E così, dopo tutto questo tempo, dopo tutti i reati commessi dagli inquirenti italiani, sebbene non sia emerso e non sussista alcun elemento probatorio, questi si ostinano a creare l’ennesimo pretesto per non restituire i beni sequestrati… perché?
Il giorno di venerdì 20 maggio 2011, personale della digos della polizia di stato italiana a Treviso ha notificato a questo Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto nelle persone del Presidente Sergio Bortotto e del Vice Presidente dott. Paolo Gallina, il provvedimento della procura della repubblica italiana a Treviso nr.5416/2009 R.G. N.R. Mod.21 datato 18 maggio 2011 a firma del procuratore della repubblica italiana Antonio Fojadelli col quale ha disposto “che tutta la strumentazione informatica sequestrata in data 5 novembre 2009 sia data in affido con utilizzo alla polizia giudiziaria della digos della questura di Treviso” (affido ???).
Il pretesto addotto sarebbe un asserito rifiuto, senza riserve, di ritirare il materiale informatico sequestrato in occasione di perquisizione operata il 5 novembre 2009 e per il quale sarebbe stata disposta la restituzione.
Niente di più falso.
Ad oggi non è mai stato notificato ad entrambi alcun decreto motivato di restituzione del materiale sequestrato né in fase di indagini preliminari, né da parte del giudice per l’udienza preliminare così come prescritto dall’art.263 del codice di procedura penale italiano.
Nel provvedimento della procura della repubblica italiana a Treviso nr.5416/2009 R.G. N.R. Mod.21 datato 18 maggio 2011 a firma del procuratore della repubblica italiana Antonio Fojadelli, notificato il 20 maggio 2011, c’è solo un mero riferimento ad una non meglio precisata disposizione di restituzione.
Ad oggi, pertanto, non ci è dato ancora di sapere nulla sull’esistenza di tale decreto di restituzione.
All’atto di quest’ultima notifica della disposizione del procuratore italiano Antonio Fojadelli, (per la notifica di questo atto si muovono e vengono personalmente presso le abitazioni e i posti di lavoro), la digos della polizia italiana ha rifiutato copia e anche la semplice visione del decreto di restituzione nonostante le ripetute legittime richieste degli aventi diritto, avanzate anche innanzi a testimoni.
I notificatori della digos della polizia italiana a Treviso hanno motivato il rifiuto ad esibire e notificare copia del decreto di restituzione adducendo a pretesto che tale atto lo avrebbero volutamente lasciato in questura; hanno, infatti, ribadito che loro non avrebbero mai provveduto a restituire gli effetti sequestrati secondo le legittime e ripetute richieste scritte di questo MLNV presso le rispettive abitazioni e i luoghi di lavoro dove erano stati sottratti.
In più occasioni, in precedenza, la digos della polizia italiana è tornata, come oggi, presso le abitazioni e i posti di lavoro del Presidente e del Vice Presidente del MLNV, senza peraltro mai adempiere all’obbligo di notificare il decreto di restituzione e provvedere a riconsegnare gli effetti sottratti; anche in occasione dell’ulteriore abusivo accompagnamento coattivo in questura a Treviso del Presidente del MLNV in data 17 gennaio 2011 e del suo trattenimento presso gli uffici della digos per alcune ore, non è mai stato notificato alcun decreto di restituzione e non sono mai stati restituiti gli effetti e il materiale informatico illegalmente sottratto il 5 novembre 2009.
A sconfessare l’illecito operato della digos della polizia italiana a Treviso vi è anche il verbale di restituzione di cose sequestrate al Sig. QUAGLIA Daniele, coimputato nello stesso procedimento, e redatto e notificato in difetto del decreto di restituzione.
Lo stesso Sig. QUAGLIA Daniele, sentito nel merito, conferma di non aver mai ricevuto o visionato alcun decreto di restituzione.
Tutto ciò premesso, preme rilevare come in più occasioni, questo MLNV abbia sollecitato la legittima e dovuta restituzione di tutto il materiale sequestrato con istanze notificate agli inquirenti italiani.
