ATTUALITA

2013.07.22 – TANTO PER ESSERE CHIARI… ACCISE: GUARDATE COSA SI PAGA CON IL RIFORNIMENTO!


accise-carburanti

Quando ci si fanno domande relative al costo della vita, perchè non ci si chiede anche la legittimità di quanto estorto dallo Stato Italiano attraverso le accise? 
A chi vanno i soldi per la Guerra d'Etiopia, conclusa all'inizio del secolo scorso? E tutt'oggi cosa paghiamo del disastro del Vajont? A Firenze c'è ancora acqua da asciugare a distanza di 50 anni dall'alluvione? E all'Acquila perchè arrivano i soldi ma non i mattoni per ricostruire le case?

Tanto marciume, nell'ennesimo carrozzone italiano. Leggete, indignatevi, condividete.

 
    • 1,90 lire (0,000981 euro): finanziamento della guerra d'Etiopia del 1935-1936;
    • 14 lire (0,00723 euro): finanziamento della crisi di Suez del 1956;
    • 10 lire (0,00516 euro): ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963;
    • 10 lire (0,00516 euro): ricostruzione dopo l'alluvione di Firenze del 1966;
    • 10 lire (0,00516 euro): ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968;
    • 99 lire (0,0511 euro): ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976;
    • 75 lire (0,0387 euro): ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980;
    • 205 lire (0,106 euro): finanziamento della guerra del Libano del 1983;
    • 22 lire (0,0114 euro): finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
    • 0,02 euro: rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.
    • 0,005 euro: acquisto di autobus ecologici nel 2005;
    • 0,0051 euro: terremoto dell'Aquila del 2009;
    • da 0,0071 a 0,0055 euro: finanziamento alla cultura nel 2011;
    • 0,04 euro: far fronte all'arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011;
    • 0,0089 euro: far fronte all'alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011;
    • 0,082 euro: decreto "Salva Italia" nel dicembre 2011;
    • 0,02 euro: far fronte ai terremoti dell'Emilia del 2012.
 
​​Dal 1999 un decreto legislativo permette alle Regioni di imporre un'accisa autonoma sui carburanti.

Al totale delle accise (0,50€)va sommata l'imposta di fabbricazione carburanti, per un totale di 72,42 cent/litro per la benzina verde e 61,32cent/litro per il gasolio IVA esclusa. Aggiunta anche questa, al 21%, si ottengono 87,42 cent nel primo caso e 74,32 cent nel secondo.
Tratto da (CLICCA QUI)

2013.07.21 – A VENEZIA, LA POLIZIA LOCALE COME GLI SQUADRISTI DI ITALICA MEMORIA – L’ITALIA L’UNICA VERA ABUSIVA SUI NOSTRI TERRITORI!

In sette agenti della polizia locale di Venezia contro un pittore "abusivo" (parla propria l'italia che è abusiva sui nostri territori).
 

 

ALCUNI COMMENTI AL FILMATO APPARSO SU YOUTUBE –  "MANETTE AL PITTORE, RIVOLTA CONTRO I VIGILI":

 

io chiedo a questi urlatori del video e a tutti i ben pensanti che commentano contro le forze di poliza (tutori dell'ordine pubblico) se urlano allo stesso modo nei confronti di della polizia quando arresta zingari borseggiatori .In definitiva anche questi devono mangiare?!.Chissà la risposta?La legge va rispettata da tutti sempre e a prescindere perchè l'inosservanza di questo particolare porta alla ingestibilità della società civile di cui tanto ci si lamenta!! Un pò di coerenza è d'obbligo.!!

forse c'e' qualcuno che nn ha davvero idea di cosa fa la polizia, oltre a tanti episodi che hanno macchiato il nome delle forze dell' ordine. ce ne sono tantissimi altri dove la davvero la forza pubblica e' riuscita a salvare persino delle vite

Se per te questo è far rispettare la legalità in questi modi vili e meschini e fare i forti con un povero artista di strada che non fa del male a nessuno, se per te questi sono coloro da punire…

VENEZIA LA CITTA' DI: TINORETTO, TIZIANO, VERONESE, GIORGIONE…..
CHE AMMANETTA UN PITTORE…….E' QUESTA VENEZIA OGGI….?

in Spagna non stanno lì a pregarti più d tanto, due manganellate e sulla barca c saliva da solo …poi quel gruppetto di persone che non protestava civilmente ma dava delle merde a dei poliziotti in qualche paesino del Sudamerica dove la polizia e davvero più pericolosa d alcuni criminali, sarebbero stati caricati e dispersi a suon di bastonate … siamo davvero fortunati a vivere in italia , basta impariamo a vivere nella legalità …

Quante chicchiere sterili…siete talmente abituati a non rispetto delle regole o delle istituzioni, che se vedete un intervento normalissimo della PL, siete pronti ad urlare allo scandalo…abituatevi alla legalità!

Faceva acquerelli per campare, e' gentile lo conoscono tutti………!!!!
Se fossi veneziano mi vergognerei…..!!!
Comunque complimenti per il recupero del gettito fiscale…!!!

Che merde… Intanto il Parlamento si è intascato i rimborsi elettorali!

povera italia

 

2013.07.18 – NOTIZIA DEL 14 APRILE 2013 GIRATA DAL MLNS – ARRESTI PER VENDETTA E INCHIESTE INQUINATE … BASTA ITALIA!


Oristano
Pianificavano arresti illegali, magari sistemando panetti di hascisc nella macchina di qualche malcapitato sul quale indagavano per conto terzi, e per gli stessi "terzi" attuavano vendette.
E per ottenere tabulati telefonici che non si potevano ricavare dai sistemi informativi dei carabinieri, infilavano nelle pieghe di inchieste realmente in corso utenze sulle quali svolgevano accertamenti paralleli e per personali fini di lucro.
In questo modo, cercavano di ottenere dalla magistratura l'autorizzazione per avere informazioni alle quali senza il benestare della Procura non avrebbero mai avuto accesso.  

CCAnche questo facevano, i marescialli Mario Arnò e Giuseppe Canu, il primo comandante del nucleo investigativo e radiomobile della compagnia dei carabinieri di Mogoro, e il secondo in servizio nello stesso Norm. 
Finiti in carcere sabato mattina nell'operazione costata le manette anche al comandante della compagnia, capitano René Biancheri, ad un investigatore privato, Gian Marco Fadda di Ghilarza, e la denuncia di altri due carabinieri, il brigadiere Francesco Cancedda e l'appuntato Massimiliano Mazzotta (anche loro in servizio al Norm), oltre che di altri tre detective privati: Cristian Vacca di Baressa, Carlo Lombardo di San Gavino e Giuseppe Porcu, di Oristano.
Accuse da brivido: truffa, corruzione, peculato, falso.  
Nelle 78 pagine che costituiscono l'ordinanza di carcerazione firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Oristano, Annie Cecile Pinello, è devastante l'immagine dell'operato di uomini in divisa, nelle cui conversazioni captate nel corso dei quattro mesi di inchiesta, scrive il gip, «emerge il tono sfottente, arrogante, privo di scrupoli dei dialoghi i quali appaiono provenire da soggetti della malavita, piuttosto che da carabinieri».
Conversazioni registrate nelle macchine di servizio che tutti, il capitano Biancheri compreso, sembrerebbero aver utilizzato per pedinare persone, realizzare servizi non per l'Arma ma per gli investigatori privati che li gratificavano. 
Con 75, 100 o 250 euro, a seconda della qualità delle informazioni.  
Per avere informazioni da rivendere a Gianmarco Fadda, nel mese di dicembre Canu e Arnò vanno direttamente al procuratore della Repubblica di Oristano, Andrea Padalino Morichini, e gli sottopongono la richiesta di acquisire il traffico telefonico di una certa utenza, ascrivendola alle indagini sul latitante Aldo Secci di Ruinas. 
Il procuratore prende tempo e li rinvia a dopo le vacanze di Natale. 
I due capiscono che non è aria, e siccome Fadda preme, cambiano tattica e si rivolgono al sostituto procuratore Armando Mammone. 
Sostenendo, per questo round, che quell'utenza – sempre la stessa – è funzionale a un'altra indagine, riguardante un fatto accaduto a Senis (che è competenza della compagnia di Mogoro). 
Infilano quel numero tra altri numeri, stanno attenti che la richiesta venga materialmente formualata dalla stazione di Mogoro e aspettano.
I tabulati, qualche giorno dopo, arrivano: ci sono tutti, tranne l'utenza che i due marescialli sollecitavano. 
La Procura, sulla base dell'indagini che già si dipanava, li aveva, per così dire, elegantemente fregati: provassero, a protestare.  
E che dire del capitano Biancheri? 
Uno che si vantava apertamente di aver picchiato un arrestato che, tanto, ubriaco com'era, anche lamentandosi non avrebbe mai ricevuto credito; lo stesso ufficiale, che disinvoltamente aveva sparato a una persona – senza colpirla – prima di arrestarla, aveva tranquillamente sostenuto che ciò non fosse vero quando l'interessato se ne era lamentato durante l'interrogatorio di convalida: «Tanto a chi vuoi che credano, a me o a lui?», aveva baldanzosamente sostenuto con i suoi sottoposti. 
«L'Arma è un soggetto da mungere, la magistratura un insieme di soggetti con scarse capacità intellettive da raggirare per i propri scopi personali, i privati cittadini gonzi su cui sparare, per usare un termine caro al capitano Biancheri», scrive il gip; e in questo mix ci sono perquisizioni, anche arresti, tutto e solo per avere soldi.  
La vita di un'intera caserma condizionata dalle condotte del suo comandante e dei sottufficiali che pensavano, in virtù della divisa che indossavano, di fare il bello e il cattivo tempo. 
Ma ce n'erano altri, che con indosso la stessa divisa soffrivano questi «loschi traffici». 
Spesso il capitano Biancheri ricorreva ai centralinisti per compiere accessi alle banche dati della compagnia – e lo faceva anche quando si trovava in ferie -; qualcuno dei suoi sottoposti era arrivato a inventare scuse per non dare quelle informazioni: «Capitano, la password è scaduta». 
Che pena.

Tratto da (VEDI QUI)

2013.07.18 – KAZAKISTAN, “PRODI RICEVE UNO STIPENDIO MILIONARIO DAL DITTATORE NAZARBAYEV”


Lo Spiegel International punta i riflettori sui rapporti tra i due, rivelando che l'ex premier è membro dell'Intenarnational Advisory Board del leader kazako. Risale invece al 23 maggio l'ultima visita dell'ex leader dell'Ulivo nel Paese, dove dal 2011 è tornato tre volte l'anno

di Redazione Il Fatto Quotidiano
18 luglio 2013

prodi-interna-nuova.jpgKazakistan, “Prodi riceve uno stipendio milionario dal dittatore Nazarbayev”
Silvio Berlusconi non è l’unico politico italiano ad avere rapporti con Nursultan Nazarbayev. 
Un articolo pubblicato a marzo da Spiegel International punta i riflettori sul legame tra l’ex premier Romano Prodi e il dittatore kazako. 
“Per essere un tiranno, il signore del Kazakistan ha a sua disposizione alcuni insoliti sostenitori: gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schröder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander Kwaniewski e l’ex ministro degli interni tedesco Otto Schily”, afferma il quotidiano, ricordando che “tutti costoro sono membri nei loro Paesi di partiti socialdemocratici”.
Gusenbauer, Kwaniewski e Prodi, prosegue lo Spiegel, “sono ufficialmente membri dell’Intenarnational Advisory Board di Nazarbayev. 
Si incontrano diverse volte ogni anno, nella più recente occasione due settimane fa (quindi all’inizio di marzo, ndr) nella capitale kazaka Astana, e ciascuno di loro percepisce onorari annuali che raggiungono le sette cifre”. 
Secondo la stampa britannica, l’ex primo ministro britannico Blair, pure lui advisor, “riceve ogni anno compensi che possono arrivare a 9 milioni di euro (11,7 milioni di dollari)”.
“Schröder, per quanto lo riguarda, nega di essere membro dell’Advisory Board. 
Ciononostante, egli s’incontra di quando in quando faccia a faccia con l’autocrate venuto dalle steppe asiatiche ed elogia il Kazakistan come un “Paese internazionalmente riconosciuto e aperto”. 
Nel novembre del 2012, Schröder si congratulò col Kazakistan in quanto Paese scelto per ospitare l’Expo 2017, che egli descrisse come il “prossimo passo verso la modernizzazione”.
“Il fatto che un diplomatico tedesco si inchini davanti ai kazaki fino a tale punto è già abbastanza brutto”, dice la deputata dei Verdi Viola Von Cramon. 
“Ma peggio ancora, sottolinea, è il fatto che politici come Schröder, Schily, Prodi e Blair si lascino coinvolgere negli interessi di Nazarbayev. 
“Specialmente perché ora il suo regime sta diventando sempre più severo. 
Ma grazie all’influenza dei lobbisti occidentali, poco di quello che succede oltrepassa i confini”.
L’ultimo incontro tra Prodi e Nazarbayev risale al 23 maggio, una settimana prima del blitz che ha portato all’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako. 
Con un discorso di dieci minuti al Palazzo dell’indipendenza di Astana, capitale del Paese, l’ex premier ha parlato dei problemi dell’Eurozona, dopo l’introduzione di Nazarbayev. 
E, come spiega Panorama, “dal 2011 ha fatto visita tre volte l’anno, mantenendo ottimi rapporti con il dittatore”.
Per definire gli intrecci tra i due Paesi, prosegue il settimanale, bisogna invece tornare al 1997. 
Il 4 maggio l’ex leader comunista, padre padrone del Paese, viene decorato con il Gran cordone, la più alta onoreficenza concessa dal Quirinale, su proposta di Prodi, allora presidente del Consiglio. 
Nel 2000 viene poi scoperto il giacimento di Kashagan e l’Eni entra subito nel consorzio per lo sfruttamento. 
Risale invece al 2009 la firma del trattato tra Italia e Kazakistan, con Berlusconi presidente. 
E oggi l’Italia è il terzo partner commerciale del Paese, dopo Cina e Russia.

