ATTUALITA

2012.06.04 – PRONTI ALLA GUERRA – POTERI SPECIALI A MONTI

New York, 31 mag. (TMNews) – La crisi dell’Eurozona e le violenze in Siria sono state, ieri sera, al centro di una videoconferenza a quattro fra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il presidente del Consiglio, Mario Monti, il presidente francese, Francois Hollande, e il Cancelliere tedesco, Angela Merkel.
Dopo le indiscrezioni uscite sul sito del Corriere della Sera, confermate in ambito diplomatico, anche la Casa Bianca ha reso noto, nella notte italiana, che i quattro leader hanno discusso “degli sviluppi in Europa, dopo il summit del G-8 di Camp David e l’incontro informale in seno all’Unione europea. I leader continueranno a tenersi a stretto contatto in vista del G-20 in Messico del prossimo mese” ha informato Washington.
Inoltre, “i leader hanno discusso dei recenti sviluppi in Siria e hanno condiviso l’opinione che sia importante porre fine alle violenze del governo contro la sua stessa popolazione e urgente ottenere una transizione politica”.

 POTERI SPECIALI A MONTI

Singolari coincidenze? Solo in Italia la realtà supera la fantascienza. Dopo l’attentato di Brindisied il terremoto stragistico in Emilia Romagna è imminente la guerra all’Iran? Cos’altro ci vuole a persuadere i recalcitranti? Diamo un’occhiata all’ultima trovata. «Norme in materia dipoteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni»: è il titolo della recente legge dello Stato italiano, numero 56, promulgata l’11 maggio 2012 e passata inosservata alla gran massa dell’opinione pubblica. Strano. In calce reca la firma del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del Primo Ministro non eletto dal popolo tricolore. Il proponente è proprio il maggiordomo dell’alta finanza speculativa (Trilateral Commission, Goldman Sachs, Bilderberg, Aspen, eccetera) a cui mancavano i super poteri. Il Premier abusivo – recentemente volato in Usa a prendere nuovi ordini – precisamente il 9 marzo scorso aveva indicato tale auto-attribuzione (mediante un Decreto-legge) giustificata dalla «straordinaria necessità ed urgenza». Il Parlamento ha approvato all’unanimità: infatti al Senato i contrari risultano zero, mentre i favorevoli 246 (20 gli astenuti). Alla Camera, infine, hanno votato a favore ben 401 deputati (42 contrari e 2 astenuti). Quali saranno i criteri d’esercizio di tali poteri speciali? L’esercizio del golden share è lo specchietto per le allodole. C’è ben altro: l’arbitrarietà del concetto di minaccia effettiva. Ovvero di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. Chi attenta all’Italia? E’ un pretesto per restringere ulteriormente la sbandierata libertà (di impresa) in democrazia? Come mai neanche un’apertura di tg (locale) per questa clamorosa notizia? Strano che nessun impiegato della comunicazione in servizio permanente effettivo (la ditta Travaglio & Santoro) abbia detto alcunché. E Grillo, pardon Casaleggio, tace inspiegabilmente? Come mai nell’occasione Vendola non ha pontificato, visto che mette il becco su tutto, peggio del prezzemolo avariato? Latita perfino Saviano (neanche uno sfondo su Repubblica). E Fabio Fazio che balbettava dinanzi a Piero Pelu’ che aveva accennato alla scie chimiche? Che peccato: un’occasione bruciata per dirne quattro allo Zio Sam. Caos programmato dall’Intelligence Usaalle porte. Una domanda spontanea. A parte il Memorandum bellico stipulato fra Italia ed Israele (siglato da Berlusconi), perché le forze militari del Belpaese si sono esercitate recentemente nel deserto del Negev? E’ davvero singolare che il Regolamento dell’Unione europea (264) concerne «misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Iran» (Gazzetta Ufficiale, serie speciale Unione Europea, numero 41 del 24 maggio 2012). Forse andrebbe letto alla luce del Trattato di Lisbona e del Trattato sull’Ue, che assoggettano il Vecchio Continente in termini militati allaNato? Qualche europarlamentare italiota avrà almeno letto prima di firmare in bianco?Eurogendfor (con sede nella caserma dei Carabinieri Chinotto di Vicenza) di cui abbiamo accennato già due anni fa, vi dice nulla? I compiti e gli incarichi dell’Egf – che non necessita di un mandato giudiziario per operare, compreso l’ordine pubblico sottratto alla Polizia di Stato – esulano dal controllo parlamentare e della magistratura.
Guerra infinitaBarack Obama in persona il 16 marzo scorso ha siglato un ordine esecutivo che potrebbe conferirgli il potere di istituire la legge marziale negli Stati Uniti d’America in tempo di pace. L’atto – denominato “Preparazione Nazionale Risorse per la Difesa” – è visibile sul sito ufficiale della Casa Bianca. Dopo la firma dell’HR 347 ( “Trespass bill”) e l’ancora più terrificante National Defense Authorization Act (legge di autorizzazione sulla Difesa Nazionale), che permette al presidente di detenere e torturare cittadini americani senza un giusto processo. Insomma, giochi da Premio Nobel. E’ solo una questione di tempo prima che un grande “attacco terroristico” – orchestrato come al solito dall’Intelligence – venga messo in atto in una nazione occidentale. E quando avverrà, ci sarà una forte scossa in tutto il mondo, anzi un panico di massa globale. Verrebbe introdotta una legge marziale economica. Posta in essere come misura temporanea, ma una volta realizzata rimarrà al suo posto. I diritti civili verranno sospesi e, particolarmente in America, la sicurezza Interna, già intollerabilmente intrusiva, raggiungerà un’onnipresenza orwelliana. Ci sarà bisogno di un solo evento al momento opportuno che venga sospinto dai media mainstream e si scatenerà l’inferno. Attenzione. Gli ordini esecutivi presidenziali sono già stati approvati, i campi di detenzione deiFusion Center e quelli della FEMA sono già operativi e 20 mila soldati sono stati addestrati per intervenire brutalmente, in caso di collasso economico e rivolte popolari. In parole banali: la legge marziale è un sistema di governo che si ha quando i militari prendono il controllo della situazione.
Fronte interno – «È chiaro che c’è stato un movimento continuo nella direzione deipreparativi per la legge marziale, una tendenza che è stata tanto continua, quanto inattesa» (Peter Dale Scott, “La guerra, la legge marziale e la crisi economica” in, Global Research, 23 febbraio 2011). «Non è più solo per le guerre in Afghanistan e in Iraq. Il Dipartimento della Sicurezza Nazionale è interessato ad un impianto di telecamere che possono sbirciare su quasi quattro chilometri quadrati di territorio americano (costituzionalmente protetto) per lunghi, lunghi periodi di tempo. La Sicurezza Nazionale non ha un particolare sistema in mente. Proprio ora, esso sta solo sollecitando la risposta dell’industria ad una formale richiesta per questo “Sistema di Sorveglianza su Vasta Area”. Ma è l’ultima indicazione di come la potente tecnologia di sorveglianza militare, sviluppata per trovare gli insorti stranieri e terroristi, stia migrando sul fronte nazionale» (Spencer Ackerman, “La Sicurezza nazionale vuole spiare su 4 Km quadrati simultaneamente” in Wired, 23 gennaio 2012). «C’è un vero e proprio, pericoloso scollamento tra gli apparati di politica estera di Washington e la maggior parte del popolo americano nel suo complesso. Penso che abbiate visto la prova di questo il 15 febbraio (2003), quando ci sono state manifestazioni di pace in oltre 300 città americane. E penso che ci sia una differenza reale tra quella che io chiamo l’oligarchia americana, che ora praticamente controlla non solo la Casa Bianca ma anche il Congresso, e la Corte Suprema e la democrazia americana» (Lewis Lapham, “L’Attacco di Lewis Lapham attack alla plutocrazia americana” Allan Gregg, 20 gennaio 2011, trasmissione originale: marzo 2003). «Quanto in basso dobbiamo affondare, Sig. Obama? Ha ritratto se stesso come un uomo d’onore e un difensore del costituzionalismo, ma ha aperto le porte alla regola dell’illegalità e dell’autoritarismo» (Philip Giraldi, “La creazione dei terroristi americani”, in The Council For The National Interest, 19 gennaio 2012). «Un perimetro della Sicurezza Nazionale del Nord America va ben al di là del tenere al sicuro la gente da eventuali minacce percepite. È un mezzo per difendere il commercio, le risorse, come pure gli interessi corporativi ed è un pretesto per il controllo del continente» (Dana Gabriel, “Il pretesto per un perimetro della Sicurezza Nazionale del Nord America” in Be Your Own Leader, 11 dicembre 2011). «Tutto il potere e la politica dell’uomo non possono mantenere un sistema molto a lungo dopo che la sua verità ha cessato di essere riconosciuta o un’istituzione molto a lungo dopo che ha cessato di contribuire al servizio pubblico. È altrettanto vano, come aspettarsi di preservare un albero, le cui radici sono state tagliate. Esso può presentarsi come verde e fiorente come prima per un breve periodo, ma la sua condanna è segnata, il suo principio di vita è perduto e la morte è già al suo interno» (Anna Letitia Barbauld, Selected Poetry & Prose, p. 275-276).
Lavoro sporco – Immaginate che cosa farà lo Stato occidentale in uniforme ai manifestanti ed alla popolazione quando sarà dichiarata la legge marziale. Le aree di guerra mediorientale sembreranno abbastanza tranquille in confronto alle zone di guerra in occidente. Le normative dello stato di polizia – dopo gli attacchi dell’11 settembre – hanno contribuito al processo di costruzione dello stato gendarme e all’istituzione di un sistema universale di schiavitù globale. Sotto questo nuovo sistema internazionale ci sarà un’élite criminale in cima, una classe manageriale nel mezzo, e i consumatori senz’anima nella parte inferiore. Secondo lo storicoWebster Tarpley, il conduttore radiofonico Alex Jones, ed altri, grandi comparti della classe media e del sottoproletariato saranno sterminati. Il lavoro sporco è stato affidato alla Sicurezza Nazionale. E’ stata istituita come una macchina extragiudiziale per uccidere e spiare. Ma le sue operazioni, sotto copertura antidemocratiche ed eugeniste, sono state nascoste dietro narrazioni false come la guerra al terrore e falsi obiettivi come la sicurezza interna.
La portata tirannica della Sicurezza nazionale si è già estesa al Canada. Dana Gabriel ha evidenziato il consolidamento sul potere politico e sulle risorse naturali dei plutocrati in Nord America l’11 dicembre 2011, in un articolo intitolato, “Il pretesto per un perimetro della Sicurezza Nazionale del Nord America”: «Il 7 dicembre, il presidente Barack Obama e il primo ministro Stephen Harper hanno annunciato Sicurezza perimetrale al di là delle frontiere e piano d’azione per la competitività economica. Il nuovo accordo si concentra sulle minacce alla sicurezza, la facilitazione degli scambi, la crescita economica e l’occupazione, il rafforzamento della legge sull’integrazione transfrontaliera, nonché il miglioramento delle infrastrutture e della sicurezza informatica. Mentre l’accordo sul perimetro viene fatto passare come vitale per la sicurezza e la prosperità di canadesi e americani, c’è il piccolo dubbio che significherà un buon compromesso tra la sovranità e la sicurezza. Qualsiasi accordo che dà al Dipartimento della Sicurezza Nazionale più informazioni personali pone un grave rischio per il diritto alla privacy. Man mano che entrambi i paesi vanno avanti, la sicurezza perimetrale sarà ulteriormente definita e dominata dagli interessi americani. Questo potrebbe costringere il Canada a rispettare eventuali nuove misure di sicurezza statunitensi, indipendentemente dai pericoli che possono costituire per le libertà civili. Un perimetro della Sicurezza Nazionale del Nord America va ben al di là del tenere al sicuro la gente da eventuali minacce percepite. È un mezzo per difendere il commercio, le risorse, come pure gli interessi corporativi ed è un pretesto per il controllo del continente. In uno stato di legge marziale, dissidenti, blogger, giornalisti che si basano sui fatti, gli attivisti anti-guerra, i possessori di armi, gli attivisti di Occupy Wall Street e gli attivisti del Tea Party saranno tutti ritenuti “terroristi domestici” e portati in prigioni segrete da pedine che hanno subìto il lavaggio del cervello dello stato corporativo globale». Tom Burghardt ha scritto l’11 ottobre 2008, nel suo articolo, “Militarizzare la Patria, in risposta alla crisi politica ed economica” : «Lo spionaggio indiscriminato sugli attivisti da parte dell’ormai defunta Counter intelligence Field Activity (CIFA) del Pentagono, come pure le rivelazioni secondo cui le agenzie dello stato di polizia nel Maryland spiavano abitualmente gli organizzatori contro la guerra, condividevano queste informazioni con la National Security Agency e li classificavano come “terroristi” nei database gestiti dal governo, sono visti come mezzi esemplari per “mantenere la gentaglia in riga”- e sotto silenzio, se necessario». Una segnalazione altamente inquietante di Christopher Ketchum nel maggio giugno 2008 pubblicata di Radar Magazine, sottolineava come «il nucleo principale del database top secret legato alla pianificazione dell’eventualità di Continuità del Governo, include i dissidenti e attivisti di varie fasce, politici e manifestanti contro le tasse, avvocati e professori, editori e giornalisti, possessori di armi, clandestini, cittadini stranieri e molte altre innocue persone comuni». Il giornalista investigativo Tim Shorrock ha detto – dopo averlo appreso da una gola profonda e verificato – che quel nucleo principale è un «sistema di dati per un’emergenza di sicurezza interna’ progettato per essere utilizzato dai militari in caso di una catastrofe nazionale, una sospensione della costituzione o l’imposizione della legge marziale. … Il suo nome deriva dal fatto che essa contiene ‘copie del ‘nucleo principale” o l’estratto di ciascun elemento delle informazioni di intelligence americana prodotte dall’FBI e da altre agenzie della comunità di intelligence degli Stati Uniti». Il Nord America viene già trattato dalle élite e dalle autorità di governo come un teatro di guerra. Sono state disseminate le trappole per topi: il recinto della schiavitù è stato progettato fino all’ultimo dettaglio.
EXECUTIVE ORDER NATIONAL DEFENSE RESOURCES PREPAREDNESS
LEGGE 11 MAGGIO 2012, N. 56
Letto su: Stampa Libera

