Chi segue le news del MLNV-GVP e la linea etica che in questo periodo di “emergenza sanitaria” abbiamo adottato nel trattamento del covid-19 sà per certo che gli aspetti prettamente medici non sono mai stati toccati, se non come dichiarazioni riportate e delle quali è sempre stato palesato il mittente.
Credo sia interessante però dare importanza ad una scoperta scientifica notevole ed a come si stia tentando di trafugarla e sotterrarla per meri scopi economici.
Da pochi giorni, negli ospedali San Matteo di Pavia e Carlo Poma di Mantova, decine di pazienti affetti da coronavirus sono stati trattati con il plasma dei pazienti guariti: procedura sperimentale che già promette risultati ottimi. Massimo Franchini, responsabile dell’immunoematologia e medicina transfusionale dell’ospedale mantovano ha dichiarato: “I risultati visti nei casi singoli sono stati sorprendenti”.
Entrando solo per un attimo nello specifico, a rigor di chiarezza, la terapia consiste nell’utilizzo del plasma dei pazienti guariti dal covid-19. Al trattamento sono stati sottoposti i pazienti più critici, ovvero quelli a rischio terapia intensiva. I miglioramenti sono stati evidenti fin dalle prime 24/48 ore: la terapia è sicura. Il sangue dei donatori viene prelevato per isolarne il plasma; attraverso specifiche procedure viene reso sicuro inattivando le sostanze che potrebbero rilevarsi dannose per il ricevente.
La plasmoterapia è una strada gettonata non solo in Italia ma negli Stati Uniti e Cina. Il limite della stessa, però, risiede nella disponibilità dei donatori (è pur vero che a questa particolare richiesta di disponibilità hanno risposto a flotte).
La logica a questo punto imporrebbe un passaggio concreto ed a mio avviso ovvio: il sostegno e la riconoscenza dall’Istituto Superiore della Sanità. Credete questo sia avvenuto? Assolutamente no. A seguito di contatto da parte degli ideatori di tale terapia, Giuseppe De Donno e Salvatore Casari, il Ministero della salute ha fatto scena muta.
In linea con la totale inutilità dei piani superiori, il virologo Roberto Burioni già cerca di tranciare sul nascere uno studio che porterebbe a delle cure a costo zero. Cito: “La terapia con il plasma iperimmune prelevato dai pazienti guariti dal covid-19 è interessante, ma è una cura d’emergenza, non si può pensare ad un utilizzo esteso a tutti perchè non si possono svenare i soggetti guariti”. A differenza dell’etica del dottor De Donno secondo la quale l’ “importante è salvare vite”, quella del dottor Burioni vacilla. Lungi da me accusare in quanto priva di competenze tecniche in ambito medico, certo è che la coerenza non è per certo il tratto distintivo del dottor Burioni. Per fortuna lo stesso, in tempi non sospetti, dichiarava che l’Italia fosse a rischio zero nei confronti del coronavirus!
Come farebbero le cause farmaceutiche a guadagnare fior di quattrini se si trovasse una cura a costo zero?
Non siamo complottisti, ci limitiamo a riportare i fatti. Nel mondo ci sono 35 progetti di vaccino contro SARS-CoV2: una vera e propria guerra tra stati e industrie farmaceutiche. Il profitto che una casa farmaceutica prevede di guadagnare da un regime di proprietà intellettuale come quello in vigore con le regole dell’organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) si aggira comunemente nell’ordine delle diverse decine di miliardi di dollari per singolo prodotto: figuriamoci nel caso del vaccino contro il covid-19. Sono inoltre solite sistemare i brevetti in patent boxes di paesi con regimi fiscali vantaggiosi: entrate decennali con scarsi oneri fiscali. Non da meno, la più recente prassi delle aziende consiste nella decisione unilaterale di fissare prezzi tanto più elevati quanto più il farmaco è necessario alla cura e a salvare la vita delle persone.
Viste le premesse, vi sarà una guerra senza esclusione di colpi.
Alice Lollo