Tratto da (CLICCA QUI)

IL PRESTIGIO INTERNAZIONALE DELL’ITALIA: UNA FIGURACCIA DOPO L’ALTRA

309400_2303510557914_1215094480_nQuello del prestigio internazionale è un tema ricorrente.
Ricordate?
Era uno dei motivi principali per cui si era deciso di affidarsi a Monti, uomo di statura europea, rispettato nei consessi internazionali, che ci doveva far dimenticare Berlusconi, addirittura avrebbe abbassato lo spread di un centinaio di punti da solo.
Se non che, appena nominato Primo Ministro, i tassi di interesse ebbero un pericoloso picco, tanto per far capire che le cose erano un pò più complesse.
E l’Italietta da 4 soldi, quella di cui si ride in giro per il mondo, non ha mancato di tornare di prepotenza alla ribalta. Prima la figura indecorosa di Finmeccanica in India, poi il caso Marò, evadono, non evadono, li difendiamo, li ridiamo, e via dicendo.
Con l’Italia abbandonata dalla UE e stritolata dall’India. Dimissioni, governo comunque già pensionato, avanti un altro.
Ed un altro scandalo, naturalmente. Una bella marchetta internazionale di Alfano, come se il Viminale fosse Arcore.
Una rifugiata politica ridata al Kazakhstan in barba alle norme internazionali.
E cosa era successo?
Semplicemente l’ambasciatore kazako aveva più o meno ordinato che si consegnasse il rifugiato, ed in mancanza di quello si è accontentato di moglie e figlia. In Italia ha subito trovato qualche lacchè pronto ad ubbidire.
Russia, Kazakhstan, petrolio, Berlusconi, ENI, gli intrecci in questione sono notevoli ma la politica italiana rimane sempre la stessa, pronta al sotterfugio, all’opportunismo, al favore meschino, sperando che non si noti troppo.
Alla fine però, data la scarsa professionalità degli addetti ai lavori, si nota sempre, pure troppo.
Ed ovviamente, un altro balletto circense. Bonino dice che l’abbiamo fatta grossa ma lei non si dimette, perchè, in fondo, chi se ne gioverebbe?
Non fa una piega, a latte versato non ci si dimette mai, notoriamente ci si dimette prima di combinarlo, un pasticcio.
Alfano, il vero "sicario" in questione, è addirittura disposto a mettere la polizia sulla sedia dell’imputato pur di salvare la pellaccia.
Ma non finisce qui.
Mezzo mondo ci ride dietro quando un gorilla eletto vice presidente del Senato se ne esce con frasi razziste che non sarebbero ammissibili in nessun paese del mondo.
Una figura tanto oscena da fare inalberare persino Letta, fedele al motto di Gino e Michele che anche le formiche nel loro piccolo si incazzano.
Ma rimangono formiche! Un governo che si fonda sul compromesso con il personaggio più impresentabile d’Europa, che ha un partito di maggioranza relativa che è disposto a tutto per uno strapuntino di potere (contorsioni per avvicinare la Lega non razzista, ah caro Bersani, quante topiche! Inciuci indecorosi pur di salvare Berlusconi…pardon, Letta) che rispetto può ottenere in giro per il mondo?
Non dimenticando i continui atti di sottomissione al potente di turno.
Ve lo immaginate un Obama ancora non eletto andare a Berlino a chiedere la benedizione della Merkel?
No?
Beh, chiedete di Renzi, l’ennesimo democratico in giro per l’Europa ad elemosinare strette di mano.
Di Nicola Melloni
Tratto da (CLICCA QUI)

2013.07.17 – SARTORI: “KYENGE E BOLDRINI SONO DUE RACCOMANDANTE INCOMPETENTI, NULLITA’ DELLA POLITICA” … (ITALIANA AGGIUNGIAMO NOI)


resizerIl politologo mette nel mirino il ministro dell'integrazione: "Che c'entra un'oculista al governo?". 
E su lady Montecitorio: "E' stata segnalata forse dalla P3?"

17/07/2013
Al veleno su Kyenge e Boldrini: sono due nullità, raccomandate e incompetenti Cècile Kyenge e Laura Boldrini
Giovanni Sartori torna ad attaccare il ministro dell'integrazione Cecile Kyenge. 
Il politologo, con un editoriale sul Corriere della Sera, dopo aver consigliato alla Kyenge "lezioni d'italiano", ora la accusa di incompetenza e di essere di fatto una raccomandata. 
"Letta è del mestiere, conosce bene il mondo politico nel quale vive. 
Chi gli ha imposto, allora, una donna (nera, bianca o gialla non fa nessunissima differenza) specializzata in oculistica all'Università di Modena per il delicatissimo dicastero della "integrazione"? 
Lei, la Kyenge, si batte per un ius soli (la cittadinanza a tutti coloro che sono nati in Italia) mentre il suo ministero si dovrebbe occupare di 'integrazione'. Allora a chi deve la sua immeritata posizione la nostra brava Kyenge Kashetu?
Tra i tanti misteriosi misteri della politica italiana questo sarebbe davvero da scoprire", afferma Sartori. 
Secondo il politologo la Kyenge ha fallito su tutta la linea: "Nullità che diventano ministri, brave persone messe al posto sbagliato. 
La Kyenge non sa, a quanto pare, che l'integrazione non ha niente a che fare con il luogo di nascita: è una fusione che avviene, o anche non avviene, tra un popolo e un altro. 
Io ho scritto un libro per spiegare quali siano i requisiti di questa integrazione etico-politica (che non è integrazione di tutto o in tutto). 
Capisco che un'oculista non deve leggere (semmai deve mettere i suoi pazienti in condizioni di leggere). 
Ma cosa c'entra l'immigrazione e l'eventuale integrazione con le competenze di un'oculista? 
Ovviamente niente". 
Poi Sartori sposta il mirino su Montecitorio e se la prende pure con Laura Boldrini: "Un'altra raccomandata a quanto pare anch'essa di ferro (da chi?) è la presidente della Camera. 
In questo caso le credenziali sono davvero irrisorie. 
Molta sicumera, molto presenzialismo femminista ma scarsa correttezza e anche presenza nel mestiere che dovrebbe fare. 
L'Italia non si può permettere governi combinati (o meglio scombinati) da misteriose raccomandazioni di misteriosissimi poteri. 
Siamo forse arrivati alla P3?". (I.S.)

 

2013.07.13 – GLI EBREI SALVATI DA MUSSOLINI, MA NESSUNO NE PARLA.


E veniamo ai fatti, ai nomi, alle date; non prima però di invitare il valido interlocutore di consultare il mio volume “Mussolini, il Fascismo e gli Ebrei” se desidera realmente una più completa documentazione che, in questa sede – come è comprensibile – non è possibile presentare. Il volume in questione è composto di 349 pagine delle quali 124 sono documenti di origine prevalentemente ebraica e per l’elaborazione di questo lavoro ho impiegato più di venti anni di ricerche, non davvero facili.
Nel 1943/44 ero uno scolare, ma ricordo chiaramente quelle giornate e posso testimoniare:
  1. a quell’età e in quegli anni frequentavo la scuola elementare Grazioli Lante della Rovere a Roma e nella mia classe c’era un alunno, se ricordo bene il nome, Pozzi, ebreo; ha frequentato con noi, insieme a noi e tra noi sino alla quinta elementare.
  2. Io allora abitavo a Roma in Via Po. All’angolo con Via Simeto, c’era un negozio di abbigliamento a quattro o cinque vetrine, il cui proprietario, Piperno (ebreo), svolse la sua attività senza problemi alcuno. Ricordo che chiuse solo per poche settimane dopo l’8 settembre 1943 (quando non c’era più Mussolini) ma riaprì appena il Duce riuscì a recuperare un minimo di autorità con la nascita della Rsi.
  3.  Di fronte al mio portone, sempre in Via Po, c’era un negozio di ottica, Astrologo, ebreo; poco più avanti Ginori, ebreo, che gestiva un negozio di vasellame. 4) Il mio pediatra, dottor Ventura, ebreo, aveva lo studio in Piazza Adriana. Il dottor Ventura svolse normalmente la sua attività: visitava i suoi piccoli clienti (come chi scrive queste note) in studio e a domicilio. E tutto questo nel pieno delle leggi razziali.
Le Leggi razziali furono certamente infami, se non avessero una motivazione e se fossero state attuate con crudeltà.
Ma così non fu.
E allora: perché furono concepite le Leggi Razziali?
Per una risposta esauriente dovremmo riportarci agli anni ’30; ma questo non è possibile in questa sede. Allora vediamo di sintetizzare. Bernard Shaw nel 1937 aveva profetizzato: .
Era il momento del massimo sforzo di Hitler per riarmare la Germania, ma era anche il momento delle sanzioni economiche inflitte all’Italia fascista, ma era anche il momento nel quale stranamente i Paesi plutocratici e più imperialisti si erano alleati e allineati con l’Unione Sovietica per intervenire insieme nella guerra civile spagnola contro la Spagna franchista e l’Italia di Mussolini che insieme tentarono e riuscirono a bloccare il braccio di Stalin che mirava a penetrare nella penisola iberica prima, e in Europa tutta dopo.
Mussolini cercò in ogni modo – e questa è storia e posso dimostrarlo con documentazione – di evitare all’Europa e al mondo un nuovo e più catastrofico conflitto, ma l’interesse dei centri del potere del mondo si sentirono seriamente minacciati da quelle idee, che una volta ancora partivano dall’Italia e che si stavano espandendo in tutto il mondo.
Le offerte di Berlino per un’alleanza militare erano continuamente rigettate da Mussolini, il quale, pur riconoscendo valide le ragioni del Governo tedesco, diffidava del personaggio Hitler, e anche questa è storia e facilmente dimostrabile.
E, come aveva ben visto Bernard Shaw, le grandi democrazie, seguendo un piano politico ben determinato, spingevano l’Italia verso quell’alleanza, grazie all’isolamento e ad una serie di gravi provocazioni nella quale il nostro Paese si venne a trovare. A marzo del 1938 Hitler, con l’entusiastico consenso degli austriaci, concretizzò l’Anschluss senza che il mondo muovesse un dito per impedirlo, ma con questa operazione la Germania si affacciava al Brennero. Tutto ciò ha fatto scrivere a Winston Churchill (La Seconda Guerra Mondiale, 1° Volume, pag. 209): .
E quasi con le stesse parole è il giudizio dello storico inglese George Trevelyan (Storia d’Inghilterra, pag. 834): .
Nel corso di un’intervista televisiva, Renzo De Felice attestò. . E qui potrei terminare il dialogo con il mio cortese interlocutore.
Come furono applicate le (certamente) odiose leggi razziali?
Per avere un’idea di ciò, sarebbe sufficiente ricordare che decine di migliaia di ebrei che fuggivano dalla Germania e dai Paesi caduti sotto l’occupazione tedesca, si rifugiavano in Italia; eppure qui vigevano le leggi razziali, e perché non nei Paesi democratici?
Perché la Svizzera li respingeva, l’Inghilterra minacciava di silurare le navi cariche di esuli, Roosevelt fece intervenire la sua Navy per respingere i fuggiaschi.
Il mio interlocutore desidera, giustamente, dati e nomi; certo!
Allora cito quanto ha scritto Daniele Vicini su L’Indipendente del 20 luglio 1993: .
Dello stesso parere è Klaus Voigt che nel suo volume Rifugio precario osserva quanto fosse strana la dittatura fascista. Infatti scrisse: .
Come ho scritto, per motivi più che chiari in questa sede non posso elencare i nomi dei fuggitivi, ma vengono riportati dal giornalista Daniele Vicini nell’articolo citato; tuttavia un nome in questo articolo posso ricordarlo e, per il momento, vale per tutti, quello di Edward Luttwak, ebreo, che il mio interlocutore deve conoscere perché molte volte è apparso sullo schermo televisivo italiano in quanto profondo conoscitore della nostra lingua appresa quando la sua famiglia fuggì dalla Romania per rifugiarsi nell’Italia fascista. , conclude Daniele Vicini.
GLI EBREI SALVATI DA MUSSOLINI , MA NESSUNO NE PARLA .
Avrei tanto da aggiungere, ma tanto.
E tanti sono gli storici israeliani (onesti e riconoscenti) che attestano l’esistenza di uno “Scudo Protettore” (termine usato dallo storico ebreo Léon Poliakov nel volume Il Nazismo e lo sterminio degli Ebrei) fatto innalzare da Benito Mussolini per sottrarre gli ebrei dai campi di concentramento tedeschi.
Desidero, prima di concludere, soffermarmi sulla frase: . Certo quel 16 ottobre 1943 i tedeschi penetrarono nel ghetto di Roma, ma Mussolini, grazie alla mascalzonata di Badoglio del mese precedente non aveva più il governo del Paese, così e solo per questo i tedeschi poterono fare quel che inutilmente avevano tentato negli anni precedenti quando al Governo c’era Mussolini: la cattura degli ebrei italiani.
Con la “complicità dei fascisti”, scrive il mio interlocutore.
Certo, c’erano i fascisti, ma per la verità ce ne era uno solo, in Camicia Nera, Ferdinando Natoni che riuscì a bloccare i tedeschi pretendendo la liberazione di tanti ebrei già catturati.
Ma il mio interlocutore esige, e ripeto giustamente, fatti e testimonianze.
E allora, di nuovo l’invito a leggere quanto mi attestarono le gemelle Mirella e Marina Limentani, ebree, salvate anche loro dal signor .
Visto che ho citato Ferdinando Natoni, e dato che intervistai anche Sua figlia, la Signora Anna, la quale mi ha pregato di ricordare che .
Come il mio interlocutore può vedere, ho citato autori e testimonianze non fasciste; però mi si conceda una deroga; Giorgio Pisanò ha scritto (Noi fascisti e gli Ebrei, pag. 19): .
Quindi ricapitolando e per terminare: ho presentato lo scritto di Antonio Pantano che accusa le Potenze vincitrici del Secondo Conflitto mondiale di aver sottratto documenti per creare “una storia artefatta”; abbiamo le testimonianze di Winston Churchill e Trevelyan che accusano la politica inglese di aver costretto l’Italia di Mussolini ad allearsi con Hitler; a seguito di ciò, Renzo De Felice attesta che l’Italia “non poteva non avere le sue leggi razziali”, il giornalista Daniele Vicini che scrive che centinaia di esuli ebrei (e non solo ebrei) si rifugiarono in Italia nel periodo delle Leggi Razziali; abbiamo la testimonianza di due gemelle ebree che hanno attestato che Ferdinando Natoni, fascista, salvò loro ed altri ebrei dall’arresto da parte dei tedeschi e, non davvero ultima, la dichiarazione di Giorgio Pisanò (ma essendo fascista è da prendere con le pinze).
Chi scrive queste note afferma di aver raccolto centinaia di documenti che attestano quanto sopra scritto e che, in questa sede è impossibile riportare. Dall’altra parte abbiamo un interlocutore che afferma esattamente il contrario di quanto sin qui detto.
Evidentemente deve essere in possesso di documenti a me, a Pantano, a Pisanò sconosciuti. In questo caso lo invito a presentarli per farmi uscire dall’equivoco. E di questo lo ringrazierò.
E se concludessi accusando il primo Governo antifascista (per intenderci, Badoglio) a seguito della sua fuga il 9 settembre 1943, di aver di fatto consegnato ai tedeschi gli ebrei sino ad allora protetti dal Male assoluto, di quanto sarei in errore?
 