Consti la natura degli effetti sequestrati, taluni strettamente personali , altri di stretta competenza di questo MLNV ed altri ancora di evidente natura professionale di soggetti terzi estranei all’inchiesta-farsa giudiziaria, questo MLNV nel richiedere la restituzione degli effetti sequestrati ha fatto espressa richiesta che fosse verbalizzata l’eventuale manipolazione ed estrazione anche parziale di dati informatici con le dovute precisazioni in ordine alle modalità di custodia, di conservazione e di ogni operazione tecnica compiuta considerata l’appartenenza e anche la proprietà intellettuale di soggetti terzi del materiale informatico ancora illegalmente trattenuto.
Tutte le legittime istanze inoltrate da questo MLNV agli inquirenti italiani hanno solo preteso il rispetto delle stesse norme di legge italiane a garanzia della correttezza dell’operato degli inquirenti stessi e dei diritti degli indagati.
Atti inoltrati e notificati agli inquirenti con richiesta di restituzione delle cose sequestrate:
- 29.03.2010 – istanza inoltrata alla questura italiana a Treviso;
- 07.05.2010 – diffida inoltrata a procura e questura italiana a Treviso;
- 05.07.2010 – comunicazione, diffida e ingiunzione a notificare il decreto di restituzione, inoltrata alle stazioni di carabinieri di Crocetta del Montello (Tv), Villorba (Tv), procura e questura italiana a Treviso;
- 13.12.2010 – ultimatum inoltrato allo stato straniero italiano e p.c. all’O.N.U.;
- 07.02.2011 – denuncia di aggressione e rappresaglia inoltrata all’O.N.U., al tribunale italiano a Treviso, alla procura italiana a Treviso, alla questura italiana alla stazione carabinieri di Villorba (Tv)
- 14.03.2011 – diffida ad estrazione dati informatici in altro procedimento penale con ulteriori sequestri di strumentazione informatica inoltrata all’O.N.U., al perito giudiziale, al tribunale italiano a Treviso, alla procura italiana a Treviso, alla questura italiana alla stazione carabinieri di Villorba (Tv).
A tali istanze non è mai seguito alcun riscontro.
Il provvedimento oggi notificato palesa il diabolico caparbio accanimento degli inquirenti italiani che col pretesto di un’inchiesta giudiziaria – farsa calunniosa, abusando del loro ufficio, si appropriano indebitamente di effetti personali, di strumenti e di dati informatici irrilevanti ai fini probatori e che per legge dovevano essere subito restituiti.
E così, dopo tutto questo tempo, dopo tutti i reati commessi dagli inquirenti italiani, sebbene non sia emerso e non sussista alcun elemento probatorio, questi si ostinano a creare l’ennesimo pretesto per non restituire i beni sequestrati… perché?
Se falsamente il procuratore italiano a Treviso Antonio Fojadelli asserisce che il Presidente e il Vice Presidente del MLNV “rifiutano senza riserve di ritirare il materiale informatico […] per il quale è stata disposta la restituzione”, mentre invece le istanze di restituzione e le diffide di questo MLNV sconfessano quest’ennesimo spregevole espediente, sorge il ragionevole dubbio che si voglia infierire ad oltranza contra legem, o si voglia nascondere qualcosa.
È non è un diritto sapere cosa è stato fatto con questi computer in tutto questo tempo… che cosa hanno da nascondere in questura se adesso tentano di giustificarne l’appropriazione e la conseguente cancellazione dei dati in essi contenuti?
È alquanto sospetta la manovra posta in essere dagli inquirenti se si considera l’ulteriore e successivo procedimento-farsa aperto contro il Presidente del MLNV per delle lettere anonime contenenti minacce contro un funzionario della polizia italiana. In proposito, come pubblicamente dichiarato alla stampa tempo addietro, questo MLNV aveva subito riscontrato elementi tali da ritenere che l'autore delle stesse lettere anonime potesse essere un poliziotto; non essendo dato di sapere e di capire come possa la procura italiana addebitare al Presidente del MLNV la responsabilità di lettere anonime sorge ora il fondato sospetto che le stesse possano essere state scritte usando uno dei computer sequestrati e che una volta restituiti potrebbero rilevare, con un'appropriata perizia, tutte le illecite manomissioni, l'estrazione e la manipolazione dei dati informatici sicuramente realizzati dagli inquirenti italiani.
