ai popoli che si affacciano sul Mare Mediterraneo.
Partendo da un'analisi storica della questione meridionale, il dottor Michele Iannelli, originario di Caserta, residente a Roma, e che è coordinatore nazionale del Movimento Politico Identità Mediterranea per la Sovranità della Napolitania e della Sicilia, delinea progetti di liberazione per il futuro, per gli aspetti sociali e politico-istituzionali, per un rapporto di rinnovata salvaguardia dell'ambiente e di fine della sudditanza alla politica di potenza USA-NATO.
RICCIARDI: “Il movimento che hai fondato, Identità Mediterranea, si connota per essere una formazione meridionalistica identitaria, che valorizza le culture locali, senza però essere chiuso verso gli altri, tanto che promuove, non solo per l'Italia del Sud, un socialismo non materialistico, di natura comunitarista: puoi spiegare di più tali concetti, ed il perchè tali idee siano state tra loro associate?”
IANNELLI: “Abbiamo fondato il nostro movimento il 9 Dicembre del 2010; siamo dunque nati da pochissimo, ma abbiamo già idee chiare, programmi ambiziosi e molta voglia di fare.
Il rinnovamento sociale che noi proponiamo è profondo ed articolato. Partiamo da un punto di vista semplice, ma il più delle volte disatteso: la politica è la nobile arte al servizio del ben-essere dell’individuo e delle comunità.
Crediamo che per far ciò alcuni fattori siano indispensabili, inevitabilmente ed intimamente correlati tra loro. Innanzitutto l’identità: è il concetto alla base di tutto, è il punto di partenza essenziale per chiunque e per qualsiasi comunità; avere consapevolezza di chi si è, della propria storia, delle proprie peculiarità e quindi dei propri autentici bisogni è il presupposto indispensabile per una buona qualità della vita.
Essere consci di e portare rispetto per la propria identità è un passaggio obbligato per essere riguardosi nei confronti delle identità altrui.
L’Identitarismo di cui siamo assertori è l’antidoto al “mondialismo” che vuole distruggere le diversità per attuare un dominio globale sui Popoli di tutta la Terra. Noi respingiamo qualsiasi
tipo di localismo autoreferenziale e di nazionalismo aggressivo; proponiamo invece un Internazionalismo Identitario attraverso il quale Popoli liberi e sovrani convivano cooperando tra loro e rispettando le specifiche peculiarità e lottino insieme contro il comune nemico rappresentato dalla volontà di dominio assoluto delle Multinazionali e delle Banche.
A partire da ciò siamo assertori di uno sviluppo economico che sia consono ai bisogni specifici delle Comunità e che allo stesso tempo risponda al profondo bisogno degli esseri umani di fare Comunità ed essere protagonisti partecipi della Comunità.
Siamo dunque sostenitori della socializzazione, del cooperativismo, della piccola impresa, dell’impresa familiare, dei condomini solidali, dei gruppi di acquisto solidali; crediamo nella possibilità di un circolo virtuoso in cui la comunità promuova e valorizzi le capacità individuali le quali, a loro volta, mettendosi al servizio di essa, la rafforzino”.
RICCIARDI: “ Identità Mediterranea colloca se stessa oltre gli schematismi di destra, centro e sinistra: perchè ed in che senso evitate tali classificazioni?”
IANNELLI: “Noi vogliamo qualificarci solo sulla base dei nostri programmi, della nostra organizzazione e sopratutto delle nostre azioni concrete.
Oggi le etichette di destra, centro e sinistra sono involucri solo apparentemente dissimili; esse in realtà servono ad avvolgere e a diversificare fraudolentemente scatole che contengono le stesse cose e queste cose non ci piacciono affatto: sono i politicanti di Italia Unita Spa e di Europa Unita Spa il cui unico mestiere è quella di fornire ai Popoli una illusione di democrazia al fine di rendere così agevole lo strapotere più o meno occulto delle Banche e delle Multinazionali”.
RICCIARDI: “Il tuo partito è intensamente fondato sull'auto-organizzazione, il che comporta anche un auto-finanziamento: perchè avete scelto questa strada? Forse per favorire la vostra indipendenza da possibili condizionamenti di "poteri forti" e/o per motivazioni ulteriori?”
IANNELLI: “Ogni movimento onesto, trasparente e libero deve essere necessariamente auto organizzato ed auto finanziato, questi requisiti sono per noi ovvi e scontati.
Approfitto di questa tua domanda per sottolineare e denunciare che viviamo in una falsa democrazia che ha reso difficilissima un vera attività politica.
Artatamente è stato creato un sistema per cui avere visibilità e possibilità di azione ha costi altissimi.
Noi ci dovremo dunque molto impegnare per produrre fonti di autofinanziamento e da questo punto di vista abbiamo già dei progetti in questo senso”.
RICCIARDI: “Valorizzate le tradizioni dei popoli, che considerate nutritive in senso spirituale, dato che gli esseri umani, per quanto specifici possano pure essere, non si possono considerate come degli atomi vaganti completamente sradicati da tutto e senza identità, e nello stesso modo sostenete movimenti rivoluzionari a favore della liberazione ed autodeterminazione dei popoli: in che modo riuscite ad armonizzare le componenti di questo binomio, senza che l'una possa sminuire l'altra?”
IANNELLI: “Come ho già detto mettiamo al primo posto l’identità: identità individuale e collettiva sono due aspetti inscindibili e sinergici.
L’uomo è un sofisticato “melange” di elementi e bisogni che riguardano la sua specifica individualità e che si mescolano, a loro volta, con bisogni ed aspirazioni derivanti dalla sua natura di essere sociale.