Tratto da (CLICCA QUI)

 

2013.07.15 – CASO KAZAKISTAN – IL PASTICCIO DELL’ESPULSIONE… PRETESTO PER COLPIRE IL GOVERNO???


Siamo alle solite … i politicanti italiani fanno il rimpianttino sulle responsabilità (almeno quelle politiche).

C'è da chiedersi che ci stiano a fare al governo italiano questi personaggi … ma la digos della polizia italiana da chi dipende???

Il caso è stato coperto dal MLNV nei seguenti articoli: 2013.07.122013.07.112013.07.08

Caso Kazakistan: la Bonino nega responsabilità sul rimpatrio della moglie del dissidente. 
Fuoco di fila contro il vicepremier che reagisce: "Salteranno molte teste"

Massimiliano Scafi – Lun, 15/07/2013 – 08:38
«Salteranno molte capocce, si fermeranno molte carriere. 
Chi mi ha ingannato deve pagare». 
Sì, stavolta Angelino Alfano si è arrabbiato davvero.
Sotto tiro da tre giorni, accusato di aver ordinato, o coperto, l'espulsione della Shalabayeva, convinto che dietro l'attacco ci sia una manovra per far cadere il governo: il vicepresidente del Consiglio aspetta soltanto di avere in mano la relazione del capo della polizia per passare alla controffensiva. 
Alfano dovrà tenere botta fino a mercoledì, intanto incassa le parole di Emma Bonino: «Il due giugno, durante la Festa della Repubblica, dissi al ministro dell'Interno di seguire il caso Kazakistan di persona». 
Ecco, il due giugno: ma già dal 31 maggio la moglie del dissidente Ablyazov era stata «impacchettata e riconsegnata» alle autorità di Astana.
Il prefetto Alessandro Pansa ha ancora 48 ore a disposizione per completare l'inchiesta e ricostruire la vicenda. 
Quale funzionario ha dato l'ordine del blitz? 
Chi si è messo d'accordo con l'ambasciatore del Kazakistan a Roma? 
Perché il governo non è stato informato? 
Sono queste le domande del ministro al capo della polizia. 
Quando avrà le risposte, quando tutte le «ombre» saranno sparite, Alfano passerà agli «atti formali» e deciderà quali teste tagliare.
Non vuole solo salvare se stesso e il governo, ma anche, carte alle mano, «dare un segnale di pulizia» e «preservare l'immagine» dell'Italia». 
Pure secondo la Bonino «non c'è traccia di un coinvolgimento a livello politico nella faccenda». 
Evidentemente «la pressione del Kazakistan è stata fortissima, ma si è scaricata sui livelli più bassi: può essere che abbiano approfittato del vuoto di potere negli apparati in quei giorni tra maggio e giugno». 
E in effetti, proprio il 31 Alessandro Marangoni aveva lasciato l'incarico che aveva assunto come vicario dopo la morte di Antonio Manganelli. 
Pansa è diventato capo della polizia il primo giugno. 
Sel e grillini presenteranno delle mozioni di sfiducia individuali. 
Ma per Fabrizio Cicchitto «la ricostruzione della Bonino consente di chiarire in modo ineccepibile i tempi nei quali Alfano è venuto a conoscenza della questione Shalabayeva. 
Solo chi è in malafede e gioca a far cadere il governo può aprire un'offensiva contro di lui».
La Farnesina si chiama fuori: «Il ministero degli Esteri – si legge in una nota ufficiale – non ha alcuna competenza in materia di espulsione di cittadini stranieri dall'Italia né ha accesso ai dati relativi a cittadini stranieri ai quali sia riconosciuto da Paesi terzi lo status di rifugiato politico». 
E poi, «nessuna indicazione è stata fornita sui motivi della richiesta di informazioni sull'eventuale status diplomatico della signora Shalabayeva». 
Conclude Emma Bonino: «Tutto quello che posso fare io, lo farò. 
Qualcuno però dovrà pagare, dovrà dire all'opinione pubblica “sì, sono stato io“».
Da Astana l'ambasciatore Alberto Pieri segue «con attenzione» il caso. 
«Spero in futuri spiragli. 
Occorre sensibilizzare i kazaki con la moral suasion, però bisogna essere prudenti con i tempi della diplomazia». 
Diplomazia che non è stata usata dai nostri servizi, secondo la Shalabayeva: «Credevo volessero a ucciderci. 
Continuavano a gridare in italiano ma l'unica cosa che ho capito è stato “puttana russa”». 
A fare irruzione, «30, 35 persone vestite di nero: tra loro pure una donna che non mi lasciava mai sola». 
Da lì all'ufficio immigrazione della questura. 
«Ci sono rimasta 15 ore, stremata e affamata. 
Ho raccontato la mia storia, quella del Kazakistan e di Nazarbaev, un dittatore che elimina i leader dell'opposizione. 
Mi hanno ascoltato con attenzione». 
In serata la smentita della questura riguardo al trattamento denunciato dalla signora: «La Ablyazov non ha subito maltrattamenti nel blitz».

Eppure questi (mal)trattamenti a noi del MNV ricordano qualcosa … certe "visitine" della digos di Treviso, certi sequestri di persona per ore e ore negli uffici della polizia politica della questura straniera italiana a Treviso, i furti, le perquisizioni, le offese, gli scherni, le calunnie anche mediatiche … 

imagesCA3ICTBO

2023.07.13 – BANCHE: IL PRELIEVO FORZOSO DIVENTA LEGGE EUROPEA.


Dall’eccezione alla regola. 

Avevano detto che le modalità di salvataggio di Cipro non si sarebbero ripetute, ed invece è stata creata un’apposita normativa che nella pratica consente agli Stati dell’Eurozona di ripercorrere esattamente la stessa strada.
Lo aveva preannunciato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, per poi smentire di getto a causa del panico diffusosi in tutta Europa. 
Ma era buona la prima: Cipro è diventato un modello.
In settimana è stato firmato l’accordo. 
Da adesso in poi prima che uno Stato intervenga a salvare una banca, il prezzo sarà pagato dai correntisti e dagli investitori ed ,in molti casi, sarà molto, molto alto.
Sono in molti a pensare che le parole “fallimento ordinato” nascondano in realtà la volontà di codificare a livello comunitario il ben più famoso prelievo forzoso che anche l’Italia ha sperimentato nell’ormai celeberrimo caso del 1992.
L’accordo: dal bail out al bail in
L’accordo siglato nella notte tra giovedì e venerdì dall’Ecofin, il Consiglio di Economia e Finanza, si basa appunto sul meccanismo di salvataggio messo in atto a Cipro per evitare il fantasma default.
Dal bail out, il sistema mediante il quale è lo stato, in caso di falle, a farsi carico della copertura, si passa albail in, il meccanismo che invece coinvolge in prima battuta i privati (e i loro soldi) e poi, eventualmente, i Governi.
Chi paga?
In caso di default di un istituto di credito i primi a pagare saranno gli azionisti, seguiti dagliobbligazionisti meno assicurati (le obbligazioni subordinate verranno coinvolte nel pagamento) e daidepositi bancari superiori ai 100mila euro, mentre quelli inferiori rimangono garantiti mediante una direttiva europea.
Chi non paga?
Risparmiati dal “prelievo forzoso” saranno invece i possessori di obbligazioni garantite (le ordinarie sono escluse), pensioni e salari dei dipendenti.
Ogni Governo potrà poi decidere se escludere (parzialmente o totalmente) altri soggetti dalla partecipazione al fallimento ordinato.
Quando interviene lo Stato?
L’accordo prevede che il Governo intervenga a salvare la banca utilizzando il denaro pubblico solo dopo che azionisti e creditori avranno pagato l’8% delle passività totalidell’istituto.
Ogni Stato dovrà poi costruire un fondo nazionale che in 10 anni dovrà raggiungere un livello pari ad almeno lo 0,8% dei depositi garantiti non dalle singole banche , ma da tutte le istituzioni creditizie della Nazione, utilizzandolo per il 5% degli attivi.
– See more at: http://www.losai.eu/banche-il-prelievo-forzoso-diventa-legge-europea/#sthash.YFJfsVAI.dpuf

 

2013.07.13 – NWO… IL CROLLO DEL FALSO MITO E’ ALLE PORTE?


di Gabriel Donohoeoppt-in-rockefeller
La notizia sta dilagando su Internet da settimane dicendo che tutte le banche, aziende e società che si travestono da governi sono stati tutti pignorati, legalmente e legittimamente, ei loro beni sequestrati.
In una serie di documenti pubblici, il One People,s Public Trust (OPPT) ha precluso i poteri che avevano in essere che in sigla si dice Powers That Were (PTW) – utilizzando l’Uniform Commercial Code (UCC), il codice per tutto il commercio mondiale.
Il One People,s Public Trust è stato istituito per tutte le persone del pianeta e tutti sono titolari come beneficiari.
Tra gli amministratori è l’ex procuratore Heather Tucci-Jarraf, un esperto in UCC che ha lavorato all’interno del Powers That Were.
Con una mossa intelligente e perspicace, Heather ed i suoi colleghi hanno creato un contratto fiduciario collegato ad un articolo della originale Costituzione degli Stati Uniti del 1776 – la stessa Costituzione che è stata abbandonata con l’aziendalizzazione del governo degli Stati Uniti nel 1933.
Hanno poi inserito ogni essere umano sulla terra al contratto di Trust come beneficiari del patrimonio, in modo da essere riconosciuti come «un solo popolo, creato dal Creatore”.
Ciò significa che il Trust ha un credito superiore a qualsiasi altro – non ci può essere alcuna pretesa superiore a quello del OPPT, a meno che non sia fatta dal Grande Creatore stesso.
Il OPPT ha accusato la società bestia – il governo, le banche, le società – di frode, tradimento, e di schiavitù.
Nei dettagli, essi sostengono che queste società collettivamente, alias “il debitore”, “consapevolmente, volontariamente e intenzionalmente hanno commesso tradimento” di “possedere, operare, favoreggiare e concorrere con sistemi monetari privati” e “Sistemi operativi manipolati usati contro” i cittadini senza la loro conoscenza, la volontà e il consenso intenzionale “.
Come rimedio, il OPPT ha pignorato e ha chiuso i governi, le banche e le società responsabili e ha confiscato tutti i loro beni e delle infrastrutture, tra cui tutto l’oro e l’argento contenuto nei loro sistemi bancari.
Il OPPT sostiene tali attività per conto dell’unico popolo.
Tutto questo è fatto legalmente e legittimamente nel rispetto delle norme riconosciute a livello internazionale del Uniform Commercial Code.
I governi, le banche e le società non sono riusciti a confutare le accuse, una cosa fatale per le leggi del commercio.
Forse si sono resi conto che, se uno di essi avesse alzato la testa al di sopra del parapetto avrebbe rischiato di andare dritto in galera.
(La minaccia di arresto del Papa può averli innervositi, anche le frettolose dimissioni della Regina Beatrice dei Paesi Bassi.)
La loro incapacità di confutare o di rispondere alle accuse hanno portato a renderli insolventi e chiuderli.
Tutti i documenti sono di dominio pubblico.
Le copie possono essere visionati e scaricati dal sito OPPT: http://www.peoplestrust1776.org/
Molti di questi documenti sono di pesante lettura per il profano, ma sono estremamente interessanti comunque.
Ulteriori informazioni di più facile lettura possono essere visti su altri siti elencati alla fine di questo articolo.
Un documento OPPT interessante è la comunicazione di cortesia.
La Comunicazione di Cortesia autorizza un individuo di rispondere alle richieste o minacce da parte delle banche, aziende o governi informando loro incaricato che lui o lei non ha più una copertura dalla rete aziendale su cui appoggiarsi, ma ora sono attivi da soli con responsabilità illimitata personale. Questa è una posizione spaventosa per un direttore di banca o un esattore.
Il OPPT ha inoltre previsto dei Centri di Creazione del Valore dei Beni detti Creator’s Value Asset Centers (CVACs) per prendere in consegna le corporation e passarle a conduzione di governo.
C’è un CVAC in vigore per ogni paese del mondo.
Un equivalente di 10 miliardi di dollari sono stati stanziati per ogni essere umano sul pianeta.
Questo servirà per di finanziare un nuovo modo di vivere dove non ci sono debiti, ne tasse, o poteri di controllo su di voi.
Inoltre, la tecnologia nascosta in precedenza sarà messo in atto per darci energia libera gratis.
Ciò deriva dalle scoperte di Tesla, Keshe, e altri.
Può tutto questo davvero essere vero o è disinformazione dalla elite del NWO?
Quando si leggono tutti i dettagli, le informazioni su molti siti web, e si ascolta gli amministratori di podcast, si ha la sensazione che tutto questo sia vero e veramente sentito.
Certo, ci sono oppositori.
Ma è prevedibile.
Se le Nazioni Unite, la Banca dei Regolamenti Internazionali, della Federal Reserve, il governo degli Stati Uniti, e gli altri non possono confutare le gravi accuse portate avanti da OPPT, allora ci deve essere un po ‘di vera sostanza in esso.
Vedrete sulla Rete dove alcuni avvocati e giudici hanno esaminato i dettagli e li hanno chiamati “a prova di proiettile”.
Se, d’altra parte, si tratta di una truffa ideata dal NWO per confondere e scoraggiarci, allora è spettacolarmente fallita.
La notizia della OPPT sta risvegliando la gente a un ritmo esponenziale, le persone che potrebbero altrimenti restare addormentate.
Ai primi di gennaio questo scrittore ha osservato che Google aveva trovato solo poche migliaia di pagine su OPPT, la scorsa settimana ci sono stati oltre 8 milioni di pagine e poco tempo fa Google ha restituito 17.600.000 pagine in 0,31 sec.
Inoltre, una volta che le persone vedono ciò che li aspetta dietro l’angolo non si accontenteranno di niente di meno.
Si prega di guardare i dettagli e fare la propria la ricerca.
Siamo sulla cuspide di una nuova età dell’oro?
http://oppt-in.com/
http://www.americankabuki.blogspot.ca/
http://www.removingtheshackles.blogspot.ca/
http://kauilapele.wordpress.com/
The Guardian Express covers the OPPT in this article:http://guardianlv.com/2013/02/in-the-money-oppts-ucc-fili…
FONTE: http://www.opednews.com/articles/1/Great-News-Or-Disinfo

Articolo tratto da: (CLICCA QUI)

2013.07.13 – GIU LE MANI DAL NOSTRO TERRITORIO CHE CHIAMA A GRAN VOCE UNA SOLA ECONOMIA: IL TURISMO.


