ATTUALITA

IMPRENDITORE VENETO … SI, MA IN AUSTRIA!

L’imprenditore veneto: “Ho portato la fabbrica in Austria: l’autonomia non serve a niente”
Il problema non sono le tasse, ma la burocrazia locale
L’ultima nicchia dello sterminato capannone da 60 mila metri quadrati è occupata da imballaggi alti quattro metri.
Due presse, 8 mila tonnellate ciascuna, arrivate dal Giappone.
Costate 17 milioni e mai installate. «Ho richieste da tutto il mondo e non riesco a soddisfarle.
Non mi lasciano ampliare lo stabilimento, e allora queste macchine restano imballate.
Ci perdo io, ci perdono tutti: potrei dare lavoro a centinaia di veneti. Invece assumo all’estero».
Nonostante l’Italia, a quasi 79 anni Francesco Biasion tutte le mattine alle 8 entra in fabbrica. Spesso anche di sabato.
Domenica ha votato sì al referendum.
Per sconforto, racconta. «Il Veneto dà troppo e riceve troppo poco.
Peggio di così non può andare.
Ma dia retta a me: non cambierà nulla. Anzi, potrebbe essere peggio: l’unica autonomia necessaria è quella da certi amministratori locali che ci impediscono di lavorare;
Dio ce ne scampi se un domani avranno più poteri». 
Quinta elementare.
A dieci anni era in azienda.
Anzi, prima: «Mio padre mi portava a vedere i fabbri picchiare l’incudine».
La Bifrangi era poco più di un’officina. Oggi è leader mondiale nello stampaggio a caldo dell’acciaio: oltre mille dipendenti, 250 milioni di fatturato, sei stabilimenti. Il più grande, quasi 500 addetti, è a Mussolente, 7 mila anime in provincia di Vicenza, dove i Biasion abitano da generazioni.
Gli altri sono a Lincoln e Sheffield, in Gran Bretagna, e a Houston.
L’ultimo è ad Althofen, in Carinzia, dove negli anni scorsi qualche imprenditore veneto ha ceduto alle lusinghe e trasferito in Austria parte delle produzioni.  
Biasion non ha scelto l’Est Europa dove la manodopera costa un quarto.
Ha aperto là dove gli operai guadagnano bene e il Fisco è meno opprimente, ma solo un po’. «Quelli come me non se ne vanno per pagare meno tasse.
Ce ne andiamo perché non siamo padroni nelle nostre fabbriche.
Sono stufo di andare dal sindaco di turno con il cappello in mano ogni volta che devo fare un investimento». 
Nel Vicentino la Bifrangi dà lavoro a centinaia di famiglie tra dipendenti, fornitori e indotto, albergatori compresi, perché è un modello studiato a ogni latitudine.
Mai uno sciopero. In mensa lavorano dieci cuochi assunti, si serve la verdura coltivata nei campi di Biasion e la carne delle sue bestie.
C’è un frantoio per estrarre l’olio delle sue olive e un piccolissimo mulino per macinare la farina ottenuta dal suo grano.
Nei capannoni si producono non solo i componenti in acciaio per l’industria pesante e la meccanica di precisione venduti in tutto il mondo; si progettano e realizzano anche i macchinari con cui fabbricarli.  
«Eppure mi sento trattato come un delinquente», dice Biasion.
Dieci anni fa ha brevettato il maglio più grande al mondo: un gigante di 1.500 tonnellate che quando piomba sull’acciaio incandescente esercita una pressione di 55 milioni di chili.
«Mi serviva un capannone nuovo.
Provincia e Regione erano d’accordo.
Il Comune anche».
Anzi no: il sindaco decide di costruire una nuova strada proprio nell’area dove dovrebbe estendersi la fabbrica. «Protesto e alla fine la spunto».
Ma in Comune si accorgono che il capannone è troppo alto e gli uccelli potrebbero sbatterci contro: niente licenza edilizia, altri anni di liti finché arriva la deroga per cominciare i lavori.
Apre il cantiere: servono fondamenta profonde 16 metri ma il Comune si mette di nuovo di traverso. «Mi sono stufato.
Ho chiamato in Texas.
La sera avevo una risposta: si può fare.
Quando siamo andati a presentare il progetto erano sorpresi: la fabbrica è vostra, dentro potete fare quel che volete». 
Tre anni fa, come alcuni suoi colleghi veneti, Biasion ha trasferito un pezzo di produzione in Carinzia.
Gli austriaci facevano promozione spinta, avevano creato una agenzia (oggi in liquidazione) per setacciare il Nord Italia e convincere le aziende a varcare il confine.
«E io sono andato, sempre per lo stesso motivo: avevo troppe commesse, mi serviva uno stabilimento più grande ma qui non me lo lasciavano fare». In dieci mesi la fabbrica era pronta.
«Mi hanno accolto con le fanfare, non sono mai riuscito a pagare nemmeno un caffè.
Eppure non lo rifarei: le tasse sono più basse, la pubblica amministrazione garantisce contributi a fondo perduto e procedure snelle, ma non trovo manodopera. Un disastro». 
Si torna al punto di partenza: le due presse imballate da cinque anni, i progetti incagliati, gli investimenti bloccati.
Le denunce: per aver piantato alcuni alberi e installato tre panchine, per una recinzione abusiva, per un impianto che inquinava.
«Tutte archiviate.
L’ultima poche settimane fa: il fatto non sussiste».
Nel frattempo Francesco Biasion ha assunto i 700 addetti che gli servivano.
All’estero. 
Tratto da (CLICCA QUI)
 

Francesco Biasion, 79 anni, è presidente del gruppo Bifrangi, leader mondiale nello stampaggio a caldo dell’acciaio.
La Bifrangi ha sei stabilimenti: uno in Veneto, gli altri sparsi tra Usa, Gran Bretagna e Carinzia 250 milioni
È il fatturato della Bifrangi.
Il gruppo ha oltre mille dipendenti, dei quali 500 lavorano a Mussolente, nel Vicentino

 

CHIESA E STATO… IL MAGNA MAGNA CONTINUA

SPUNTA IL MAXI-VITALIZIO , IMBARAZZO BERTONE… INDOVINA QUANTO INTASCA A VITA?
 
«Lo Stato vuole togliere le pensioni alle vedove per dare a Bagnasco. 
Ora basta!», il titolo, d’ inusitata ferocia, si aggrappa alle viscere.
E la foto, cattivella, a corredo, del cardinale Bagnasco presidente Cei ghignante come il signor Burns, il cattivo dei Simpson; be’ diciamo che non aiuta.
Sicché, proprio mentre il governo incespicava sulla futuribile irreversibilità delle pensioni, in cinque giorni ben 73.652 (fino a ieri) sostenitori incazzatissimi hanno firmato la petizione che il veneziano Ciro Verrati, presidente di Laicitalia ha lanciato sulla piattaforma Change.org: caro Matteo Renzi, togli l’ «ingiusto privilegio» della pensione militare che lo Stato italiano paga al cappellano dell’ Esercito Franco Bagnasco.
Il quale Bagnasco, oltre ad essere il potente presidente della Cei, a 63 anni ha maturato il vitalizio.
La petizione, che macina polemica nel web, è indirizzata sia al Presidente del Consiglio Renzi, sia al Presidente dell’ Inps Tito Boeri.
Ora, in effetti, Sua Eminenza è un baby pensionato.
Scrive Verrati: «Bagnasco, che è anche generale di brigata, ha diritto ad una pensione che si aggira, secondo alcune fonti attorno a 4.000 euro, ma secondo alcuni la pensione erogata dall’ Inps in suo favore sarebbe addirittura di 7.000 euro, nonostante abbia “prestato servizio” nell’ esercito per soli tre anni».
Tra l’ altro mi sa che c’ è un errore.
In difetto.
Anche se non è dato di saperlo con certezza, Bagnasco dal 2003 al 2006 è stato «arcivescovo ordinario militare» per l’ Italia, cioè reggente della diocesi, capo dei capi dei cappellani: per legge dovrebbe addirittura aver maturato il grado di generale di corpo d’ armata, stipendio da 190mila euro lordi l’ anno (ma il monsignore prenderebbe meno).
E prima di Bagnasco tornarono in sagrestia con laute pensioni tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni).
Si capirà che la cosa, ora, salti all’ occhio.
Lo Stato sborserebbe 8 milioni per 176 sacerdoti, 5 vicari episcopali, un provicario generale, un vicario generale e l’ arcivescovo ordinario.
«Non solo, c’ è anche il capitolo delle pensioni.
L’ Inpdap, ha ammesso candidamente il ministro, non riesce a fornire cifre precise sulle pensioni ai cappellani, perché in quanto integrati nell’ esercito rientrano nel computo generale», scrive sempre il nostro petitore.
Dall’ ordinariato militare trapela che negli ultimi 20 anni sono andati in pensione 4 ordinari militari, 4 vicari generali, 8 ispettori e circa 140 cappellani militari.
E la Difesa ha stimato pensioni per circa 43mila euro lordi per ognuno di costoro.
Certo, qualcosa s’ è tagliato (per un’ inchiesta dell’ Espresso del 2012 i milioni erano 15).
E nel 2014 ci fu anche, col vibratile Monti, l’ annuncio di una furiosa spending review: «Cappellani militari, addio a pensione e stipendio».
Poi la cosa sfumò.
Ora, il cardinal Bagnasco non ha mai smentito gli attacchi al suo diritto alla pensione militare (i primi furono ovviamente dei Radicali).
E il diritto è legittimo.
Però, diamine, stride.
Sia con la fresca memoria delle « ingerenze» nello Stato laico di cui lo stesso cardinale è tacciato in tema di unioni civili.
Sia perchè la pensione di Bagnasco evoca l’ attico di Bertone.
Sia perché fu proprio Bagnasco, l’ anno scorso, a proclamare: «La politica deve cambiare e cessare di essere una via indecorosa per l’ arricchimento personale. Il paese sano è stanco di populismi».
Ecco, appunto, parliamone…