Quindi, se da una parte abbiamo il basico bisogno di poter sviluppare e nutrire continuamente una identità individuale (che possa avere e sentire di avere lo spazio per poter esprimere la propria creatività a partire dalle proprie vocazioni e speranze), dall’altra parte abbiamo la vivissima esigenza di una socialità vivace, solidale e ricca di valori condivisi che crei un vero senso di appartenenza ed un senso di sicurezza intesa nel significato più ampio del termine.
Abbiamo bisogno di sentirci liberi, di cambiare come vogliamo le traiettorie della nostra esistenza ma, allo stesso tempo, è per noi indispensabile operare nell’ambito di un contesto che ci offra la possibilità di percepire continuità e stabilità. Non è difficile, quindi comprendere quanto qualsiasi tipo di precarizzazione (del lavoro, della casa, degli affetti, della sicurezza) incida pesantemente e negativamente sul nostro intimo e sulle nostre relazioni.
Essa, infatti, determina aggressività nevrotica ed una massiccia attivazione delle nostre chiusure e delle tattiche difensive ed evitative.
Dobbiamo vivere intensamente il presente e proiettarci con ottimismo nel futuro ma lo possiamo fare solo se abbiamo l’opportunità di radicarci in un passato fatto di Tradizioni vive e nutritive”.
RICCIARDI: “Proponete anche un assetto federalista per l'Italia, al fine di raggiungere una Confederazione Italica, soprattutto per porre rimedio alle ingiustizie che, nel corso della storia, hanno colpito l'Italia meridionale continentale (che preferite chiamare Napolitania, data l'influenza, ivi, in
particolare della cultura napoletana) e la Sicilia.
Tuttavia, le vostre posizioni programmatiche differiscono nel profondo da quelle, pur federaliste, della Lega Nord: puoi illustrarne i motivi?”
IANNELLI: “Noi partiamo da un presupposto ben preciso: da 150 anni spacciano come Unità d’Italia una conquista ed un dominio coloniale operato da forze straniere che con la vera natura e la vera volontà dei Popoli Italici nulla avevano a che fare.
Gli autori di questo misfatto che dura da 150 anni furono i Sabaudi, l’imperialismo Inglese, la Massoneria deviata e la grande finanza rapinatrice. Oggi sono cambiati gli attori ma il copione è sempre lo stesso; le forze dominanti sono le stesse, i loro cani da guardia idem: i politicantropoidi, la malavita organizzata, la burocrazia.
Noi dunque vogliamo rifondare l’unità d’Italia su quelle sane basi indicate da Gioberti più di 150 anni or sono: una confederazione di libere entità statuali.
Noi siamo decisamente convinti che in questa lotta di liberazione la Napolitania ( termine che non esprime un Napolicentrismo ma quei territori che per secoli costituirono il Regno di Napoli) e la Sicilia debbano essere alleate e debbano allearsi con tutti gli altri Popoli Italici.
Noi siamo molto diversi dalla Lega Nord !
Un primo motivo viscerale: noi non ci alleeremmo mai con un personaggio come Berlusconi !
Questa alleanza della Lega Nord la dice lunga su quel “federalismo” di cui sono assertori: il loro federalismo è una ricetta per rendere ancora più efficiente l’oppressione della stato centralista, in cambio di qualche illusorio vantaggio localistico da cui la stragrande maggioranza delle popolazioni del Nord non avrebbe alcun beneficio.”
RICCIARDI: “Riguardo la politica estera, promuovete l'uscita dalla Confederazione Italica dalla NATO, oltre che una speciale collaborazione tra nazioni euro-mediterranee: puoi spiegare in modo più esteso tali proposte?”
IANNELLI: “Noi vogliamo per le nostre terre la Sovranità Geopolitica e Militare e ciò è totalmente incompatibile con la presenza di installazioni militari americane in Napolitania e Sicilia e con l’appartenenza alla cosiddetta Alleanza Atlantica.
Oggi questa cosiddetta Alleanza appare totalmente priva di qualsiasi giustificazione e completamente unilaterale.
E’ chiaro che
questa pseudo alleanza e la presenza di sue installazioni militari sono totalmente al servizio di quei potentati economico-finanziari che pilotano la cosiddetta e ne fungono da braccio armato.
L’obiettivo finale è il controllo mondiale e lo sfruttamento globale e brutale delle risorse umane e naturali.
Ci siamo denominati Identità Mediterranea anche per questo: vogliamo riappropriarci della nostra vera Identità Euro- Mediterranea per sbarazzarci di quella falsa ed oppressiva Atlantica.
Proponiamo una comunità Euro-Mediterranea di Popoli sovrani, prosperi ed alleati nel mantenimento della pace.
Le nostre Terre si devono liberare dalle ingenti spese militari imposte attraverso la N.A.T.O dalle lobbies dei fabbricanti di armi”.
RICCIARDI: “Riguardo il rapporto con la natura, siete anche particolarmente sensibili alla tutela dell'ambiente: che cosa proponete, nello specifico, al riguardo?”
IANNELLI: “Un corretto rapporto uomo-ambiente è alla base di ogni società che voglia tutelare il bene comune.
Sono molte le cose che proponiamo; in questa sede le enumeriamo, ma siamo consapevoli che ognuna di esse avrebbe bisogno di un particolare approfondimento: raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti, agricoltura biologica e biodinamica, sviluppo massiccio delle fonti di energia rinnovabile, applicazioni di tecniche terapeutiche naturali, l’inserimento considerevole nei programmi scolastici della conoscenza e coscienza delle tematiche ambientali.
Siamo convinti che ad ognuna di queste voci corrispondano non solo una necessità di tutela della salute ma anche un incremento straordinariamente elevato della ricchezza e dei posti di lavoro in Napolitania e Sicilia.
Un esempio per tutti: lo sviluppo di un turismo di alta qualità e classe attraverso la proposta di tematiche ambientali, culturali e della indiscutibile bellezza dei nostri territori.
Insomma noi siamo certi che prosperità economica e tutela dell’ambiente non solo non siano incompatibili ma che siano l’uno la premessa dell’altro e viceversa”.