00Domenica 16 dicembre 2013
MA SIO FORA LA SACRALITA' NON SI TRAFORA
L'Evento, oltre ad essere una forte denuncia per dire
"NO TRAFORO"
ed ancora
"MA SIO FORA LA SACRALITA' NON SI TRAFORA"
,ha avuto la finalità di mostrare ai residenti e ai turisti le potenzialità che il territorio dell'area del Massiccio del Grappa può offrire in termini di attrattiva turistica: la sua posizione geografica, la varietà delle situazioni morfologiche, altimetriche, climatiche e lo scarso livello di disturbo antropico favoriscono un habitat diversificato che consente la convivenza armonica dell'uomo, dell'animale e della natura.
Un patrimonio unico su cui si dovrebbe investire per il prossimo futuro, il nostro territorio grida "Basta Cemento" e chiede "Futuro", un futuro basato su un nuovo modello di sviluppo economico ecosostenibile, capace di rispettarlo e valorizzarlo, perché il territorio si sente bello e vuole essere ammirato e vissuto nella sua naturalità, il territorio chiama a gran voce una sola economia: il TURISMO.

2013.07.12 – CASO ABLYAZOV: POLIZIA ITALIANA BRUTALE E VIOLENTA

Sfogliando la stampa estera degli ultimi giorni, emergono nuovi, agghiaccianti dettagli sul sequestro e riconsegna della moglie e della figlia di 6 anni del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. (QUI l'articolo sulla vicenda) Ovviamente censurati dalla stampa asservita dei regimi italiano e kazako, sono invece venute alla luce le ore del sequestro, direttamente dalla voce della Signora Shalabayeva.

Il racconto del sequestro:

Era circa mezzanotte, quando una trentina di uomini armati vestiti di nero irruppero nella villa della periferia di Roma, dove la Signora Shalabayeva e la giovane figlia hanno vissuto negli ultimi 8 mesi. Altri venti uomini armati sciamavano all'esterno.

Durante tutto il blitz, nessuno degli uomini si è mai identificato, nessuno ha permesso ai fermati di avere un avvocato, o controllare le due bambine di 6 e 9 anni, se non dopo decise insistenze

Dopo aver saccheggiato e perquisito la casa, uno degli assaltatori, un italiano con una catena d'oro, le urlò: "Put***a Russa", e qualche minuto dopo "Io sono la mafia!". Il fratellastro della Signora Shalabayeva, fu fatto sedere al tavolo, dato che non capiva l'italiano fu colpito duramente al volto. Alla fine del raid, dopo aver stilato il verbale in italiano e averlo solo letto in inglese alla donna, le fu fatto firmare "in realtà mi forzarono a farlo, ho visto come avevano colpito mio fratello".

Terrorizzata, la Signora Shalabayeva capì immediatamente che l'oggetto dell'aggressione era il marito: "Erano 50 vestiti di nero, sembravano vestiti vecchi, con buchi nei pantaloni, non sembrava polizia, non agivano come la polizia, sembravano criminali, molti avevano l'orecchino e la barba" … "Uno capiva poco di inglese, urlavano tra di loro in italiano e noi non capivamo nulla, cercavamo di spiegargli a gesti che c'erano delle bambine e volevamo controllare" … "In quel momento, ho solo avuto la sensazione che fossero venuti ad ucciderci… Ci avrebbero ucciso tutti, senza processo e senza indagini e nessuno lo avrebbe mai saputo" … "Ad un tratto ho temuto per le bambine, pensavo le avrebbero stuprate" … "Non ci hanno mostrato documenti, permessi, atti, nulla, semplicemente rovesciavano e distruggevano tutto, non mi hanno permesso di identificarli o di capira cosa stesse succedendo". Questo riferisce la donna, descrivendo gli eventi di Maggio di quest'anno, che hanno provocato una scossa attraverso il governo italiano, in grossa difficoltà nel spiegare le proprie azioni, oltre ad aver elevato preoccupazione nell'osservatore ONU per i diritti umani.

Fu deportata in fretta e furia in Kazakhstan. La prontezza di Roma nel consegnare la moglie di un rifugiato politico, ha suscitato domande sui rapporti commerciali tra l'elite italiana e Kazakhstan, ricco di risorse e spesso criticato per la non applicazione dei diritti umani.

Come la Signora Shalabayeva racconta, nella dichiarazione di 18 pagine, consegnata al Financial Times dai sui avvocati questa settimana (QUI l'originale), è stata portata alle prime luci del 29 Maggio alla Questura di Roma. Due giorni dopo, nel frattempo detenuta in un CIE, un centro di detenzione per illegali in attesa di espulsione, la Signora Shalabayeva e la figlia di 6 anni Alua, che è nata nel Regno Unito, sono state imbarcate su un aereo verso la capitale kazaka, Astana, dove è stata informata di essere indagata dalla polizia.

Documenti rilasciati dal tribunale italiano agli avvocati di famiglia, mostrano che l'aereo è stato noleggiato dall'ambasciata kazaka in Austria (QUI l'interesse dell'autorità di Vienna sulla vicenda). La Signora Shalabayeva ha dichiarato che le è stato impedito un incontro con gli avvocati, e di aver chiesto ripetutamente l'asilo politico, dicendo che la sua vita era in pericolo, ma i poliziotti italiano risposero che "era troppo tardi".

I documenti mostrano anche che il giorno precedente al blitz, l'ambasciata kazaka chiese alla polizia italiana di arrestare il Signor Ablyazon e di estradarlo. Fu fotografato alla villa da un investigatore assoldato dalle autorità kazake il 26 Maggio.

Al momento la donna e la figlia sono piantonate nella città di Almaty, indagate per aver ottenuto dei passaporti kazaki illegalmente. Sarà anche interrogata (figuriamoci con che modalità) sulla posizione attuale del marito. Se trovata colpevole (sicuramente con giusto processo in una dittatura, ma forse le autorità italiane sono di questo avviso), sarà imprigionata e la figlia consegnata ad un orfanotrofio statale (dove la aspetta certo un'infanzia felice). La donna rinnega le accuse.

"Sono state deportate perché uno dei più noti dittatori del mondo voleva degli ostaggi da usare contro il suo principale oppositore politico. Ed ora li ha. Perché le forze di polizia italiane hanno permesso questo" queste le parole del marito in una intervista a "La Stampa".

Chiedendo al primo ministro italiano Enrico Letta "di andare a fondo di questa sordida vicenda", Ablyazov aggiunge: "Potete immaginare vostra moglie e vostra figlia prese ostaggio dai vostri oppositori politici, per essere usate come pedine nelle vostre battaglie politiche? Questo è quello che mi è successo." Letta ha risposto ordinando un'indagine interna (che pensiamo sarà trasparente quanto quella kazaka).

Ennesima riprova quindi del modus operandi italiano, completamente indifferente ai trattati internazionali e al rispetto dei diritti umani, sia dei normali cittadini, dei Popoli oppressi come quello Veneto, Napolitano, Siciliano e Sardo, sia dei rifugiati politici, che hanno avuto la sventura di rifugiarsi sotto il suo repressivo regime. Ennesima prova della brutalità della polizia italiana, incapace di gestire una situazione di crisi e di agire nel rispetto delle regole etiche, morali o finanche legali durante le sue operazioni, come anche noi del MLNV abbiamo avuto modo di sperimentare.

WSM

Venetia, 12 luglio 2013
Davide Giaretta
Provveditore Generale del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

LINK:

Dichiarazione della Signora Shalabayeva, originale, in inglese QUI

Articolo del Financial Times del 5 luglio QUI

 

 

2013.07.11 – IL GOVERNO ITALIANO ALLA RESA DEI CONTI SUL CASO KAZAKISTAN

L'ITALIA SI GUARDA ALLO SPECCHIO DOPO 150 ANNI

Con riferimento alla news del giorno 8 luglio 2013 dal titolo "E L'ITALIA CONTINUA A VIOLARE LE NORME INTERNAZIONALI ANCHE SUI DIRITTI DEI RIFUGIATI POLITICI" (CLICCA QUI)
registriamo l'impegno del Governo Austriaco a fare piena luce sulla vicenda.
Mentre l'italia manteneva il più stretto riserbo per più di un mese, agendo perfino all'insaputa della maggior parte dell'esecutivo, in Austria, a Vienna, dopo pochi giorni, è stato aperto un fascicolo per sequestro di persona. 
Il velivolo che ha trasportato le due vittime da Ciampino, infatti, è stato noleggiato in Austria da parte dell'ambasciatore kazako.
Il pilota è stato quindi interrogato dalle autorità austriache con questa accusa, salvo poi essere rilasciato, a norma di legge, in quanto seguiva le disposizioni della polizia italiana e non poteva essere a conoscenza del misfatto compiuto dalla stessa su ordine del ministero dell'interno italiano.
Ancora una volta una dimostrazione del rispetto del governo di Vienna per i trattati internazionali, dopo l'aver acconsentito all'atterraggio, rifiutandosi di procedere ad una perquisizione, sempre secondo disposizioni di legge, del velivolo del Presidente Boliviano Evo Morales.
Tratto da (CLICCA QUI)
 

WSM

Venetia, 11 luglio 2013
Davide Giaretta
Provveditore Generale del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

    

2013.07.08 – I CARABINIERI CONTRO GLI ZINGARI … BASTA BENEFICI A QUESTI PERSONAGGI!


ROMA 
carabiniere2-126x150I Carabinieri contro gli zingari del campo nomadi di Roma: “Possiedono Ferrari e Porsche, il Comune la smetta di concedere loro benefici”.
Si dice che la Kyenge, appena saputa la notizia, sia diventata nera… di rabbia. 
I Carabinieri di Roma infatti, hanno deciso di effettuare maggiori controlli al campo nomadi di Castel Romano, ultimamente teatro di incendi, risse e aggressioni.
E hanno scoperto che tanti zingari che di giorno mendicano e chiedono l’elemosina poi tornano a casa con macchine di lusso. 
Addirittura alcuni sono stati visti tornare al campo rom con Porsche e Ferrari. 
E così sono subito scattati i provvedimenti per contrastare un andazzo che stava andando avanti da troppo tempo.
Per prima cosa, visto che gli zingari non pagavano le bollette dell’acqua, è stato staccato al campo l’allaccio per disporre dell’acqua corrente. 

xtimthumb.php,qsrc=,hwww.mattinonline.ch,_wp-content,_uploads,_2013,_07,_zingaro1.jpg,aw=456,ah=270,azc=1.pagespeed.ic.XAZ21yoZFmMa altri provvedimenti sono in cantiere: è stato infatti chiesto al Comune di valutare se davvero esistono ancora i presupposti per concedere alle famiglie di nomadi le case prefabbricate, dato che molte di loro hanno cospicue risorse finanziare e vivono meglio di molti italiani che avrebbero davvero bisogno di aiuto.
Inoltre, per contrastare i continui episodi di criminalità (in poco tempo è stato speso oltre un milione di euro proprio a causa di vandalismi e danneggiamenti al campo rom), ci saranno accertamenti sulla situazione penale degli “ospiti”: tanti infatti sarebbero i pregiudicati, alcuni addirittura con decreto di espulsione dall’Italia, che stanno tranquillamente perpetrando i loro crimini nella zona.
MS
Tratto da (CLICCA QUI)
 

2013.07.08 – E L’ITALIA CONTINUA A VIOLARE LE NORME INTERNAZIONALI ANCHE SUI DIRITTI DEI RIFUGIATI POLITICI…


Governo, resa dei conti sul caso Kazakistan.