Tratto da (CLICCA QUI)

FIERO DI NON AVER VOTATO.

Lo diciamo da tempo e oggi confermiamo la nostra posizione rispetto al referendum voluto dal partito italiano lega nord e da Luca Zaia, esponente di spicco di tale partito italiano e presidente dell'ente periferico italiano denominato "regione veneto ".
E così la popolazione residente, stranieri compresi (anche gli italiani sono foresti a casa nostra),  ha votato per un'autonomia che Luca Zaia andrà ad elemosinare a Roma.
Dunque io che non credo ai partiti italiani, che non credo al sistema italia, che non credo ai politici italiani, sono forse uno stolto, uno sciocco o un povero illuso che aspira a vedere liberata la propria Patria dall'occupazione straniera italiana?
La Patria, per l'appunto, la millenaria Serenissima Repubblica Veneta, sempre più ostaggio di un Popolo tenuto al guinzaglio e mantenuto nel recinto dell'inconsapevolezza della propria identità.
Siamo come un gregge sfamato con le briciole del proprio pane.
Ed è così che il lamentoso piagnucolare trova sfogo nel compiacimento di un voto creato ad arte per illuderci di aver esercitato un diritto democratico.
Ma noi VENETI non siamo italiani e come il 22 ottobre del 1866 ecco replicata la frode italiana.
E adesso???
Adesso vedremo come l'italianissimo Luca Zaia porterà a casa l'inutile autonomia tanto decantata.
Se un milione di persone crede ad una cosa idiota, la cosa non cessa di essere idiota (Anatole France).
WSM
Venetia, 23 ottobre 2017
Sergio Bortotto
Presidente del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto
e del Governo Veneto Provvisorio
 

E L’AUSTRIA NON STA A GUARDARE…

A GEORGE SOROS IL DIVIETO DI OPERARE IN AUSTRIA: “HAI 28 GIORNI PER ANDARTENE”

Il leader più giovane del mondo, il neo-eletto Sebastian Kurz, non perde tempo e si rivolge a George Soros: l’obbligo imposto è quello di cessare qualsiasi operazione ad opera della sua Open Society Foundation in Austria entro 28 giorni.
L’alternativa è andare incontro ad un’azione legale per “tentata minaccia alla democrazia della nazione”.
Secondo il portale di informazione indipendente YourNewswire, il trentunenne Sebastian Kurz, il leader austriaco più giovane di sempre, avrebbe parlato ai suoi colleghi della necessità di agire immediatamente, a seguito della notizia per cui George Soros ha donato $18 miliardi del suo patrimonio da $24 miliardi alla Open Society Foundation, fondazione di proprietà dello stesso Soros.
«La situazione è diventata critica», ha detto Kurz.
«Soros sta versando tutto ciò che ha dietro alla sua spinta per (ottenere) il controllo mondiale.
La disinformazione e la manipolazione dei media sono già aumentate esponenzialmente durante la notte.
Non abbiamo spazio per la compiacenza».
Kurz, che si autodefinisce un fan delle cospirazione e sostiene di essere stato illuminato dal film Loose Change sull’11 settembre, afferma di aver compreso pienamente l’agenda di Soros e dichiara che «non esiste alcun modo per cui questo paese sarà la sua quinta vittima».
Il neo-cancelliere austriaco si riferisce al numero delle economie nazionali che Soros ha fatto quasi fallire per ottenere enormi profitti personali e una forte influenza politica.
Interrogato sul perché voglia bannare la Fondazione Open Society di George Soros dall’Austria, Kurz ha risposto: «Perché è il 2017».
La notizia per cui Soros ha versato il 75% della sua fortuna per sostenere la sua agenda politica e sociale ha causato onde d’urto in tutto il mondo: molti leader eletti democraticamente temono che il peso dei suoi miliardi, usato per comprare politici e giornalisti, possa essere difficile da combattere.
Kurz è d’accordo.
Ed è questo il motivo per cui avrebbe optato per un’azione rapida:
“Lo spettro di Soros è la sfida più grande che l’umanità affronta nel mondo nel 2017.
È un grande calamaro vampiro avvolto attorno al volto dell’umanità, che inserisce inesorabilmente il suo imbuto di sangue in qualsiasi cosa che odori di denaro, usando questi soldi per corrompere politici, giornalisti e il settore pubblico, tentando di creare il mondo alla sua immagine.
Il popolo austriaco ha rifiutato il Nuovo Ordine Mondiale ed è mio dovere e mio privilegio difendere la sua volontà”.
 
 
Tratto da (CLICCA QUI)
 

MORTO IL DIFENSORE DEI MAPUCHE …

Argentina, è di Santiago Maldonado il cadavere nel fiume: morto il difensore dei Mapuche
L’annuncio è arrivato dal giudice incaricato di seguire il caso, il fratello di Santiago poi ha confermato.
L’artigiano 28enne era scomparso il 1° agosto scorso, durante una manifestazione in difesa degli indigeni.
Ora si aspetta l’esito dell’autopsia
Il corpo trovato nel fiume nel sud dell’Argentina appartiene all’attivista Santiago Maldonado: la conferma arriva dal giudice Gustavo Lleral, incaricato di indagare sulle sorti del 28enne scomparso dal 1 agosto durante la repressione di una protesta degli indigeni mapuche in Patagonia .
L’autopsia preliminare effettuata ha stabilito che non presentava lesioni, ma adesso bisognerà chiarire le cause della morte: «Ci vorranno più di due settimane per avere i risultati finali dell’esame autoptico», ha chiarito il giudice, che ha assunto l’incarico dopo che il primo magistrato era stato esautorato per richiesta della famiglia.
Poche ore dopo anche Sergio Maldonado, fratello maggiore di Santiago, ha confermato che il corpo ritrovato nel fiume Chubut è quello del fratello. «Abbiamo riconosciuto i suoi tatuaggi, siamo convinti che si tratti di Santiago», ha detto, parlando con la stampa davanti all’obitorio giudiziario di Buenos Aires, dove un gruppo di una ventina di esperti ha esaminato il cadavere scoperto martedì scorso a circa 300 metri dal posto dove suo fratello era stato visto per ultima volta.
 
L’ondata di proteste
La famiglia e molte associazioni per i diritti umani hanno accusato in queste settimane la polizia di quanto accaduto al ragazzo.
E il governo di Mauricio Macri, è stato accusato dall’opposizione di aver dato poca importanza alla misteriosa sparizione del 28enne o perfino di aver coperto azioni illegali della Gendarmeria.
Una manifestazione in favore di Maldonado si era svolta il primo ottobre in Plaza de Mayo a Buenos Aires.
Il caso, indicato per la giustizia come “sparizione forzata” , ha mobilitato centinaia di migliaia di persone per le strade di Argentina, un paese particolarmente sensibile alla violenza istituzionale dalle conseguenze terribili lasciati dall’ultima dittatura, durata dal 1976 al 1983.
«Dov’è Santiago Maldonado?»
è stata la questione che ha attraversato il paese fin dall’inizio.
«Rispettiamo il diritto della famiglia a conoscere la verità»,
ha detto il giudice.
«Adesso prevale la nostra responsabilità etica».
 