2013.12.24 – UN GRAZIE ALL’AUSTRIA

BANDIERA AUSTRIA-VENETAPur nel rispetto della formalità che ci impone i rapporti con uno Stato Sovrano e il Suo Popolo, non possiamo esimerci dall'esprimere pubblicamente un sentito e sincero ringraziamento al BUNDESKAMZLERAMT Austriaco per la sensibilità e correttezza dimostrata nei confronti delle legittime istanze di questo MLNV e del Governo Veneto Provvisorio da esso rappresentato.
Viva San Marco
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV
 

2012.12.13 – IL GAZZETTINO – VIP (FIGLIA DEL PROCURATORE CAPO FOJADELLI) OSPITE PER 8 ANNI NELLA CASA ATER


Riprendiamo l'articolo oggi apparso sul Gazzettino di Treviso.
Il quotidiano dedica il "primo piano" col seguente articolo "VIP OSPITE PER 8 ANNI NELLA CASA ATER".
Il fatto riguarderebbe la figlia del ben noto ex inquisitore (ops…scusate il lapsus) procuratore capo straniero italiano a Treviso Antonio Fojadelli, tale Lucia Elena Fojadelli classe 1980 – avvocato, la quale risulterebbe dal 2004 inserita nel nucleo familiare di un 90enne anziano inquilino dell' ATER (case popolari).
L'avvocato, figlia del procuratore capo straniero italiano a Treviso, avrebbe così condiviso con un anziano del 1914 un alloggio popolare nel centro di Venezia ad un canone irrisorio ovvero di € 223 al mese.
Ma c'è altresì da chiedersi come sia possibile per otto anni la condividisione di un alloggio composto da una camera, una cucina e un bagno fra una giovane professionista classe 1980 e un anziano bisognoso di assistennza classe 1914???
Pensate un pò… il deposito cauzionale di € 669,00 viene versato proprio dall'ex procuratore capo straniero italiano Antonio Fojadelli.
Ogni commento in proposito lo lascio ai  lettori di cui voglio proporre integralmente l'articolo del Gazzettino.
La cosa che più mi colpisce però è la tracotante arroganza dell'ex magistrato straniero italiano Antonio Fojadelli che replicando asserisce di conoscere la faccenda molto sommariamente…
… ma si parla di sua figlia o di chi???
… ma non aveva lui stesso versato il deposito cauzionale di € 669,00 nel 2004???
"… è tutto regolare, è un contratto libero, regolarmente pagato…" insiste il Fojadelli…
… ma come, poco prima diceva di conoscere la faccenda molto sommariamente o leggiamo male???
Ed ecco la solita frase di chi è abituato a minacciare il prossimo, di chi non tollera di essere messo in discussione, di chi non tollera che altri possano farsi idee diverse da quelle che si pretende siano doverose nei propri confronti:
"… se qualcuno vuole insinuare qualcosa, ne risponderà…"!!!
La solita maledetta abitudine di minacciare il prossimo, di chi è abituato a dominare e a prevaricare anche il diritto di chiunque di essere indignato difronte a simili fatti.
Questa gente, abituata a dominare le situazioni dalle loro posizioni di potere e di privilegio, pensano e pretendono che gli sia tutto dovuto, anche il rispetto che chiunque dovrebbe meritarsi non tanto per ciò che fa, ma per ciò che è, non tanto per la posizione di potere ostentata e i privilegi attribuiti, ma per il servizio svolto alla comunità.
Il baratro che separa il Popolo da chi si sente al di sopra di tutto e di tutti è ormai colmo dell'indignazione della gente, trabocca di sdegno, di rabbia e di esasperazione e alcuni passi del "Magnificat" rieccheggiano a monito di questa gente:
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote
Ricordatevi potenti o voi che vi credete tali…
Papa Paolo VI nella Populorum progressio del 26 marzo del 1967 al n. 31 prevede come lecita «l’insurrezione rivoluzionaria nel caso di una tirannia evidente e prolungata che attenti gravemente ai diritti fondamentali di una persona e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del paese» (cf anche Giovanni Paolo II, L’Istruzione Libertatis conscientia (Libertà cristiana e liberazione, 22.3.1986).
Sergio Bortotto Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.
 