(articolo tratto da qui)

2012.05.20 – FESTA DELLE SENSA E IL BUCINTORO


IL BUCINTORO DEL SETTECENTO
5 ottobre 1786. Per esprimere in due parole che cosa è il Bucintoro, lo chiamerò una galea da parata. Il Bucintoro antico, del quale rimangono le riproduzioni, giustifica questa espressione più ancora del moderno, il quale con tutta la sua magnificenza ci fa dimenticare la sua origine. Insisto sempre nella mia antica idea: date ad un artista un soggetto veramente buono, ed egli produrrà qualche cosa di buono. Nel caso nostro all’artista era stato affidato il compito di costruire una galea, che fosse degna di portare i capi della Repubblica, nel giorno solenne che consacra il tradizionale dominio del mare; un tal compito è stato eseguito alla perfezione. La nave è già per sé tutta una decorazione; non si può dire quindi che sia sovraccarica di ornamenti; è tutto un cesello d’oro, e del resto non serve ad altro; è un vero e proprio ostensorio, che serve a mostrare al popolo i suoi principi, in tutta la loro magnificenza. Si sa che il popolo, come ha una predilezione per adornare i suoi capelli, così ama vedere anche i suoi supériori in abito elegante e sfarzoso. Questa nave di gala non è che un autentico mobile d’inventario, che ci ricorda in modo tangibile quello che i Veneziani furono, o si lusingarono di essere. (l.W. Goethe, Viaggio in Italia)
Nèl 1719, trovandosi il dogale naviglio secentesco in condi¬zioni assai precarie (aveva ben 113 anni di navigazione) si commissionò un nuovo Bucintoro, incaricando altresì i responsabili dell’allestimento della nuova imbarcazione di scoprire i difetti della vecchia, in modo da apportare le modifiche necessarie. Proprio del 1719 è uno spaccato in sezione longitudinale di un Bucintoro, progettato e mai realizzato, dipinto ad olio su carta in grigio e rosso, che reca alla base le misure in piedi veneti. Questo studio (attualmente assai deteriorato e ridipinto in talune parti) pur mantenendo la medesima struttura del Bucintoro del Seicento, presenta notevoli varianti nelle decorazioni. La polena raffigura la Fede e La Giustizia; (nel precedente Bucintoro vi era la sola Giustizia); al posto delle colonnine che sorreggevano il tiemo vi sono delle figure allegoriche, corredate da scritte (molte delle quali sono attualmente illeggibili), che non corrispondono a nessuna decorazione dei navigli dogali: la poppa inoltre presenta una curvatura assai più a accentuata di qualsiasi altro Bucintoro. Lo spaccato è conservato nella sala del Bucintoro del Museo Storico Navale di Venezia. proviene dalla sala dei modelli dell’ Arsenale, come è attestato dal Casoni, e reca la scritta: Anno 1719 Petrus Fileti hoc perfecit opus. Di Pietro Fileti all’infuori di questa, sino ad ora, non si conoscono altre notizie. La direzione dei lavori del nuovo Bucintoro fu affidata all’architetto navale Michele Stefano Conti, che fu confuso talora col committente dei disegni del Canaletto, Stefano Conti (uomo d’affari nativo di Lucca). Le statue e gli intagli furono ideati e disegnati dallo scultore Antonio Corradini (1668-1752), artista già affermato in città: la Serenissima gli affidò l’incarico il 14 dicembre 1719. Vari documenti dell’Archivio di Stato di Venezia ci dicono che il Corradini oltre che l’ideatore delle decorazioni fu il sovrintendente ai lavori di intaglio. Egli, per tale incombenza, dovette abbandonare per anni la sua bottega di scultore. Gli intagliatori che decorarono il Bucintoro furono in alcuni anni tutti quelli operanti in città. Nel 1727 per scolpire la poppa ne vediamo al lavoro ben sessanta. Il Temanza cita Michele Fanoli e il figlio Lorenzo: lavorò molto con suo figlio nel Bucintoro Ducale, ed è tutta sua la statua di Marte, o sia Scandarbech, che è sulla prora. Fece molti bassi rilievi et arpie vicino alla sedia del doge. Poiché è molto improbabile che a prua vi fossero due statue di Marte, la contraddizione in cui il Temanza pare dunque caduto (dal momento che, in un altro passo, afferma invece che la statua di Marte di questo Bucintoro proveniva dal precedente) può essere risolta supponendo che il Marte dei Vanini sia stato sostituito in un secondo momento con quest’altro del Fanoli. Il nome di un intagliatore che operò sul Bucintoro ci è fornito da una carta d’archivio: il 3 aprile 1728, per la perizia dimostrata negli intagli, fu accettato come Maestro marangon all’Arsenale Pietro Pichi, con l’obbligo di lavorar sia di “grosso” che di “sotil”, ricevendo la paga di 24 soldi al giorno. Da quanto si è detto si deduce che non si può parl,are di statue del Bucintoro eseguite dal Corradini e dalla sua scuola. Per il lavoro di sovrintendente il Corradini ricevette, negli anni in cui operò, mediamente 15 lire al giorno ma, dal 27 marzo del 1728, essendo ormai quasi tutti gli intagli ultimati, il governo veneziano gli tolse lo stipendio, pur obbligandolo a sorvegliare i lavori e la sistemazione dei vecchi intagli. Per debito di riconoscenza si pensò di corrispondergli la somma di 60 zecchini, che fu mutata in una medaglia d’oro dello stesso valore. Il suo nome era ricordato in una iscrizione posta a prua della nave: ANTONIl CORADINI SCULPTORIS INVENTUM. Da notizie tratte dai registri dell’ Arsenale (ora non rintracciabili), trascritte dal Casoni 8, sappiamo che il 23 novembre 1722 il Bucintoro fu “accarenato”. I lavori dovettero andare molto a rilento dal 1722 al 1726, forse per mancanza di danaro. Il 22 febbraio 1726 furono messi a disposizione 8.000 ducati per proseguire la costruzione  che si protrasse per altri due anni. L’8 maggio del 1727 fu dato incarico al Corradini di sovrintendere personalmente alle sculture, incarico ricoperto dapprima dal proto dei marangoni Piero de Pieri. Il 6 settembre 1727 si lavorava ancora agli intagli del tiemo, dei fianchi e della poppa e vi prestavano la loro opera ben sessanta intagliatori, costretti a lavorare anche le domeniche e i giorni festivi. Il 15 settembre, in via del tutto eccezionale, fu accordato il permesso all’intagliatore Lorenzo Picotin di lasciare per un certo periodo i lavori del Bucintoro per ornare le carrozze dell’ Ambasciatore Bragadin. Il I maggio 1727 si diede ordine i allestire provvisoriamente il Bucintoro per l’uso: mancavano numerosi intagli e la de orazione dell’ interno  del tiemo, per il quale i pensò di supplire con damaschi. La festa della Sensa cadeva in quell’ anno il 22 maggio: per essa  si prevedeva l”uscita del Bucintoro nuovo. La datazione ufficiale del Bucintoro settecentesco è proprio il 1727 e fu posta a prua della nave, sulla pelle di leone che scendeva dal sedile della Giustizia. Essa ricordava anche il doge Alvise III Mocenigo, sotto il cui dogado l’opera era stata compiuta: ALOYSIO MOCENIGO VENETIARUM PRINCIPE. ANNO SALUTIS 1727. Ma dalle notizie offerteci dai registri dell’ Arsenale 15 e dai Commemoriali di Pietro Gradenigo  apprendiamo che il varo avvenne il 12 gennaio 1728 e che il Bucintoro fece la sua prima comparsa ufficiale per la Sensa di quell’ anno (25 maggio), interamente dipinto in rosso, col cosiddetto “bolo”, necessario per la futura dora¬tura. Un documento dell’Archivio di Stato, datato 8 aprile 1728, reca un preventivo per la spesa della doratura – che fu successivamente approvata – e ammonta a 15.500 ducati, richiesti da Giovanni d’Adamo, capo di quell’arte veneziana. Gli intagli furono ultimati prima del 4 maggio del 1728 e in quell’occasione venne richiesto ai doratori un ulteriore esatto calcolo dell’oro impiegato. La doratura ebbe inizio il 31 maggio 1728, com’era attestato da una scritta in rosso posta sul muro sinistro del deposito del Bucintoro in Arsenale, nel quale per circa un anno lavorarono ininterrottamente quasi tutti i doratori della città. Il Casoni potè leggere e ricopiare la scritta, che apparve in occasione di un restauro al¬l’edificio, il 12 dicembre 1827: 1728 Addì 31 maggio Fu principiato a indorar il Bucintoro. L’iscrizione, come attesta il Casoni, dopo il reperimento e la trascrizione fu subito imbiancata. L’appalto per la doratura venne dato ai due maggiori artigiani della città: Donà Giuliato, con bottega in campo ai Ss. Apostoli, e Zuane d’Adamo, con bottega in Frezzeria a San Moisè, “ambi eguali compagni e appaltatori”. All’Archivio di Stato di Venezia si conservano i documenti relativi ai modi e ai tempi della doratura. Già nel 1727 (7 agosto in Pregadi) Nicolò Boldù aveva avanzato la proposta che si seguisse il sistema usato per dorare il Bucintoro precedente; lo stesso concetto fu ribadito il 3 gennaio dell’anno seguente. Per evitare lo sperpero dell’oro si ordinò di usarlo nelle sole parti in vista, evitando di dorare i dossali di rimesso delle sedie fino al pavimento e la parte posteriore delle arpie che formavano la balaustra dei giardini di poppa e di prua (come era avvenuto del resto nel Bucintoro precedente). Per gli addobbi interni si ordinò di economizzare e la magistratura alle Rason Vecchie, che doveva soprintendere all’allestimento interno, ordinò che sul nuovo Bucintoro si adattassero stoffe e cortine del vecchio naviglio, e si sa che furono sostituite soltanto due cortine. Anche per gli intagli si seguì lo stesso principio: si cercò di fare la massima economia. Infatti non tutti gli intagli e le statue del vecchio Bucintoro secentesco andarono distrutti. Se una parte fu venduta all’asta e assegnata al maggior offerente, il mercante ebreo Sanson Jona, per ducati 628 e un altro lotto a Giovanni d’Adamo (uno dei due appaltatori per la doratura del Bucintoro) per ducati 180, si utilizzarono non pochi “vecchi lavorieri” (intagli e ornamenti) del precedente Bucintoro per decorare il nuovo naviglio ducale: essi furono collocati nel 1727 per decisione presa in Pregadi, per ragioni di risparmio e per accelerare i lavori che – come si è detto – si protraevano ormai da anni: e l’accostamento dei vecchi intagli ai nuovi fu fatto con accortezza, in modo che non ne risentissero la bellezza e la magnificenza della nuova costruzione. Tra le parti reintegrate nel nuovo Bucintoro, oltre alla statua di Marte e ai due leoni marciani, vi furono specialmente i pannelli a bassorilievo dell’interno del grande tiemo con le decorazioni astrologiche. Il Bucintoro settecentesco – che apparve in tutto il suo splendore il 26 maggio 1729 – ripeteva la struttura del precedente, con l’introduzione di due “giardini a poppa”, ma risultava essere più sfarzoso di ogni altro negli addobbi, negli intagli, nelle statue e nelle dorature, anche se le decorazioni e i temi iconografici erano gli stessi dì quello secentesco;ne fa fede il Donno, nell’Allegro giorno veneto, che descrive analoghe allegorie. Le misure qui riportate sono conformi alle originali, in piedi vene ti di mare, i metri figurano tra parentesi (secondo le indicazioni del Casoni un piede veneto equivale a cm. 34,8) 25. Il Bucintoro aveva una lunghezza di 100 piedi (m. 34,800), era largo “alla bocca” 21 (m. 7,308), ed era alto 24 piedi (m. 8,351). Era a due ponti, come i precedenti: il prima era destinata a 168 rematori, a quelli della riserva e a circa 40 marinai, aveva a pappa e a prua due stanze in cui si riponevano le vesti e le refezioni. I rematori, tutti arsenalotti, si disponevano su panche (poste trasver¬salmente) a quattro per remo. Un remo (in totale erano 42) misurava 30 piedi (m. 10,44), e per facilitare e rendere possibile la vaga aveva “a capi alcuni fori da potervi i remiganti intrometterle mani”: questi ultimi erano sette e un “giron”. Ma i fori dai quali uscivano i remi erano 50, essendone otto riservati per le corde dei rimarchi che facevano compiere alla nave le manovre più complesse. I fianchi del naviglio nella parte inferiore erano decorati can 20 statue in forma di Sirene alate a mezza busta e da 20 mascheroni in bassorilievo che sostenevano la “rema”. A pappa erano posti due grandi leoni alati, opera dei fratelli Vanini (provenienti dal Bucintoro secentesco), e due giganti marini (Ota e Efialte), in funzione di telamoni a sostenere i giardini detti anche “pergoli” (corpi aggettanti in fuori). Ai lati dei giganti marini erano poste le raffigurazioni delle Arti dell’ Arsenale, dei Calafati (sinistra) e dei Marangani (a destra), coi loro proti e capimaestri. A  prora spuntavano due speroni: il superiore lungo piedi 13 e ½  (m . 4,698) rappresentava il Mare, era sovrastato da un leone alato (San Marco) e dalle allegorie della Pace e della Guerra. in forma di putti; l’ inferiore raffigurava la Terra con Zeffiro che spira verso il mare. Ai lati degli speroni c’erano rispettivamente le raffigurazioni dei due principali fiumi veneti: il Po e l’Adige. Tra il primo e il secondo ponte, le fiancate erano ornate a bassorilievo con trionfi di divinità marine. Vi erano raffigurati: Nettuno, Anfitrite sul delfino, Venilia e Salacia (simboleggianti il flusso e il riflusso del mare), Tetide, Forco, Nereo,  Janira sopra il delfino, Portumno (divinità che simboleggiava l’arrivo in porto sicu¬ro), Proteo in sembianza di balena, la ninfa Ligea, Venere Citerea, Leucippe, Tisa sopra gli ippocampi, la ninfa Dori (simboleggiante l’amarezza dell’acqua marina), Galatea con molte Nereidi e Tritoni, Glauci con cornamuse e varie ninfe marine.
Il secondo ponte consisteva nella piazza della prora detta palmetta, lunga 12 piedi e 1/4 (m. 4,263), circondata da due giardini. Su di essa prendevano posto gli scudieri del doge, i comandadori (otto dei quali portavano i vessilli e le sei antiche lunghe trombe d’argento), i proti e i capimaestri dell’Arsenale. L’esterno della prua era decorato da una grande grottesca e da una conchiglia che sorreggeva la polena. Quest’ultima raffigurava la Giustizia reggente la spada e la bilancia, seduta su di una pelle di leone, sovrastata dall’ombrello dogale, con a lato la Pace (avente come simboli una colomba e un ramo d’ulivo). Sulla pelle del leone era posta la scritta che ricordava il doge Alvise III Mocenigo e, di seguito a questa, la raffigurazione dello Zodiaco con il sole nascente sotto il segno della Vergine e ai lati i simboli della Bilancia e del Leone, a significare che Venezia con la Forza (il leone) e la Giustizia (la bilancia) si sarebbe mantenuta sempre Vergine invitta. In un angolo di detto Zodiaco stava la scritta che ricordava l’ideatore degli in¬tagli: Antonio Corradini. A prua si apriva anche l’ingresso all’interno del Bucintoro, con ai lati due Sfingi (simboleggianti la Sapienza), fronteggiato da un grande arco, sostenuto da due telamoni, che aveva sulla sommità lo stemma del doge, al centro del quale era posta la gigantesca statua di Marte, che i Veneziani chiamavano familiarmente Scanderbeg, identificandolo in Giorgio Castriota (1403-1468), eroe e difensore dell’indipendenza albanese contro i Turchi, il cui nome, per le sue benemerenze verso la Repubblica, era stato posto nel Libro d’Oro della nobiltà veneziana. La poppa era ornata da bassorilievi con fiori e frutta e il timone era pure intagliato. Ai lati della poppa (similmente alla prua) si aprivano due giardini, sorretti, oltre che da due grandi telamoni, da mostri marini e ninfe, mentre all’interno “i pergoli” erano decorati da bassorilievi con baccanali di putti. I giardini di poppa misuravano piedi 34 e 1/2 (m. 12,006), con uno “sporto” di un “pergolo” nel mezzo di piedi 6 (m. 2,088). Nel mezzo di questi giardini stava il tronco con serpi attorcigliate (le serpi erano il simbolo della Prudenza) presso il quale stava l’ammiraglio dell’ Arsenale, al cui comando era la nave. Attraversata la porta, si apriva la sala di piedi 65 (m. 22,62) di lunghezza, divisa da nove arcate, otto delle quali misuravano 7 piedi (m. 2,436) e la nona 3 piedi e 1/2 (m. 1,218), adornate da doppi putti (allegorie della musica, della caccia, della pesca e della danza) per un totale di 18 figure. Ne risultavano perciò due lunghe sale fiancheggiate da 90 sedili, con dossali di rimesso (ornate da strumenti scientifici) sui quali prendevano posto i nobili veneziani che partecipavano alla cerimonia. Lungo le due sale si aprivano 19 finestre per lato con cartigli e fiori, sostenute da 152 cariatidi a mezzo busto in forma di ninfe. Alla fine delle due sale, verso poppa. si ergeva un arcone interno, al centro del quale era collocata la statua del Tempo Presente, addossata ad un pilastro che nascondeva la base dell’unico albero della nave. Questa statua aveva funzione portante, sorreggendo il tiemo nel punto di congiunzione delle due parti; la minore, quella sopraelevata, era di piedi 24 e 1/2 (m. 8,525) e copriva il gabinetto del doge. L’arco era decorato con strumenti musicali intagliati e dorati: era il luogo destinato ai musici della cappella marciana che cantavano le laudi e il madrigale durante la cerimonia dello sposalizio del mare. Saliti due gradini si accedeva al gabinetto di poppa, destinato al doge, agli ambasciatori stranieri e alle più alte cariche di governo, che era lungo 15 piedi e 3/4 (m. 5,481): intorno a questo spazio si aprivano 5 finestre per lato, e 5 a poppa, per un totale di 15, sostenute da 64 statue di satiri a figura intera (quattro per finestra). All’ingresso del Gabinetto era posto un arcone, decorato con lo stemma do gale e due putti, sostenuto da telamoni. All’estremità della poppa era il trono dogale, adornato da due teste di leone e da due tondi con le storie di Ercole. Nella parte posteriore del dossale c’era un bassorilievo rappresentante una vittoria navale con trofei; questa parte si abbassava e  permetteva al doge di gettare tra le onde dell’Adriatico l’anello per sposare il mare. Ai lati del trono erano poste le statue della Prudenza e della Forza. Il secondo ponte aveva un pavimento ligneo decorato con preziosi intarsi a mo¬tivi geometrici. Il grande tiemo era a volta di botte ed adornato all’esterno da velluto cremisi e all’interno da 36 scomparti dorati a bassorilievo con le Virtù e i mesi dell’anno (iniziante more veneto da marzo), i segni zodiacali e le Arti Liberali (con le ore del giorno e della notte dominate dai pianeti) entro ovati aventi nelle zone intermedie dei “San Marco” e delle ombrelle. Il piccolo tiemo, sovrastante il gabinetto, era ricoperto, come quello grande, di raso cremisi con ricamate le armi del doge. Gli scomparti interni erano 10 e rap¬presentavano le Muse con Apollo. Inoltre erano posti dieci stemmi dei Patroni e Provveditori all’ Arsenale che avevano seguito i lavori: Antonio Nani, Zorzi Pasqualigo, Bortolo Erizzo, Alvise Gritti, Daniel Dolfin (Provveditori); Giovanni Malipiero, Filippo Antonio Boldù, Antonio Grimani, Nicolò Foscarini e Marin Contarini (Patroni). Gli stemmi erano sostenuti da mezze cariatidi e intervallati da ombrelle. Il piccolo tiemo aveva un corpo aggettante in fuori (baldacchino) dal quale pendeva un drappo di seta cremisi con un leone marciano ricamato. Il baldacchino era decorato da una conchiglia, da Pallade sul cocchio in bassorilievo e da due figure alate con la tromba, simboleggianti la Fama. In particolare la decorazione del “volto” (cioè del soffitto) all’interno del gran¬de tiemo era assai interessante per i temi iconografici. Secondo quanto appare dalle descrizioni del Luchini e della Cronaca Veneta, che riguardavano il Bucintoro settecentesco (ma sappiamo di poteri e riferire sicuramente, per questa parte, anche al naviglio precedente), i trentasei scomparti intagliati del soffitto si rial¬lacciavano alla tematica astrologica che tanta fortuna ebbe nel Medioevo e nel Rinascimento, e di cui si trovano a Padova (in particolare nel Salone) e a Venezia (portale centrale della Basilica Marciana, capitelli del Palazzo Ducale, Libreria Marciana) esempi illustri. Questo del Settecento è il Bucintoro più noto ai moderni, sia perché riprodotto in molte famose vedute veneziane – celebri in tutto il mondo quelle dei Guardi e dei Canaletto – sia per la dovizia di notizie che ci ha permesso fin qui di ricostruirlo in modo abbastanza preciso. Esso è anche ricordato con sottile ironia dal poeta settecentesco Antonio Lamberti:
Xe ‘I Bucinroro ‘Na barca d’oro, Sive indorada Per el de fora, E decorada de drento ancora De galoni, de tapei, De veludi boni e bei, Dove l’oro è intramezzà Da coltrine de cendà.
Il Bucintoro settecentesco per forma e iconografia assommava le esperienze dei prototipi precedenti esprimendole nelle dolci, sinuose e raffinate forme rococò ed era, nel contempo, l’immagine di una Venezia festeggiante che traeva i suoi mo¬tivi d’essere da un glorioso passato sui mari. L’insieme delle decorazioni del Bucintoro, esaltando quasi esclusivamente fatta eccezione per tal une Virtù cristiane che decoravano l’interno del grande tiemo una tematica classica, risultava quindi essere un unicum. La polena, in forma di Giustizia, fu sicuramente fin dal Quattrocento l’ornamento principale della nave dogale, quella Giustizia su cui i Veneziani avevano modellato le loro azioni e il loro Stato. Le divinità dell’Olimpo, Apollo con le Muse e Minerva (la cultura e l’intel-ligenza) unite alla Forza e alla Prudenza ornavano il gabinetto dogale, quasi ad illuminare la condotta del Principe. Le Virtù, le Arti Liberali, attività dello spirito e della mente nel corso dei mesi e delle ore del giorno e della notte soggette ai segni astrali e ai pianeti che influenzano la vita e il destino degli esseri umani, sovrastavano i due saloni, nei quali prendeva posto il Senato veneto, quasi un memento della condizione della vita. Allegorie della Sapienza, della Guerra (Marte), della Pace, del Tempo Presente, del dio Pan (simboleggiante il mondo), di tutto ciò che vi è di buono, malvagio e imponderabile, unite alla raffigurazione dello Zodiaco con l’o¬roscopo di Venezia, vergine invitta, popolavano li secondo ponte. Sul primo e sulle fiancate abitavano le divinità marine: un inno a glorificazione del mare, conquistato con quelle navi veneziane costruite dalle Arti dei Calafati e dei Marangoni, sulla cui operosità si reggeva la potenza dell’ Arsenale. La prua della nave, simboleggiava i possessi di terraferma con i principali fiumi che vi scorrono, il Po e l’Adige, domi¬nati dal saggio governo di Venezia. Il simbolo di San Marco in forma di leone andante, appare più volte nelle decorazioni, ma è qui laicizzato, non ha nulla di sacro, non è in veste di santo patro¬no, è l’emblema della potenza della città. Una costante nella lettura dei simboli del Bucintoro è l’assoluta mancanza di raffigurazioni religiose che pur erano presenti nelle navi veneziane. Iddio, i Santi che sono spesso invocati, adorati e venerati nel corso della cerimonia e dei riti che si compiòno sul Bucintoro per lo sposalizio del mare, non trovano posto nell’imbarcazione dogale. Se la preghiera per i naviganti, che invoca porti tranquilli, è rivolta a Dio durante la funzione che si celebra a bord¬o il medesimo concetto è raffigurato sul Bucintoro da una divinità pagana, Por¬tumno (che simboleggia appunto l’arrivo in porto sicuro). E manca parimenti una qualsiasi raffigurazione delle storie di Alessandro III a Venezia, da cui pure avreb¬be avuto origine l’investitura per il possesso del mare Adriatico. Il Bucintoro va letto come una bibbia pauperum ed ha lo scopo di dimostrare mondo la potenza veneziana, in un secolo in cui purtroppo essa era in rapido de¬clino; è un tempio in cui si esaltano fino all’esasperazione la storia, il mito e il culto civico di Venezia. Il naviglio dogale rappresentava, nella tradizione popolare, un elemento fiabe¬sco e mitizzato. Solamente la sua “Cate bionda Biriota” era superiore in bellezza, afferma Alessandro Caravia nel Naspo Bizaro (Venezia 1565), allo splendore del Bucintoro:
No credo che ghe sìa stele in tel cielo Né zoie in India che sia più lusente De i to oci, viseto mio belo E del restante dirò solamente Che ‘l raro al mondo Tizian col penelo Solo a retrarte sarave valente: Val più le to belezze che quant’ oro Xe in Zeca e l’Arsenal con Bucintoro
Il Bucintoro è menzionato persino in ninne nanne. Nella raccolta del Canti po¬polari del Bernoni, due lo ricordano. Nella prima, si parla di una bimba fortunata nata di maggio, mese in cui le fasce si asciugano facilmente, e di un copriletto di raso d’oro ricamato: Quel bel covertor de razo d’oro Che par el dose co’ el va al Bucintoro. Nella seconda, dolcissima, una nutrice cerca di far addormentare il bambino promettendogli tutto ciò che più di prezioso esiste a Venezia: bei vestiti, collane d’oro al collo (i preziosi manini), la Zecca, l’Arsenale e il Bucintoro; che qui vedia¬mo addirittura sposato alla Bucintoressa, considerato a guisa di un essere animato evidente ricordo del doge e della dogaressa):
Fame la nana; se ti fussi mio, Te mandaria pulito e ben vestio; Te mandaria eo i manineti al colo, La Zeca, l’Arsenal e ‘l Buçintoro: EI Buçintoro e la Buçintoressa. La mama che t’ ha fato è andata a messa; E la xe a la messa e la xe ai Tolentini, In dove che va tuti i fantolini.
IL BUCINTORO In dettaglio
Innanzitutto il suo nome. Ci sono diverse versioni sul suo appellativo: chi lo fa derivare dal Latino “Bucem taurus”, chi da altri nomi più o meno nobili o greci. Io, più prosaicamente, lo faccio derivare dal nome veneziano “burcio d’ oro”, in quanto le sue dimensioni, al nudo di tutti gli abbellimenti, sono proprio quelle di un “burcio”, ossia di una grossa imbarcazione da carico tuttora circolante nelle Lagune. Era la nave di rappresentanza ufficiale della Repubblica di Venezia, adibito a ricevere gli ospiti più illustri al loro arrivo ed allo sposalizio del mare. Gli ospiti potevano arrivare o dalla parte della laguna, ed allora si andava loro incontro o a S. Nicolò o per il Canale dell’ Orfano a Malamocco; oppure da terra: o da Fusina, se arrivavano da Padova, o dalla fossa Grimana, l’ attuale Piazza Barche, se da Treviso e dal Friuli. Allora passava attravesro il Canal Grande e sotto il Ponte di Rialto, la cui altezza era stata progettata proprio per agevolare il passaggio del Bucintoro. Queste sono le musure dell’ ultimo Bucintoro, come descritto da Emanuel Cicogna in un suo manoscritto del Museo Correr (copia di mano di Giovanni Casoni), cc. 186 r – 190 v.
BUCINTORO SETTECENTESCO
piedi veneti        metri Lunghezza                     100                 34,800 Altezza                       24                   8,351 Larghezza alla bocca          21                   7,308 Gabinetto di poppa, lunghezza 15 e 3/4             5,481 Giardini di poppa             34 e 1/2            12,006 Sporto di un pergolo nel mezzo 6                   2,088 Palmetta di prora             12 e 1/4             4,263 Remo, lunghezza               30                  10,440 Sperone superiore, lunghezza  13 e 1/2             4,698 Sperone inferiore, lunghezza  11                   3,826 Sala grande, lunghezza        65                  22,620 Tiemo (piccolo -) con sporto  24 e 1/2             8,525 Arcate interne: 8, larghe      7                   2,436 Arcata interna: 1, larga       3 e 1/2             1,218 Fori per remi e corde: 50 (42 per i remi; 8 per le corde)
Banchetto degli Arsenalotti 1 A, ms, Cicogna 33# del Museo Correr di Venezia (copia di mano di Giovanni Casoni), cc. 186 r- 190 v, Notizia A, Gelfi: Descrizione delle formalità intrinseche e minute della Festa dell’ Ascensione col Bucintoro riguardo singolarmente a quanto riferisce alli Arsenalotti e loro trattamento in Palazzo Ducale scritta dal maestro Gelfi Antonio e qui fedelmente trascritta, Parmi convenevole dar una descrizione della funzione che succedeva il giorno dell’ Ascensione del Signore che a tale oggetto era d’uopo anche del Bucintoro per apportarsi al Lido, come più dettagliatamente il leggitore conoscerà qui appiedi. Il Bucintoro stava già pronto alle rive della Piazza condottovi la vigilia dell’ Ascensione dalli Arsenalotti con li tre Ammiragli, cioè quello dell’ Arsenale, quello del Lido e Malamocco, il primo dei quali andava a situarsi nella località del giardino laterale a puppa, il secondo a prora ed il terzo finalmente si collocava a puppa vicino al timon, nella situazione dell’ultimo ci stavano tutti li Proti, sotto Proti e capi d’opera dell’ Arsenale, Posto che il Bucintoro si staccava dalle rive della Piazza, cioè nel giorno (l’ Ascensione, di mattina alle ore 9 antimeridiane, tutte le navi, galee, galiasce e bastimenti mercantili che si trovavano, facevano ala e col tiro della loro artiglierie rendevano più maestosa l’andata al Lido del sudetto. Quando attrovavasi dirimpetto all’ex Cappella dell’ Arsenale ove eravi venerata una immagine (immagine che ancora si conserva, su1la torre dell’ Arsenale a sinistra dell’antico ingresso marittimo in un piccolo capitello od altarino) i remiganti la salutavano al modo che si praticava nelle galere. Frattanto Monsìgnor Patriarca se ne stava nell’isola di S. Elena nella quale era il monastero dì Monaci Olivetani ad attender il passaggio del Bucintoro. Veniva trattato egli da quei padri con una veramente religiosa collazione di castagne ed acqua, antico inalterabile costume che sempre si è operato. Dopo la sopressione di quei Padri subentrò alli suddetti la professione dei Ped [ …] d’Istria. Quando accostavasi il Bucintoro, il Patriarca col seguito dei Canonici e Clero della cattedrale di S. Pietro apparato pontificalmente, entrava in un piatton dorato, come egualmente gli altri e si trasferiva ad incontrarlo: pervenuto al fianco del Bucintoro, benediva un mastello d’acqua la quale di poi veniva versata nel mare. (Viene qui dimostrata ancora una volta la netta separazione che usava la Signoria tra Chiesa e Stato: nel Bucintoro prendeva parte solo il “Primicerio”, ossia l’ Ecclesiasta preposto alla chiesa di S. Marco che, va ricordato, era la Cappella “Palatina” ossia la cgiesa privata del Doge e della Signoria; nel mentre il Patriarca seguiva la Nave di Stato in una sua imbarcazione a parte: a fianco della barchetta del Doge dei Nicolotti che il Bucintoro trainava…) Uscito che era il Bucintoro dal Porto del Lido si appriva lo schenale della ducal sedia, dove il doge gettava nell’acqua un anello d’oro (questo doveva esser tale, ma di fatto per lo più era metallo) esprimendo queste parole: “Desponsamus te mare in signum perpetui dominij”.
Eseguita la funzione con li descritti metodi tornava al Lido, dove il Principe con tutto il seguito, scendeva alla chiesa di S. Nicolò (era questa uffiziata dalli monaci cassinensi) e alla lor soppressione supplì un arciprete delle 9 congregazioni: era destinato per turno. Ivi v’assisteva alla messa sollenemente cantata in pontificale e terminata che era ascendeva con tutto l’accompagnamento nel Bucintoro il quale ritornava a S. Marco d’onde partì. Tutti dippoi restavano trattenuti ad un real convitto. Questa la memoria di quanto era consueto di somministrare S. Serenità al n. di 100 graduati ministri dell’ Arsenale con li 3 Ammiragli nel Banchetto il giorno sudetto ancorche non fosse fatta la funzione in quel giorno a cagione degli antichi istituti, cioè che fosse calma e ciel sereno, caso diverso non aveva effetto la gita al Lido. In primo luogo si noti che delli numero 100 proposti convitati erano apposti in 10 tavole, che tali appunto erano ancor questi di tal numero, compresa ancor quella degli Ammiragli e Proti, tutti generalmente avevano le stesse posade, con la sola differenza che nella tavola degli Ammiragli e Proti erano serviti in posade d’argento, e le altre tavole con posade cioé cucchiaio d’ottone, cortello e pirone di ferro e queste poi restavano in proprietà dei 90 ministri e quelle d’argento venivano restituite.
Qualità, quantità e porzione del convitto.
PER ANTIPASTO 1 piatto di fette di Pan di Spagna -una fetta cadauno 1 piatto di Savoiardi 1 piatto di Raffioli 1 piatto di Sfogiade 1 cao di latte – la decima parte 1 piatto di narance garbe – una per cadauno 1 piatto di osso collo – uno per cadauno 1 piatto di cedro – la decima parte 1 piatto di celeni – uno per cadauno 1 piatto di lingua salata – la decima parte
PER PASTO 1 piatto grande di trippe di vitello per minestra – la decima parte per cadauno 1 piatto di fette di figà – una fetta per cadauno 1 piatto – due polpettoni – la decima parte per cadauno 1/4 di vitello allesso – la decima parte per cada uno 1 piatto con tre pollastre allesse – 1/4 per cadauno 1 piatto con 10 colombini rosti – uno per cadauno 1/4 di vitello arrosto – la decima parte per cadauno 1 capretto intiero – la decima parte per cadauno 1 piatto di dindiotti rosti – 1/2 per cadauno
DOPO PASTO 1 piatto di rosada – la decima parte per cadauno 1 piatto di puina – la decima parte per cada uno 1 piatto di pomi – la decima parte per cadauno 1 piatto di sparesi – la decima parte per cada uno 1 piatto di fenocchi – la decima parte per cada uno 1 piatto di artichiocchi – la decima parte per cadauno 1 piatto di straccaganaccie – la decima parte per cadauno 1 piatto di susini – la decima parte per cada uno 1 piatto con un tortion – la decima parte per cadauno 1 piatto con torta sfogiada – la decima parte per cada uno 1 piatto con due formagelle – la decima parte per cadauno 1 piatto con 10 scatole di confetti – una per cadaun 1 piatto con 10 stelle di marzapan – una per cadaun 1 piatto con fiaschetti di moscato – la decima parte 2 panni bianchi per cada un uno bianco e nero a disposizione di tutti li convitati che componevano le 10 tavole e quelli che componevano le 90 persone erano padroni d’appropriarsi della sua posada, ed anco una bassa da tavola di vetro e il suo sotto e li piatti di terra per cadauno. Terminato il pranzo gli Ammiragli si mettevano in vesta e venivano levati dal -calco e condotti al Serenissimo che era a Banchetto, ancor essi in pubblica figura. Sua Serenità facevagli delle ricerche relativamente al pranzo, cioè se erano stati ben serviti e se vi fosse stata trascurata qualche cosa giusto l’antico istituto: questi ri¬spondevano di no, poi li premuniva per l’anno venturo e li licenziava. Questi si portavano di nuovo nella sala ove erano partiti a far nota alli ministri quanto aveva lor detto sua Serenità e davano il congedo a tutti.
N.B. Che nella giornata surifferita la mattina prima di partire dall’Arsenale, si andava in gran numero a prendere il caffè dalli due Padroni dell’ Arsenale, dalli quali eravamo trattati con bussolai, acqua di limone e naranza, con caffè preceden¬temente  si era andati già dall’ Amiraglio che v’era soltanto caffè e bussoladi, partiti  unitamente ambidue li Padroni s’andava in chiesa di S. Martino alla messa, poi con lo stesso seguito andavamo per la parte interna (cioè per S. Antonin, li Greci, S. Provolo etc.) a S. Marco a fare il complimento a Sua Serenità che ci stava attendendo alla sua camera in Palazzo Ducale, ordinando che si desse la merenda ti che consisteva in pane, formaggio e vino. Scrissi con tutta esattezza questa notoria funzione perché io mi trovai testimo¬ne qual ministro dell’Arsenale ed in conseguenza avendo diritto di trovar¬mi in tutti i luoghi descritti, così ho potuto con piena esattezza rendere soddisfatto, il mio benevolo leggitore al quale auguro perfetta salute di vero cuore.
Scritta da Antonio Gelfi, antico maestro dei Calafai, anni ultimi del secolo XVIII.
[a.c. 144 dello stesso manoscritto si legge (di mano del Casoni): “Antonio Gelfi maestro calafato dell’Arsenale morto a Venezia il 10 agosto 1829].