 
Vi ricordo gli articoli che avevamo riportato:
  1. MAPUCHE UN POPOLO IN LOTTA CONTRO BENETTON
  2. CHE FINE HA FATTO SANTIAGO?

IL VESCOVO DEGLI SCANDALI

ATTICO PAGATO COI SOLDI PER I BIMBI MALATI
 
“I soldi destinati ai bambini autistici e ai piccoli malati oncologici sono finiti in un attico di 210 metri quadri con depandance al centro di Roma.
Ottocentomila euro, sottratti ad un ente morale, la Fondazione Campanile, una delle più importanti realtà socio-assistenziali della Sicilia, e utilizzati a fini privati dall’ormai ex vescovo di Trapani monsignor Francesco Micciché, sollevato dal suo incarico nel 2012 da papa Benedetto XVI all’esplodere dello scandalo per un ammanco milionario dai conti della Diocesi.
Cinque anni dopo, dall’inchiesta ancora aperta alla Procura di Trapani che vede l’alto prelato indagato per appropriazione indebita e malversazione per la distrazione dei fondi dell’8 per mille, continuano a venire fuori sorprese… (continua)
 

Come questo attico al quarto piano di un antico palazzo nobiliare al numero 50 di via San Nicola di Tolentino alle spalle di piazza Barberini.
Cinque finestre su un unico balcone in uno stabile di pregio che ospita anche un paio di residence di lusso e un’accademia di moda.
Acquistato nel 2008 dal vescovo di Trapani ad un prezzo decisamente sottostimato per i prezzi del centro di Roma: 760.000 euro più 30.000 di spese notarili, per di più dichiarandone l’utilizzo ai fini di culto (dunque equiparato ad una chiesa) per non pagare l’imposta di registro, l’appartamento è stato intestato alla Curia di Trapani.
Come ha confermato ai pm monsignor Alessandro Plotti, inviato dal Vaticano come amministratore apostolico a Trapani dopo la rimozione di Micciché.
Quello dell’alto prelato (scomparso qualche tempo fa) è un durissimo atto d’accusa: “Io ho rilevato l’anomalia dell’acquisto di una casa privata intestata alla diocesi con soldi che avrebbero dovuto essere destinati alla cura dei bambini e alle finalità della Fondazione Campanile.
Non è accettabile che siano stati buttati via 500.000 euro per l’acquisto di una casa privata a Roma in pieno centro storico sottraendo quella somma alla possibilità di destinarli alla cura di bambini con problemi psichici”.”

 

NUOVA TASSA SULLA CASA PER SISTEMARE I CONTI!

Pagare una tassa per l’occupazione del suolo da parte dell’immobile.
Non è una follia, ma l’ultima idea per mettere le mani nelle nostre tasche.
Quest’idea è pura follia.
Sia dal punto di vista morale sia economico che anche giuridico.
È un’intromissione di uno stato che finora ha sempre giocato contro gli interessi italiani.
Fra l’altro è evidente la correlazione fra tassazione patrimoniale degli immobili italiani, gonfiata da Monti, perdita di valore degli immobili di imprese e famiglie e deterioramento della solvibilità del portafoglio crediti delle banche.
L’Italia è fallita!
Prima o poi qualcosa succederà
Lo dicono quelli che di economia capiscono.
L’Italia è fallita. (continua)
 

Copre i debiti facendo altri debiti e i secondi superano i primi. Il Partito debosciato invece di contenere la spesa raccatta l’Africa.
Gli invasori sono un mutuo a vita per i contribuenti italiani. Non un mutuo per la casa o per l’automobile, ma per mantenere milioni di sfaccendati.
Il peggio deve ancora venire. Siamo ultimi nella crescita.
E’ un processo irreversibile. Il comunismo e le sue derivazioni ha portato la miseria ovunque ha attecchito.
Ma poi, dopo un po’ di tempo, la gente ha capito e lo ha schifato.
Gli utili idioti italiani ancora credono alla befana e la votano.
Dio salva l’Italia. Se puoi.
Ma sarà difficile anche per te.
L’ipotesi di una patrimoniale sui terreni immobiliari sarebbe nata da France stratégie, una think tank vicino ad Emmanuel Macron che sarebbe pronto a suggerire all’Ue l’idea di un nuovo balzello tarato proprio sull’Italia per ridurre il deficit.
Mario Seminerio su phastidio.netha di fatto smascherato il piano di Parigi.
Una mossa studiata in silenzio per mettere le mani nel portafoglio degli italiani.
E come sottolinea laVerità, il meccanismo che sta mettendo a punto la Francia andrebbe a colpire il patrimonio immobiliare italiano.
Di fatto non verrebbe tassato l’immobile ma il terreno su cui viene edificata la casa.
Il balzello dunque diventerebbe una sorta di canone d’affitto pagato allo Stato per l’occupazione del suolo da parte del proprietario dell’immobile.
E chi non paga?
Rischia direttamente l’esproprio sia in caso di vendita che in caso di eredità.
Lo studio che gira nei salotti francesi quantifica in un 40 per cento la quota di rapporto tra Pil e debito pubblico che verrebbe abbattuta.
In Italia 56 milioni di immobili sono di proprietà di persone fisiche, mentre la percentuale di famiglie italiane che vive in case di proprietà tocca quota 77,4 per cento.
Un bacino immenso per chi spera di far cassa sulle spalle di chi ha lavorato una vita per poter acquistare un tetto…

 

IN AUSTRIA HA VINTO LA DESTRA … FINALMENTE!

L'ÖVP e l'FPÖ, di centrodestra ed estrema destra, hanno ottenuto la maggioranza dei voti: quasi certamente governeranno insieme con Sebastian Kurz come cancelliere.
I popolari democristiani dell’ÖVP hanno vinto le elezioni che si sono tenute domenica in Austria, ottenendo il 31,4 per cento dei voti, confermando i sondaggi delle ultime settimane che lo avevano dato per favorito.
Il partito di estrema destra FPÖ ha invece ottenuto il 27,4 per cento dei voti, diventando secondo partito e distanziando di poco il partito socialdemocratico, che è stato votato dal 26,7 percento degli elettori. ÖVP e FPÖ potrebbero quindi formare una loro maggioranza di governo in Parlamento, cosa che potrebbe consentire a Sebastian Kurz, il giovane leader dell’ÖVP di diventare cancelliere.
Le elezioni sono servite per il rinnovo del Nationalrat, la camera bassa del parlamento che dispone dei maggiori poteri legislativi (l’altra camera è il Bundesrat e rappresenta i nove stati federati dell’Austria).
Sono state elezioni anticipate, dopo che lo scorso maggio era entrata in crisi la coalizione al governo formata dai socialdemocratici della SPÖ (centrosinistra) e dai popolari democristiani dell’ÖVP (centrodestra).
Il favorito per l’elezione a cancelliere, secondo tutti i sondaggi, era l’attuale ministro degli Esteri Sebastian Kurz: ha 31 anni e durante la campagna elettorale si era molto avvicinato alle posizioni dell’estrema destra dell’FPÖ, il partito che fu un tempo di Jörg Haider.
I cittadini con diritto di voto sono 6,4 milioni (lì si può votare già da 16 anni): l’affluenza è stata del 67,6 per cento; nel 2003, alle precedenti elezioni, fu del 75 per cento.