Cosa avranno da nascondere?
Cosa temono che si scopra sul loro operato?
Il MLNV non ha mai rifiutato la restituzione dei beni sequestrati ma ha solo legittimamente preteso il rispetto della stessa normativa italiana vigente, che prescrive la restituzione e non il ritiro da parte degli aventi diritto alle condizioni imposte dalla digos della polizia italiana.
Ma non basta.
I beni sequestrati e che ora non si vogliono più restituire con un volgare espediente, sono beni personali e di proprietà; taluni beni sono anche di incommensurabile valore affettivo e non possono costituire il pretesto per gli inquirenti italiani che, invece di provvedere all’obbligatoria restituzione prevista per legge, pretendono che sia il MLNV a ritirarli solo presso la sede della questura italiana a Treviso.
Siccome il MLNV, soggetto di diritto internazionale, non può essere né soggetto né assoggettabile – per sua natura – alla giurisdizione dello stato straniero italiano, questo furto risulta ancora più grave perché oltre a violare le norme di legge italiana, viola anche le norme di diritto internazionale e integra l’ennesimo atto di aggressione e di guerra contro questo MLNV.
Con l’ordinare pertanto l’immediata restituzione di tutti i beni illegalmente sottratti, ivi compresi gli strumenti informatici con tutti i dati in essi contenuti di cui al provvedimento notificato in data 20 maggio 2011, siamo a chiarire, ancora una volta l’illegalità di tutto il procedimento posto in essere dalla procura e dalla questura italiana a Treviso.
Il 16 luglio 2009 ha formalmente inizio l’inchiesta giudiziaria avviata dalla digos della polizia italiana e dalla procura italiana di Treviso contro questo MLNV ed altri soggetti.
L’inchiesta, dai risvolti grotteschi, ancora indefinita e sicuramente costata centinaia di migliaia di €uro ai cittadini italiani, risulta priva di qualsiasi fondamento giuridico.
L’ambiguità delle motivazioni addotte dagli inquirenti italiani sono state falsamente escogitate e poi strumentalizzate dall’azione calunniatoria e diffamatoria aggravata dal reiterato e distorto abuso dello strumento mediatico.
Abbiamo un procuratore e un questore italiano che si credono dei Padri Eterni e che invece di limitarsi ad applicare la legge credono di poter disporre della vita di cittadini che politicamente non la pensano come loro e vogliono la liberazione della propria Patria e l’indipendenza del Popolo Veneto.
Sono state necessarie due diffide inviate alla procura e alla questura italiana, da parte della Polisia Nationale Veneta e del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto, per veder notificato in data 17 e 18 maggio 2010 l'avviso di chiusura delle indagini preliminari, formalmente concluse il 13 maggio 2010; questo rivela un'inerzia censurabile sotto il profilo procedurale, in quanto è stato eluso il termine del 16 gennaio 2010 per la notifica del proseguimento, chiusura o rinvio a giudizio.
In conseguenza di ciò vi è nullità assoluta di ogni eventuale successiva richiesta di rinvio a giudizio…e questo lo dice il codice di procedura penale italiano.
Nella comunicazione di chiusura delle indagini il procuratore italiano precisa anche in più punti che esistono solo degli “…aspiranti all’arruolamento…” e tale esplicitazione conferma l’insussistenza di qualsiasi struttura paramilitare.
Come può esistere una struttura paramilitare se vi sono solo aspiranti?
Dov'è il corpo paramilitare che la digos e la procura vantano di aver sventato?
Se di fatto esistono solo degli aspiranti a quali soggetti si riferiva il questore Carmine Damiano quando faceva le sue deliranti, sconclusionate, facinorose e mendaci dichiarazioni mediatiche, attribuendo agli indagati l’esistenza di campi di addestramento e di esercitazioni?
E’ tale l’evidenza di questa contraddizione che nessuno degli “aspiranti” risulta iscritto nel registro degli indagati.