“Alfano dia risposte precise”
La moglie e la figlia del dissidente Ablyazov sono state rispedite dalla Digos nelle mani del dittatore Nazarbayev, amico di Berlusconi.
Ma il tribunale di Roma ha smentito che i loro passaporti fossero falsi.
Una figuraccia internazionale.
Bonino furiosa per essere stata tagliata fuori, Cancellieri smentita dai fatti.
Ora Letta chiede spiegazioni al ministro dell'Interno, artefice dell'operazione: "Poi si trarranno le conseguenze"
kazakistan-letta-interna-new
Un’inchiesta interna al Viminale e un’altra “verifica” tra gli organi di governo per far luce, “nel più breve tempo possibile”, sul caso che sta causando un vero terremoto nell’esecutivo di Letta.
E non per questioni economiche, ma per qualcosa di più grave sotto il profilo internazionale.
E non solo.
Il 29 maggio scorso, il ministro dell’Interno e segretario del PdlAngelino Alfano, ha mandato una cinquantina di uomini armati della Digos a prendere le due donne nella loro casa di Casal Palocco, a Roma, arrivando alla loro successiva espulsione con l’accusa di avere passaporti falsi.
Accusa poi smentita dal tribunale di Roma, secondo cui l’espulsione non andava in alcun modo autorizzata, visto che i documenti erano il regola.
La violazione ha però regalato al dittatore kazako due preziosi ostaggi contro il suo nemico principale, appunto il dissidente Ablyazov.
E siccome l’intera operazione è stata portata a termine dal ministro Alfano senza che nessun altro del governo ne venisse messo a conoscenza, neppure Enrico Letta, c’è il forte sospetto che il vicepremier e segretario del Pdl abbia voluto chiudere la vicenda rapidamente e in barba ad ogni regola solo per compiacere il dittatore kazako, partner privilegiato dell’Eni e – soprattutto – su pressioni dello stesso Cavaliere.
Su questo, Letta ha chiesto piena luce.
La questione, che sta tenendo banco da giorni sui media internazionali, ha mandato su tutte le furie il ministro degli Esteri, Emma Bonino, che non ha alcuna intenzione di prestare il fianco alle critiche feroci dei media sull’operato dell’Italia a cui lei, per altro, non è in grado in alcun modo di rispondere, perché tenuta all’oscuro di tutto.
Bonino si è quindi si è rivolta a Letta: “Evitiamo all’Italia, se possibile, l’ennesima figuraccia…”, spingendo il premier verso l’indagine interna.
Anche il ministro Cancellieri, che in un primo momento aveva parlato di “espulsione avvenuta secondo le regole”, dopo la smentita del tribunale di Roma ha chiesto a Letta di avere “chiarimenti”; il fatto di essere stata messa “fuori strada” dal collega ministro dell’Interno, a cui aveva chiesto lumi, l’ha profondamente contrariata.
Tutti contro Alfano?
A quanto sembra, l’intera vicenda è stata gestita con una dose sospetta di superficialità.
Alle domande di Letta, durante un colloquio tra i due avvenuto l’altro giorno a Palazzo Chigi, il vicepremier si sarebbe giustificato sostenendo che i funzionari del ministero gli avevano assicurato che i passaporti delle due donne erano falsi e lui ha quindi dato il via libera all’operazione.
Ma la ricostruzione, a quanto sostengono alcune fonti informate a Palazzo Chigi, farebbe “acqua da tutte le parti”.
“La cosa più grave – prosegue una di queste fonti – è che nessuno ha saputo nulla fino ad operazione conclusa e non c’è stata alcuna chiarezza su chi e perché avrebbe chiesto di proseguire nell’espulsione di queste due persone; per altro, sono state violate anche le regole in materia di rifugiati e abbiamo avuto forti critiche anche dall’agenzia dell’Onu che si occupa dei rifugiati, l’Unhcr”.
Sembra, infatti, che l’Italia abbia violato il Testo Unico Immigrazione secondo cui nessuno può essere in nessun caso rimandato verso uno Stato in cui rischia di subire persecuzioni: “ Le autorità italiane – ha criticato l’Unhcr – non hanno valutato appieno le conseguenze che tale rimpatrio forzato potrebbe avere”.
Il caso, che è seguito “da vicino” anche dal presidente della Camera, Laura Boldrini, è quindi destinato ad avere forti ripercussioni a livello di governo.
Soprattutto se, come sospetta Enrico Letta, “l’eccesso di zelo” di alcuni funzionari del ministero dell’interno sull’espulsione della famiglia del dissidente kazako non è stato affatto “spontaneo”, come sarebbe stato sostenuto da Alfano, bensì “indotto da precisi ordini superiori”.
Per questo, dalla “verifica interna agli organi di governo”, chiesta qualche giorno fa, Letta si attende “risposte precise”.
“La questione diplomatica ed economica con il Kazakistan – chiude la fonte di Palazzo Chigi – non deve indurre a conclusioni di comodo; se verranno accertate responsabilità, anche a livello di governo, si trarranno le conseguenze”.
Quali, al momento, non è dato sapere.
 
AGGIORNAMENTO:
Mentre l'italia manteneva il più stretto riserbo per più di un mese, agendo perfino all'insaputa della maggior parte dell'esecutivo, in Austria, a Vienna, dopo pochi giorni, è stato aperto un fascicolo per sequestro di persona. Il velivolo che ha trasportato le due vittime da Ciampino, infatti, è stato noleggiato in Austria da parte dell'ambasciatore kazako. Il pilota è stato quindi interrogato dalle autorità austriache con questa accusa, salvo poi essere rilasciato, a norma di legge, in quanto seguiva le disposizioni della polizia italiana e non poteva essere a conoscenza del misfatto compiuto dalla stessa su ordine del ministero dell'interno italiano. Ancora una volta una dimostrazione del rispetto del governo di Vienna per i trattati internazionali, dopo l'aver acconsentito all'atterraggio, rifiutandosi di procedere ad una perquisizione, sempre secondo disposizioni di legge, del velivolo del Presidente Boliviano Evo Morales.
 
Tratto da (CLICCA QUI)

2013.07.07 – IL MISTERO DELL’ENERGIA PULITA CHE TENGONO NASCOSTA


Marconi ideò un raggio che fermava i mezzi a motore.

Mussolini lo voleva, il Vaticano lo bloccò.
Da quelle ricerche altri scienziati crearono l’alternativa a petrolio e nucleare.
Nel 1999 l’invenzione stava per essere messa sul mercato, ma poi tutto fu insabbiato.
ray
di Rino Di Stefano, da rinodistefano.com
 
L’energia pulita tanto auspicata dal presidente Obama dopo il disastro ambientale del Golfo del Messico forse esiste già da un pezzo, ma qualcuno la tiene nascosta per inconfessabili interessi economici.
Ma non solo.
Negli anni Settanta, infatti, un gruppo di scienziati italiani ne avrebbe scoperto il segreto, ma questa nuova e stupefacente tecnologia, che di fatto cambierebbe l’economia mondiale archiviando per sempre i rischi del petrolio e del nucleare, sarebbe stata volutamente occultata nella cassaforte di una misteriosa fondazione religiosa con sede nel Liechtenstein, dove si troverebbe tuttora.
Sembra davvero la trama di un giallo internazionale l’incredibile storia che si nasconde dietro quella che, senza alcun dubbio, si potrebbe definire la scoperta epocale per eccellenza, e cioè la produzione di energia pulita senza alcuna emissione di radiazioni dannose.
In altre parole, la realizzazione di un macchinario in grado di dissolvere la materia, intendendo con questa definizione qualunque tipo di sostanza fisica, producendo solo ed esclusivamente calore.
 
UNA SCOPERTA PER CASO
Come ogni giallo che si rispetti, l’intricata vicenda che si nasconde dietro la genesi di questa scoperta è stata svelata quasi per caso.
Lo ha fatto un imprenditore genovese che una decina d’anni fa si è trovato ad avere rapporti di affari con la fondazione che nasconde e gestisce il segreto di quello che, per semplicità, chiameremo “il raggio della morte”.
E sì, perché la storia che stiamo per svelare nasce proprio da quello che, durante il fascismo, fu il mito per eccellenza: l’arma segreta che avrebbe rivoluzionato il corso della seconda guerra mondiale.
Sembrava soltanto una fantasia, ma non lo era. In quegli anni si diceva che persino Guglielmo Marconi stesse lavorando alla realizzazione del “raggio della morte”.
La cosa era solo parzialmente vera.
Secondo quanto Mussolini disse al giornalista Ivanoe Fossati durante una delle sue ultime interviste, Marconi inventò un apparecchio che emetteva un raggio elettromagnetico in grado di bloccare qualunque motore dotato di impianto elettrico.
Tale raggio, inoltre, mandava in corto circuito l’impianto stesso, provocandone l’incendio.
Lo scienziato dette una dimostrazione, alla presenza del duce del fascismo, ad Acilia, sulla strada di Ostia, quando bloccò auto e camion che transitavano sulla strada.
A Orbetello, invece, riuscì a incendiare due aerei che si trovavano ad oltre due chilometri di distanza.
Tuttavia, dice sempre Mussolini, Marconi si fece prendere dagli scrupoli religiosi.
Non voleva essere ricordato dai posteri come colui che aveva provocato la morte di migliaia di persone, bensì solo come l’inventore della radio.
Per cui si confidò con papa Pio XI, il quale gli consigliò di distruggere il progetto della sua invenzione.
Cosa che Marconi si affretto a fare, mandando in bestia Mussolini e gerarchi.
Poi, forse per il troppo stress che aveva accumulato in quella disputa, nel 1937 improvvisamente venne colpito da un infarto e morì a soli 63 anni.
La fine degli anni Trenta fu comunque molto prolifica da un punto di vista scientifico.
Per qualche imperscrutabile gioco del destino, pare che la fantasia e la creatività degli italiani non fu soltanto all’origine della prima bomba nucleare realizzata negli Stati Uniti da Enrico Fermi e da i suoi colleghi di via Panisperna; altri scienziati, continuando gli studi sulla scissione dell’atomo, trovarono infatti il modo di “produrre ed emettere sino a notevoli distanze anti-atomi di qualsiasi elemento esistente sul nostro pianeta che, diretti contro una massa costituita da atomi della stessa natura ma di segno opposto, la disgregano ionizzandola senza provocare alcuna reazione nucleare, ma producendo egualmente una enorme quantità di energia pulita”.
Tanto per fare un esempio concreto, ionizzando un grammo di ferro si sviluppa un calore pari a 24 milioni di KWh, cioè oltre 20 miliardi di calorie, capaci di evaporare 40 milioni di litri d’acqua.
Per ottenere un uguale numero di calorie, occorrerebbe bruciare 15mila barili di petrolio.
Sembra quasi di leggere un racconto di fantascienza, ma è soltanto la pura e semplice realtà.
Almeno quella che i documenti in possesso dell’imprenditore genovese Enrico M. Remondini dimostrano.
 
LA TESTIMONIANZA
“Tutto è cominciato – racconta Remondini – dal contatto che nel 1999 ho avuto con il dottor Renato Leonardi, direttore della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, con sede a Vaduz, capitale del Liechtenstein.
Il mio compito era quello di stipulare contratti per lo smaltimento di rifiuti solidi tramite le Centrali Termoeletriche Polivalenti della Fondazione Internazionale Pace e Crescita.
Non mi hanno detto dove queste centrali si trovassero, ma so per certo che esistono.
Altrimenti non avrebbero fatto un contratto con me.
In quel periodo, lavoravo con il mio collega, dottor Claudio Barbarisi.
Per ogni contratto stipulato, la nostra percentuale sarebbe stata del 2 per cento.
Tuttavia, per una clausola imposta dalla Fondazione stessa, il 10 per cento di questa commissione doveva essere destinata a favore di aiuti umanitari.
Considerando che lo smaltimento di questi rifiuti avveniva in un modo pressoché perfetto, cioè con la ionizzazione della materia senza produzione di alcuna scoria, sembrava davvero il modo ottimale per ottenere il risultato voluto.
Tuttavia, improvvisamente, e senza comunicarci il perché, la Fondazione ci fece sapere che le loro centrali non sarebbero più state operative.
E fu inutile chiedere spiegazioni.
Pur avendo un contratto firmato in tasca, non ci fu nulla da fare.
Semplicemente chiusero i contatti”.
Remondini ancora oggi non conosce la ragione dell’improvviso voltafaccia.
Ha provato a telefonare al direttore Leonardi, che tra l’altro vive a Lugano, ma non ha mai avuto una spiegazione per quello strano comportamento.
Inutili anche le ricerche per vie traverse: l’unica cosa che è riuscito a sapere è che la Fondazione è stata messa in liquidazione.
Per cui è ipotizzabile che i suoi segreti adesso siano stati trasferiti ad un’altra società di cui, ovviamente, si ignora persino il nome.
Ciò significa che da qualche parte sulla terra oggi c’è qualcuno che nasconde il segreto più ambito del mondo: la produzione di energia pulita ad un costo prossimo allo zero.
 
http://www.rinodistefano.com/docs/Relazione-tecnico-scientifica-della-Fondazione-Internazionale-Pace-e-Crescita.pdf
http://www.rinodistefano.com/docs/Contratto-di-Remondini.pdf
 
Nonostante questo imprevisto risvolto, in mano a Remondini sono rimasti diversi documenti strettamente riservati della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, per cui alla fine l’imprenditore si è deciso a rendere pubblico ciò che sa su questa misteriosa istituzione.
Per capire i retroscena di questa tanto mirabolante quanto scientificamente sconosciuta scoperta, occorre fare un salto indietro nel tempo e cercare di ricostruire, passo dopo passo, la cronologia dell’invenzione.
Ad aiutarci è la relazione tecnico-scientifica che il 25 ottobre 1997 la Fondazione Internazionale Pace e Crescita ha fatto avere soltanto agli addetti ai lavori.
Ogni foglio, infatti, è chiaramente marcato con la scritta “Riproduzione Vietata”.
Ma l’enormità di quanto viene rivelato in quello scritto giustifica ampiamente il non rispetto della riservatezza richiesta.
Il “raggio della morte”, infatti, pur essendo stato concepito teoricamente negli anni Trenta, avrebbe trovato la sua base scientifica soltanto tra il 1958 e il 1960.
Il condizionale è d’obbligo in quanto riportiamo delle notizie scritte, ma non confermate dalla scienza ufficiale.
Non sappiamo da chi era composto il gruppo di scienziati che diede vita all’esperimento: i nomi non sono elencati.
Sappiamo invece che vi furono diversi tentativi di realizzare una macchina che corrispondesse al modello teorico progettato, ma soltanto nel 1973 si arrivò ad avere una strumentazione in grado di “produrre campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti, in modo da colpire qualsiasi materia, ionizzandola a distanza ed in quantità predeterminate”.
 
