tratto da un articolo de L'INDIPENDENZA.COM clicca qui
Scorre sangue giovane nelle vene del movimento autonomista friulano.
Anime differenti, ma con un obiettivo comune: la difesa e la tutela della “Piccola Patria”. Dietro i padri nobili, da Tessitori a D’Aronco, da Schiavi a Baracetti, da pre Checo Placereani fino a Silvano Pagani, purtroppo appena scomparso, c’è una nidiata di trentenni e quarantenni che ne ha raccolto il testimone.
E che ha idee chiare e voglia di fare.
«I grandi vecchi dell’autonomismo friulano avevano visto lontano – spiega William Cisilino, di Pantianicco di Mereto di Tomba, 37 anni, direttore dell’Agenzia regionale per la lingua friulana -.
Il senatore e ministro Tiziano Tessitori fu il primo a premere per lo Statuto speciale in questa regione, ma all’epoca i partiti erano tutti contrari.
Così è avvenuto per la nascita dell’Università del Friuli, osteggiata dall’establishment dei partiti, ma fortemente voluta dalla base degli autonomisti, da D’Aronco in giù.
Ecco, io penso che se i politici di oggi ascoltassero un po’ di più le istanze degli autonomisti, beh si eviterebbero certi errori. Personalmente ho cominciato a frequentare questo mondo a vent’anni.
In casa non c’era una specifica tradizione, ma abbiamo sempre parlato in marilenghe in modo spontaneo.
Per la mia formazione è stato fondamentale il fatto di aver conosciuto don Claudio Bevilacqua (ora parroco a Tarvisio, ndr), che mi ha fatto apprezzare i suoi scritti, e poi le idee di un fine intellettuale come Angelo Pittana.
L’autonomismo moderno credo che non debba essere vincolato al 100% con l’appartenenza al Friuli storico.
Un friulanista convinto può essere anche “venetofono”, qui l’importante è intendersi sul senso culturale.
E cioè essere d’accordo che le decisioni politiche, penso all’acqua, al destino dell’università, all’energia, alla terza corsia dell’A4, debbano essere prese qui, sul territorio, e non a Trieste, Roma, Milano o Bruxelles.
Così sarebbe più facile “controllare” gli amministratori».
«La nostra è una tradizione vissuta intimamente e non ostentata – racconta Feliciano Medeot, 36 anni, di San Lorenzo Isontino, direttore della Società Filologica friulana e radici, fin da ragazzo, nel mondo folkloristico locale -, direi quasi una derivazione asburgica.
Friulani oggi?
E’ avere a cuore da dove si viene per capire dove si può e si vuole andare.
Il nostro bagaglio culturale e identitario è forte, alla luce di quanto è accaduto nelle nostre terre nel Novecento.
Sui problemi concreti fare massa critica è fondamentale, quindi ben venga la collaborazione e il confronto con tutte le anime del movimento, perchè è necessario essere uniti per salvaguardare i diritti. Auspico che da ora in avanti si coniughi l’intellighenzia con l’azione.
Il mio modello di riferimento è Gianfranco D’Aronco, un vero precursore per tante battaglie».
«Nell’epoca della globalizzazione – dice Monica Tallone, classe 1964, udinese di origine ma carnica di adozione, vice presidente della Filologica proprio per la Carnia – noi autonomisti siamo portatori di una diversità che è ricchezza.
I padri nobili del nostro movimento ci hanno dato la consapevolezza dell’appartenenza, in una terra dove si mescolano e incrociano le tre grandi civiltà europee, latina, germanica e slava.
Se uno non sa da dove viene, difficilmente riuscirà a trovare la strada giusta, la soluzione ai problemi.
E proprio sul fronte della lingua, credo che abbiamo seminato abbastanza: adesso, anche tra i ragazzi, è normale parlare in friulano».
«Autodeterminazione del popolo friulano».
Questo il leit motiv del “Front Furlan”, 300 iscritti tra sostenitori e militanti, l’ala radicale della galassia autonomista.
«Il nostro ultimo congresso – spiega il portavoce Federico Simeoni, 39 anni – ha portato all’estremo le istanze nelle quali crediamo, fino all’indipendentismo.
I modelli a cui ci ispiriamo sono la Scozia e la Catalogna, non certo gli spot della Lega, che in 20 anni non ha combinato niente.
Puntiamo a una gestione completa del potere in loco, nessuna delega allo Stato centrale.
Noi, come movimento, siamo nati nel 2006, siamo radicati in provincia di Udine, ma ora ci allarghiamo verso Pordenone.
Il nostro punto di riferimento, nel passato, è sempre stato il vecchio, caro, Movimento Friuli, con una figura su tutte, quella di Fausto Schiavi.
Abbiamo sempre avuto una grande ammirazione anche per Silvano Pagani, è stato un uomo molto coraggioso in anni in cui certe scelte di campo costavano care a chi le faceva.
Lui e quelli come lui hanno seminato tantissimo.
Adesso tocca a noi portare avanti quel grande lavoro».
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