2012.03.29 – FRIULI, QUELLI CHE VOGLIONO L’INDIPENDENZA SUBITO

tratto da un articolo de L'INDIPENDENZA.COM clicca qui
 
Scorre sangue giovane nelle vene del movimento autonomista friulano.
Anime differenti, ma con un obiettivo comune: la difesa e la tutela della “Piccola Patria”. Dietro i padri nobili, da Tessitori a D’Aronco, da Schiavi a Baracetti, da pre Checo Placereani fino a Silvano Pagani, purtroppo appena scomparso, c’è una nidiata di trentenni e quarantenni che ne ha raccolto il testimone.
E che ha idee chiare e voglia di fare.
«I grandi vecchi dell’autonomismo friulano avevano visto lontano – spiega William Cisilino, di Pantianicco di Mereto di Tomba, 37 anni, direttore dell’Agenzia regionale per la lingua friulana -.
Il senatore e ministro Tiziano Tessitori fu il primo a premere per lo Statuto speciale in questa regione, ma all’epoca i partiti erano tutti contrari.
Così è avvenuto per la nascita dell’Università del Friuli, osteggiata dall’establishment dei partiti, ma fortemente voluta dalla base degli autonomisti, da D’Aronco in giù.
Ecco, io penso che se i politici di oggi ascoltassero un po’ di più le istanze degli autonomisti, beh si eviterebbero certi errori. Personalmente ho cominciato a frequentare questo mondo a vent’anni.
In casa non c’era una specifica tradizione, ma abbiamo sempre parlato in marilenghe in modo spontaneo.
Per la mia formazione è stato fondamentale il fatto di aver conosciuto don Claudio Bevilacqua (ora parroco a Tarvisio, ndr), che mi ha fatto apprezzare i suoi scritti, e poi le idee di un fine intellettuale come Angelo Pittana.
L’autonomismo moderno credo che non debba essere vincolato al 100% con l’appartenenza al Friuli storico.
Un friulanista convinto può essere anche “venetofono”, qui l’importante è intendersi sul senso culturale.
E cioè essere d’accordo che le decisioni politiche, penso all’acqua, al destino dell’università, all’energia, alla terza corsia dell’A4, debbano essere prese qui, sul territorio, e non a Trieste, Roma, Milano o Bruxelles.
Così sarebbe più facile “controllare” gli amministratori».
«La nostra è una tradizione vissuta intimamente e non ostentata – racconta Feliciano Medeot, 36 anni, di San Lorenzo Isontino, direttore della Società Filologica friulana e radici, fin da ragazzo, nel mondo folkloristico locale -, direi quasi una derivazione asburgica.
Friulani oggi?
E’ avere a cuore da dove si viene per capire dove si può e si vuole andare.
Il nostro bagaglio culturale e identitario è forte, alla luce di quanto è accaduto nelle nostre terre nel Novecento.
Sui problemi concreti fare massa critica è fondamentale, quindi ben venga la collaborazione e il confronto con tutte le anime del movimento, perchè è necessario essere uniti per salvaguardare i diritti. Auspico che da ora in avanti si coniughi l’intellighenzia con l’azione.
Il mio modello di riferimento è Gianfranco D’Aronco, un vero precursore per tante battaglie».
«Nell’epoca della globalizzazione – dice Monica Tallone, classe 1964, udinese di origine ma carnica di adozione, vice presidente della Filologica proprio per la Carnia – noi autonomisti siamo portatori di una diversità che è ricchezza.
I padri nobili del nostro movimento ci hanno dato la consapevolezza dell’appartenenza, in una terra dove si mescolano e incrociano le tre grandi civiltà europee, latina, germanica e slava.
Se uno non sa da dove viene, difficilmente riuscirà a trovare la strada giusta, la soluzione ai problemi.
E proprio sul fronte della lingua, credo che abbiamo seminato abbastanza: adesso, anche tra i ragazzi, è normale parlare in friulano».
«Autodeterminazione del popolo friulano».
Questo il leit motiv del “Front Furlan”, 300 iscritti tra sostenitori e militanti, l’ala radicale della galassia autonomista.
«Il nostro ultimo congresso – spiega il portavoce Federico Simeoni, 39 anni – ha portato all’estremo le istanze nelle quali crediamo, fino all’indipendentismo.
I modelli a cui ci ispiriamo sono la Scozia e la Catalogna, non certo gli spot della Lega, che in 20 anni non ha combinato niente.
Puntiamo a una gestione completa del potere in loco, nessuna delega allo Stato centrale.
Noi, come movimento, siamo nati nel 2006, siamo radicati in provincia di Udine, ma ora ci allarghiamo verso Pordenone.
Il nostro punto di riferimento, nel passato, è sempre stato il vecchio, caro, Movimento Friuli, con una figura su tutte, quella di Fausto Schiavi.
Abbiamo sempre avuto una grande ammirazione anche per Silvano Pagani, è stato un uomo molto coraggioso in anni in cui certe scelte di campo costavano care a chi le faceva.
Lui e quelli come lui hanno seminato tantissimo.
Adesso tocca a noi portare avanti quel grande lavoro».
 