La legislatura avrebbe avuto il suo termine naturale nel 2018. Alle elezioni federali del settembre 2008, la SPÖ si era confermata primo partito alla camera bassa del Parlamento, Werner Faymann era diventato cancelliere e aveva formato un governo di coalizione con la ÖVP.
Nel 2015, con la cosiddetta crisi dei migranti, aveva cominciato a rafforzarsi sempre di più l’FPÖ, contrario a qualsiasi nuovo ingresso di rifugiati.
Nel 2016 c’erano state infine le elezioni presidenziali: SPÖ e ÖVP – che riuscivano dal 1957 a eleggere un loro candidato – erano entrambi rimasti esclusi dal ballottaggio.
Ai primi due posti erano arrivati Alexander Van der Bellen (indipendente sostenuto dai Verdi che poi era stato eletto) e Norbert Hofer (di FPÖ).
Il risultato del primo turno aveva avuto come conseguenza le dimissioni del cancelliere Werner Faymannn, che era stato sostituito per pochi giorni dal suo vice Reinhold Mitterlehner, presidente di ÖVP, e poi dal socialdemocratico Christian Kern.
Lo scorso maggio la crisi vera era cominciata quando Reinhold Mitterlehner si era dimesso da leader dei popolari democristiani, dicendo che non era più in grado di fermare i litigi tra i ministri del suo partito.
Il nuovo leader era diventato l’attuale ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz. Questa situazione aveva portato alla caduta del governo, e quindi a nuove elezioni fissate per ottobre.

I candidati alla carica di cancelliere erano dieci, ma il favorito era Sebastian Kurz (ÖVP): nato il 27 agosto del 1986 a Vienna, si è iscritto a Giurisprudenza ma non si è laureato e nel 2009 è diventato capo della sezione giovanile del suo partito.
Nel 2011, a 25 anni, è stato nominato sottosegretario agli Interni con delega all’Integrazione, poi ministro degli Esteri a 28 anni e infine è diventato il leader dei popolari (questa sua carriera così rapida e le sue importanti nomine sono state molto criticate, vista la giovane età e il suo basso grado di scolarizzazione).
Ora dovrebbe diventare il più giovane capo di governo nella storia d’Europa e il leader mondiale più giovane.
Sotto la guida di Kurz il partito popolare è cambiato notevolmente.
Alle elezioni non si è presentato con la sua sigla, ma con il nome del suo candidato (Liste Sebastian Kurz – Die neue Volkspartei), il colore simbolo del partito è passato dal nero al turchese e a sostenerlo ci sono testimonial poco politici, ma molto celebri (tipo l’ex miss Austria e alcuni sportivi come l’ex campione di Formula Uno Niki Lauda).
Kurz è molto attivo sui social e pubblica video in cui scala una montagna e, arrivato in cima, guarda il suo paese e dice cose come “La nostra è la terra più bella del mondo e dobbiamo riportarla in vetta”.
Kurz ha condotto una campagna elettorale basata sul rinnovamento cercando però di guadagnare voti a destra sottraendoli al Partito della Libertà (FPÖ): la questione dei migranti è stata uno dei temi principali della campagna elettorale.
L’Austria è uno tra i paesi d’Europa in cui sono state presentate più richieste di asilo e in cui l’8 per cento della popolazione è musulmana (una percentuale piuttosto alta).
I dati dicono anche che un terzo degli austriaci non vorrebbe avere un musulmano come suo vicino di casa e negli ultimi anni è infatti cresciuto il sostegno ai movimenti e ai partiti xenofobi.
Anche i partiti che hanno tradizioni ben lontane da questa retorica hanno però progressivamente adattato i loro discorsi alla generale diffidenza e al crescente populismo di destra.
Kurz ha sostenuto e fatto approvare una legge in vigore dal primo ottobre che vieta il burqa (la «Legge contro la copertura del volto»), fa riferimento a delle «società parallele» che starebbero emergendo nel paese e durante una visita a Malta come ministro degli Esteri ha criticato apertamente la «follia delle ong» che favorirebbero i trafficanti di migranti.
Ha chiesto poi la chiusura della rotta del Mediterraneo, minacciando anche di bloccare il Brennero, e nel febbraio del 2016 è stato l’organizzatore di un incontro a Vienna tra i ministri degli Esteri e degli Interni di Slovenia e altri 8 paesi balcanici per discutere una strategia comune sulla cosiddetta “rotta balcanica” dal Medio Oriente verso l’Europa occidentale.
Al termine della conferenza i dieci paesi avevano diffuso un documento congiunto in cui si erano accordati per inasprire i propri controlli alle frontiere con l’obiettivo di ridurre gli arrivi.
La Grecia, che non era stata invitata all’incontro, aveva richiamato il proprio ambasciatore in Austria.
FPÖ è il Partito della Libertà (Freiheitliche Partei Österreich) e si presentava alle elezioni con il suo storico leader Heinz-Christian Strache, che era in testa ai sondaggi fino a pochi mesi fa e che aveva cominciato a perdere consensi dopo l’arrivo di Sebastian Kurz.
Strache aveva addirittura accusato Kurz di aver copiato il suo programma.
Nonostante questo (o meglio: proprio per questo) gli osservatori dicono che sarà molto probabile un governo formato da una coalizione tra popolari e liberali xenofobi (come avvenne, prima e finora unica volta, dal 2000 al 2005).
Il programma elettorale di FPÖ è costituito da 25 capitoli: ciascun punto inizia con la parola “noi”.
 

 

 

ANCORA SUL PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE

Tanto per non lesinare sul bagaglio culturale e la formazione intellettuale che per finta o sul serio, in merito alle norme di diritto internazionale e alla loro applicabilità, sembra contraddistinguere le autorità e le forze d'occupazione straniere italiane, facciamo ancora una precisazione:
Lo stesso diritto all'autodeterminazione, nella sua accezione esterna, spetta ai Popoli sottoposti a regime militare straniero, se essi precedentemente facevano parte di uno Stato indipendente … (pag. 178 capitolo 7 – Diritto Internazionale – Antonio Cassese – seconda edizione edito da "Il MUlino").
Il Popolo Veneto è detentore di tale diritto e non c'è un atto di cessione o rinuncia alla propria sovranità resa dal Governo della Serenissima Repubblica Veneta e/o dalla stessa Cittadinanza.
E' documentata e ammessa dallo stesso Conte Tahon di Revel (*), plenipotenziario dei re d'italia di allora, la frode commessa con l'annessione militare dei territori Veneti mascherata con il plebiscito nel 1866 e i cui falsi risultati vennero addirittura erroneamente pubblicati sulla stampa tre giorni prima del loro realizzarsi.
Il giorno stesso venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del 7 ottobre per il plebiscito.
« Al Presidente del Consiglio dei Ministri è pervenuto oggi alle ore 10 ¾ antimeridiane il seguente dispaccio da Venezia:
La bandiera Reale italiana sventola dalle antenne di piazza San Marco, salutata dalle frenetiche grida della esultante popolazione. – Generale Di Revel
Il Presidente del Consiglio dei Ministri rispose immediatamente con questo dispaccio:
Alla Rappresentanza municipale di Venezia – Il Governo del Re saluta Venezia esultante mentre la bandiera nazionale italiana sventola dalle antenne di piazza San Marco, simbolo di Venezia restituita all'Italia, dell'Italia restituita finalmente a se stessa. – Ricasoli »
(Gazzetta Ufficiale, 19 ottobre 1866)
Secondo alcune fonti, il 19 ottobre il Veneto sarebbe stato invece ceduto direttamente dall'Austria al Regno d'Italia: il quotidiano Gazzetta di Venezia in pochissime righe riportò che: «Questa mattina in una camera dell'albergo Europa si è fatta la cessione del Veneto».
Il 20 ottobre giunse a Venezia il commissario regio Giuseppe Pasolini, nominato già dal 13 ottobre.
La votazione per il plebiscito ebbe luogo nei giorni 21 e 22 ottobre 1866; a Venezia gli uffici elettorali rimasero aperti dalle 10:00 alle 17:00 in entrambi i giorni.

L'ITALIA E TUTTE LE SUE ISTITUZIONI SONO ILLEGALMENTE PRESENTI SUI NOSTRI TERRITORI E AGISCONO IN DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE.
Tutti gli uffici pubblici italiani, carabinieri, polizia, guardia di finanza, vigili urbani, forze armate, guardie particolari giurate e ogni altra istituzione costituita e designata dallo stato straniero occupante italiano, è illegale su tutti i nostri territori.

(*)
Thaon di Revel (pronuncia: taõ di rœvèl[3]e Sant'Andrea, sono una famiglia nobiliare originari della Contea di Nizza.
Per tradizione famigliare i figli maschi vennero educati alla carriera militare o politica e diplomatica.
Molti membri dei Thaon di Revel hanno raggiunto posizioni di pubblico interesse, sia in ambito militare che politico, partecipando attivamente nel governo del Regno di Sardegna e alla formazione del Regno d'Italia.
Il ramo dei Thaon si stabilisce nel nizzardo nel XV secolo e da lì in Piemonte.