2012.12.04 – IL DISCORSO CHE VORREMMO ASCOLTARE DA OGNI POLITICO

Il Presidente dell'Uruguay Josè "Pepe" Mujica tocca i cuori con la sua semplice, inoppugnabile, coraggiosa verità.
E' l'uomo che governa il mercato o il mercato che governa l'uomo?
Un discorso che passerà alla storia.
Pepe Mujica, noto come "il presidente più povero del mondo", ha attualmente 77 anni, vive nella sua casa modesta, devolve il 90% del suo stipendio in beneficenza.
E' stato in carcere 14 anni come oppositore del regime.
 
 

2012.12.04 – IL MLVN ROMPE IL PATTO DI ALLEANZA CON IL PAR.I.S.


Questo MLNV, preso atto della deriva politico/partitica in ambito italiano che il PAR.I.S. sta attuando e consolidando da tempo contrariamente alle iniziali aspettative enunciate a questo direttivo, rompe il patto di alleanza siglato per sopravvenuta inconciliabilità d'intenti e a scanso di ogni ulteriore equivoco rende la decisione di pubblica menzione.
L'occasione ci è utile per ribadire invece
il sostegno incondizionato all' MLNS per il coraggo, la determinazione e la coerenza dimostrata nell'intraprendere il percorso che solo i movimenti di liberazione nazionali possono, devono e vogliono fare in nome del proprio Popolo.
W l'MLNS, W il Popolo Sardo, speriamo presto libero dalla schiavitù italiana.
Sergio Bortotto Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.
 
 

2012.11.13 – IN SERBIA SI CANTA PER SAN MARCO

 

Una dichiarazione d’amore negli accordi distorti di una canzone heavy metal.
 
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da un articolo de IL MATTINO DI PADOVA (curato da Raixe Venete)
 
«Par San Marco, par ła Serenissima» cantano in lingua veneta i belgradesi Rain Delay, giovane band acclamata dalla critica di settore come una delle migliori del panorama serbo.
Una presenza fissa nelle playlist delle radio locali, qualche apparizione alla tv di stato, e un piccolo esercito di fan disseminato tra i mille paesini dei Balcani («non c’è villaggio della Serbia dove non abbiamo suonato»).
Su di loro è stato anche girato un documentario, attualmente in circolazione nei festival studenteschi della capitale.
Il titolo sintetizza gli otto anni di vita della band in due semplici parole: “San Marco”.
E uno dei pezzi più intensi di “Slumber Recon”, ultima fatica dei Rain Delay, si chiama proprio “Par ti, San Marco”: un inno a Venezia e alla sua storia millenaria.
Mentre il precario presente della città fa da sfondo al brano che ha suggerito il titolo dell’album, “Veneto Slumber Recon”.
Canzoni nate sorseggiando bicchieri di Cabernet rigorosamente veneto, in una sala prove sulla cui parete troneggia il gonfalone col Leone Alato.
«Quella bandiera mi rappresenta» dichiara orgoglioso Dušan Pešić, cantante e chitarrista del gruppo.
27 anni, studente in legge, una cintura rossa di karate e una potenziale carriera di pallamanista «interrotta dall’aggressione NATO del 1999», Dušan ha vissuto tutta la vita a Belgrado, città che non ha intenzione di abbandonare.
Ma a chi gli chiede quale sia la sua patria risponde senz’ombra di esitazione: «Io sono un veneziano.»
.
Essere veneziani non è mai stata una questione di sangue.
Chiunque, da qualsiasi paese del mondo, può diventare veneziano se abbraccia un certo tipo di sguardo, un particolare stile di vita.
Quali sono le ragioni per cui ti definisci veneziano?
«Semplicemente, dalla prima volta che ho messo piede a Venezia nel 2002, mi sono sentito a casa.
Ho sentito di trovarmi in un posto dove sarei stato al sicuro da qualunque cosa.
I veneziani secondo la tradizione sono protettori degli artisti e dell’arte stessa, quindi forse il motivo è questo.
Non trovo le parole per spiegare il sentimento che provo quando vedo la bandiera veneta, o quando ascolto l’inno “Na bandiera, na łengoa, na storia”. Ad ogni modo, mi sento bene.
Mettiamola così: anagraficamente, per nascita, sono serbo; culturalmente, per scelta, sono veneziano.»
.
“Par ti, San Marco” è cantata in un veneto perfetto.
Come hai imparato così bene questa lingua?
«Due talenti che possiedo sono un discreto orecchio, senza il quale non potrei fare il cantante, e una buona comprensione di quasi tutte le lingue straniere.
In più, ho avuto un grosso aiuto dalla mia cara amica Claudia Schiavon.
Lei è la cantante di una grande band metal veneta, gli An Ocean Between Us, e mi ha aiutato a tradurre il testo.
Da solo non credo davvero che ce l’avrei fatta.
Ho fatto di tutto per entrare in sintonia col suono della vostra lingua: sono andato alla ricerca di madrelingua veneti in Serbia e perfino in Istria, ho guardato video su YouTube, e finalmente sono riuscito, con molta a fatica, a preparare una prima versione della canzone.
L’ho cantata a Claudia durante la mia ultima visita in Veneto, in un incantevole campiello nel sestiere di Dorsoduro, e lei ne è stata assolutamente soddisfatta.
Credo che i serbi (diversamente da italiani, spagnoli, francesi, russi o americani) non abbiano un accento così forte quando parlano una lingua straniera.
La cosa più difficile è stata impadronirmi di quella strana “r” morbida tipica della laguna, che nel mio caso suonava più come la “r” inglese.
Ho trovato che come la pronunciavo io non suonasse affatto bene, così ho deciso di usare piuttosto la “r” rotante.
In combinazione con la “l” morbida (ł), credo di essermi avvicinato alla pronuncia del veneto centrale parlato a Padova.
Ho imparato queste cose dall’introduzione al “Dizionario Veneto-Inglese” di Lodovico Pizzati, che ho ricevuto in regalo dalla mia ragazza.»
 
