La sentenza pone fine all’accanimento terapeutico-giudiziario contro un bambino e una famiglia.
CCDU: la psichiatria va tolta dalle aule scolastiche e dai tribunali
Treviso.
Il Tribunale per i minorenni di Venezia
“revoca l’affidamento del minore al Servizio Sociale … con conseguente reintegra di … nella piena responsabilità genitoriale nei confronti del figlio”.
Con queste parole il Tribunale pone fine ad anni di soprusi e vessazioni nei confronti di una famiglia e di un bambino la cui sola “colpa” era di essere malato.
Ma in realtà questo bambino non era affatto malato.
La vicenda nasce alcuni anni fa quando il bambino inizia la scuola e gli vengono attribuiti dei problemi di apprendimento, è ritenuto dislessico.
In seguito il bambino viene portato presso l’Unità Operativa di Neuropsichiatra Infantile dove gli viene diagnosticato un disturbo dell’attenzione e iperattività associato a disturbi oppositivi provocatori. Si avvia un percorso con sostegno psicologico e logopedia e viene persino certificato ai sensi della legge 104/92.
Nel gennaio del 2011 gli vengono somministrati i primi psicofarmaci: un regolatore dell’umore e un antipsicotico.
Fortunatamente gli psicofarmaci vengono interrotti a causa dei gravi effetti collaterali. Intanto il bambino è sempre più discriminato e isolato all’interno della scuola nonostante tutti gli interventi di sostegno, o forse proprio a causa degli stessi?
I genitori portano quindi il bambino presso un centro a pagamento che però conferma la diagnosi di ADHD e inizia la somministrazione del Ritalin.
Ma non è tutto. La vicenda si fa kafkiana. Nel 2012 il Tribunale per i minorenni limita la responsabilità genitoriale della coppia non per maltrattamenti, ma per “iperprotettività e investimento ansioso verso il bambino”, e affida il bambino ai Servizi Sociali. La decisione viene poi prorogata nel 2014.
Sui genitori pende per anni la spada di Damocle dell’allontanamento coatto del figlio.
Alla fine i genitori decidono di rivolgersi al Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani per essere tutelati.
Dopo aver studiato le carte ci rendiamo conto che la vicenda presenta parecchie irregolarità e suggeriamo ai genitori di rivolgersi a dei professionisti esperti per scardinare il castello di bugie e arbitrarietà che si è venuto a cristallizzare negli anni contro la famiglia e il bambino.
I genitori decidono quindi di contattare la professoressa Vincenza Palmieri, in Roma, nota esperta del settore che inizia un esame scientifico approfondito sul bambino e sulla documentazione scolastica e sanitaria. I risultati sono sconvolgenti: il bambino non ha l’ADHD e non è neppure dislessico.
È solo un bambino che ha sofferto tanto ed ha bisogno di normalità e socialità.
La dottoressa Palmieri, ci riferiscono, produce quindi una ampia certificazione documentale che esclude l’invalidità, il maestro di sostegno e la Legge 104, e redige un programma su misura per il piccolo. Da qui il decreto odierno che sancisce il miglioramento del bambino:
“attualmente ha migliorato i propri comportamenti in ambito scolastico sia sul fronte delle relazioni con i pari sia per quanto concerne gli apprendimenti e presenta un’evoluzione positiva”.
La professoressa Palmieri ha commentato con soddisfazione questo conseguimento: “Il calvario di una diagnosi fatta al proprio figlio e mai accettata, dal bambino, dai suoi genitori e da tutta la famiglia.
Quando ho incontrato per la prima volta il piccolo, dopo che avevo anche esaminato con procedura standard i materiali scolastici prodotti, fui stupita dal rispetto e dalla dignità, dalla sua capacità di aspettare senza scomporsi, dalla tolleranza e dal modo di esprimersi da cui molti altri ragazzi avrebbero dovuto prendere esempio.
Ma il bimbo aveva avuto una diagnosi di iperattività, diagnosi confermata non perché verificata ma semplicemente ‘in continuità con la diagnosi precedente’.
Diagnosi mai accettata dalla madre che si era opposta con tanta forza da passare anche lei attraverso una diagnosi ed una serie di abusi.
Ed ecco che il binomio era perfetto: il bambino iperattivo DEVE prendere la ‘pillola magica’ e se la mamma non vuole è certamente matta da legare anche lei; e se, anche il papà è contrario allora ecco il verdetto finale: INCAPACITÀ GENITORIALE.
Ho fatto il mio lavoro, ho stabilito la verità scientifica, dato tutti i documenti ai genitori che li hanno presentati al Tribunale.
So quanto è importante riuscire ad avere ragione, a farsela dare, a sperare. Il grido "ce l'abbiamo fatta" è il grido di tutte le mamme e di tutti i papà, ma vorrei soprattutto che fosse il nostro.
Questo bimbo non prenderà droghe fatte passare per farmaci, questa mamma non era matta e nessuno la legherà, questa famiglia è oggi famiglia come lo era ieri.
Oggi, CE l'ABBIAMO FATTA, è un altro grande grido di gioia! Grazie.”
“Questa vicenda è la dimostrazione di quanto sosteniamo da anni: la psichiatria non è compatibile con le aule dei tribunali e con le aule scolastiche.”
Sostiene Silvio De Fanti, Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani.
“In questi anni, grazie alla collaborazione con professionisti competenti e a un approccio multidisciplinare, molte ingiustizie sono state sanate.
“In questi anni, grazie alla collaborazione con professionisti competenti e a un approccio multidisciplinare, molte ingiustizie sono state sanate.
Ma alla base della somministrazione dei farmaci, o dell’allontanamento coatto dalla famiglia, c’era immancabilmente la valutazione o diagnosi psichiatrica.
In tutti questi casi le valutazioni si sono rivelate infine errate, la somministrazione dei farmaci è stata interrotta e il giudice ha rimandato a casa i bambini, dando ragione alle famiglie.
Tanti bambini, però, stanno ancora soffrendo e dovranno soffrire per le valutazioni di questa disciplina pseudo-scientifica.
Non è solo una questione di falsi positivi: la psichiatria è un campo di conoscenza umanistica, non scientifica, caratterizzato da ampi margini di discrezionalità.
L’errore è dunque intrinseco in questa disciplina, e le diagnosi, non essendo sostenute da esami strumentali oggettivi, non dovrebbero assumere valore di prova in tribunale.”