Un altro inquietante e squallido aspetto dell’inchiesta si evidenzia quando ai rimanenti quattro indagati (all’inizio si parlava di ben ottanta, poi ridotti a tredici e infine a soli quattro), il procuratore italiano Antonio FOJADELLI ne aggiunge altri due, nella fattispecie Giuliana MEROTTO e Danilo ZAMBON, col solo fine di integrare l’aggravante, prevista dalla norma di legge contestata, del concorso di più di cinque soggetti per la medesima ipotesi di reato.
Questa inchiesta è una strumentalizzazione politica esercitata con l’abuso dell’attività e della polizia giudiziaria; essa nasce con lo solo scopo di ostacolare l’irreversibile processo di indipendenza della Nazione Veneta.
Giovedi’ 25 giugno 2009 in via l’italia 113 a Conegliano (Tv), in occasione del disposto pignoramento di beni mobili presso la sede della LIFE, (sede condivisa con quella dell’Autogoverno del Popolo Veneto, Soggetto Giuridico Istituzionale previsto dalle norme del Diritto Internazionale e dalla stessa legge italiana) si concreta un’azione posta in essere dagli inquirenti italiani, che palesa due condotte antitetiche:
- la polizia italiana recepisce e si astiene dal violare la territorialità della sede dell’Autogoverno del Popolo Veneto, (riconosce e si astiene dall’accedere nei locali);
- la polizia italiana non interviene per impedire che l’ufficiale giudiziario italiano proceda con l’esecuzione del pignoramento giudizialmente disposto; pur essendo stata pubblicamente resa edotta delle violazioni di legge, l’autorità di polizia italiana non si adopera nemmeno per rendere edotta l’autorità giudiziaria ordinante dell’incongruità normativa del provvedimento emesso… non impedisce così l’esecuzione di un ordine illegittimo in conseguenza del quale si concretano reati gravi con le conseguenze da essi derivanti e il successivo abuso e omissione di atti d’ufficio a carico della polizia italiana.
Per tali ragioni si possono configurare anche le seguenti ipotesi di reato:
- violazione del patto internazionale sui diritti civili e poltici, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore nel diritto internazionale il 23 marzo 1976.
- violazione della legge italiana 25 ottobre 1977, nr. 881, di ratifica ed esecuzione del patto internazionale sui diritti civili e poltici, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore nel diritto internazionale il 23 marzo 1976;
- violazione della convenzione sulla libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale entrata in vigore il 04.07.1950 e denominata “circolare C87” adottata dalla Conferenza generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, convocata a San Francisco dal Consiglio di amministrazione dello Ufficio Internazionale del Lavoro, ed ivi riunitasi il 17 giugno 1948, nella sua trentunesima sessione.
L’inchiesta denota a grandi linee le seguenti altre gravi violazioni di legge compiute dagli inquirenti:
- 1. l’inchiesta si intraprende sulla base di inesistenti ipotesi di reato per la cui sussistenza si arriva ad attestare falsamente circostanze fantasiose e ad ipotizzare la creazione di un’associazione paramilitare in violazione di una legge del dopoguerra, la nr.43 del 1948;
- 2. nonostante le ipotesi di reato prive di qualsiasi fondamento, la procura italiana di Treviso su richiesta della digos, autorizza la polizia di stato italiana, ad effettuare intercettazioni telefoniche in danno degli indagati e di tutti i soggetti che con questi ne sono entrati in contatto; spesso si sono verificate anche interruzioni di conversazioni e impedimenti sospetti ma anche strane interferenze nell’attività informatica, dalla posta elettronica alla conversazione telematica diretta a mezzo chat; è indubitabile anche il tentativo o la realizzazione di intercettazioni ambientali poste in essere anche con l’ausilio e la collaborazione di agenzie investigative private.
- 3. giovedì 5 novembre 2009 la polizia italiana, nonostante le ipotesi di reato prive di qualsiasi fondamento, procede con la perquisizione dei posti di lavoro, degli uffici e delle abitazioni private con grave pregiudizio della reputazione personale e professionale degli indagati e grave nocumento nei rapporti familiari.