IL VIA DAL GOVERNO ANDREOTTI
Fu a quel punto che il governo italiano cominciò ad interessarsi ufficialmente a quegli esperimenti. E infatti l’allora governo Andreotti, prima di passare la mano a Mariano Rumor nel luglio del ’73, incaricò il professor Ezio Clementel, allora presidente del Comitato per l’energia nucleare (CNEN), di analizzare gli effetti e la natura di quei campi magnetici a fascio.
Clementel, trentino originario di Fai e titolare della cattedra di Fisica nucleare alla facoltà di Scienze dell’Università di Bologna, a quel tempo aveva 55 anni ed era uno dei più noti scienziati del panorama nazionale e internazionale.
La sua responsabilità, in quella circostanza, era grande.
Doveva infatti verificare se quel diabolico raggio avesse realmente la capacità di distruggere la materia ionizzandola in un’esplosione di calore.
Anche perché non ci voleva molto a capire che, qualora l’esperimento fosse riuscito, si poteva fare a meno dell’energia nucleare e inaugurare una nuova stagione energetica non soltanto per l’Italia, ma per il mondo intero.
Tanto per fare un esempio, questa tecnologia avrebbe permesso la realizzazione di nuovi e potentissimi motori a razzo che avrebbero letteralmente rivoluzionato la corsa allo spazio, permettendo la costruzione di gigantesche astronavi interplanetarie.
Il professor Clementel ordinò quindi quattro prove di particolare complessità.
La prima consisteva nel porre una lastra di plexiglas a 20 metri dall’uscita del fascio di raggi, collocare una lastra di acciaio inox a mezzo metro dietro la lastra di plexiglass e chiedere di perforare la lastra d’acciaio senza danneggiare quella di plexiglass.
La seconda prova consisteva nel ripetere il primo esperimento, chiedendo però di perforare la lastra di plexiglass senza alterare la lastra d’acciaio.
Il terzo esame era ancora più difficile: bisognava porre una serie di lastre d’acciaio a 10, 20 e 40 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo di bucare le lastre a partire dall’ultima, cioè quella posta a 40 metri.
Nella quarta e ultima prova si doveva sistemare una pesante lastra di alluminio a 50 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo che venisse tagliata parallelamente al lato maggiore.
Ebbene, tutte e quattro le prove ebbero esito positivo e il professor Clementel, considerando che la durata dell’impulso dei raggi era minore di 0,1 secondi, valutò la potenza, ipotizzando la vaporizzazione del metallo, a 40.000 KW e la densità di potenza pari a 4.000 KW per centimetro quadrato.
In realtà, venne spiegato a sperimentazione compiuta, l’impulso dei raggi aveva avuto la durata di un nano secondo e poteva ionizzare a distanza “forma e quantità predeterminate di qualsiasi materia”.
Tra l’altro all’esperimento aveva assistito anche il professor Piero Pasolini, illustre fisico e amico di un’altra celebrità scientifica qual è il professor Antonino Zichichi.
In una sua relazione, Pasolini parlò di “campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti che sviluppano atomi di antimateria proiettati e focalizzati in zone di spazio ben determinate anche al di là di schemi di materiali vari, che essendo fuori fuoco si manifestano perfettamente trasparenti e del tutto indenni”.
In pratica, ma qui entriamo in una spiegazione scientifica un po’ più complessa, gli scienziati italiani che avevano realizzato quel macchinario, sarebbero riusciti ad applicare la teoria di Einstein sul campo unificato, e cioè identificare la matrice profonda ed unica di tutti i campi di interazione, da quello forte (nucleare) a quello gravitazionale.
Altri fisici in tutto il mondo ci avevano provato, ma senza alcun risultato.
Gli italiani, a quanto pare, c’erano riusciti.
 
L’INSABBIAMENTO
In un Paese normale (ma tutti sappiamo che il nostro non lo è) una simile scoperta sarebbe stata subito messa a frutto.
Non ci vuole molta fantasia per capire le implicazioni industriali ed economiche che avrebbe portato.
Anche perché, quella che a prima vista poteva sembrare un’arma di incredibile potenza, nell’uso civile poteva trasformarsi nel motore termico di una centrale che, a costi bassissimi, poteva produrre infinite quantità di energia elettrica.
Perché, dunque, questa scoperta non è stata rivelata e utilizzata?
La ragione non viene spiegata.
Tutto quello che sappiamo è che i governi dell’epoca imposero il segreto sulla sperimentazione e che nessuno, almeno ufficialmente, ne venne a conoscenza.
Del resto nel 1979 il professor Clementel morì prematuramente e si portò nella tomba il segreto dei suoi esperimenti.
Ma anche dietro Clementel si nasconde una vicenda piuttosto strana e misteriosa.
Pare, infatti, che le sue idee non piacessero ai governanti dell’epoca.
Non si sa esattamente quale fosse la materia del contendere, ma alla luce della straordinaria scoperta che aveva verificato, è facile immaginarlo.
Forse lo scienziato voleva rendere pubblica la notizia, mentre i politici non ne volevano sapere.
Chissà?
Ebbene, qualcuno trovò il sistema per togliersi di torno quello scomodo presidente del CNEN.
Infatti venne accertato che la firma di Clementel appariva su registri di esame all’Università di Trento, della quale all’epoca era il rettore, in una data in cui egli era in missione altrove.
Sembrava quasi un errore, una svista. Ma gli costò il carcere, la carriera e infine la salute.
Lo scienziato capì l’antifona, e non disse mai più nulla su quel “raggio della morte” che gli era costato così tanto caro.
A Clementel è dedicato il Centro Ricerche Energia dell’ENEA a Bologna.
C’è comunque da dire che già negli anni Ottanta qualcosa venne fuori riguardo un ipotetico “raggio della morte”.
Il primo a parlarne fu il giudice Carlo Palermo che dedicò centinaia di pagine al misterioso congegno, affermando che fu alla base di un intricato traffico d’armi.
La storia coinvolse un ex colonnello del Sifar e del Sid, Massimo Pugliese, ma anche esponenti del governo americano (allora presieduto da Gerald Ford), i parlamentari Flaminio Piccoli (Dc) e Loris Fortuna (Psi), nonché una misteriosa società con sede proprio nel Liechtenstein, la Traspraesa.
La vicenda durò dal 1973 al 1979, quando improvvisamente calò una cortina di silenzio su tutto quanto.
Erano comunque anni difficili.
L’Italia navigava nel caos.
Gli attentati delle Brigate Rosse erano all’ordine del giorno, la società civile soffocava nel marasma, i servizi segreti di mezzo mondo operavano sul nostro territorio nazionale come se fosse una loro riserva di caccia.
Il 16 marzo 1978 i brigatisti arrivarono al punto di rapire il Presidente del Consiglio Nazionale della Dc, Aldo Moro, uccidendo i cinque poliziotti della scorta in un indimenticabile attentato in via Fani, a Roma.
E tutti ci ricordiamo come andò a finire.
Tre anni dopo, il 13 maggio 1981, il terrorista turco Mehmet Alì Agca in piazza San Pietro ferì a colpi di pistola Giovanni Paolo II.
E’ in questo contesto, che il “raggio della morte” scomparve dalla scena.
Del resto, ammesso che la scoperta avesse avuto una consistenza reale, chi sarebbe stato in grado di gestire e controllare gli effetti di una rivoluzione industriale e finanziaria che di fatto avrebbe cambiato il mondo?
Non ci vuole molto, infatti, ad immaginare quanti interessi quell’invenzione avrebbe danneggiato se soltanto fosse stata resa pubblica.
In pratica, tutte le multinazionali operanti nel campo del petrolio e dell’energia nucleare avrebbero dovuto chiudere i battenti o trasformare da un giorno all’altro la loro produzione.
Sarebbe veramente impossibile ipotizzare una cifra per quantificare il disastro economico che la nuova scoperta italiana avrebbe portato.
Ma queste sono solo ipotesi.
Ciò che invece risulta riguarda la decisione presa dagli autori della scoperta.
Infatti, dopo anni di traversie e inutili tentativi per far riconoscere ufficialmente la loro invenzione, probabilmente temendo per la loro vita e per il futuro della loro strumentazione, questi scienziati consegnarono il frutto del loro lavoro alla Fondazione Internazionale Pace e Crescita, che l’11 aprile 1996 venne costituita apposta, verosimilmente con il diretto appoggio logistico-finanziario del Vaticano, a Vaduz, ben al di fuori dei confini italiani. In quel momento il capitale sociale era di appena 30mila franchi svizzeri (circa 20mila Euro).
“Sembra anche a noi – si legge nella relazione introduttiva alle attività della Fondazione – che sia meglio costruire anziché distruggere, non importa quanto possa essere difficile, anche se per farlo occorrono molto più coraggio e pazienza, assai più fantasia e sacrificio”.
A prescindere dal fatto che non si trova traccia ufficiale di questa fantomatica Fondazione, se non la notizia (in tedesco) che il primo luglio del 2002 è stata messa in liquidazione, parrebbe che a suo tempo l’organizzazione fosse stata costituita in primo luogo per evitare che un’invenzione di quella portata fosse utilizzata solo per fini militari.
Del resto anche i missili balistici (con quello che costano) diventerebbero ben poca cosa se gli eserciti potessero disporre di un macchinario che, per distruggere un obiettivo strategico, necessiterebbe soltanto di un sistema di puntamento d’arma.
Secondo voci non confermate, la decisione degli scienziati italiani sarebbe maturata dopo una serie di minacce che avevano ricevuto negli ambienti della capitale.
Ad un certo punto si parla pure di un attentato con una bomba, sempre a Roma.
Si dice che, per evitare ulteriori brutte sorprese, quegli scienziati si appellarono direttamente a Papa Giovanni Paolo II e la macchina che produce il “raggio della morte” venisse nascosta per qualche tempo in Vaticano.
Da qui la decisione di istituire la fondazione e di far emigrare tutti i protagonisti della vicenda nel più tranquillo Liechtenstein.
In queste circostanze, forse non fu un caso che proprio il 30 marzo 1979 il Papa ricevette in Vaticano il Consiglio di Presidenza della Società Europea di Fisica, riconoscendo, per la prima volta nella storia della Chiesa, in Galileo Galilei (1564-1642) lo scopritore della Logica del Creato.
Comunque sia, da quel momento in poi, la parola d’ordine è stata mantenere il silenzio assoluto.
 
LE MACCHINE DEL FUTURO
Qualcosa, però, nel tempo è cambiata.
Lo prova il fatto che la Fondazione Internazionale Pace e Crescita non si sarebbe limitata a proteggere gli scienziati cristiani in fuga, ma nel periodo tra il 1996 e il 1999 avrebbe proceduto a realizzare per conto suo diverse complesse apparecchiature che sfruttano il principio del “raggio della morte”.
Secondo la loro documentazione, infatti, è stata prodotta una serie di macchinari della linea Zavbo pronti ad essere adibiti per più scopi.
L’elenco comprende le SRSU/TEP (smaltimento dei rifiuti solidi urbani), SRLO/TEP (smaltimento dei rifiuti liquidi organici), SRTP/TEP (smaltimento dei rifiuti tossici), SRRZ/TEP (smaltimento delle scorie radioattive), RCC (compattazione rocce instabili), RCZ (distruzione rocce pericolose), RCG (scavo gallerie nella roccia), CLS (attuazione leghe speciali), CEN (produzione energia pulita).
A quest’ultimo riguardo, nella documentazione fornita da Remondini si trovano anche i piani per costruire centrali termoelettriche per produrre energia elettrica a bassissimo costo, smaltendo rifiuti.
C’è tutto, dalle dimensioni all’ampiezza del terreno necessario, come si costruisce la torre di ionizzazione e quante persone devono lavorare (53 unità) nella struttura.
Un’ intera centrale si può fare in 18 mesi e potrà smaltire fino a 500 metri cubi di rifiuti al giorno, producendo energia elettrica con due turbine Ansaldo.
C’è anche un quadro economico (in milioni di dollari americani) per calcolare i costi di costruzione. Nel 1999 si prevedeva che una centrale di questo tipo sarebbe costata 100milioni di dollari.
Una peculiarità di queste centrali è che il loro aspetto è assolutamente fuorviante.
Infatti, sempre guardando i loro progetti, si nota che all’esterno appaiono soltanto come un paio di basse palazzine per uffici, circondate da un ampio giardino con alberi e fiori.
La torre di ionizzazione, dove avviene il processo termico, è infatti completamente interrata per una profondità di 15 metri.
In pratica, un pozzo di spesso cemento armato completamente occultato alla vista.
In altre parole, queste centrali potrebbero essere ovunque e nessuno ne saprebbe niente.
Da notare che, secondo le ricerche compiute dalla International Company Profile di Londra, una società del Wilmington Group Pic, leader nel mondo per le informazioni sul credito e quotata alla Borsa di Londra, la Fondazione Internazionale Pace e Crescita, fin dal giorno della sua registrazione a Vaduz, non ha mai compiuto alcun tipo di operazione finanziaria nel Liechtenstein, né si conosce alcun dettaglio del suo stato patrimoniale o finanziario, in quanto la legge di quel Paese non prevede che le Fondazioni presentino pubblicamente i propri bilanci o i nomi dei propri fondatori.
Si conosce l’indirizzo della sede legale, ma si ignora quale sia stato quello della sede operativa e il tipo di attività che la Fondazione ha svolto al di fuori dei confini del Liechtenstein.
Ovviamente mistero assoluto su quanto sia accaduto dopo il primo luglio del 2002 quando, per chissà quali ragioni, ma tutto lascia supporre che la sicurezza non sia stata estranea alla decisione, la Fondazione ufficialmente ha chiuso i battenti.
Ancora più strabiliante è l’elenco dei clienti, o presunti tali, fornito a Remondini.
In tutto 24 nomi tra i quali spiccano i maggiori gruppi siderurgici europei, le amministrazioni di due Regioni italiane e persino due governi: uno europeo e uno africano.
Da notare che, in una lettera inviata dalla Fondazione a Remondini, si parla di proseguire con i contatti all’estero, ma non sul territorio nazionale “a causa delle problematiche in Italia”.
Ma di quali “problematiche” si parla?
E, soprattutto, com’è che una scoperta di questo tipo viene utilizzata quasi sottobanco per realizzare cose egregie (pensiamo soltanto alla produzione di energia elettrica e allo smaltimento di scorie radioattive), mentre ufficialmente non se ne sa niente di niente?
Interpellato sul futuro della scoperta da Remondini, il professor Nereo Bolognani, eminenza grigia della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, ha detto che “verrà resa nota quando Dio vorrà”.
Sarà pure, ma di solito non è poi così facile conoscere in anticipo le decisioni del Padreterno.
Neppure con la santa e illustre mediazione del Vaticano.
Quale giornalista professionista che si è occupato di questa incredibile storia, mi sento in dovere di pubblicare alcuni documenti che possano provare al lettore l’attendibilità delle notizie che ho esposto.
Si tratta della relazione tecnica di cui sono venuto in possesso.
Una relazione, sia ben chiaro, che non dimostra affatto la realtà di quanto la Fondazione Internazionale Pace e Crescita asserisce nella sua documentazione, ma soltanto l’esistenza dei contenuti citati nell’articolo.
E’ chiaro, infatti, che la reale consistenza dei fatti dovrebbe essere verificata dai fisici e certamente non da un giornalista la cui responsabilità resta quella di informare nel modo più serio e professionale possibile.
 