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Cantare in veneto per un madrelingua serbo non dev’essere una cosa semplice.
Se ci hai speso tanta fatica immagino tu abbia pensato che fosse importante.
Perché la lingua ha così tanto peso nel vostro omaggio al popolo veneto?
«È sempre meglio rivolgersi alle persone nella loro lingua madre, e nonostante il mio messaggio in “Par ti, San Marco” possa apparire a molti oscuro e complicato, volevo che il tributo a San Marco e alla Serenissima fosse completo nel ritornello.
Ci sono poi tre ulteriori motivi che mi hanno spinto a utilizzare il veneto.
Il primo è che nessun’altra band metal del mondo l’aveva mai fatto (almeno credo, ma potrei sbagliarmi); il secondo che milioni di persone in Serbia e nel resto del pianeta non sanno nulla di questa lingua, e contribuire alla sua diffusione è per me un dovere e un onore; il terzo, e più importante, è che mi è venuto naturale, perché semplicemente amo cantare in veneto.
Ha un suono melodioso e incantevole.
Non vedo l’ora di tornare a cantare in “łengoa Veneta” per il prossimo album dei Rain Delay.»
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In “Par Ti, San Marco” si parla anche di maschere veneziane. Cosa ti ha affascinato di questo tema?
Innanzitutto questa canzone è dedicata alla Repubblica di Venezia, alla sua gente (passata, presente e futura) e al suo patrono San Marco, perché mi ha ispirato come artista, perché ha resistito al tempo e alla storia, perché il suo popolo è meraviglioso, ha saputo creare e conservare un’arte immensa e farsi portatore di una bellezza straordinaria.
L’ispirazione per il pezzo mi venne due anni fa, quando il mondo era dominato dalla psicosi creata da quella grottesca menzogna chiamata “influenza suina”.
A Belgrado molte persone si misero a indossare maschere per protezione.
La mia ragazza (presente nel disco con lo pseudonimo di “Selena Shiseido”) era così spaventata dalla situazione da domandarsi se non dovesse portare anche lei una maschera di quel tipo.
Viveva in preda al terrore: un terrore basato sulle bugie.
Io volevo solo scappare con lei nell’unico posto al mondo dove la gente indossa maschere “par divertirse, e mai par via de la paura”, come dico nella canzone.
Il verso in inglese “niente mi trattiene dal chiudere il libro e impugnare la spada” è invece un riferimento al cambio di bandiere quando la Serenissima passava dal tempo di pace al tempo di guerra.
Mentre il verso successivo “niente… eppure tutto” spiega che se dovessi andare a combattere un’altra guerra, e perciò abbandonare gli studi, perderei molte cose che non potrei mai riavere indietro.
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La prima strofa, in veneto, non parla però né di Venezia né di maschere, ma apre uno scorcio su una scena di vita familiare: un padre che riposa e una madre persa nei suoi pensieri.
Cos’ha a che vedere questo con la Serenissima?
«Come dicevo, è complicato.
In quei versi introduttivi descrivo l’atmosfera di casa mia, in un momento in cui sto affrontando alcune decisioni difficili a livello personale, per esempio riguardo al fatto di abbandonare gli studi, una cosa a cui pensavo molto al tempo in cui scrissi questo testo.
È una scena che a casa mia si ripete spesso: mio padre che schiaccia un pisolino dopo una mattinata di duro lavoro; mia madre, un po’ preoccupata, che fa i mestieri domestici; e io che esco per andare al mio allenamento di jiu-jitsu, con la testa piena di pensieri.
Per qualche misterioso motivo, la mia più grande fonte di ispirazione in momenti simili è il Leone Alato.
Questa rappresentazione biblica di San Marco con le ali d’angelo mi dà forza e mi illumina in tutte le mie “battaglie”, che si tratti di jiu-jitsu, di una rissa da strada in cui vengo coinvolto mio malgrado (A Belgrado ci sono alcuni quartieri violenti), o di qualsiasi altra sfida che la vita mi metta davanti.
Molti altri aspetti di questa canzone sono spiegati nel documentario sui Rain Delay, intitolato “San Marco”.
Questo film, diretto da Filip Cerović, è stato presentato a Belgrado all’inizio di giugno.
Speriamo di poterlo distribuire presto in qualche festival veneziano, o magari in una delle vostre televisioni locali.
Credo che per il pubblico veneto sarebbe piuttosto interessante.»
 