- 4. giovedì 5 novembre 2009 la polizia italiana, nonostante le ipotesi di reato prive di qualsiasi fondamento, sottrae illegalmente agli indagati beni ed effetti personali,strumentali e di lavoro che nulla hanno a che vedere con la commissione di delitti; ad oggi tali effetti sono ancora illegalmente trattenuti mentre, per quelli per i quali gli stessi inquirenti ritengono di disporre la restituzione, essi stessi si rifiutano di riconsegnarli agli interessati là dove sono stati sottratti… (come dire: te li ho portati via con l’inganno se vuoi vieni a riprenderteli).
- 5. giovedì 5 novembre 2009 la polizia italiana, nonostante le ipotesi di reato prive di qualsiasi fondamento, priva della liberta’ personale e addirittura “accompagna”coattivamente presso la questura di Treviso gli indagati, taluni membri del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto (qualcuno addirittura in malattia; ad uno è stato impedito di presenziare alle esequie di un genitore); li trattiene sorvegliandoli a vista e impedendo loro di comunicare, taluni addirittura per dieci ore. Tutto ciò senza alcun verbale di accompagnamento, e quindi senza alcun avviso ai difensori.
- 6. giovedì 5 novembre 2009 la polizia italiana, nonostante le ipotesi di reato prive di qualsiasi fondamento, sottopone illegalmente a rilievi fotodattiloscopici gli indagati, taluni membri del Movimento diLiberazione Nazionale del Popolo Veneto, configurando anche l’ipotesi di violazione dell’art. 4 del Testo Unico della Leggi di Pubblica Sicurezza insieme all’art.11 della legge 59/78 per le cui disposizioni è consentito all’Autorità di P.S. (nella fattispecie proprio il questore Carmine Damiano), di sottoporre a rilievi dattiloscopici, fotografici ed antropometrici solo le persone PERICOLOSE o SOSPETTE e coloro che non sono in grado o si rifiutano di provare la loro identità, circostanze inapplicabili per tutti i destinatari.
- 7. giovedi’ 5 novembre 2009 la polizia italiana, nonostante le ipotesi di reato prive di qualsiasi fondamento, dopo aver disposto la sottrazione delle armi al dott. Paolo Gallina, di cui nella mattinata era già stata accertata la legale detenzione presso la sua abitazione, (vedasi lo stesso verbale di perquisizione della digos), organizza una conferenza stampa e radiotelevisiva. Nella circostanza il questore Carmine Damiano con il silenzioso assenso del procuratore Antonio Fojadelli presente al suo fianco, innesca un’offensiva mediatica trasformando la conferenza stampa in una spudorata e menzognera sceneggiata, calunniando e diffamando il Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto. Carmine Damiano, compiaciuto, dichiara che la digos ha recuperato un arsenale mostrando le armi sottratte illegalmente al dott Paolo Gallina, comandante della Polizia Locale di Cornuda (Tv); come può il questore non essere a conoscenza che tali armi erano detenute legalmente dal dott. Paolo Gallina da oltre vent’anni senza alcun pregiudizio segnalato né dalla locale stazione dei carabinieri e ancora più dalla stessa digos solo poche ore prima? E’ evidente come gli inquirenti italiani abbiano tentato di avvalorare le iniziali ipotesi di reato prive di qualsiasi fondamento, con l’unico elemento certo che abbia loro consentito di mentire alla pubblica opinione: l’esistenza di armi; un’associazione paramilitare, infatti, non può esistere se non dispone di capacità o potenzialità offensiva, e le armi legalmente detenute dal dott. Paolo GALLINA sono servite ad enfatizzare l’artificioso impianto accusatorio, e sono state utilizzate nell’occasione come un volgare espediente.