RELAZIONE TECNICO-SCIENTIFICA DELLA FONDAZIONE INTERNAZIONALE PACE E CRESCITA [PDF, 4,62 MB]
 
http://www.rinodistefano.com/docs/Relazione-tecnico-scientifica-della-Fondazione-Internazionale-Pace-e-Crescita.pdf
 
RELAZIONE ILLUSTRATIVA DELLA FONDAZIONE INTERNAZIONALE PACE E CRESCITA [PDF, 13,5 MB]
 
IL CONTRATTO DI E. M. REMONDINI [PDF, 1,24 MB]
 
http://www.rinodistefano.com/docs/Relazione-illustrativa-della-Fondazione-Internazionale-Pace-e-Crescita.pdf
 
http://www.rinodistefano.com/docs/Contratto-di-Remondini.pdf
 
Si richiede il programma Adobe Reader per visualizzare i file PDF
 
INTERVISTA AL TESTIMONE
«Dissero che il segreto non doveva finire nelle mani dei militari»
Enrico Remondini non è un uomo di molte parole.
La sua esperienza con la Fondazione Internazionale Pace e Crescita, a undici anni di distanza, è ormai un ricordo tra i risvolti della memoria.
Alcuni mesi di lavoro, vissuti anche con un certo entusiasmo, poi i contatti si sono chiusi lasciandogli, oltre ad una certa perplessità per il modo in cui sono stati interrotti, anche un velo di amarezza.
Aveva condiviso, ammette, i fini umanitari della Fondazione; per cui non comprendeva, e non comprende ancora oggi, il motivo per cui l’operazione non sia stata portata a termine.
Soprattutto, però, gli è rimasta dentro una fortissima curiosità: quanto c’era di vero in quello che gli avevano detto?
Signor Remondini, come e quando è entrato in contatto con la Fondazione Internazionale Pace e Crescita?
“Fu nei primi mesi ndel 1999, mi pare, e in modo del tutto fortuito.
Mi trovavo a Lugano per lavoro e un amico me ne parlò.
Non era una notizia di dominio pubblico, per cui ero incuriosito.
In seguito il mio amico mi fece incontrare il direttore della Fondazione, il dottor Renato Leonardi, e a lui chiesi se potevo collaborare con loro”.
Non furono dunque loro a cercarla…
“No, fui io che ne feci richiesta.
In un primo tempo pensavo di poter lavorare nelle pubbliche relazioni, ma ben presto mi resi conto che a loro non interessava quel settore.
Leonardi, invece, mi chiese di fare alcune traduzioni e, a questo riguardo, mi diede diversi documenti.
Gli stessi che adesso, non esistendo più la Fondazione, ho deciso di rendere pubblici”.
La sua collaborazione si fermò alle traduzioni?
“No, successivamente decisi di instaurare un rapporto più imprenditoriale.
Per cui venni presentato al professor Nereo Bolognani, presidente della Fondazione.
Ci incontravamo a Milano, nella hall di un albergo vicino alla stazione centrale.
Fu lui a spiegarmi che le centrali polivalenti della Fondazione erano in grado di smaltire in modo ottimale un certo tipo di scorie.
Soprattutto di tipo metallico.
Per cui, insieme ad un mio amico, mi feci dare un mandato dalla Fondazione stessa per procurare questo tipo di scorie.
Fu un periodo molto breve, perché riuscimmo a prendere contatti con uno solo dei nominativi che ci erano stati forniti.
Si trattava di una grossa acciaieria italiana che aveva problemi per lo smaltimento delle scorie metalliche.
Noi ci facemmo consegnare un campione e lo passammo a Bolognani perché lo facesse esaminare e ci dicesse se l’affare poteva essere avviato.
Ma accadde qualcosa prima di avere l’esito di quelle analisi…”.
E cioè?
“La moglie di Bolognani morì di un brutto male e per qualche tempo non riuscimmo a metterci in contatto con lui.
Pensavamo che, dopo un certo periodo, si sarebbe ripreso e avremmo continuato la normale attività lavorativa.
Ma le cose non andarono così.
E’ probabile, direi quasi certo, che contemporaneamente a quel lutto avvenne anche qualche altro cambiamento interno alla Fondazione.
Comunque sia, nonostante avessimo un mandato firmato in tasca, non riuscimmo più a metterci in contatto con loro.
Tutto quello che so è che Bolognani, dopo la morte della moglie, si era trasferito da Roma, dove abitava.
Ma ignoro dove.
Provai anche a chiamare Leonardi, a Lugano, ma fu inutile.
Una volta riuscii anche a parlargli, ma era molto evasivo e non volle dirmi nulla.
In seguito venni a sapere che la Fondazione era stata messa in liquidazione”.
Eppure lei aveva lavorato per loro, avrà avuto anche delle spese.
Gliele hanno mai rimborsate?
“No, e non gliele ho mai chieste.
Ripeto, abbiamo preso solo un contatto, per cui si trattava di poca cosa.
Non mi è sembrato che ne valesse la pena.
Tra l’altro, avevo sempre avuto un buon rapporto con loro e non volevo rovinarlo per così poco”.
Tuttavia nei suoi confronti non hanno mostrato molta chiarezza.
Ha mai provato a farsi dire qualcosa in più circa la loro attività?
Dopotutto, visto che contattavano industrie ed enti pubblici, non si può dire che il loro segreto non fosse divulgato …
“Sì, una volta ho avuto una conversazione di questo tipo con Bolognani.
Devo dire che era una persona molto corretta e molto religiosa.
Mi spiegò che lo scopo della Fondazione era quello di evitare che una scoperta scientifica come quella che loro gestivano finisse nelle mani dei militari, diventando causa di morte.
Poi aggiunse che un giorno, quando Dio vorrà, questo segreto verrà reso pubblico”.
E le basta?
“No, però capisco il fine.
E per molti versi lo condivido”.
 
R.D.S.
 
AI LETTORI
Confucio, celebre filosofo cinese, diceva che prima di scrivere bisogna sedersi, raccogliere le idee, rifletterci sopra e quindi pensare a come esporre il proprio pensiero.
Poi, finalmente, si può cominciare a mettere nero su bianco quanto intendiamo comunicare per iscritto.
Ciò vale tanto per i professionisti della penna, come il sottoscritto, quanto per chiunque altro.
Ma molti, purtroppo, non seguono i saggi consigli di Confucio.
Anzi, si mettono di fronte ad un foglio di carta (o a un video) e tirano giù qualunque cosa passi loro per la testa.
Ne sono un buon esempio certi lettori del “Giornale” che in questi giorni, dopo aver letto il mio articolo sull’energia, hanno preso d’assalto il sito Internet del quotidiano, gridando allo scandalo per quello che avevano letto.
Visto che quanto avevo scritto non corrispondeva a quanto loro sapevano, semplicemente non poteva essere vero.
Ovviamente non tutti sono stati così avventati, molti altri si sono incuriositi e hanno chiesto chiarimenti.
Ma è ai primi che adesso voglio rivolgermi.
Le accuse più frequenti sono state “scemenze, cazzate, non si possono scrivere cose di questo tipo, sono tutti si dice”, eccetera.
Nessuno di questi signori si è domandato, invece, perché un autorevole quotidiano nazionale come “Il Giornale” abbia pubblicato un articolo di questo tipo.
La verità è che tutto quanto è stato detto nell’articolo in questione, viene da un’ampia documentazione originale della “misteriosa” Fondazione Internazionale Pace e Crescita di Vaduz, nel Liechtenstein.
Per la precisione da 30 documenti autentici (relazioni tecnico-scientifiche, piani industriali, relazioni illustrative, planimetrie), per un totale di 86 pagine.
Nessun “si dice” o presunte illazioni, ma soltanto la fedele trascrizione di quanto è scritto in quei documenti.
Ciò, però, non significa che io, come giornalista, o “Il Giornale” stesso, abbiamo sposato e avallato quelle notizie.
Riportare dei fatti non vuol dire affatto assumersene la paternità.
Siamo cronisti e, in quanto tali, portiamo a conoscenza dei lettori le notizie che riteniamo più interessanti e curiose.
Ma ci limitiamo a riportarle, non certo a inventarcele e farle nostre.
E il caso della Fondazione, come chiunque può notare, è davvero strano e insolito.
Tanto più che la Fondazione non è il parto di una fantasia malata, bensì pura realtà.
Mi devo invece scusare per un paio di refusi contenuti nel pezzo.
E mi riferisco a Pio XII invece di Pio XI e alle tre parole che sono saltate vicino al nome di Moro: la frase giusta era “il Presidente del Consiglio Nazionale della Dc, Aldo Moro”.
Per il resto, tutto era come doveva essere.
Ovviamente, dopo aver pubblicato questo pezzo, era doveroso sentire l’altra campana, quella della scienza ufficiale.
A questo riguardo, vi comunico che ho provveduto personalmente a portare la documentazione scientifica, relativa alla Fondazione Internazionale Pace e Crescita, all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare affinché la esamini e ne esprima un giudizio.
Quando avrò il risultato, sarà mia premura renderlo pubblico.
Con questo spero di aver dissipato ogni dubbio circa la mia personale serietà e quella del “Giornale” che ha ospitato l’articolo.
“Giornale”, per inciso, nel quale ho trascorso 26 anni della mia vita professionale e con il quale continuo ad essere legato con un contratto di collaborazione in esclusiva.
Se poi ci sarà qualcuno che, nonostante tutto, vorrà continuare a scrivere sciocchezze nei miei confronti, si accomodi pure.
Come dicevano gli antichi greci, contro la stupidità neanche gli Dei possono nulla.
Figurarsi i giornalisti, compresi quelli che si sforzano di essere sempre seri e corretti.
 
R.D.S.
 
«Così l’Italia lavorò al raggio che crea energia dal nulla»
Alcuni documenti provano gli esperimenti fatti dallo scienziato Clementel negli anni 70.
Ma ora nessuno può vedere il prodotto di quegli studi
 
di Rino Di Stefano – rinodistefano.com
(Il Giornale, Domenica 26 Settembre 2010)
 
Nell’Inverno del 1976 il governo italiano autorizzò il professor Ezio Clementel, presidente del CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare), ad effettuare una serie di esperimenti per verificare l’efficacia di una misteriosa macchina che emetteva un fascio di raggi in grado di annichilire la materia, producendo grandi quantità di energia.
Giulio Andreotti aveva appena formato il suo terzo governo, un monocolore Dc che si reggeva sull’astensione di Pci, Psi, Psdi, Pri e Pli, dopo le elezioni del 20-21 giugno che avevano visto la vittoria di Dc e Pci.
La lettera con cui il professor Clementel inviava la sua relazione sulle prove da eseguirsi, è datata 26 novembre 1976 e indirizzata all’avvocato Loris Fortuna, Presidente della Commissione Industria, presso la Camera dei Deputati, in piazza del Parlamento 4, a Roma.
Il socialista Fortuna era il deputato incaricato dal Presidente del Consiglio per seguire il lavoro di Clementel.
La relazione è composta da cinque facciate.
Nella seconda, quella che segue la lettera di accompagnamento, c’è l’elenco delle cinque prove richieste dal protocollo, con i relativi dettagli. In sostanza, si trattava di far forare al fascio di raggi emesso dalla macchina, lastre di acciaio inox e alluminio poste a diverse distanze dall’obiettivo della macchina stessa.
Nelle tre facciate successive, viene calcolata la potenza del raggio.
In un altro documento di due facciate, il professor Clementel scrive di suo pugno, siglandole in calce, le sue conclusioni relative alla valutazione delle prove effettuate, all’energia e alla potenza del fascio, alla natura del fascio stesso.
Scrive il professor Clementel: “L’energia del fascio impiegato è stimabile tra i 150.000 e i 4 milioni di Joule (il joule è l’unità di misura dell’energia n.d.r.); i numeri dati corrispondono all’energia necessaria per fondere rispettivamente vaporizzare 144 grammi di acciaio inox.
Una valutazione più precisa sarà forse possibile al termine delle analisi metallurgiche in corso per uno dei campioni di acciaio inox.
Poiché, come risulta dalle prove, il fascio è quasi certamente di tipo impulsato, con durata degli impulsi minore di 0,1 secondi, occorrerebbe una esatta conoscenza di tale durata per poter determinare la potenza del fascio.
Si può comunque dare una stima del limite inferiore della potenza in gioco, assumendo una durata dell’impulso pari a 0,1 secondi.
Con tale valore, si ha una potenza totale del fascio di 1500 Kw/cmq nel caso della fusione del metallo; nel caso della vaporizzazione del metallo la potenza totale del fascio salirebbe a 40.000 Kw e la densità di potenza a 4000 Kw/cmq”.
 