 

FORZA AUSTRIA … FORZA FPÖ

IL CANDIDATO PREMIER AUSTRIACO STRACHE:
"PERCHÉ L’EUROPA CI VUOLE RENDERE SCHIAVI"
Domenica prossima in Austria si vota.
Elezioni politiche in cui, per la prima volta nella storia, l’FPÖ, letteralmente il partito della libertà, nei fatti il partito della destra nazionalista, che l’anno scorso al primo turno delle presidenziali ottenne il 35% dei consensi, mancando l’elezione del presidente al ballottaggio per soli 31mila voti, ha ottime chance di risultare il partito di maggioranza relativa.
Nel 2016 fu il voto di Vienna a costargli la presidenza, mentre nel resto del Paese, il suo candidato, Norbert Hofer, prevalse ovunque.
Quelli dell’FPÖ, per semplificare, sono gli eredi di Haider, il governatore della Carinzia che a inizio secolo fu il primo ad attaccare con forza l’Europa delle banche e dei burocrati e a parlare di muri contro gli immigrati, ricevendo in cambio da Bruxelles accuse di razzismo e perfino nazismo.
Non però da Papa Ratzinger, omaggiato da Haider con un albero di Natale che Benedetto XVI collocò in Piazza San Pietro.
Il governatore poi morì in un misterioso incidente automobilistico ma aveva già lasciato l’FPÖ sbattendo la porta perché non condivideva la nuova linea ultranazionalista.
A sottrarglielo, nel 2005, fu Heinz-Christian Strache, odontoiatra viennese, che da allora guida il partito.
In economia ha recuperato le istanze ultraliberali dei tempi pre Haider, sull’immigrazione ha perfino irrigidito la linea, quanto alle istanze nazionali, ha sposato il sovranismo abbandonando i localismi.
Risultato: in quattro anni ha raddoppiato i voti, in dieci li ha triplicati e tra una settimana potrebbe essere il primo presidente del Consiglio di estrema destra dell’Europa al di qua dell’ex cortina di ferro.
La parabola di Strache ricorda in parte quella dell’attuale leader della Lega, Matteo Salvini, del quale l’austriaco è pressoché coetaneo e con il quale nel 2014, prima delle elezioni Europee, ha siglato un’intesa tra euroscettici.
Entrambi vengono dalla metropoli e hanno politicamente ucciso il padre, prima soffiandogli il potere, poi portando il proprio partito a risultati mai raggiunti.
Entrambi fanno della lotta agli immigrati, del sovranismo, dell’euroscetticismo e dell’abbassamento delle tasse i loro cavalli di battaglia.
Entrambi si sono guadagnati un bollino di ignominia dalla sinistra ma non se ne preoccupano.
Entrambi puntano alla premiership e sono pronti a governare con il centrodestra moderato.
Con il suo braccio destro, Harald Vilimsky, segretario generale dell’FPÖ, Strache ha acconsentito a un’intervista pre-elettorale con Libero.
Cosa pensa l’FPÖ dell’Europa?
Strache: «La nostra concezione d’Europa è un’alleanza basata sull’autodeterminazione dei popoli, nella tradizione culturale occidentale.
Solo un Paese sovrano può preservare la propria indipendenza e libertà.
L’obiettivo della Ue dev’essere la creazione di una comunità geograficamente, mentalmente e culturalmente omogenea che si impegna a conservare i valori occidentali, nel rispetto della propria identità tradizionale».
Nella crisi catalana sostenete Madrid o Barcellona?
S: «Siamo per la democrazia diretta.
Quanto accaduto in Catalogna è vergognoso.
La violenza delle autorità nei confronti dei propri cittadini è inaccettabile.
La sovranità nazionale e l’ideale di un’Europa delle patrie sono sempre più minacciate dagli attuali sviluppi della Ue.
Noi sogniamo un’Unione che consenta una democrazia genuina e rispetti i cittadini maturi e liberi».
Se vincerete le elezioni avvierete un processo di addio alla Ue?
Vilimsky: «La maggioranza degli austriaci vuole restare nella Ue.
Noi lavoreremo per migliorarla.
Bruxelles dovrebbe concentrarsi su ciò che è veramente importante, ad esempio la protezione delle frontiere esterne e la stabilizzazione della moneta».
Come intendete migliorare l’Unione?
V: «Siamo in ottimi contatti con i Paesi del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia).
Vogliamo fare leva su questi per riformare la Ue, rivalutare il ruolo degli Stati nazionali, il recuperare le tradizioni europee e difendere i confini del Continente».
Quindi no all’uscita dall’euro?
V: «La soluzione ideale sarebbe avere due euro, uno per il Nord Europa, l’altro per il Sud, in modo che entrambe le aree economiche abbiano più spazio di manovra».
Pensate che la Brexit si farà?
V: «Il 52% degli inglesi ha deciso di andarsene dalla Ue.
È stato un voto democratico e va rispettato. Il divorzio deve essere realizzato in modo equo, professionale e amichevole.
Sarebbe un errore fatale alterare l’esito del voto con trucchi politici».
L’economia è il punto qualificante della vostra campagna elettorale?
S: «Gioca senza dubbio un ruolo molto rilevante.
Ci battiamo per avere tagli significativi alle tasse per i cittadini austriaci.
Il nostro motto è: “Gli austriaci meritano correttezza”.
Ma per noi sono soprattutto importanti il rispetto della democrazia diretta, in ogni istituzione, e lo stop all’immigrazione di massa e senza ostacoli alla quale abbiamo assistito negli ultimi anni.
Il flusso di migranti verso l’Europa dev’essere interrotto immediatamente».
 

ARRIVIAMO AL DUNQUE … IL POPOLO ITALIANO NON ESISTE!

Il popolo italiano non è rassegnato alla sottomissione … semplicemente  il popolo italiano non esiste!
Esistono tuttavia i Popoli della Nazioni pre-unitarie che hanno anche combattuto contro questa falsa unità d'italia.
C'è da chiedersi, allora, perché adesso dovrebbero combattere per salvare questo sistema criminale.
 
COME MAI GLI ITALIANI NON SI RIBELLANO ALLE INGIUSTIZIE COME FANNO ALTRI POPOLI? RASSEGNATI ALLA SOTTOMISSIONE…
Come mai gli italiani non si ribellano alle ingiustizie come fanno altri popoli?
È una domanda che molti di noi si pongono.
Se gli stranieri sui mezzi di trasporto pubblici si rifiutano di pagare il biglietto e peggio ancora aggrediscono fisicamente il controllore, tutti noi denunciamo totalmente indignati, ma poi concretamente li si lascia fare e alla fine siamo solo noi italiani ad essere tenuti a pagare il biglietto.
Se nelle nostre città talune vie, parchi, piazze o quartieri diventano pericolosi per la presenza di delinquenti comuni, spacciatori di droga, sfaccendati che molestano donne e bambini aspirando a violentarli sessualmente, noi denunciamo massimamente preoccupati ma poi concretamente finiamo per non frequentare più quegli spazi pubblici che, di fatto, diventano delle roccaforti della criminalità.
Nel novembre del 2011 con la regia di Giorgio Napolitano e l’avvento al potere di Mario Monti l’Italia è stata sottomessa a una dittatura finanziaria che, da allora, ha spogliato la democrazia del suo contenuto sostanziale e ha generato quattro governi non eletti dagli italiani.
Nel 2013 la Corte Costituzionale ha sentenziato l’incostituzionalità della legge elettorale con cui sono stati eletti i parlamenti nel 2006, 2008 e 2013, ma a quattro anni di distanza il parlamento continua a legiferare, così come i governi e i capi di Stato designati da quei parlamenti continuano a operare come se non fosse successo nulla.
Nel 2016 c’è stato il referendum sulla riforma della Costituzione.
Il governo era per il Sì e ha vinto il No. Ma è stato riesumato un governo del Sì come se gli italiani non fossero andati a votare.
Gli italiani hanno denunciato a viva voce, ma concretamente nessuno mette in discussione la legittimità del sistema politico o si sottrae all’osservanza delle decisioni assunte da questi governi.
A questo punto dobbiamo concludere che gli italiani che subiscono le ingiustizie limitandosi a denunciare ma senza ribellarsi concretamente, dimostrano di non essere un popolo unito.
Massimo D’Azeglio all’indomani dell’unità d’Italia nel 1861 disse: «Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli italiani».
Infatti, nessuna nazione nasce senza un Popolo e non può esserci stato senza Nazione.
Andiamo in effetti a vedere cos'è un Popolo:  l
a nazionalità è l’espressione dell’identità di un Popolo che accomuna liberamente ogni proprio membro per il senso di appartenenza a tale specifica collettività per lingua, cultura, tradizione, religione, storia.
La nazionalità è conforme e si estrinseca con il concetto di Nazione destinata a identificare, qualificare e valorizzare la pluralità della comunità dei Popoli universalmente intesa come umanità.
Prendiamo atto che gli italiani sono un popolo che si sente appagato dalla denuncia fine a se stessa, che vuole accontentare tutti e non scontentare nessuno, che aggira le realtà che impongono delle scelte impegnative.
Se questo comportamento potesse tradursi nella salvaguardia della civiltà che da millenni ha comunque garantito la crescita demografica, lo sviluppo economico e la qualità della vita, dovremmo considerarlo saggio e lungimirante nel lungo periodo anche se spregiudicato e riprovevole nell’immediato.
L'italia esiste solo da centocinquant'anni e impone il suo dominio su Nazioni e Popoli pre-unitari che esistono da millenni … meglio non attribuire agli italiani ciò che per cultura, tradizioni, storia, lingua e civiltà appartiene ad altri Popoli, italiani oggi per forza ma che in realtà non lo sono.
Purtroppo non è così.
Noi oggi rischiamo di perdere ciò che resta della nostra sovranità nazionale, di essere fagocitati dal Nuovo Ordine Mondiale assoggettato alla grande finanza, la sostituzione etnica e la sottomissione all’islam.
O gli italiani insorgeranno uniti o moriremo senza avere la certezza e l’orgoglio di chi siamo.
 