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“Veneto Slumber Recon” si apre con un’immagine molto poetica: un disperato grido d’allarme lanciato attraverso l’etere da un balcone illuminato dalla luna.
Il messaggio dice: “la città sta affondando.”
Cosa significa?
«Spiegare questo brano è probabilmente una delle domande più difficili che abbia mai ricevuto da un giornalista, come ho già avuto modo di dire in una recente intervista fattami da Claudio Hutte per la web tv VeNETvision.
La Venezia di oggi è la scena principale della canzone, il posto dove si svolge l’azione.
Fino al momento in cui una voce mi scuote, facendomi capire che forse, mentre io credo di stare dormendo (per strada, in Fondamenta della Salute) in una città che affonda, di fatto sto solo sognando di essere lì, mentre nella vita reale c’è un’occasione che a sua volta sta “affondando” proprio in quel momento.
Mi chiama per svegliarmi prima che sia troppo tardi.
Ma il destino è stato gentile con me, non permettendo che io mi svegliassi, perché credo che il proseguire di quel sonno abbia avuto una ragione.
In ogni caso, per i veneziani vale esattamente l’opposto.
Loro sono proprio quelli che devono svegliarsi prima che sia troppo tardi.»
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In questo pezzo sia la musica che le parole esprimono un forte sentimento di nostalgia.
È qualcosa di legato soltanto alla tua esperienza personale, o anche al rimpianto per la Venezia del passato?
«Al tempo in cui ho scritto questa canzone, provavo nostalgia per la mia passata relazione con una persona, la stessa con la quale ebbi l’”occasione” di cui parlavo nella risposta precedente.
La seconda parte del brano, in lingua serba, descrive i miei rapporti con questa persona, ma allo stesso tempo spiega come il destino avesse altri piani per me.
Sinceramente non conosco “la Venezia del passato”, né sono sicuro di aver capito a quale “passato” tu ti riferisca.
Naturalmente la situazione della città era molto migliore prima che la laguna fosse devastata dall’inquinamento e dallo sfruttamento ambientale, ma queste sono cose di cui chiunque può rendersi conto.
Ad ogni modo sarei più propenso ad affrontare il futuro, e lasciare il passato alle poesie e ai libri di storia.»
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Un famoso giornalista italiano, Indro Montanelli, una volta scrisse: “salvare Venezia è già difficile, farlo con i veneziani contro è impossibile.”
Cosa ti senti di dire, dall’altra sponda dell’Adriatico, per convincere i veneziani a prendersi cura della loro città e della loro cultura?
«Molti veneziani oggi non si rendono conto di quello che hanno e di quello che sono.
Due miei amici, uno di Mestre e l’altro degli Alberoni, parlano in continuazione delle cose che non vanno a Venezia: l’invasione dei turisti, i problemi del trasporto pubblico …
Sinceramente non so cosa pensare di questioni come il Mose o roba del genere.
Funzionerà?
Mi auguro di sì.
Nonostante sia piuttosto informato su questi temi, non vorrei addentrarmi nelle faccende politiche della vostra regione.
Su un altro versante, i Rain Delay possono fare la loro parte per preservare la cultura veneziana cantando la gloria della città, suonando e diffondendo “Par ti, San Marco” come una sorta di inno alternativo del popolo veneto (potrebbe diventare una canzone patriottica per il pubblico metal del Veneto).
Ma soprattutto, vogliamo ricordare a queste persone l’esistenza della loro lingua e della loro cultura.
Questo è il mio desiderio più profondo.»
Tommaso Stoppa
 

2012.11.12 – I PREDONI ITALIANI, IGNORANTI E PREPOTENTI NON SI SMENTISCONO.