- 8. La sceneggiata mediatica, così ingannevolmente organizzata, prosegue dando ad intendere che tali armi erano destinate e usate dagli indagati sia per non meglio precisate esercitazioni in località di montagna che per commettere eventuali azioni delittuose. E’ tale la calunnia presso la pubblica opinione che persuade anche esponenti parlamentari italiani (NACCARATO e RUBINATO) i quali in data 12.11.2009 nella seduta nr.245 dei lavori assembleari, promuovono una interrogazione a risposta in commissione al ministro dell’interno italiano attribuendo responsabilità inesistenti quali il ritrovamento di armi presso le abitazioni, gli uffici e i posti di lavoro degli indagati e presso la sede della stessa LIFE. L’interrogazione parlamentare si riferisce alla “Polisia Veneta” come una pericolosa struttura paramilitare e continua affermando che la digos di Treviso avrebbe sventato anche un non meglio precisato disegno eversivo, che avrebbe dovuto concretizzarsi con un atto dimostrativo contro i carabinieri e in più generale contro le forze dell’ordine italiane, considerate nemiche dell’Autogoverno del Popolo Veneto.
La calunniosa e persecutoria inchiesta-farsa della polizia e della procura straniera italiana di Treviso sotto la direzione del questore Carmine Damiano e del procuratore Antonio Fojadelli ha messo in luce per l’ennesima volta il criminale modus operandi del giudice straniero italiano, che ora ha assunto i contorni del grottesco.
Nel corso della mattinata di venerdì 21 gennaio 2011, il giudice per l’udienza preliminare italiano di Treviso Elena Rossi, titolare del calunnioso procedimento-farsa, ha accolto l’eccezione di legittimità costituzionale sollevata dal procuratore Fojadelli con riferimento al decreto legislativo italiano 15 marzo 2010, n. 66, che con la norma di cui all’articolo 2268, comma 1, n. 297, abroga espressamente il decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43, sulla scorta del quale gli inquirenti italiani hanno pretestuosamente perseverato con il chiedere il rinvio a pubblico giudizio degli appartenenti al MLNV, imputando loro violazioni mai commesse, e ipotizzando circostanze fantasiose e reati di fatto inesistenti quali la costituzione di una fantomatica associazione paramilitare.
Tragicomico: un magistrato inquirente e uno giudicante che in barba a tutte le elementari regole del diritto e dell’ordinamento giuridico italiano, invece di sottoporre al giudizio di legittimità costituzionale della Corte la norma di legge che sono chiamati in quella fase processuale ad applicare – tra l’altro ABROGATA con decorrenza 8 ottobre 2010 – eccepiscono con fervida fantasia interpretativa un asserito eccesso, a loro dire da ravvisarsi nel provvedimento legislativo abrogativo della norma incriminatrice, rispetto alla delega contenuta nella legge parlamentare delegante.
Delirio di onnipotenza o prove tecniche di regime? Sta di fatto che i due magistrati italiani, già resisi responsabili di innumerevoli reati nel corso del procedimento-farsa, invece di fare il loro dovere nel rispetto della legge, si mettono a disquisire di politica e di politica legislativa in particolare, polemizzando sui rapporti tra parlamento e governo italiani e sui contenuti delle leggi del primo delegate al secondo.
Il giudice per l’udienza preliminare Elena Rossi, per di più, soggetta per costituzione italiana alla legge, della legge italiana se ne fa invece ripetutamente un baffo, così come hanno fatto il procuratore e il questore di Treviso.
Con uno strabismo tipicamente italiano, il gup Rossi omette, tra le altre, di eccepire la nullità assoluta di diritto della tardiva richiesta di rinvio a giudizio del procuratore, sorvola bellamente su tutti quei gravissimi reati commessi da questore e procuratore contro gli indagati – quali i sequestri di persona, interrogatori informali e inaudite violenze morali e psicologiche, furto di identità personale con illeciti rilievi foto-dattiloscopici, etc. – in spregio agli stessi diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti, e sulle altre omissioni gravi del procuratore nel corso del calunnioso procedimento-farsa, mentre persiste nell’azione persecutoria poliziesco-giudiziaria italiana contro il MLNV e i suoi fondatori con lo stesso procedimento che doveva obbligatoriamente definire quanto meno pronunciandosi con il non luogo a procedere per intervenuta abrogazione della legge incriminatrice.
