di Irene Marone (tratto da: clicca qui)
Curati dagli “avvoltoi”.
Quella che oggi è considerata una delle più tipiche maschere veneziane è in realtà una “tenuta” medica ideata durante la pestilenza del 1577 e largamente impiegata durante l'epidemia del 1630, che decimò un terzo della popolazione.
L'eqipaggiamanto constava di lunghi guanti, occhiali protettivi, stivaloni, una tunica cerata e una bacchetta usata per sollevare le coperte e gli abiti del malato.
La maschera conteneva un “filtro” di garza imbevuto di olii essenziali sulla bocca e conservava nel lungo becco erbe come rosmarino, aglio e ginepro, considerate efficaci nel tener lontano il morbo e alleviare il fetore che di solito regnava in casa di un appestato.
L'eqipaggiamanto constava di lunghi guanti, occhiali protettivi, stivaloni, una tunica cerata e una bacchetta usata per sollevare le coperte e gli abiti del malato.
La maschera conteneva un “filtro” di garza imbevuto di olii essenziali sulla bocca e conservava nel lungo becco erbe come rosmarino, aglio e ginepro, considerate efficaci nel tener lontano il morbo e alleviare il fetore che di solito regnava in casa di un appestato.
Il medico cronista
Alvise Zen, un medico impegnato in prima linea nel portare soccorso ai cittadini di Venezia, ci ha lasciato un resoconto molto dettagliato di come si svolsero i fatti.
Ecco cosa scrive al suo amico Monsieur d'Audreville qualche anno dopo la pestilenza a proposito dell'origine del contagio:
“Eccellentissimo monsieur d'Audreville, vi racconterò quei terribili giorni solo perché sono convinto che senza memoria non c'è storia e che, per quanto amara, la verità è patrimonio comune.
E poiché, dopo l'orrore, quella vicenda si trasformò in una festa, anzi in una delle feste più amate dai Veneziani, mi è meno gravoso ricordarla.
Ma veniamo ai fatti.
Per secoli non ci fu calamità più spaventosa della peste.
Il morbo veniva dall'Oriente e dunque tutte le strade del commercio, che era per Venezia la principale fonte di ricchezza, si trasformarono in vie di contagio.
Era il 1630.
Assieme alle spezie e alle stoffe preziose, le navi della Serenissima trasportarono anche la morte nera.”
Una metropoli moderna….
La Venezia del 17° secolo è una città con grande esperienza di carestie e calamità; vanta inoltre uno dei governi più “moderni” e illuminati d'Europa, all'avanguardia anche nelle norme igienico-sanitarie.
La Repubblica nomina tempestivamente delegati per controllare la pulizia delle case, vietare la vendita di alimenti pericolosi, chiudere i luoghi pubblici, perfino le chiese.
Viene imposto il coprifuoco: solo i militari e i medici sono autorizzati a circolare.
Questi ultimi, insieme al personale sanitario e ai detenuti impiegati come portantini, indossano segni distintivi, tra cui le maschere “a becco di avvoltoio,, che conferiscono un aspetto tetro e spaventoso.
I pazienti chiaramente contagiati vengono portati nel lazzaretto Vecchio, già utilizzato a tale scopo alla fine del '500, mentre chi è stato solo a contatto con gli appestati viene trattenuto 20 giorni a scopo cautelativo in una struttura appositamente allestita.
E' la prima volta che si assiste ad un tentativo di pre-diagnosi e profilassi della malattia.
Le ordinanze igieniche e alimentari erano così rigorose e restrittive che su una nave era stata issata una forca per giustiziare i trasgressori.
Nonostante il rigore delle ordinanze, l'efficienza delle strutture e la modernità dell'organizzazione dell'apparato sanitario, la peste annienta dodicimila persone il soli 17 mesi, 559 in un solo giorno, il 9 novembre, come annota il medico -cronista Zen.
Nessuno più voleva seppellire i cadaveri, che rimanevano ammonticchiati fuori dalle case o peggio gettati dalle finestre direttamente nei canali o nelle imbarcazioni.
Ecco cosa scrive al suo amico Monsieur d'Audreville qualche anno dopo la pestilenza a proposito dell'origine del contagio:
“Eccellentissimo monsieur d'Audreville, vi racconterò quei terribili giorni solo perché sono convinto che senza memoria non c'è storia e che, per quanto amara, la verità è patrimonio comune.
E poiché, dopo l'orrore, quella vicenda si trasformò in una festa, anzi in una delle feste più amate dai Veneziani, mi è meno gravoso ricordarla.