 
FONTE ORIGINALE: 

2012.03.24 – IMPENDITORE IN CRISI, I CARABINIERI GLI SEQUESTRANO L’AUTO E LUI SI UCCIDE.

tratto da: qui
 
Mercoledì 21 Marzo 2012 – 10:18
BELLUNO
Un altro imprenditore 'strozzato' da crediti e debiti, che non ha trovato altra via d'uscita che impiccarsi ieri sera in una baracca vicino alla sua abitazione, mentre i familiari lo attendevano per la cena.
Come quelle di altri imprenditori, la sua azienda stava andando male e la fortuna non ha certo aiutato Giampietro Benvegnù, di 53enne.
A raccontare la sua tragica storia è il Gazzettino nella sua versione on-line.
Quello che è accaduto lunedì, poco prima delle 20, sembra proprio essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Benvegnù, finito di lavorare nella sua impresa edile a Rosolin di Sospirolo, la B.G. & C. Snc, con sede sotto casa, dove lavorava con la famiglia e due o tre dipendenti, facendo lavori edili e vendendo materiale per l’edilizia, ha preso l’auto per andare fino al bar del Mis per giocare a carte con gli amici, come era sua consuetudine.
Da un anno l’uomo non aveva la patente di guida, che gli era stata ritirata dai carabinieri quando era stato fermato per un controllo nel quale aveva rifiutato di sottoporsi al test dell’etilometro.
Da allora non guidava più e, nonostante i disagi sul lavoro e per l’azienda, si faceva accompagnare ovunque con la macchina e con il camion.
L’altra sera Benvegnù avrebbe dovuto percorrere una manciata di chilometri in una strada fuori mano, a Sospirolo, giusto per arrivare al bar, fare due mani a carte con gli amici, bere un rosso e tornare a casa per cenare con la famiglia.
Sulla via del ritorno però ha trovato i carabinieri che lo hanno fermato.
«Un normale controllo» dicono dall’Arma.
«Una persecuzione» secondo amici e familiari.
Lo trovano senza patente, sottopongono l’auto al fermo amministrativo. Scatta la denuncia penale.
Benvegnù pensa a che cosa avrebbe significato per lui, per la sua azienda.
Alle difficoltà ad accedere agli appalti pubblici con il certificato penale sporco.
Niente più gare d’appalto.
Forse è proprio in quel momento che ha cominciato un po’ a morire. Intanto, vista l’auto dei carabinieri, sono arrivati i familiari a perorare la causa del congiunto, a scongiurare la denuncia.
Ma non c’è stato niente da fare.
La legge è legge, ed è uguale per tutti.
Chi c’era racconta che Benvegnù appariva come assente, distaccato. Forse aveva già maturato la sua tragica decisione.
Non si è arrabbiato, non ha reagito.
Si è incamminato a piedi verso casa e mentre la moglie cucinava si è tolto la vita.
«È stato accerchiato dalle istituzioni, se non lo avessero perseguitato Giampietro oggi sarebbe ancora con noi» dice con voce rotta dall’emozione Giordano Dal Pont, suo amico prima ancora che commercialista dell’impresa.
 
 
I Carabineri avrebbero detto ai familiari: "la legge è uguale per tutti".
Certo diciamo noi… quindi è uguale anche per voi.
Allora alzate i tacchi e fate dietro-front,  fuori dai territori della Repubblica Veneta perchè come servitori di uno stato canaglia qual'è l'italia che occupa illegalmente e illecitamente la nostra Patria, la vostra stessa istituzione si rende complice di questo crimine internazionale che reiteratamente anche l'arma dei carabinieri sta perpetuando sui nostri territori.
Ricordiamo ai cittadini Veneti che lo stato straniero occupante italiano no ha alcuna giurisdizione sui territori della Repubblica Veneta, la nostra Patria che non ha mai cessato di esistere.
Lo stato italiano è stato denunciato all'ONU da questo MLNV  per l'occupazione, la dominazione e lo colonizzazione della nostra Patria.
Le autorità straniere italiane, pur sapendolo, agiscono nonostante il DIFETTO ASSOLUTO DI COMPETENZA e l’INCOMPETENZA ASSOLUTA per materia e per territorio.
Tutte le autorità straniere italiane agiscono in  DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE nei Territori della Repubblica Veneta.
Questo cittadino Veneto e ogni altro cittadino Veneto hanno per diritto internazionale la facoltà di disconoscere ogni provvedimento e l'autorità stessa delle istituzioni straniere italiane, che sono anche gia state diffidate a procedere in qualsivoglia maniera contro Cittadini del Popolo Veneto incorrendo nella violazione dell'Ultimatum di questo MLNV notificato allo stato italiano in data 14/12/2010.
E' pertanto nullo ogni provvedimento anche di natura giudiziaria e/o amministrativa posta in essere contro qualsiasi Cittadino del Popolo Veneto.
Questo messaggio non intende giustificare o avvalorare alcuna mancanza di rispetto contro le forze dell'ordine; questo messaggio è una rivendicazione giuridica del diritto di autodeterminazione prevista per legge dalle norme del diritto internazionale (patti di New York del 1966) ratificati anche dall'italia con legge 881/77.
Su la testa Popolo Veneto… diciamo "ITALIA… NO,GRAZIE!"
Sergio Bortotto Presidente del MLNV.
 
 

2012.03.24 – BLOCCA I LADRI CHE ENTRANO IN CASA SUA: DENUNCIATO PER SEQUESTRO DI PERSONA.

 
 
tratto da: qui
 
Venerdì 23 Marzo 2012 – 18:22 VENEZIA

Con grande coraggio ha bloccato i ladri che stavano per entrargli in casa, poi è stato denunciato per sequestro di persona.
È quanto accaduto nei giorni scorsi a uno jesolano di 40 anni.
L'uomo abitata a Jesolo Paese e in una notte della scorsa settimana è stato svegliato di soprassalto dall'abbaiare dei suoi due cani.
Uscito di casa in tutta fretta, ha sorpreso i due ladri, due cittadini albanesi, all'interno del suo giardino.
I due alla vista dell'uomo hanno cercato di darsi alla fuga, ma non hanno fatto i conti con il suo sangue freddo: senza nessun timore e grazie alla sua possente mole, il 40enne è riuscito infatti a bloccare i due ladri fino all'arrivo delle forze dell'ordine.
Un terzo, che aspettava i due complici a bordo di un'auto, è riuscito a scappare.
LA STORIA «Erano le 4 – racconta l'uomo – a svegliarmi sono stati i cani che abbaiavano con insistenza.
Sono uscito in giardino e ho trovato queste due persone.
Hanno cercato di scappare, ma sono riuscito a bloccarle, dando l'allarme alle forze dell'ordine.
Purtroppo ho ricevuto una bella sorpresa: una loro denuncia per sequestro di persona». U
n strascico giudiziario inaspettato per il 40enne jesolano, che ora chiede una maggiore tutela.
«Onestamente non so davvero cosa pensare: queste persone sono entrate nel giardino per entrare dentro in casa mia.
Ho dato l'allarme e ho cercato di tenerli fermi per assicurarli alla giustizia.
Penso di essermi comportato come avrebbe fatto chiunque nella stessa situazione.
Credo che ai cittadini servano maggiori tutele».
 
 
Ricordiamo ai cittadini Veneti che lo stato straniero occupante italiano no ha alcuna giurisdizione sui territori della Repubblica Veneta, la nostra Patria che non ha mai cessato di esistere.
Lo stato italiano è stato denunciato all'ONU da questo MLNV  per l'occupazione, la dominazione e lo colonizzazione della nostra Patria.
Le autorità straniere italiane, pur sapendolo, agiscono nonostante il DIFETTO ASSOLUTO DI COMPETENZA e l’INCOMPETENZA ASSOLUTA per materia e per territorio.
Tutte le autorità straniere italiane agiscono in  DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE nei Territori della Repubblica Veneta.
Questo cittadino Veneto e ogni altro cittadino Veneto hanno per diritto internazionale la facoltà di disconoscere ogni provvedimento e l'autorità stessa delle istituzioni straniere italiane, che sono anche gia state diffidate a procedere in qualsivoglia maniera contro Cittadini del Popolo Veneto incorrendo nella violazione dell'Ultimatum di questo MLNV notificato allo stato italiano in data 14/12/2010.
E' pertanto nullo ogni provvedimento anche di natura giudiziaria e/o amministrativa posta in essere contro qualsiasi Cittadino del Popolo Veneto.
Questo messaggio non intende giustificare o avvalorare alcuna mancanza di rispetto contro le forze dell'ordine; questo messaggio è una rivendicazione giuridica del diritto di autodeterminazione prevista per legge dalle norme del diritto internazionale (patti di New York del 1966) ratificati anche dall'italia con legge 881/77.
Su la testa Popolo Veneto… diciamo "ITALIA… NO,GRAZIE!"
Sergio Bortotto Presidente del MLNV.

2012.03.18 – MA CONTRO CHI COMBATTIAMO ??? IL DOVERE DI APRIRE GLI OCCHI PER NON SOCCOMBERE.


Poteri forti,

poteri deviati,
sette sataniche,
nuovo ordine mondiale …

2° Convegno sui Poteri Forti curato dall'Assoc. Realtà Allo Specchio il 18 marzo 2012 a Resana (Tv) con quattro relatori :

Giuseppe Bisetto (I Movimenti religiosi alternativi:una nuova cultura?),
Paolo Franceschetti ,avvocato (Sètte sataniche e organizzazioni criminali),
Paolo Ferraro,magistrato di Cassazione (Il Braccio politico-sociale delle Massonerie deviate),
Marco Pizzuti (Il New World Order è alle porte,possiamo fermarlo?)

 

2012.02.27 – KENNEDY PRIMA DI ESSERE UCCISO CI AVEVA AVVISATI SULLE SOCIETA’ SEGRETE E SULLE BANCHE


Ecco un altro video su Youtube che divide le opinioni:

Il video:
Informatevi!!!
Ecco come siamo diventati schiavi delle banche centrali internazionali
 
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NOI DICIAMO NO AL NUOVO ORDINE MONDIALE.
ma le opinioni discordanti le trovate sui commenti presenti su Youtube
 

2012.02.25 – ORE 15.00 – BOSCOLO HOTEL – VIALE VERONA 12 – VICENZA – VI

25 FEBBRAIO 2012 ORE 15.00
presso il Boscolo Hotel de la Ville sito in Viale Verona 12 a Vicenza: riunione aperta a tutti i responsabili ed i delegati dei movimenti venetisti attivi nel territorio che hanno come obiettivo l’Indipendenza della nostra Patria e la libertà del Popolo Veneto.
La riunione è comunque aperta anche ai cittadini del Popolo Veneto e a quanti intendano aderire alla comune iniziativa.
(cell. 347-5710738) dott. Gabriele Perucca coordinamento@mlnv.org

2012.02.23 – NUOVO ORDINE MONDIALE… LO STATO DI POLIZIA E’ ALLE PORTE ?

 
tratto da: DEMOCRATIC BLOG
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
articolo 2 (Diritto alla vita) comma 2:
La morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario …  per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.
— 
Mentre la situazione economica internazionale sta rapidamente precipitando, avvengono quasi di sfuggita sullo sfondo dei movimenti assai curiosi, che visti in una prospettiva più ampia assumono una connotazione leggermente preoccupante.Nel 2008 vi fu una accesa polemica in Italia per la decisione del governo di schierare per le strade delle città un numero cospicuo di militari, per la precisione 2500 fanti dell'Esercito destinati a compiti di sicurezza e di ordine pubblico.
Una assoluta novità nella storia dell’Italia repubblicana, ed una misura che ricordava troppo da vicino usanze più congeniali a regimi dittatoriali.
Ma per quale motivo?
Quasi sicuramente una decisione che aveva uno scopo pratico, ovvero il testare la reazione popolare di fronte ad un provvedimento tipico di uno stato in cui vige la legge marziale.
Nello stesso modo, il governo tedesco aveva proposto di modificare la costituzione per permettere un dispiegamento dell’esercito all'interno dei confini nazionali.
La spiegazione ufficiale di questa manovra è la necessità di “combattere il terrorismo”.
Una scusa ovviamente risibile, dal momento che le vittime per il terrorismo sul suolo tedesco negli ultimi anni sono pari a quelle causate da caduta di dischi volanti.
Lo stesso provvedimento è stato preso negli Stati Uniti, dove dal 1° Ottobre 2008 è stata dispiegata sul suolo nazionale una brigata di fanteria, una brigata di combattimento attivo in precedenza di stanza in Iraq.
Ancora una volta, si tratta di una misura inconsueta, un fatto mai verificatosi in precedenza.
Sempre negli Stati Uniti, si ricorderà come l’amministrazione Bush si sia a lungo impegnata negli ultimi anni nella costruzione di numerosi campi di detenzione per civili.
Se ne contano più di 800 sparsi su tutto il territorio americano, pronti all’uso e al momento del tutto vuoti.
Ma pronti per chi?
Se facciamo ancora un passo indietro, vi è un altro indizio che suggerisce un determinato scenario.
Torniamo in Europa, e riprendiamo in mano il famigerato Trattato di Lisbona, ovvero la nuova costituzione dell’entità orwelliana che risponde al nome di Unione Europea.
Un trattato sempre rigettato dai cittadini nelle sue varie forme, ma che finirà solennemente ratificato all’unanimità nelle oscure sale dei vari parlamenti europei.
Il Trattato di Lisbona è stato compilato in modo volutamente confusionale, con una sequenza di continui rimandi e aggiunte a documenti precedentemente redatti, come il Trattato sull’Unione Europea (TUE), la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
L’articolo Articolo 52, paragrafo 3 del Trattato di Lisbona così recita:
3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (detta CEDU), il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione.
Ciò implica che la CEDU sia parte costituente del Trattato.
Ed arrivando al dunque, vediamo cosa dice questa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali , all’articolo Articolo 2 – Diritto alla vita:
1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge.
Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il delitto è punito dalla legge con tale pena.
2. La morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario:
1. per assicurare la difesa di ogni persona dalla violenza illegale;
2. per eseguire un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona regolarmente detenuta;
3. per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.
Ecco quindi che secondo il Trattato di Lisbona, diviene lecito privare della vita un cittadino quando il ricorso alla forza da parte dello stato si rende assolutamente necessario, come ad esempio nel caso di una “sommossa”.
 