 


Tanto per non smentire la propria ignoranza in materia e confermare l'arrogante pretesa di credersi padroni in casa d'altri il prefetto straniero italiano a Treviso, sempre tale Adinolfi, ha ritirato il procedimento adottato contro il Dr. Paolo Gallina, Vice Presidente del MLNV, e da lui stesso intrapreso allo scopo di sospendere la qualità di agente di pubblica sicurezza in relazione al suo lavoro di Comandante della Polizia Locale.
Ancora una volta l’autorità d’occupazione straniera italiana a Treviso non smentisce l’iniqua indole della propria tirannide e con contorta quanto derisoria motivazione valuta di non dar luogo, per ora, all’adozione del provvedimento cautelare preannunciato con la comunicazione dell’avvio del procedimento, (c’è da chiedersi se questa gente abbia studiato per fare il lavoro che fa).
È’ un peccato però che questo incapace funzionario italiano non provveda ad informare del suo ripensamento la stampa di regime, come al solito ben allineata e piegata all’italico interesse … ma si sa, informare la stampa allora significava sostenere l’ennesima inchiesta farsa contro il MLNV e l’avvio di un simile procedimento, che ripetiamo è stato ora ritirato, serviva a sputtanare un uomo giusto, le sue idee, la sua famiglia, il suo lavoro, fare di tutto per esporlo alla disapprovazione popolare e al dileggio dei suoi colleghi.
Ma ancora una volta, l’intento di questi mercanti del tempio, non ha sortito alcun effetto, anzi se mai proprio l’opposto, considerate le attestazioni di stima che il Dr. Paolo Gallina riceve sempre più dai cittadini che lo conoscono.
Non dimentichiamo per di più il valore e l’audacia di altri Veneti che rivestendo cariche istituzionali nell’ambito italiano dimostrano di farlo per servire la propria gente, opponendosi con fermezza, anche in questa circostanza, alle prepotenti pretese di queste canaglie.
Ma il tempo di questi predoni volge al termine e presto la Serenissima Patria saprà dedicar loro le attenzioni che meritano.
Venetia, 12 novembre 2012
Sergio Bortotto Presidente del MLNV e del Governo Provvisorio

ecco il documento:

 
 
2012.11.20 – ed ecco l'impietoso dietro-front del giornaletto "LA TRIBUNA DI TREVISO" che oggi pubblica un articolo sempre del solito Federico De Wolanski.
Di seguito alcuni commenti apparsi sul sito on-line di questo giornale (clicca qui)
 
 
 
2012.11.20 – PRECISAZIONE DEL VICE PRESIDENTE DEL MLNV DR. PAOLO GALLINA:
In ambito italiano, in materia di conferimento della qualità di agente di pubblica sicurezza in capo ad un appartenente alla polizia locale da parte del prefetto, la legge-quadro sulla polizia municipale n. 65/86 è chiara e tassativa, non lascia spazio a dubbi interpretativi di sorta o a margini discrezionali di "manovra", come ribadito anche da recentissima giurisprudenza della suprema corte italiana.
Detto in soldoni, il prefetto non ha alcun potere discrezionale: se l'interessato gode dei tre requisiti previsti dalla legge, il conferimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza è atto dovuto.
Ma forse si sperava in un ricorso, o in un pietire alle autorità italiane d'occupazione ciò che non poteva essere legittimamente denegato.
Ma il fatto che si rimanga in silenzio non significa affatto che si dimentichi o si tral
asci qualcosa, o anche il più piccolo dettaglio.
Chi con dolo persiste a commettere crimini contro cittadini del Popolo Veneto ne risponderà a suo tempo innanzi ad un legittimo organo della Giustizia Veneta.
E' solo questione di tempo.
Piaccia o non piaccia a chicchessìa, in fatto e in diritto la Repubblica di Venezia non è mai caduta, né è stata mai dichiarata formalmente sciolta e tanto meno si è estinta, e ad oggi è occupata – anche militarmente – da uno stato che le è straniero, quale quello italiano.
Se a qualcuno la cosa può far sorridere, suggerisco un'attenta e accurata analisi storica e giuridica di quella che sarebbe dovuta passare come una "annessione delle province della Venezia" al piccolo regno massonico straniero italiano dei savoia.
Piaccia o non piaccia a chicchessìa, la Sovranità del Popolo Veneto sarà ripristinata sui Territori della Repubblica Veneta prima di quanto si possa neanche immaginare.
Con buona pace di tutti, e di tutto il mondo.
Un suggerimento, quindi, alle autorità di occupazione straniere italiane: cominciate a rispettare le stesse norme di legge italiane sulla procedura penale, chiudete i vostri procedimenti-farsa pretestuosi e calunniosi e restituite agli interessati tutto il maltolto.
Dopo sarà davvero troppo tardi.
VIVA SAN MARCO!
dott. Paolo Gallina – Vice Presidente del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto
www.mlnv.org
Ps: alla redazione faccio un'altra volta presente che il MLNV non c'entra nulla con la cd "polisia veneta". Detto questo, invito per l'ultima volta a non associare il mio nome con detta "polisia".
 