Ma veniamo ai fatti.
Per secoli non ci fu calamità più spaventosa della peste.
Il morbo veniva dall'Oriente e dunque tutte le strade del commercio, che era per Venezia la principale fonte di ricchezza, si trasformarono in vie di contagio.
Era il 1630.
Assieme alle spezie e alle stoffe preziose, le navi della Serenissima trasportarono anche la morte nera.”
Una metropoli moderna….
La Venezia del 17° secolo è una città con grande esperienza di carestie e calamità; vanta inoltre uno dei governi più “moderni” e illuminati d'Europa, all'avanguardia anche nelle norme igienico-sanitarie.
La Repubblica nomina tempestivamente delegati per controllare la pulizia delle case, vietare la vendita di alimenti pericolosi, chiudere i luoghi pubblici, perfino le chiese.
Viene imposto il coprifuoco: solo i militari e i medici sono autorizzati a circolare.
Questi ultimi, insieme al personale sanitario e ai detenuti impiegati come portantini, indossano segni distintivi, tra cui le maschere “a becco di avvoltoio,, che conferiscono un aspetto tetro e spaventoso.
I pazienti chiaramente contagiati vengono portati nel lazzaretto Vecchio, già utilizzato a tale scopo alla fine del '500, mentre chi è stato solo a contatto con gli appestati viene trattenuto 20 giorni a scopo cautelativo in una struttura appositamente allestita.
E' la prima volta che si assiste ad un tentativo di pre-diagnosi e profilassi della malattia.
Le ordinanze igieniche e alimentari erano così rigorose e restrittive che su una nave era stata issata una forca per giustiziare i trasgressori.
Nonostante il rigore delle ordinanze, l'efficienza delle strutture e la modernità dell'organizzazione dell'apparato sanitario, la peste annienta dodicimila persone il soli 17 mesi, 559 in un solo giorno, il 9 novembre, come annota il medico -cronista Zen.
Nessuno più voleva seppellire i cadaveri, che rimanevano ammonticchiati fuori dalle case o peggio gettati dalle finestre direttamente nei canali o nelle imbarcazioni.
Solo un grido rieccheggiava nella città deserta: "Chi gà morti in casa li buta zoso in barca".
Sulle strade cominciava a crescere l'erba, calcata solo da qualche ciarlatano che cercava di vendere inutili antidoti o da qualche frate invasato che, farneticando a gran voce, indicava come causa del morbo l'ira divina contro la liberalità e il vizio di casa a Venezia.
Sulle strade cominciava a crescere l'erba, calcata solo da qualche ciarlatano che cercava di vendere inutili antidoti o da qualche frate invasato che, farneticando a gran voce, indicava come causa del morbo l'ira divina contro la liberalità e il vizio di casa a Venezia.
In questa situazione disperata, il doge Niccolò Contarini decretò che l'unica speranza per Venezia era sperare in una riconciliazione con la divinità: promise di edificare una chiesa “magnifica e con pompa” alla Madonna della Salute e di organizzare una sontuosa processione ogni 21 novembre, giorno della presentazione di Maria al Tempio.
Dopo queste dichiarazioni la peste miracolosamente si affievolì, ma ebbe una recrudescenza all' inizio del 1631.
Solo in autunno fu debellata del tutto.
Nel frattempo Contarini era morto e il nuovo doge, Francesco Erizzo, volle subito mantenere il voto: indisse un concorso per l'edificazione della Chiesa della Salute e nel frattempo fece erigere un ponte di barche e un tempio provvisorio in legno riccamente addobbato dove il governo e tutta la cittadinanza si recarono riconoscenti in processione.
Alla peste si deve la nascita della festa della Salute, una delle più magnifiche e caratteristiche di tutta l'età barocca.
Dopo queste dichiarazioni la peste miracolosamente si affievolì, ma ebbe una recrudescenza all' inizio del 1631.
Solo in autunno fu debellata del tutto.
Nel frattempo Contarini era morto e il nuovo doge, Francesco Erizzo, volle subito mantenere il voto: indisse un concorso per l'edificazione della Chiesa della Salute e nel frattempo fece erigere un ponte di barche e un tempio provvisorio in legno riccamente addobbato dove il governo e tutta la cittadinanza si recarono riconoscenti in processione.
Alla peste si deve la nascita della festa della Salute, una delle più magnifiche e caratteristiche di tutta l'età barocca.