Una aggiunta curiosa, questa dei padri costituenti.
Quando mai si è vista nell'Europa contemporanea, placida e pacifica, una insurrezione popolare tale da giustificare un intervento armato da parte delle forze dell'ordine?
Perchè si sente ora la necessità di autorizzare queste forze dell'ordine ad agire in tal senso?
Facendo quindi un breve riepilogo di tutti questi elementi inizia a delinearsi un quadro dai tratti alquanto foschi.
La crisi economica che stiamo vivendo è assai grave, e la sua portata non è stata ancora sperimentata.
La crisi ad oggi ha travolto le strutture finanziarie, e per la maggioranza dei cittadini pare avere solamente un carattere numerico, cifre che ci vengono dispiegate dai telegiornali e che non siamo nemmeno in grado di quantificare.
Quando la debolezza del sistema finanziario farà sentire i suoi effetti sull’economia reale, allora anche il singolo cittadino conoscerà in prima persona il significato di questa depressione.
Gli indebitati non saranno più in grado di ripagare i propri debiti, il blocco del credito implicherà un grosso calo nella produzione con conseguenti fallimenti e licenziamenti su grande scala.
Il periodo delle vacche grasse per l’Occidente è finito, un periodo di prosperità iniziato nel dopoguerra e che era fondato essenzialmente sul debito, in maniera via via più marcata.
Questo è il momento in cui quei debiti si pagano, e occorrerà farsene una ragione.
E l’elite del potere tali scenari li aveva già previsti da tempo, dal momento che ha le idee un po’ più chiare degli economisti della domenica che affollano i media e che ancora non hanno idea del perché tutto questo stia succedendo.
Una grande crisi economica, le conseguenti rivolte popolari, una serie di provvedimenti atti a fronteggiare al meglio tali “sommosse”, con tanto di eserciti schierati per le strade, autorizzati a sparare sulle folle e con tanti campi di concentramento già allestiti, per i “dissidenti”.
Ed alla fine del temporale, come un Deus ex Machina calerà dall’alto la definizione di un Nuovo Ordine, di cui tutti sapranno ormai accettare la necessità.

2012.02.23 – LA VISITA DEL PRESIDENTE ITALIANO NAPOLITANO ALLA NAZIONE SARDA

  
La politica grata a Napolitano: “Custode dei diritti dei sardi”
 
La politica grata a Napolitano:
 
Napolitano durante la visita in Sardegna
Le promesse non sono mai mancate, da queste parti.
Sono i fatti che lasciano a desiderare.
Quindi sarebbe comprensibile, da parte della politica regionale, una sana diffidenza verso gli impegni assunti da Giorgio Napolitano in Sardegna.
Invece, dopo la visita del capo dello Stato, i vertici istituzionali appaiono decisamente più fiduciosi di prima.
I commenti del governatore Ugo Cappellacci e del sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, lo confermano: la sensazione è che il presidente della Repubblica non vorrà apparire come quelli (da lui stesso criticati) che in passato hanno parlato a vanvera
Anzi, secondo Cappellacci il Quirinale sarà ancor più un «saldo riferimento».
Il governatore lo scrive in una lettera di ringraziamento inviata ieri all’illustre ospite: «Lei signor presidente – vi si legge – appare ormai agli occhi dei sardi come il massimo garante dei nostri diritti e degli impegni presi con l’Isola dal precedente e dall’attuale governo». 
tratto da: Facebook
 
 
Foto di Giuseppe Biasi
Napolitano tornatene in Italia……
Il presidente dello stato italiano è stato accolto a sassari al grido di “buffone buffone, non ti vogliamo”, “servo dele banche”….
Resterà la visita delle proteste, dei cori ingiuriosi, delle contestazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non dimenticherà molto facilmente l’accoglienza che una parte della Sardegna gli ha riservato nella sua due giorni nell’isola. I giornali nazionali se ne sono accorti, ed è una notizia. Perché il tabù è stato violato. La figura del Capo dello Stato finora era sempre rimasta immune da contestazioni, oppure erano state ben celate dalla potentissima macchina del Quirinale. Stavolta no, stavolta non è stato possibile.
E che Napolitano temesse le contestazioni lo si capisce facilmente analizzando, a mente fredda, tre episodi avvenuti nel corso della sua giornata cagliaritana. Uno più inverosimile dell’altro.
Il primo ce lo racconta Sardegna Quotidiano di ieri. In un pezzo uscito a pagina 2 e dal titolo “La strana caccia al sulcitano”, il giornale ci informa che
“Dopo il blocco del corteo non autorizzato partito da piazzale Trento, alcuni manifestanti hanno cercato di raggiungere il Municipio (dove si trovava Napolitano, ndr) in pullman. Inutile: sono stati fermati da agenti della polizia saliti a bordo dei mezzi di linea e invitati a scendere, nonostante avessero in mano il biglietto”.
Gli agenti hanno chiesto i documenti a tutti i passeggeri per identificare chi veniva dal Sulcis. Scrive Sardegna Quotidiano:
“Giampaolo Muntoni, Giuliano Marongiu e Simona Pastorini sono indignati. “Ci hanno chiesto da dove venivamo e gli abbiamo risposto: Da Carbonia. A quel punto ci hanno fatto andare giù dall’autobus”.
Il secondo episodio ce lo racconta il sito Democrazia Oggi, che in un post di Andrea Pubusa dal titolo Presidente, anch’io sono “inkazzato”! si chiede
“Perché è stato soppresso il treno che da Carbonia-Villamassargia-Domusnovas e Siliqua porta a Cagliari? Perché è stata violata la fondamentale libertà di circolazione sancita dall’art. 16 della Costituzione? E con essa altri diritti costituzionali come la libertà di riunione e di manifestazione del pensiero? E tutto questo proprio davanti al Presidente della Repubblica che di queste libertà è il primo custode e garante. Si vuole mettere la mordacchia ad un’intera zona, la più povera d’Italia? Si vuol far tacere un’intera Isola?”.
Il motivo della soppressione del treno è semplice: anche in questo caso, si voleva evitare che dal Sulcis arrivassero centinaia di persone a contestare Napolitano, in quanto rappresentante dello Stato italiano.
Ma l’ultimo episodio è sicuramente il più paradossale. I giornali hanno evitato di approfondirlo, è proprio il caso di dirlo, per carità di patria. Lunedì mattina il presidente ha partecipato al Teatro Lirico ad un incontro sulla Sardegna e i 150  anni dell’Unità d’Italia. In programma era prevista anche l’esecuzione dell’Inno di Mameli. Ma proprio lunedì l’Unione Sarda ci informa che “l’esecuzione dell’Inno di Mameli da parte del coro e dell’Orchestra del Teatro Lirico è saltato per motivi di sicurezza”.
Sì, avete capito bene: “motivi di sicurezza”. La versione ufficiale dice che sarebbe stato difficile gestire l’entrata e l’uscita del coro e dell’orchestra in teatro, che più di cento persone sarebbero dovute restare dietro le quinte per troppo tempo, e via cavillando. La verità “più” ufficiale è invece un’altra: pochi giorni prima della visita di Napolitano, il Quirinale ha preteso che le autorità politiche isolane garantissero che nessuno tra gli orchestrali e i cantanti avrebbe approfittato della situazione per protestare contro i tagli alla cultura e per spiegare in quale difficile situazione versi oggi il Teatro Lirico di Cagliari.
Ma questa garanzia ovviamente nessuno l’ha potuta dare, e così il Quirinale ha preferito fare a meno dell’Inno di Mameli! Straordinario, no?
L’inno ovviamente è stato eseguito regolarmente il giorno dopo a Sassari. Dove però non c’è una fondazione lirica, e quindi nessuno aveva niente da ridire sui tagli alla cultura da parte del governo.
Napolitano si è sorpreso delle contestazioni. Ha risposto a chi lo ha fischiato sia a Cagliari che a Sassari, affermando che lui non è il “rappresentante delle banche” (quello è Monti…) e che “non si contesta con grida futili”.
Sarà anche così. Ma che un Presidente della Repubblica arrivasse a temere un coro, un’orchestra e addirittura l’Inno di Mameli dà l’idea di quanto oggi la politica italiana sia terrorizzata dalle contestazioni, di quanto sia necessario continuare a far credere agli italiani che va tutto bene e che la situazione è sotto controllo. Anche a costo di bloccare treni, pullman e impedire l’esecuzione dell’inno nazionale. Manco fossimo nella Sudamerica degli anni ’70.

2012.01.23 – PROSTITUZIONE DI STATO O STATO DI PROSTITUZIONE?


Lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione è un crimine, un delitto contro la persona.
Sotto il profilo etico, morale e giuridico, non può essere condivisa l'induzione, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione.
Ogni relazione di natura sessuale, determinatasi liberamente fra persone mature e consenzienti, non può che conformarsi al reciproco rispetto per il diritto alla dignità, alla reputazione personale, all'igiene e alla salute nonché alla sicurezza individuale.
In nessun caso, la prostituzione in tutte le sue forme e manifestazioni, deve costituire limitazione ai diritti individuali e collettivi  relativi al contesto ambientale e sociale in cui viene ad esercitarsi.
Questa è la ferma posizione del MLNV. 

Fenomeno o piaga sociale che sia la prostituzione è una realtà che ci accompagna ovunque nel mondo… da sempre.

 

Ciò che è peggio però è lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione, la condizione di schiavitù di persone umane lasciate in balia di aguzzini e organizzazioni criminali che lucrano di questo mercato.
Ogni giorno nelle strade d'italia la "macelleria umana" espone impunemente la propria merce, ne vende la carne e ne trae il profitto.
Impedire la prostituzione è probabilmente impraticabile per uno stato.
Impedire che il crimine ne tragga profitto questo invece è fattibile e dovrebbe essere un dovere per lo stato.
Legittimare la prostituzione e organizzarne il settore significa prima di tutto impedire che i proventi alimentino il crimine.
Se è poi legalizzata perchè non dovrebbe essere altrettanto equamente tassata???

Con il termine prostituzione si indica l'attività di chi offre prestazioni sessuali, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro. L'attività, fornita da persone di qualsiasi orientamento sessuale, può avere carattere autonomo, professionale, abituale o saltuario.
Strettamente legato alla prostituzione è il suo sfruttamento, o lenocinio, praticato per trarre profitto dall'attività di chi offre il servizio, da parte di persone che generalmente si presentano come protettori, o "lenoni". 
Inoltre vi sono altre figure legate al fenomeno della prostituzione per cui può configurarsi, al posto dello sfruttamento vero e proprio, il reato di favoreggiamento.
La prostituzione nel mondo è regolamentata giuridicamente in modo estremamente variegato: passando da società che contemplano una legalizzazione completa, ad altre che ne reprimono lo svolgimento per mezzo della pena di morte.

La parola "prostituzione" deriva dal verbo latino prostituĕre (pro, "davanti", e statuere, "porre"), e indica la situazione della persona (in genere schiava) che non "si" prostituisce, ma che, come una merce, viene "posta (in vendita) davanti" alla bottega del suo padrone. Questa origine richiama quindi la condizione storicamente più abituale della prostituta, la quale non esercita autonomamente la sua professione, ma vi è in qualche modo indotta da soggetti che ne sfruttano il lavoro traendone un proprio guadagno (c.d. "protettori").
L'uso del termine non è univoco e a seconda del Paese, del periodo storico o del contesto socio-culturale può includere qualsiasi atto sessuale e qualsiasi tipo di compenso (anche non in denaro) o indicare coloro che svolgono atti sessuali fuori dal matrimonio, o uno stile di vita simile a coloro che offrono le prestazioni o chi intrattiene atti sessuali disapprovati. 
Può indicare anche un comportamento zelante più del dovuto nei confronti di un superiore, finalizzato all'ottenimento di gratifiche lavorative o economiche.
Niccolò Tommaseo fissò una distinzione fra meretrice e prostituta: 
la prima guadagna del corpo suo e qui l'illustre linguista richiama il termine latino mereo
mentre prostituta è legata a prostat cioè colei che per guadagno o per libidine, si mette in mostra, e provoca a sozzure.