2012.11.20 – PRECISAZIONE DEL CAPO DIPARTIMENTO TRASPORTI E VIABILITA' DEL MLNV/GOVERNO PROVV ISORIO DAVIDE GIARETTA:
Novembre non è un giorno, nessuno qui è "venetista" siamo tutti Veneti, semmai usate il termine patrioti, eravamo 18, quindi ce ne erano altri 17, questo giornale è impreciso e sfacciatamente di parte… e chi l'avrebbe mai detto, essendo del gruppo l'Espresso, tralatro condannato a pagare centinaia di milioni di euro per evasione fiscale, quando con tono arrogante si permetteva di sputare sentenze su altri, che a differenza di loro agivano legalmente?
Brucia ancora la figura che avete fatto?
Grazie per la quantità di risate grasse aggiuntive che ci avete regalato, vi vogliamo bene…

2012.11.08 – AMOS SPIAZZI – ONORE AD UN UOMO GIUSTO.


l’ho conosciuto personalmente quando lavoraro nei primi anni 80 alla questura di Verona… mi insegnava filosofia in una scuola privata… un uomo integro dai forti valori morali, un vero soldato.
E’ stato un onore conoscerlo e condividere con lui nobilissimi pensieri di un’italia a lui ingrata quanto per noi Veneti non è Patria.
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Provvisorio.
 
al suo funerale il feretro è stato coperto dalla Sua bandiera… 
ma non quella italiota, ma la bandiera del Regno del Lombardo Veneto.
 
Giorni fa è scomparso Amos Spiazzi di Corte Regia.
Il suo nome è noto solo a chi non è proprio più un ragazzino: il colonnello Spiazzi negli anni ’70 era stato accusato praticamente di ogni nequizia (o di ogni progetto di nequizia) che ha interessato la penisola.
È stato considerato uno dei capi della misteriosa Rosa dei Venti (organizzazione golpista), è stato tirato in ballo per il Golpe Borghese, per tutte le stragi attribuite ai fascisti, fino – non poteva mancare – alla Gladio.
Spiazzi si è fatto 6 anni e mezzo di galera, ha avuto la vita e la carriera militare (a 40 anni era il più giovane tenente colonnello dell’esercito) completamente devastata: per le vicende connesse alla sua persecuzione ha perso la madre e la moglie, si è rovinato economicamente ed è morto in dignitosissima povertà.
Spiazzi era stato inquisito e processato 19 volte e ogni volta assolto con formula piena.
Dopo ogni assoluzione gli è arrivata puntuale una nuova incriminazione, con il solito doloroso corollario di carcere, processi, umiliazioni e additamenti alla pubblica esecrazione.
Spiazzi è stato per anni il primo, più pericoloso ed esecrabile mostro da sbattere in prima pagina, il pericolo pubblico da additare all’odio di chiunque amasse con tenerezza la democrazia.
Alla fine, dopo 32 anni di calvario, nel 2005, Spiazzi era stato definitivamente assolto in Cassazione da ogni accusa.
Era stato reintegrato nel grado (ma subito congedato), e salutato senza neppure una lettera di scuse.
Si è rivolto alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ha ovviamente condannato la Repubblica italiana a una multa per le vergognose lungaggini con cui Spiazzi è stato finalmente prosciolto.
Lo stesso Tribunale è stato coinvolto per costringere lo Stato a un risarcimento che fino alla fine ha rifiutato di riconoscergli sulla base di odiosi cavilli procedurali.
Il calvario di Spiazzi era iniziato quando, ufficiale in servizio in Sud Tirolo, aveva colto sul fatto un paio di attentatori separatisti che – portati in caserma – si sono rivelati essere degli italianissimi agenti provocatori.
Caldamente consigliato di “lasciar perdere” e di girarsi dall’altra parte, Spiazzi aveva voluto fare fino in fondo quello che gli dettava il suo onore di soldato. I suoi guai giudiziari sono cominciati dopo poco.
Dello Stato italiano aveva un’idea romantica di onestà, rettitudine e senso del dovere: per rispettare ordini e gerarchie non ha mai voluto rivelare dettagli che forse gli avrebbero risparmiato un po’ di sofferenze.
La sua patria ha ripagato la sua fedeltà in maniera vergognosa: ciò nonostante non ha mai voluto rinunciare ai suoi ideali.
La sua italianità orgogliosa lo poneva su posizioni assai distanti dalle nostre ma la sua onestà e coerenza ci impongono oggi di ricordarlo con grande rispetto. Se ne è andato uno straordinario galantuomo davanti a cui si devono inchinare tutte le persone per bene.
Di sicuro non lo onoreranno tutti quelli che usano il suo stesso tricolore per coprire le loro nefandezze.
Quelle vere.
Tratto da un articolo de L'INDIPENDENZA.COM vedi

2012.09.26 – RINGRAZIAMENTI AL BUNDESKAMZLERAMT AUSTRIACO


Pur nel rispetto della formalità che ci impone i rapporti con uno Stato Sovrano e il Suo Popolo, non possiamo esimerci dall'esprimere pubblicamente un sentito e sincero ringraziamento al BUNDESKAMZLERAMT Austriaco per la sensibilità e correttezza dimostrata nei confronti delle legittime istanze di questo MLNV e del Governo Veneto Provvisorio da esso rappresentato.
Venetia, 26.09.2012
Sergio Bortotto Presidente del MLNV e del Governo Provvisorio