Le norme di legge italiana sulla procedura penale, infatti, avrebbero obbligato anche il gup Elena Rossi a definire dall’8 ottobre 2010 il procedimento-farsa contro questo MLNV, non solo per non aver commesso il fatto gli indagati, come risultava palese, ma anche perché la norma penale incriminatrice era stata espressamente posta nel nulla da una legge dello stato italiano, volenti o nolenti.
Il gup Elena Rossi sarebbe stata altresì obbligata a trasmettere tutti gli atti alla procura competente affinché procedesse contro procuratore e questore per tutti i reati da questi commessi nel corso dell’inchiesta, alcuni dei quali erano già stati evidenziati da questo MLNV in altri comunicati. La legge italiana imponeva inoltre al gup Elena Rossi l’obbligo di restituire agli aventi diritto tutti i beni illegalmente sottratti e trattenuti, ma tant’è.
I “nostri”, ahinoi, tradiscono ancora una volta una scarsa conoscenza del diritto internazionale, laddove si versa in tema di soggetti di diritto internazionale qual è questo Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto: con diabolica pervicacia persistono con la loro condotta criminale a porre in essere atti di forza – che per il diritto internazionale integrano veri e propri atti di guerra – contro lo stesso MLNV, in spregio a tutte le norme di legge internazionali e del diritto interno italiano.
Non per niente la polizia straniera italiana di Treviso, sotto la direzione di un sostituto procuratore italiano di Treviso, il giorno di lunedì 17 gennaio 2011 ha portato ad esecuzione e compimento l’ennesimo violento e inequivocabile atto di guerra contro questo MLNV e il suo Direttivo: alle 7 del mattino ha eseguito un’ulteriore irruzione armata nell’abitazione privata del Presidente di questo MLNV, Sergio Bortotto.
Nell’occasione, la polizia italiana, dopo aver sottoposto a perquisizione la sua abitazione lasciandola a soqquadro, ha perquisito la sua persona, la sua autovettura e il luogo del suo posto di lavoro, arrivando a sottrargli illegalmente, ancora una volta, beni ed effetti personali tra i quali tre personal computer e altro materiale, tuttora trattenuti illegalmente.
Degno del miglior regime inquisitorio il pretesto addotto dagli inquirenti stranieri italiani per giustificare una simile aggressione scomposta e violenta: nel decreto di perquisizione, il pubblico ministero italiano Miggiani fa riferimento a tre scritti ANONIMI minatori indirizzati al medico della polizia italiana Marco Sartore in servizio a Treviso, e li addebita calunniosamente al Presidente Sergio Bortotto.
Sulla base di quali elementi probatori o indiziari il pm abbia voluto associare quegli scritti anonimi al Presidente di questo MLNV Sergio Bortotto, in verità assolutamente estraneo alla vicenda, non è dato sapersi.
Alla faccia delle garanzie difensive e dei diritti fondamentali e inviolabili delle persone costituzionalmente sanciti.
Ed a nulla rileva il fatto che quello stesso medico della polizia italiana possa aver falsificato un certificato medico che porta la sua firma, nel lontano anno 1998, al fine di coadiuvare nel diabolico mobbing avviato molti anni prima dalla polizia italiana contro l’allora Ispettore Bortotto: al Presidente e a tutto il Direttivo di questo MLNV ripugna la sola idea di agire al di fuori della legalità o con modalità così riprovevoli.
Questo MLNV e le singole persone che ne compongono il Direttivo hanno da sempre compiuto – così come compiranno in futuro – ogni singolo passo rigorosamente e volutamente entro gli argini e nell’alveo del diritto, anche e soprattutto internazionale.
Tutto ciò premesso chiediamo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano di voler disporre appropriati accertamenti sull’operato del questore a Treviso Carmine Damiano e sull’operato del procuratore capo Antonio Fojadelli, sull’operato del Gup Elena Rossi e del p.m. Miggiani in merito alle inchieste-farsa e persecutorie avviate contro questo MLNV e di attivarsi affinché i legittimi proprietari possano rientrare al più presto in possesso di tutti i beni illegalmente sequestrati, impedendo da subito qualsiasi cancellazione di dati informatici dai computer ancora illegalmente trattenuti.
Il Presidente del MLNV Sergio Bortotto