 


IN ITALIA

 

È con un decreto del 1859, voluto da Camillo Benso conte di Cavour per favorire l'esercito francese che appoggiava i piemontesi contro l'Austria, che si autorizza l'apertura di case controllate dallo Stato per l'esercizio della prostituzione in Lombardia. 
Il 15 febbraio 1860 il decreto fu trasformato in legge con l'emanazione del "Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione".
Nascono le cosiddette "case di tolleranza", perché tollerate dallo Stato. 
Ne esistono di tre categorie: prima, seconda e terza. 
La legge fissava le tariffe, dalle 5 lire per le case di lusso alle 2 lire per quelle popolari, e altre norme come la necessità di una licenza per aprire una casa e di pagare le tasse per i tenutari, controlli medici da effettuare sulle prostitute per contenere le malattie veneree.
Ancora, il testo definitivo della legge Crispi, approvato il 29 marzo 1888 vietava di vendere cibo e bevande, e feste, balli e canti all'interno delle case di tolleranza e l'apertura di case in prossimità di luoghi di culto, asili e scuole. 
Le persiane sarebbero dovute restare sempre chiuse. 
Da qui i bordelli presero il nome di "case chiuse". Giovanni Nicotera, ministro degli Interni, nel 1891, deciderà di ridurre le tariffe per limitare la prostituzione libera, che non subiva il controllo sanitario.
Nel 1900 si leva qualche voce per la chiusura delle case di tolleranza a seguito dell'attentato dell'anarchico Bresci a re Umberto I.
Bresci avrebbe trascorso alcuni giorni a meditare in un bordello prima dell'attentato, ma le minacce di chiusura pronunciate dal Presidente del Consiglio Saracco rientrano. 
Sarà Filippo Turati, nel 1919 a riaprire la querelle, ma per tutto il fascismo non si registrarono variazioni di merito nella legislazione sulla prostituzione se non una disposizione di Benito Mussolini degli anni trenta che imponeva ai tenutari di isolare le case con muri detti "del pudore" alti almeno dieci metri.
Il 20 settembre 1958, a seguito di un lungo dibattito nel Paese, è stato introdotto il reato di sfruttamento della prostituzione e le case di tolleranza sono state chiuse con la cosiddetta legge Merlin di Angelina Merlin del Partito Socialista. 
La legge punisce lo sfruttamento della prostituzione o lenocinio. 
L'art. 3, n. 8), della legge n. 75/1958 equipara il favoreggiamento allo sfruttamento: infatti punisce "chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui" (art. 3, n. 8, l. 75/1958).
Da allora numerosi sono stati i tentativi di modificare la legge. 
Nel 2003 un disegno di legge di Umberto Bossi e Stefania Prestigiacomo varato dal Consiglio dei ministri vietava la prostituzione nelle strade, ma la ammetteva nelle case private e al chiuso e non avrebbe ripristinato le case di tolleranza. 
Nella Legislatura passata, l'8 febbraio 2007, l'onorevole Franco Grillini ha presentato una proposta di legge, tesa a disciplinare l'esercizio della prostituzione e ad affermare la dignità e il diritto alla sicurezza e salute delle persone che si prostituiscono.

Sono quattro i modelli giuridici, con sfumature dalle più tolleranti alle più repressive, adottati per regolare la prostituzione.

 

Sistema proibizionista o criminalizzante
Consiste nel vietare la prostituzione e nell'applicare – alla prostituta, al cliente o ad entrambi – pene pecuniarie o detentive.
Il sistema è sostenuto da teorie che rivendicano la necessità di tutelare in tal modo la morale pubblica o la dignità della donna.
Sistema abolizionista
Il sistema chiama lo Stato fuori dalla disputa, senza proibire o regolamentare l'esercizio della prostituzione. La prostituzione in questo sistema è scoraggiata.
Sistema regolamentarista
È un sistema teso alla legalizzazione e regolamentazione della prostituzione che può avvenire con modalità differenti (come la statalizzazione dei bordelli, i quartieri a luci rosse, ecc).
La legalizzazione sovente include l'imposizione di tasse e restrizioni, più o meno ampie, nell'esercizio della prostituzione anche con l'individuazione di luoghi preposti all'esercizio dell'attività e la prescrizione di controlli sanitari obbligatori per prostitute e prostituti per la prevenzione e il contenimento delle malattie veneree e l'obbligo di segnalare attività e residenza.
Sistema neo-regolamentarista/decriminalizzante
È teso alla rimozione di leggi al fine di depenalizzare l'attività sessuale fra adulti consenzienti nei contesti commerciali.
Secondo la commissione Affari sociali della Camera, le prostitute sarebbero in Italia dalle 50 000 alle 70 000. 
Almeno 25 000 sarebbero immigrate, 2 000 minorenni e più di 2 000 le donne e le ragazze ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi. 
Il 65% delle prostitute lavora in strada, il 29,1% in albergo, il resto in case private. 
Il 94,2% delle prostitute sarebbero donne, il 5% transessuali e lo 0,8% travestiti.
L'indagine non calcola il numero di prostituti maschi o escort. 
I sondaggi dimostrano anche che la maggiore concentrazione di prostitute è nell'area di Milano con il 40% e di seguito Torino con il 21%.
Per quanto riguarda i clienti, uno studio commissionato nel 2007 dal Dipartimento Pari Opportunità ha rilevato che sono circa nove milioni gli italiani che, con motivazioni e cadenze diverse, frequentano prostitute.
In Italia sono operative diverse associazioni di prostitute che offrono aiuto, sostegno e consulenza a coloro che esercitano la prostituzione. 
Tra queste il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute (CDCP) nato nel 1982.

NEL RESTO DEL MONDO

 

Nei casi estremi, secondo alcuni codici in particolare di paesi musulmani, la prostituzione è sanzionata con la "pena di morte"; in altri paesi avviene il fenomeno diametralmente opposto, in quanto le prostitute pagano regolarmente le tasse e sono sindacalizzate, ad esempio nei Paesi Bassi, e in questi paesi i bordelli possono farsi pubblicità.
La situazione legale in Germania, in Svizzera (dove la discussione sull'età minima per prostituirsi è al centro di uno scontro vivace tra chi sostiene che la soglia debba essere abbassata a 16 anni e chi sostiene debba essere mantenuta a 18, e in Nuova Zelanda è simile a quella dell'Olanda. 
Nello Stato australiano del Nuovo Galles del Sud, qualsiasi persona di età superiore ai 18 anni può offrire prestazioni sessuali in cambio di denaro.
In un altro Stato australiano, Victoria, una persona che desideri svolgere l'attività di prostituta può richiedere una regolare licenza. 
Le prostitute che lavorano in una propria attività o in attività altrui devono essere registrate. 
Le "sex-workers" individuali non necessitano di alcuna registrazione o licenza.
In alcuni paesi, lo statuto legale della prostituzione può variare in base all'attività: in Giappone, per esempio, la prostituzione "vaginale" è contro la legge, mentre il sesso orale a pagamento è legale e chi lo compie non esercita la prostituzione. 
In Turchia la prostituzione di strada è legale, così come la prostituzione nei bordelli regolati dal governo. 
Tutti i bordelli devono avere una licenza così come la devono avere le lavoratrici.
Nel Regno Unito la prostituzione non è formalmente illegale ma diverse attività di contorno lo sono. 
In Inghilterra e in Galles sono illegali:
per una prostituta attirare clienti in strada o in un luogo pubblico, mettendo così di fatto fuori legge la prostituzione,
per un potenziale cliente richiedere persistentemente, anche se da un veicolo motorizzato,
possedere o dirigere un bordello,
la prostituzione minorile, per il cliente (dove il minore è definito tale in quanto più giovane di 18 anni)
infine è illegale il controllo della prostituzione (lenocinio).
Una situazione simile si verifica in Scozia, dove la prostituzione in sé non è illegale bensì le attività associate. 
Un progetto di legge che istituisse delle zone di tolleranza per la prostituzione era stato promosso nel Parlamento Scozzese, ma non è riuscito a diventare legge.
In solo uno Stato degli Stati Uniti, ovvero il Nevada, è considerato legale comprare e vendere prestazioni sessuali. 
Bordelli legali sono presenti in diverse contee del Nevada. 
In Canada, la prostituzione in sé è legale, ma anche in questo caso la maggior parte delle attività collaterali non lo sono. 
Non è legale ad esempio vivere esclusivamente di prostituzione senza essere di alcuna utilità alla società (strumento questo per ostacolare il fenomeno del lenocinio) ed è illegale inoltre (per ambo le parti) negoziare in un luogo pubblico, (incluso nei bar). 
Per mantenere una parvenza di legalità, le agenzie di accompagnamento organizzano un incontro tra l'accompagnatrice (o accompagnatore) e il cliente. 
La Corte Suprema Canadese ha stabilito nel 1978 che, per essere condannati per adescamento, l'atto deve essere “pressante e persistente”. 
Allo stesso modo in Bulgaria la prostituzione in sé è legale, ma la maggior parte delle attività collegate (come il lenocinio) sono fuorilegge.
In Svezia, Norvegia e Islanda è illegale comprare servizi sessuali, ma è legale vendere servizi sessuali. 
La ragione di questa legge è nella protezione delle prostitute, poiché molte di loro sono state forzate a prostituirsi da qualcuno o dalle necessità economiche. 
Chi si prostituisce generalmente è visto dai governi come persona oppressa, mentre i loro clienti sono visti come oppressori. 
La Svezia è stata il primo paese a introdurre questo tipo di legislazione nel 1999. 
Nel caso di prostituzione minorile, in Olanda essere clienti (a meno che il cliente sia egli stesso minore di 16 anni) o protettori è illegale, ma in tal caso non è illegale prostituirsi. 
Nella maggior parte dei paesi dove la prostituzione è criminalizzata, chi si prostituisce viene arrestato e perseguitato più dei clienti.
In Brasile e Costa Rica, la prostituzione in proprio è legale, ma guadagnare dalla prostituzione altrui è illegale. 
La prostituzione è legale per i cittadini in Danimarca, ma è illegale trarne profitto. 
In questo paese la prostituzione non è regolata come nei Paesi Bassi, bensì il governo cerca attraverso interventi sociali di portare le persone fuori da essa indirizzandole verso altri mestieri, e cerca di ridurre al contempo l'introito delle attività criminali e altri effetti collaterali negativi derivanti dalla prostituzione.
In Thailandia la prostituzione è illegale così come stabilito dal Prevention and Suppression Act, B.E. 2539 del 1996.
Nel 1949, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la “Convenzione per la soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui”, affermando che la prostituzione forzata è incompatibile con la dignità umana, richiedendo a tutte le parti coinvolte di punire i protettori e i proprietari dei bordelli e gli operatori e di abolire tutti i trattamenti speciali o la registrazione delle prostitute. 
La convenzione fu ratificata da 89 paesi ma la Germania, i Paesi Bassi e gli Stati Uniti non parteciparono.

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MOVIMENTO DEI FORCONI: LA RIVOLTA DEL SUD – INTERVISTA A PINO APRILE

Li ho incontrati alla scuola di politica di Filaga sui molti Sicani.
Mi dissero: siamo alla disperazione, pronti alle armi, ci manca solo un leader.
Ed io risposi: guardate che non ho fatto neanche il militare!
Non rivogliono il Regno delle due Sicilie ma sono stanchi di essere depredati e di recitare il ruolo di "Bancomat d'Italia"

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2012.01.21 – PALERMO…STUDENDI IN CORTEO BRUCIANO LA BANDIERA ITALIANA.


Il giovane patriota siciliano è perfettamente consapevole che con l'italia che continua ad occupare come una colonia la Sicilia, non avrà un futuro, non lavorerà come tutti i giovani e non giovani Siciliani!!!

 
FONSO GENCHI:
"Bruciare una bandiera – come fischiare un inno – è sempre una bruttissima cosa.
Ma, nella situazione in cui siamo oggi, non mi sento di criticare quegli studenti che lo hanno fatto (né di elogiarli); semplicemente, li comprendo perfettamente.
Anzi, dirò di più: se in tutta la Sicilia si iniziassero a bruciare le bandiere italiane, sarebbe una cosa terribile ma anche un segnale fortissimo.
Se servisse a qualcosa, ben venga la gente che avesse il coraggio di farlo. Siamo alla frutta, ed ancora non abbiamo visto nulla di quello che accadrà nei prossimi mesi; il Governo Monti serve a prolungare l'agonia così, nel frattempo, si potranno vendere pezzi di stato ai soliti che sono in grado di comprarseli, si potrà smantellare sempre di più lo stato sociale, eccetera.
L'esasperazione sale alle stelle, altro che bandiere bruciate tra qualche mese!".

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2012.01.21 – SE BRUSA LA VECIA… (LA MARANTEGA ovvero MARE ANTINGA= MADRE ANTICA)

IN CAMPO SAN LUCA

Non ci è dato di sapere se fin dai tempi remoti – com'è nell'attuale costume – nel falò si bruciasse la vècia/vecchia, che nella lingua veneta è chiamata Maràntega (mare antiga = madre antica), oppure Redodexa o nelle nostre isole Veròla.
Essa rappresenta Reitia – la dea della Terra a conclusione del ciclo delle stagioni – ormai vecchia; dopo esser stata ridotta in carbone e trasformata perciò in energia, rinascerà a primavera nuovamente bella, giovane, pronta a regalare i suoi doni.
L’usanza si è mantenuta anche nei campi di Venezia almeno fino alla fine della Serenissima. 
 
La Vecia veniva processata per le malefatte dell’anno trascorso, al fine del quale, nonostante la difesa di un avvocato, era condannata ad essere segata in due ed infine bruciata.
Dal taglio uscivano dolci, frutta, confetti, fiori che venivano raccolti dai bambini e dai presenti.
Nel corso della festa erano allestiti banchetti con frittelle, vino ed altre leccornie, con giochi vari che rinnovavano, per un giorno, l’allegria carnevalesca.
Questa festa interrompeva i rigidi digiuni che allora venivano fatti durante la quaresima.
La "vecia" rappresenta tutte le miserie della stagione trascorsa (fame, disgrazie, malattie, ingiustizie), insomma il rifiuto di un passato negativo e l' augurio di un futuro promettente per la campagna e per la vita.
L’usanza è rimasta in vita fino ai giorni nostri a Malamocco (seconda sede del Dogato Veneto) e nelle campagne del triveneto.
Il falò serviva a bruciare con la Vecia anche i “cai” delle ultime potature dei vitigni per scongiurare le gelate di primavera e liberare i campi dalle sterpaglie, prima dei lavori della bella stagione.
 