tratto da: (CLICCA QUI)
 

ECCO PERCHE’ DETENERE CONTANTE DIVERRA’ REATO

“Dobbiamo porci il problema di come aggredire il contante che è presente nelle case degli italiani”.
La frase ormai è celebre e i lettori la riconosceranno.
Non l’ha pronunciata un bandito, ma la nostra vicepremier, Maria Elena Boschi.
E lo ha detto in un evento dal titolo eloquente: “A Cesare quel che è di Cesare”.
“È quindi diventato un reato detenere del contante, lecitamente guadagnato e già abbondantemente scremato dall’esosità del fisco! – commenta alla Nbq Maurizio Milano (Alleanza Cattolica) esperto di finanza –
Per non parlare del termine utilizzato, “aggredire”, indegno di un politico che consideri il proprio ruolo come quello di servitore del bene comune”.
La Boschi ha anche vantato, nella stessa occasione, il recupero di 23 miliardi di euro di evasione, con la sottolineatura “in Italia c’è la percezione di un’eccessiva pressione fiscale”. “Ammesso e non concesso che la cifra riportata sia realistica – dice Milano – secondo il Boschi-pensiero in Italia la colpa è sempre dei cattivi evasori: non è vero che il nostro sia tra i Paesi più tassati al mondo e non vi è assolutamente una pressione fiscale esorbitante che schiaccia famiglie ed imprese.
Macché, è solo una “percezione” falsa, senza basi reali.
E dire che la scorsa estate i media ci hanno vessato con l’idea della temperatura “percepita” bel più alta di quanto indicava la colonnina di mercurio. Reale o percepito?
Insomma, «così è, se vi pare».
Peccato però che i dati ufficiali stimino il total tax rate gravante sulle imprese italiane a ridosso del 65%, contro il già elevato 49% della Germania ed il più ragionevole 29% della Svizzera: è ragionevole affermare che le imprese italiane si lamentano a torto, per una “percezione” distorta della realtà?”. Inoltre: “A fronte di una persecuzione fiscale da fare invidia allo sceriffo di Nottingham, il “quantum” del recupero dell’”evasione” fiscale andrebbe poi analizzato accuratamente, distinguendo tra ciò che corrisponde ad effettive evasioni ed elusioni, giustamente da sanzionare, e quanto invece alla pressione su dirigenti e funzionari dell’Agenzia delle Entrate a centrare i loro “obiettivi monetari” di recupero dell’”evasione”, con ogni mezzo.
Un po’ come quelle amministrazioni comunali che si trovano a fine anno sotto budget sulle contravvenzioni stradali ed iniziano a mettere autovelox ovunque: viene davvero raggiunto l’obiettivo “sicurezza stradale”, nel secondo caso, e l’obiettivo “equità fiscale”, nel primo?
È lecito dubitarne, l’importante è fare cassa”.
E qui si arriva al punto veramente dolente.
Cioè ai contanti da “aggredire”. Il denaro a cui si riferiva Maria Elena Boschi ammonta a 180-230 miliardi di euro (a seconda delle stime) in contanti nelle cassette di sicurezza, secondo le stime di Banca d’Italia e organi investigativi.
Due “voluntary disclosure” (emersione volontaria), una nel 2015 e l’altra nel 2017 ancora in corso non hanno avuto il successo sperato.
Anche perché non era conveniente: facendo “emergere” il contante, rendendolo tracciabile, le tasse sarebbero state ricalcolate negli ultimi cinque anni, con un forte aggravio per il contribuente.
Cosa stanno per fare, allora?
Dal 2015 è in vigore il reato dell’auto-riciclaggio, che può costare fino a 9 anni di reclusione.
Per chi ha molti contanti l’alternativa è secca: o non usa quel denaro, oppure rischia un’incriminazione per auto-riciclaggio.
Oltre al bastone c’è anche la carota.
Il governo si adopererà per rendere più facile il pagamento con moneta elettronica.
Ma anche in questo caso, quella che è una carota per il consumatore, è un’altra bastonata per i venditori e i professionisti che prestano servizi al pubblico: arrivano adesso, infatti, le sanzioni per chi non è dotato di Pos per i pagamenti con bancomat e carte di credito e debito.
La battaglia contro i contanti non è affatto nuova.
E’ in corso in tutto l’ultimo decennio, con una campagna mediatica martellante rilanciata da dichiarazioni politiche a tema. Il governo Monti, nel 2012, aveva fissato il limite del pagamento in contanti a 999,99 euro, dunque dai 1000 euro in su, come tutti noi ricordiamo ancora, dovevamo necessariamente pagare con moneta elettronica.
Dal gennaio 2014, le banconote da 200 e 500 euro sono considerate “a rischio” di attività di riciclaggio e stanno sparendo dal mercato.
Entro il 2018, la banconota da 500 euro sarà ritirata.
Renzi ha alzato la soglia del pagamento in contanti a 2999,99 euro, rilassando leggermente il vincolo.
Tuttavia il suo stesso governo ha introdotto l’obbligo dei Pos (su cui, appunto, adesso scattano le sanzioni), la fattura elettronica per tutti i fornitori della Pubblica Amministrazione, lo scontrino elettronico, che è già obbligatorio per la grande distribuzione, che comunica direttamente al Fisco tutto ciò che si incassa.
Ma i controlli non si limitano a questi, perché se è vero che c’è un tetto sui pagamenti in contanti, coerentemente c’è anche sul denaro che versiamo in banca e su quello che preleviamo.
Sia chi preleva che chi versa deve anche dimostrare, documentazione alla mano, con date e circostanze certe, come ha speso i soldi che ha prelevato, o dove ha recuperato quelli che sta versando.
Altrimenti deve pagare tasse aggiuntive sui contanti, che a quel punto vengono considerati automaticamente come reddito.
A queste norme, sfornate una dietro l’altra a ritmo crescente, si accompagna una campagna stampa martellante.
Contante è uguale a criminalità: “Ricordo che solo tre categorie umane non possono fare a meno del contante: lo spacciatore, il delinquente e l’evasore” diceva la giornalista Milena Gabanelli nella sua trasmissione Report, nel 2012, quando lanciò una vera e propria crociata contro il contante. Ma la criminalità ha bisogno dei contanti, necessariamente?
No, come spiega, con dovizia di dettagli, il giornalista ed editore Leonardo Facco in Elogio del contante, la più accorata difesa del più classico metodo di pagamento.
No, perché un bravo hacker è, già da ora, perfettamente in grado di mascherare origine e destinazione di ogni pagamento elettronico.
Possibile che tanta enfasi sulla criminalità non celi altri intenti? 
A pensar male… si può pensare che la tracciabilità serva soprattutto al prelievo dai conti privati di tutto il necessario da parte dello Stato, senza possibilità di difesa.
E’ un ulteriore modo di penetrare nelle mura domestiche della famiglia, entro cui è difficile che un padre o una madre o un fratello paghino con bonifici, mentre è molto più facile che si prestino o regalino soldi in contanti.
E’ insomma, un’ennesima imposizione di un potere verticale sulla società. “Date a Cesare quel che è di Cesare” – conclude Milano – è fondativo della legittima autonomia delle realtà temporali ma rischia di venire assolutizzato se non è letto insieme al resto della frase “e date a Dio quel che è di Dio”.
Non compete davvero allo Stato decidere se i cittadini possono o meno detenere contante, che rimane un legittimo presidio di libertà.
Uno degli ultimi”.