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2012.01.21 – PASTA E FASIOI COL MUSETTO (Cotechino)

•:*`*:•. CHI TA' CAGA' •:*`*:•.
" PASTA E FASIOI COL MUSETTO (Cotechino)
" Ingredienti: 500 gr. di FAGIOLI di Lamon freschi (o secchi lasciati in ammollo per tutta la notte), Carota ,cipolla ,sedano 1 patata ( facoltativa) aglio ( facoltativo) 1 cotechino Olio evo, pepe nero , sale Ditalini rigati.
punzecchiare il cotechino con la forchetta e metterlo a bollire in acqua per circa 1 ora in modo da eliminare il grasso in eccesso.
Quindi mettere il cotechino, ben scolato dall'acqua di precottura, in una grande pentola con i fagioli, le verdure da brodo (se volte potete aggiungere qualche foglia di salvia e di rosmarino) e tanta acqua fredda da coprire per bene il tutto. Far cuocere almeno 2 ore o meglio 2 ore e 30 minuti.
Togliere il cotechino e tenerlo in caldo, passare al passa verdura una parte dei fagioli (o anche tutti se sei preferisce una minestra densa) e le verdure e aggiustare di sale, avendo cura di assaggiare in quanto il cotechino insaporisce molto. Cuocere nel brodo ottenuto (se è troppo denso aggiungere acqua) della pasta di formato a piacere, e poi servirla con una bella macinata abbondante di pepe nero e un filo di olio evo.
Mangiare calda ma tiepida e' meglio.
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2012.01.21 – CASTAGNOLE VENETE

•:*`*:•. CHI TA' CAGA' •:*`*:•.
Ingredienti 450 g farina 2 uova 100 g zucchero un cucchiaio zucchero vanigliato una bustina lievito per dolci sale ,un pizzico 50 g burro vino bianco secco zucchero vanigliato q.b. olio per friggere preparazione
Fate una pasta con la farina, le uova, lo zucchero, lo zucchero vanigliato, il lievito, il sale, ed il burro ammorbidito, aggiungendo vino bianco quanto basta per avere una pasta nè troppo dura nè troppo molle.
Lavoratela bene per circa 10 minuti, tagliatela poi a pezzetti che arrotolerete in modo da ottenere dei cilindretti grossi come il dito medio, ritagliandone poi dei pezzetti lunghi circa 2 cm. con cui formerete tante palline che friggerete in abbondante olio (devono galleggiare) ben caldo avendo cura di rigirarle continuamente.
Quando ben gonfie, scolatele su della carta assorbente e spolverizzatele con zucchero vanigliato.
A piacere possono essere spruzzate con rum.

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SUDTIROL, EVA KLOTZ TRIPLICA I SUOI ISCRITTI

di REDAZIONE
Tira vento anti-italiano anche in Sud Tirolo dove la pasionaria Eva Klotz ha fatto ha fatto il pieno di iscritti nel suo partito.
La Südtiroler Freiheit sfiora i 3000 tesserati.
La notizia la riporta Altoadige.it, che ha intervistato la leader politica secessionista: «Non eravamo arrivati a tanto neppure negli anni migliori dell’Union für Südtirol, in cui eravamo sotto i 2000 iscritti», ha detto la capofila del movimento.
E chi sono i simpatizzanti di Eva?
Lo dice lei stessa: «Andiamo fortissimo tra i ragazzi, che distinguono tra la politica fatta per il potere e un movimento che mette al centro un ideale, la libertà, l’autodeterminazione».
Questioni di etnia, insomma.
Meno concentrati sulle campagne etniche, invece, i Freiheitlichen, con il leader Pius Leitner che al quotidiano sudtirolese afferma: «La Svp a volte rincorre la Südtiroler Freiheit, ma la vera concorrenza la vive con noi».
Gli animi dei politici paiono già accesi, benché manchino più di due anni alle prossime amministrative.
Secondo altoadige.it, “La destra tedesca è sempre più caratterizzata da profili differenziati.
Eva Klotz e il collega consigliere provinciale Sven Knoll raccolgono i frutti della campagna «Südtirol ist nicht Italien», dei referendum in Valle Aurina per l’autodeterminazione e, ancora prima, sui monumenti fascisti (in alleanza strategica con gli Schützen).
Dai 937 iscritti del 2007-2008 il movimento è cresciuto fino ai 2800 di quest’anno. Questa la ricetta, secondo Eva Klotz: «Il nostro ideale, la libertà, è il più amato dai ragazzi»”.
Quelli della Südtiroler Freiheit non lo hanno mai negato il loro disamore per l’Italia e l’ambizione di ritornare fra le braccia dell’Austria. Eva Klotz: “Noi lavoriamo per lo Stato libero, dialogando con tutti i gruppi linguistici”.
E nel frattempo crescono: “Eravamo 300 tre anni fa, quando di fatto non veniva organizzato il tesseramento.
Oggi siamo a 2500″.
Oltre alla Klotz, in quell’area hanno un loro peso Andreas Pöder e la sua BürgerUnion e gli storici Schützen.
tratto da: clicca qui

2012.01.19 – VISITE NON DISDETTE MULTE PER 7 MILA… L’USL 8 INCARICA EQUITALIA PER LA RISCOSSIONE!!!


di Davide Nordio

Non solo devi pagare comunque il ticket, ma sarai segnalato ad Equitalia che ti farà pagare sanzioni e oneri e per giunta finirai in una «black list» di utenti che, con la loro disattenzione o la loro superficialità, sono responsabili delle lunghe liste d’attesa.
L’idea era stata lanciata qualche giorno fa dal direttore generale della Usl 8 Renato Mason.
«Proprio il mancato rispetto delle prenotazioni – denunciava il dg dell’Usl – costituisce il principale problema delle liste d’attesa.
Chi non si preoccupa di cancellare la propria prenotazione fa attendere inutilmente gli altri, l’Usl procederà con il recupero del relativo ticket e della quota fissa».
L’Usl ha ragione da vendere: da poco è stato pure inaugurato un sistema che ricorda qualche tempo prima della visita la prenotazione effettuata con una telefonata al recapito comunicato. Inoltre è possibile disdirla in qualunque momento, anche a notte fonda, in quanto è stato installato un risponditore automatico.
Chi non si presenta all’appuntamento ha ora ben poche scusanti.
Ma lo 0,7 insiste e non si fa vedere.
Cifra irrisoria?
Non tanto, se si considera che nel 2011 sono stati un milione le visite e gli esami erogati dall’Usl 8 e sono stati 7mila gli utenti che hanno allungato senza motivo le liste d’attesa.
Ma se prima si poteva farla franca, oggi non più.
Quando una visita non viene disdetta per tempo, scatta la richiesta di pagamento.
Prima una comunicazione «bonaria» che invita a pagare ticket e quota fissa entro dieci giorni.
Poi la cosa passa nelle mani di Equitalia: con l’iscrizione a ruolo per il pagamento, al dovuto saranno aggiunti importi per sanzioni e oneri.
Chi avesse la fortuna di scampare a tutto questo, non canti vittoria.
Già, perché verrà inserito in una vera e propria «black list».
L’Usl installerà un sofisticato software nel centro unico di prenotazione (cup) che terrà debita traccia dell’utente «smemorato»: e al momento in cui si presenterà a chiedere una prestazione, la malefatta emergerà in tutto il suo fulgore.
E finchè non pagherà il dovuto, non potrà accedere ad alcuna visita o esame.
Dura lex, sed lex, dicevano gli antichi.
Ma se questo serve ad abbassare i tempi di attesa, ben venga, dirà più di qualcuno. In effetti da questo punto di vista l’Usl 8 ha una eccellenza da difendere: secondo i dati comunicati a fine anno, il rispetto dei tempi massimi d’attesa fissati dalla Regione è pari al 99,5 per cento.
Si attende mediamente sette giorni per una prestazione di massima priorità che deve essere erogata nel tempo massimo di dieci, diciannove giorni quanto siamo nel limite dei 30/60 giorni, cinquantasette giorni quando la prestazione deve essere programmata entro sei mesi.
Ma quanto potrebbe recuperare in termini di soldi l’Usl 8 dall’operazione«prenotazione non disdetta»?
Il calcolo è presto fatto: gli inadempienti sono 7 mila, il ticket per una visita mediamente 20 euro, la quota fissa 5 o 10 euro a seconda del reddito.
Calcolando una media di 27 euro, siamo già a 189 mila euro, non proprio bruscolini di questi tempi.
E l’importo è sicuramente maggiore perché vi sono anche prestazioni che superano i 40 euro.
Tuttavia pare che siano soprattutto le visite a essere disattese senza motivo, mentre per esami più impegnativi la prenotazione pare sostanzialmente rispettata.
O, se non altro, disdetta per tempo: una possibilità adottata dal 12 per cento degli utenti, ovvero 120 mila all’anno.

da LA TRIBUNA DI TREVISO clicca qui

2012.01.16 – IL 16 GENNAIO LA SICILIA SI FERMA!!!! LA RIVOLUZIONE PARTE DALLA SICILIA

LA PROTESTA IN DIRETTA (da il "Clandestino")
 
E' arrivato il momento per scrivere una nuova pagina di storia, basta con le chiacchere passiamo ai fatti. Abbiamo il dovere non tanto per noi, ma per i nostri figli e i nostri nipoti che si trovano disoccupati, disorientati e senza alcun futuro nella nostra martoriata SICILIA. ADERITE e invitate ad aderire a questa rivoluzione pacifica siciliana, diciamo pacifica perchè così deve essere, altrimenti perderemo. ANTUDO.

 

Le manifestazioni principali saranno previste c/o:

Provincia di Catania Piazzale antistante il Porto di Catania Zona Industriale Rotonda VIII Strada Tangenziale di Catania pressi svincolo Paesi Etnei SS 114 Bivio pressi Hotel Orizzonte Trepunti di Giarre Provincia di Messina Piazzali antistanti i Porti di Messina Ingresso Milazzo, svincolo Giammoro In prossimità del casello autostradale di Villafranca Tirrena In prossimità del casello autostradale di Tremestieri Provincia di Palermo Circonvallazione pressi rotonda di Via Oreto Piazzale antistante il porto di Palermo Piazzale antistante il porto di Termini Imerese e c/o la Zona Industriale Rotonda Villabate SS 121-189 Palermo – Agrigento in prossimità del bivio Vicari Provincia di Siracusa Raffineria ESSO/ERG/SAXXON/AGIP/ENI Autostrada SR / CT in prossimità dello Svincolo di Lentini SS 115 pressi uscita svincolo di Avola Provincia di Ragusa Scicli Contrada Rizza in prossimità del mercato dei fiori Modica – Sacro Cuore Piazzale antistante il Porto di Pozzallo Piazzale antistante il Mercato di Donnalucata Provincia di Agrigento La Rotonda Giunone Provincia di Caltanissetta Hotel Ventura / Rotonda Capodarso Prossimità Raffinerie ENI-ENIMCO di Gela Ingresso Gela provenienza Caltagirone Rotonda Capodarso

 

Partito Del Popolo Siciliano

Partito Del Popolo Siciliano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL POPOLO SICILIANO A FIANCO DEL MOVIMENTO DEI FORCONI CONTRO I POLITICI SICILIANI, CONTRO IL GOVERNO LOMBARDO.
 
IN SICILIA ALLA VIGILIA DELLA GRANDE RIVOLUZIONE CULTURALE PROMOSSA DAL MOVIMENTO DEI FORCONI E FORZA DURTO PREVISTA DAL 16 AL 20 DI GEN DOVE VEDRA' IMPEGNATO TUTTO ILPOPOLO SICILIANO,IL PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA,IERI 13 GEN ALLE ORE 14.00, HA CONVOCATO I RESPONSABILI DEL MOVIMENTO DEI FORCONI PER COMUNICARE CHE NON E' NELLE CONDIZIONI DI FARE NESSUN PROVVEDIMENTO A DIFESA DEL SUO POPOLO. LOMBARDO FAREBBE BENE A DIMETTERSI PERCHE' HA TRADITO I SICILIANI PER NON AVER ATTUATO LO STATUTO E SOPRATUTTO HA FALLITO PER NON AVER ELIMINATO LE ACCISE SUI CARBURANTI CAVALLO DI BATTAGLIA DELLA SUA CAMPAGNA ELETTORALE.DI FRONTE A TANTO SCEMPIO BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI ASSUMERSI LE PROPRIE RESPONSABILTA' E BUTTARE LA SPUGNA,IL POPOLO IN RIVOLTA NON AVRA' PIETA' DI NESSUNO. MARTINO MORSELLO MOVIMENTO DEI FORCONI 328/6009880.
 
Protestano gli autotrasportatori tir fermi in tutta la Sicilia
 
Si arresta l'attività degli autotrasportatori che chiedono la defiscalizzazione dei carburanti nell'Isola. Presidi al porto e in via Oreto. Manifestazioni anche a Catania, Messina e Siracusa
di SALVO CATALANO

Blocco totale della circolazione di camion e mezzi pesanti in tutta la Sicilia. Dalla mezzanotte di oggi gli autotrasportatori riuniti nel movimento Forza d'urto, a cui hanno aderito anche il movimento dei Forconi e l'Aias, hanno imposto blocchi in numerose strade e autostrade dell'Isola. Due i presidi a Palermo: nel piazzale antistante il porto e sulla circonvallazione all'altezza della rotonda di via Oreto. Il traffico è regolare, mentre si allungano sempre di più le code dei tir e dei camion parcheggiati a bordo strada. "Non intralceremo la circolazione delle macchine – hanno detto i manifestanti davanti al porto di Palermo – ma impediremo a tutti i camion di uscire dal porto". Altri blocchi nel primo tratto della A19 fino a Villabate, al porto di Termini Imerese, sulla strada statale 624 Palermo-Sciacca e sulla statale 121 tra Bolognetta e Palermo. Molti autotrasportatori che non avevano aderito allo sciopero, sono stati fermati e convinti ad arrestare i mezzi. Stessa situazione in provincia di Catania, vero fulcro della protesta. Sin dalla mattina, sotto una pioggia battente, autotrasportatori e agricoltori, si sono riuniti in presidio al casello di San Gregorio, all'altezza dello svincolo per i paesi etnei. Blocchi anche sulla statale 114, nei pressi dell'hotel Orizzonte di Acireale, e al casello di Giarre dell'A18. Blocchi pure nel Messinese, come al porto di Messina, e nel Siracusano, dove auto private e autobus passano senza problemi. Non si registrano tensioni con le forze dell'ordine. Molte pompe di benzina

non hanno più carburante, mentre numerosi container con derrate alimentari sono bloccati nei porti.

 

 

 

(16 gennaio 2012)