(segnalato da Benedetto Celot e tratto da: CLICCA QUI)

 

GLAXO: FARMACI, TANGENTI, FAVORI SESSUALI E FRODE IN CINA.

Ecco a chi è affidata la nostre salute.
 
Un vecchio e saggio proverbio recita: “fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio“.
Quando si tratta poi di Glaxo il non fidarsi è d’obbligo dopo tutti gli scandali e il malaffare accumulati nel corso della sua attività.
Il primo a non fidarsi dovrebbe essere il governo per tutelare il suo popolo, ma così non è e si continua a far finta di non vedere (qualcuno questa forma di cecità la chiama corruzione), e a lasciar campo libero a questo gigante farmaceutico.
Certo se tu non paghi le tasse ingiuste e più alte d’Europa come il Bollo auto verrai perseguito ed etichettato come “il cattivo” e “il male” per la società mentre se siedi nel consiglio di amministrazione di qualsiasi multinazionale puoi far quello che vuoi, che tanto ci sarà sempre qualcuno a pagare per te e sarai sempre ben accetto da ogni politico al governo, soprattutto se la “busta” è bella piena.
Ritornando alla Glaxo vogliamo ricordare tra i tanti già riporti e non scandali, quello che ha combinato in Cina, perché le persone in buona fede devono capire che al mondo non siamo tutti gli stessi, come da piccoli nei cartoni animati, oggi nei film, i cattivi esistono anche nella vita reale.
Glaxo mette il fatturato dinnanzi a tutto, e non sono supposizioni, ecco cosa è successo in Cina.
Il gigante farmaceutico britannico ha riportato un balzo nelle vendite del 20% a circa 1,15 miliardi di euro.
Ma secondo le autorità anti-frode di Pechino la maggior parte sarebbero il frutto di pratiche illegali.
L’accusa: aver corrotto personale medico perché prescrivesse i suoi farmaci attraverso una rete di 700 intermediari.
Agenzie di viaggio e di consulenza fittizie che si assicuravano i contratti con i dirigenti GSK, secondo quanto riportato, anche con corrispettivi di natura sessuale.
Secondo i quotidiani cinesi, le agenzie sarabbero state usate per creare dei fondi neri, erogati ai medici attraverso carte di credito dell’azienda.
Le tangenti ammonterebbero a oltre 371 milioni di euro e quattro dirigenti cinesi del gruppo in Cina sono già finiti in manette.
Il capo della divisione cinese di GSK, dicono le autorità, avrebbe lasciato il Paese a fine giugno.
 
(segnalato da Benedetto Celot e tratto da: CLICCA QUI)
 
 
 
 

CROAZIA, POLIZIA GETTA I MANGANELLI: ‘SIAMO A SERVIZIO DEL POPOLO, NON DEI SOVRANI’

In Croazia è successo un fatto incredibile, un’atto di disobbedienza rivoluzionario, ma soprattutto un gesto simbolico di amore per l’umanità.
La polizia in tenuta antisommossa ha rifiutato di reprimere e picchiare i manifestanti, gli agenti sul posto hanno urlato, “siamo al servizio del popolo, non dei leader” ed uno alla volta hanno gettato a terra i loro scudi tra lo stupore della folla.
“Un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso.”
“Il genere umano può liberarsi della violenza soltanto ricorrendo alla non-violenza. L’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore.
Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso.”
(segnalato da Benedetto Celot e tratto da: CLICCA QUI)
 

https://www.facebook.com/isallen.kabylie/videos/1847311565596518/

 

L’ASILO ACCETTA BIMBI NON VACCINATI … E LE “PECORE” SONO IN RIVOLTA

Classico esempio di disinformazione di massa?
Sarà, ma sembra strano che il gregge dei soliti allineati e coperti si rivolti contro altri cittadini che non vogliono esporre i lori figli ai gravi rischi della vaccinazioni obbligatorie.
Siamo alle solite, adesso la tattica del gentilon governo straniero italiano, vuole mettere i cittadini gli uni contro gli altri.
Il mangime della falsa democrazia è sempre più selezionato e prima o poi anche chi fomenta queste illegalità viene a galla.
E' proprio vero, il diavolo farà anche le pentole, ma dimenta spesso i coperchi.

 

LA DITTATURA ITALIANA VIETA ANCHE I PARERI CONTRARI ALL’OBBLIGO DEI VACCINI

La democrazia è sparita da tempo ormai.
Ma la pretesa di zittire chiunque non si allinea con la tesi dittatoriale del governo straniero italiano, anche in merito all'obbligo dei vaccini, è una grave presa di posizione e che viola principi sacrosanti come quello dei diritti umani, civili e politici di ogni persona.
Ogni qualvolta si vieta o si tenta di zittire una voce contraria è giusto che si sappia fin d'ora che i responsabili meritano di essere perseguiti dalla Giustizia Veneta non appena avremo ripristinato la totale sovranità del Popolo Veneto su tutte le nostre Terre.
WSM
Venetia, 06 ottobre 2017
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provisorio
PIU' SANI I BIMBI NON VACCINATI
Ecco l'articolo apparso oggi sulla Tribuna di Treviso.
Tutta la nostra solidarietà al Pediatra Goffredo Chiavelli il professionista a carico del quale l'Ordine ha aperto un procedimento disciplinare.
 

UN SICILIANO A VENEZIA

Ecco la lettera di un ragazzo siciliano,. qui residente da oltre vent'anni e che vede nel Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto l'unica valida alternativa al sistema corrotto e parassitario italiano.
 
05.10.2017
Se oggi sono qui a scrivere questa lettera è perché sento il dovere di ringraziarti per tutto quello che fai ogni giorno.
Ti batti come un leone perché credi che noi tutti possiamo vivere in un Paese libero e democratico dove il cittadino non deve sentirsi schiavo di roma o il servo di una classe politica corrotta, che fa solo i propri interessi.
Il tuo coraggio merita la mia stima e fiducia nel seguirti affinché il sogno dell'indipendenza sia realtà e solo quando sentirò il ruggire del Leone di San Marco mi sentirò un uomo libero.
Libero di decidere del mio futuro, senza più catene e cappio al collo.
Credo nell'idea di una Repubblica Veneta dove l'interesse primario sia rivolto al suo Popolo affinché il Leone sovrano forgia la spada nel bene comune dei figli della Repubblica Veneta.
Siamo un Popolo di operai, pensionati, muratori, pastori, camerieri e di pescatori, imbianchini e contadini, magari non siamo tutti istruiti ma una cosa è certa siamo pronti a batterci per riprenderci la nostra libertà e mai più al di fuori della santissima bandiera della Serenissima che vogliamo rivedere sventolare nella Repubblica Veneta.
Mai più bandiere politiche italiane nè di destra nè di sinistra, nè leghiste, nè comuniste.
Credo nel sogno tuo di un Popolo di un solo colore, che esso sia Veneto o residente, gay o etero, emiliano o siciliano, bianco o giallo, in un Popolo dove non ci sono né servi, né padroni.
Credo solo in un Popolo figlio del Veneto libero.
Grazie Sergio
G.L.

GIOVANI CONTROLLATI DAI LAGUNARI ITALIANI – IL COORDINAMENTO STUDENTI MEDI DI TREVISO SI RIBELLA

Giovani controllati dai Lagunari in centro: il Coordinamento Studenti Medi Treviso si ribella
Giovani controllati dai Lagunari in centro: il Coordinamento Studenti Medi si ribella
"Siamo stanchi delle politiche repressive che stanno sempre più invadendo le nostre città, siamo stanchi delle forze dell'ordine che creano più terrorismo psicologico di quanto ne dovrebbero combattere".

TREVISO 

E' da diverse settimane ormai che in centro città a Treviso un reparto dell'Esercito, precisamente dei Lagunari di Venezia, pattuglia le zone più sensibili del capoluogo per prevenire furti, rapine, spaccio o qualsiasi altro episodio di violenza e degrado che venga segnalato dalle forze dell'ordine o dai cittadini.
E' però di lunedi pomeriggio la notizia che il Coordinamento Studenti Medi Treviso si è apertamente schierato contro i controlli che i militari spesso effettuano nei confronti dei ragazzi che trovano lungo i loro pattugliamenti.
"Questo pomeriggio, intorno alle 18, ci siamo accorti che in stazione delle corriere che 4 ragazzi sono stati fermati per dei controlli – scrive il collettivo studentesco su Facebook – A differenza dei controlli che sempre più spesso vengono effettuati a noi giovani e non, quest'oggi non è intervenuta solo la banale pattuglia di vigili, ma bensì l'esercito, con tanto di fucile in mano.
Invitiamo tutti a riflettere sulla gravità dell'avvenuto. 
Quattro giovani che senza mostrare segni di resistenza sono stati fermati da quelli che dovrebbero essere i controlli anti terrorismo in città
.
Oltre tutto, dopo aver documentato il tutto, una studentessa del Coordinamento di Treviso è stata fermata anche essa per dei controlli.
Siamo stanchi delle politiche repressive che stanno sempre più invadendo le nostre città, siamo stanchi delle forze dell'ordine che creano più terrorismo psicologico di quanto ne dovrebbero combattere".


E ADESSO AL VIA LA SORVEGLIANZA DI MASSA ITALIANA

Un’amara sorpresa attende gli italiani nei prossimi giorni. Il Senato, infatti, entro questo fine settimana darà il via definitivo a una norma che all’apparenza richiama l’esigenza di rispettare le norme europee. Si tratta delle Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2017. 
Il disegno di legge, che reca come primo firmatario il nome del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, è uno di quegli atti adottati in termini brevissimi, per via scadenze di legge che ne giustificano l’adozione senza un’approfondita discussione parlamentare che ne rallenterebbe l’iter.
Per questo motivo, insieme ad atti dello stesso tipo, come il decreto Milleproroghe, e le stesse norme che compongono la legge di Bilancio (quando ad esempio si diffonde la notizia che il governo porrà la fiducia) sono esposti all’inserimento di emendamenti last minute che non sono discussi se non per pochi minuti e che poi vengono approvati anche dall’altra Camera (in questo caso il Senato), senza poter essere modificati.
Dunque, queste norme contengono due disposizioni in grado di cambiare il concetto di sorveglianza di masse per i navigatori italiani. 
1. La prima norma dispone l’allungamento dei tempi di conservazione dei dati internet e telefonici a sei anni, ed è stata già oggetto di aspre critiche, provenienti anche dallo stesso Garante della privacy italiano, Antonello Soro.
2. La seconda norma assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcom, il potere di intervenire in via cautelare, sulle comunicazioni elettroniche dei cittadini italiani, al fine di impedire l’accesso agli stessi cittadini a contenuti presenti sul web.
Le norme non possono essere modificate e passeranno così come sono.
La scusa ufficiale è che non si possono procrastinare gli impegni europei, per cui, come ha dovuto constatare amaramente anche il Presidente dell’Autorità garante per la Protezione dei Dati personali, il Parlamento, pur in presenza di norme che contrastano chiaramente con le disposizioni europee che dicono di voler attuare, le fa comunque passare, per evitare di doverle discutere in una ulteriore lettura.
Cosa prevedono le nuove norme, già approvate alla Camera?
E’ semplice.
1. La prima norma prevede che i provider italiani, per ragioni di repressione di attività legate al terrorismo, devono conservare i dati di tutti i cittadini italiani, in attesa che le autorità inquirenti, decidano di chiedere informazioni su quei dati.
In soldoni, gli operatori di internet privati (ovvero chi ci dà accesso ad internet, ci fa telefonare ci consente di chattare) deterranno per sei anni (quindi per sempre, considerando che la norma entrerà in vigore da oggi) i dati di tutti gli italiani, a prescindere dalla effettiva commissione di un reato
Se poi si indaga su un reato, quei dati potranno essere richiesti ai provider. di che dati stiamo parlando? Di tutto ciò che abbiamo detto o fatto attraverso il telefono, le chat o internet.
Ora, immaginiamo le banche dati che contengono queste informazioni e il rischio che queste banche dati, che a volte vengono conservate da provider con poche disponibilità finanziarie (o all’opposto da grandi realtà con milioni di dati), vengano bucate da un hacker che poi decida di vendere i dati.
Stiamo parlando di circa cinquemila soggetti (gli internet service provider) a volte dotati di mezzi minimi, che avranno in mano tutte le nostre vite digitali, che oggi sono divenute in realtà le vite reali. 
Qualcuno ad esempio potrebbe voler “bucare” il profilo di un parlamentare, di un giornalista scomodo, di un oppositore politico interno e/o esterno, e sapere a chi ha telefonato e quando e a chi una determinata persona o che siti internet ha visitato. 
Altro che immunità, questo qualcuno avrà accesso a tutte le conversazioni telematiche, a tutti i siti visitati e così via.
Si dirà: “Ma questo vale solo per il terrorismo“, e qui sta il secondo malinteso.
Il provider, infatti, deve comunque raccogliere i dati, senza sapere se e quando queste informazioni verranno richieste, né può sapere quest’ultimo il perché gli vengano richiesti i dati: l’operatore, infatti, se viene raggiunto da una richiesta non la può sindacare, né l’autorità di polizia può comunicare, per non pregiudicare le indagini, a un soggetto privato il motivo della richiesta.
2. La seconda norma è ancora più inquietante. 
L’ha proposta, e fatta approvare alla Camera come primo firmatario, il deputato del Partito democratico Davide Baruffi con un emendamento “sprint”.
Questa norma si ricollega ad una legge già approvata undici anni fa nel nostro paese relativa ad un decreto legislativo che ha già ampiamente recepito la norma che dice di voler recepire che attribuisce alla Magistratura il compito di intervenire sul web.
La proposta di legge sottrae ai giudici (come prevedono la nostra Costituzione e le nostre leggi, prima fra tutte la legge sul diritto d’autore) il compito di intervenire in via cautelare sui contenuti sul web.
 Come ha detto lo stesso Baruffi, “da oggi con un regolamento dell’Agcom, in Italia si sperimenta la notice and stay down e le piattaforme dovranno rimuovere i contenuti illeciti e impedirne la riproposizione”.
Ora, poiché il web è composto di milioni di informazioni che cambiano in nanosecondi e la maggior parte di questi dati sono all’estero, non c’è modo di conoscere in anticipo la riproposizione dei contenuti che la norma vorrebbe censurare, se non con una tecnica di intercettazione di massa denominata Deep packet inspection. 
L’unico modo, insomma, di fare ciò che il governo sta per fare approvare, è di ordinare ai provider italiani di “seguire” i cittadini su internet per vedere dove vanno, al fine poi di realizzare questo “impedimento” alla riproposizione, attraverso un meccanismo di analisi e raccolta di tutte le comunicazioni elettroniche dei cittadini che intendano recarsi su siti “dubbi”.
Questo, naturalmente senza alcun controllo preventivo da parte di un magistrato. 
L’Agcom, infatti, non ha di fatto potere su operatori che non siano in Italia. 
E’ per questo che, invece, in sede europea si sta discutendo in modo bilanciato di risolvere il problema alla fonte, dove nasce l’informazione, e non agendo sui cittadini presenti sul territorio nazionale.
La cosa, ancorché contraria alle norme europee già approvate, ha fatto gridare allo scandalo le associazioni italiane di diritti civiliquelle internazionali, le associazioni di consumatori più sensibili e gli stessi operatori del web.
Riavvolgiamo dunque il nastro: grazie al Parlamento, i dati dei cittadini saranno raccolti in banche dati custodite dai provider per un tempo pressoché illimitato.
L’autorità amministrativa ovvero l’Agcom avrà il potere di ordinare ai provider di “seguire “ i cittadini italiani senza l’ordine di un magistrato.
Benvenuti nell’Italia della sorveglianza di massa.
Tratto da (CLICCA QUI)