IL DOCUMENTO
PROVE?
In alto, la pagina di presentazione e poi la pagina più importante del documento che il presidente del Comitato per l’Energia Nucleare, Ezio Clementel (ritratto nella foto in basso), spedì al presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, per ragguagliarlo circa le prove che erano state fatte di una macchina che produce energia da un misterioso raggio. In basso la doppia pagina del Giornale del 6 luglio scorso quando ci siamo occupati per la prima volta del raggio che dà energia gratis. Il nostro articolo di quel giorno ha creato molto rumore, soprattutto su Internet.
Con questa puntata raccontiamo gli sviluppi di una storia che presenta molti lati oscuri e anche per questo è molto affascinante.
E poi conclude: “Circa la natura, del fascio, le semplici prove effettuate non consentono una risposta sufficientemente precisa, anche se vi è qualche indicazione che porterebbe ad escludere alcune fra le sorgenti più comuni, quali ad esempio getto di plasma, fasci di particelle cariche accelerate, fasci di neutroni, eccetera.
In ogni caso, anche nell’ipotesi non ancora escludibile di fascio laser, le energie e soprattutto le potenze in gioco, si porrebbero al di là dei limiti dell’attuale tecnologia.
Si può in ogni caso escludere che si tratti di fasci di anti-particelle o di anti-atomi”.
Il professor Clementel fece fare delle riprese di quelle prove sulla misteriosa macchina e i filmati, insieme alla relazione, sono giunti integri fino a noi.
Nelle scene in bianco e nero si vedono distintamente la macchina e la lastra di acciaio inox verso cui è diretto il fascio di raggi.
Un attimo e un grande bagliore avvolge l’acciaio; quando le fiamme si diradano, appare il grosso foro sulla lastra
Il ritrovamento di questa documentazione a 34 anni di distanza, prova due cose.
La prima è che nel 1976 la macchina che produce energia con un fascio di raggi, esisteva.
La seconda è che quegli esperimenti, autorizzati dal governo, conferiscono un primo grado di attendibilità al dossier della Fondazione Internazionale Pace e Crescita di Vaduz, nel Liechtenstein, l’organizzazione che si proclamava proprietaria della fantastica tecnologia.
Ma è proprio così?
La Fondazione era realmente il soggetto che disponeva di questo macchinario?
Non proprio.
Per saperne di più, abbiamo cercato la risposta a Civitella d’Agliano, un caratteristico borgo medioevale tra le colline di Lazio e Umbria, in provincia di Viterbo, dove si trova il villino dell’ingegner Aristide Saleppichi, uno dei primi tecnici a occuparsi della costruzione e dello sviluppo della misteriosa macchina.
Saleppichi, ex direttore dello stabilimento Montedison di Terni, ha due lauree: una in ingegneria industriale meccanica e una in fisica.
Ma non solo.
L’ingegnere, che oggi ha 91 anni e mantiene una invidiabile e lucidissima mente, fa parte del gruppo che da quarant’anni gestisce la macchina.
Secondo lui, il fatto che proprio adesso si cominci a parlare del misterioso macchinario, non è casuale.
“Vede, io ho un concetto un po’ teologico degli avvenimenti – spiega –
La fisica cammina.
Ad un certo punto il Signore ci dice quando dobbiamo scoprire alcune cose.
E’ come se qualcuno ci desse da mangiare un poco per volta.
Questo dunque, potrebbe essere il momento giusto per affrontare l’argomento”.
Ed è proprio per fornire un chiarimento sulla vicenda, che l’ingegnere ha organizzato una riunione in casa sua tra lo staff di questo gruppo e il cronista che vi parla.
“Quella tecnologia appartiene solo a noi.
E, per essere più precisi, a Rolando Pelizza, colui che ha materialmente costruito la macchina a Chiari, in provincia di Brescia.
 – esordisce Pietro Panetta, ex imprenditore di Roma e portavoce di Pelizza –
La Fondazione Internazionale Pace e Crescita, che si vantava di disporre di questa tecnologia, è stata costituita da un nostro conoscente, il professor Nereo Bolognani.
Lo abbiamo avvertito a più riprese che, senza il nostro consenso, non poteva continuare su quella strada.
Alla fine, lo abbiamo minacciato di azioni legali e allora lui, nel 2002, ha messo in liquidazione la Fondazione” .
Risolto il mistero della Fondazione, resta quello di chiarire chi sono coloro che adesso si attribuiscono la proprietà della tecnologia in questione.
Di certo, il nome di Rolando Pelizza non è estraneo alla cronaca. Infatti fu proprio lui a finire sul banco degli imputati, insieme all’ex colonnello del Sid Massimo Pugliese, al processo di Venezia voluto dal giudice Carlo Palermo per traffico internazionale di armi.
Pelizza venne subito assolto, Pugliese si beccò 2 anni e 8 mesi.
Ricorse in appello e fu a sua volta assolto perché “il fatto non costituisce reato”.
Sempre per la cronaca, il colonnello Pugliese trascorse il resto della sua vita intentando cause contro il giudice Palermo, l’allora Presidente del Consiglio De Mita e gli ex ministri Colombo (Finanze) e Zanone (Difesa) chiedendo 9 miliardi di lire di risarcimento.
Inascoltato in Italia, si rivolse persino alla Corte di Strasburgo.
Ciò premesso, vediamo adesso chi sono e cosa pretendono gli amici di Pelizza.
Tutto cominciò oltre 50 anni fa
Signor Panetta, quando e come nasce l’invenzione di questa macchina.
“L’origine del progetto risale al 1958, ma soltanto nel 1972 si ebbe la prima manifestazione sulla materia.
Infatti, il fascio di raggi era diretto verso il materiale da trattare: investito, in una frazione di secondo l’oggetto subiva un processo di annichilimento, generando calore”.
L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, da noi consultato, afferma che, alla luce delle nostre attuali conoscenze scientifiche, una simile macchina non sta né in cielo né in terra, anche se in linea di principio non sarebbe impossibile.
Lei che cosa risponde?
“Questo è ciò che loro sanno.
Ma la realtà è diversa.
E lo dimostrano le prove fatte dal compianto professor Clementel, con la collaborazione di Pelizza. Nei fatti, un grande fisico teorico, quasi per ispirazione divina, ha intuito il mezzo per far interagire la materia.
E si è dedicato interamente alla stesura del progetto”.
Di chi sta parlando?
“Certamente non di Pelizza, che ha soltanto aiutato questo fisico a costruire la macchina.
Lo chiamava “il professore”.
Ha imparato da lui a gestirla, frequentandolo per oltre quindici anni.
Da solo non avrebbe mai avuto né la preparazione né la capacità per arrivare a tanto”.
Dica di chi si tratta, allora.
“Mi dispiace, ma non posso fare nomi.
Non sono autorizzato a farlo.
Tutto quello che posso dire è che occorsero circa dieci anni, e arriviamo così al 1981, per riuscire a controllare il fascio di raggi”.
Va bene, allora ci può mostrare questa prodigiosa macchina: può farci assistere ad una prova?
“No, mi dispiace.
Nessuno può vederla.
Solo a suo tempo, quando avremo definito certe trattative che abbiamo in corso a livello mondiale, potremo mostrarla.
E in quell’occasione parlerà anche Pelizza.
Ma non prima”.
Ma il gruppo collegato a Pelizza, che sta per creare una Fondazione, è davvero l’unico a conoscere i segreti della misteriosa tecnologia?
A quanto pare, non proprio.
Da anni, infatti, qualcun altro si sta interessando attivamente a questi problemi.
Ma come si è formato questo secondo filone di ricerca?
“Per caso – risponde l’ingegnere elettronico milanese Franco Cappiello -.
Fu verso la fine degli anni Novanta che conobbi il colonnello Pugliese, allora nel pieno della sua campagna giudiziaria contro giudici e politici.
Un giorno, forse sentendo la fine vicina, mi raccontò tutta la storia della macchina e mi regalò la documentazione di cui era in possesso.
C’erano i disegni e i piani di costruzione, aveva conservato tutto.
Mi diede anche qualche indicazione utile sul come costruire un prototipo.
E fece appena in tempo, perché morì nel 1998.
Così, da quel momento, mi sono dedicato anima e corpo alla macchina e, dopo avere studiato bene il fenomeno, posso dire che la base scientifica di questa scoperta non manca davvero.
A mio avviso, si tratta di un generatore di energia a trasporto positronico (i positroni sono antiparticelle degli elettroni, dotate di carica positiva n.d.r.).
L’energia che fornisce è termica e completamente priva di radioattività”.
Cappiello, però, si rende conto che una scoperta scientifica, per essere giudicata tale, deve essere studiata ed esaminata da scienziati veri.
“Ed è per questa ragione – afferma – che ho chiesto l’aiuto di una equipe di ricercatori dell’Università di Pavia.
Questi scienziati, guidati da un’autorità come il professor Sergio P. Ratti, studieranno tutti gli aspetti di questa macchina.
Ci tengo comunque a chiarire che recentemente ho instaurato una fruttuosa collaborazione con Rolando Pelizza”.
Le domande degli scienziati
Difficile immaginare uno scienziato più illustre del professor Ratti per studiare la funzionalità della macchina.
Docente di Fisica Sperimentale all’Università di Pavia, oggi in pensione, Sergio P. Ratti è uno degli scienziati italiani più conosciuti al mondo e una della massime autorità in fatto di positroni.
Professor Ratti, come è giunto alla decisione di dirigere le ricerche sulla macchina che dà energia?
“Confucio diceva che la scienza è scienza quando sa separare ciò che conosciamo da ciò che crediamo di conoscere.
Nel caso specifico, si tratta di accertare se questo macchinario sia in grado o meno di liberare positroni dal vuoto assoluto.
Dunque faremo tutte le prove necessarie, adottando i dovuti accorgimenti, per verificare se questo possa realmente accadere.
Nelle opportune condizioni, l’esperimento deve essere ripetibile.
Altrimenti non si parlerebbe di scienza”.
Che cosa intende quando parla di accorgimenti?
“Mi riferisco alla legge 626 sulla sicurezza del lavoro.
Qualora si ottenesse l’annichilimento di 500 grammi di ferro, dove andrebbero a finire i residui?
Nei polmoni dei presenti?
E’ quindi tassativo, tanto per fare un esempio, che il locale in cui vengono svolti gli esperimenti sia dotato di uno specifico sistema di ventilazione, con filtri per l’aria.
E dovranno essere presenti anche tutti gli altri dispositivi di sicurezza attiva e passiva”.
Avete già i locali adatti?
“Ho inoltrato una richiesta in questo senso al rettore dell’Università di Pavia.
Attendo una risposta”.
Da un punto di vista scientifico, questa scoperta potrebbe cambiare la fisica come oggi la conosciamo.
Secondo lei, come potrebbe essere accolta una novità di questo genere?
“Ha presente che cosa accadde a Galileo quando parlò delle sue conclusioni sul moto della terra intorno al sole?
Il problema è che, prima di parlare di scoperta scientifica, si devono avere tutte le prove del caso.
Quello che posso dire è che ho consultato diversi miei colleghi in giro per il mondo, e ho avuto risposte interessanti.
Uno, decisamente molto importante che lavora all’Università di Harvard, mi ha confermato che, in linea di principio, potrebbe essere. Insomma, bisogna studiare il fenomeno nel modo più serio e corretto possibile.
Quanto alle conclusioni, vedremo a tempo debito”.
 
Fonte: http://www.stampalibera.com/
Tratto da: informatitalia.blogspot.com
http://www.signoraggio.it/dossier-il-mistero-dellenergia-gratuita-che-ci-tengono-nascosta/
Attraverso: http://terrarealtime.blogspot.it/2013/07/dossier-il-mistero-dellenergia-gratuita.html#more
 
Tratto da: iconicon.it

articolo tratto da (CLICCA QUI)

e subito dopo ecco cosa è sucesso: 

INDISPONIBILE

 

2013.07.04 – PAGINA CONTRO LA MADONNA E FACEBOOK SOSTIENE CHE NON OFFENDE NESSUNO.


… e parte la petizione.23d99a1c34_Virgin-Mary-Aborted-227x300

Continuano a crescere le pagine Facebook create apposta per offendere i valori cristiani.
Una, in particolare, si intitola “Virgin Mary should’ve aborted”, la Vergine Maria avrebbe dovuto abortire.
Come immagine di fondo presenta un fotoritocco in cui la Madonna sta fumando erba. 
Penoso.
Quella del profilo, invece, è riportata qui a fianco. 
La didascalia: “Maria: «È okay, Giuseppe, non sono una prostituta.
Il signore è venuto su di me è mi ha messa incinta». 
Giuseppe: «Sì, okay, qualcuno è venuto su di te, ma non pensavo che fosse il signore». 
(Mary: “it’s ok Joseph, I’m not a whore. The lord came upon me and I conceived.”; Joseph: “Yeah okay someone *came upon you* but I don’t think it was the lord.”)
Al solito, non si capisce a chi dovrebbe piacere o chi dovrebbe divertire. 
Eppure i “like” sono circa 1.900.
Dispiace riportare questi dettagli. 
Non è per dare pubblicità a iniziative simili, che meriterebbero solo l’oblio, ma è per descrivere quanto sia diffusa e superficiale la “cristianofobia”. 
Soprattutto alla luce delle reazioni di Facebook.
Questa pagina ha, infatti, una storia particolare da raccontare. 
Una storia che speriamo possa far scuola.
Dopo lo sdegno di trovarsi di fronte a contenuti così vergognosi, un utente (che ringraziamo per averci informati) ha deciso di fare qualcosa di pratico.
Ha segnalato la pagina come abuso e ha scritto al centro assistenza di Facebook.
La risposta che ha ottenuto è a dir poco sorprendente: “Grazie per il tempo dedicato a segnalare qualcosa che ritieni possa violare le Regole della nostra Comunità. 
Segnalazioni come la tua sono importanti per rendere Facebook un ambiente sicuro ed accogliente. 
Abbiamo rivisto la pagina che hai segnalato per vedere se conteneva discorsi o simboli di odio e troviamo che non violi le nostre Regole in merito ai discorsi di odio (found it DOESN’T violate our community standard on hate speech)”.
La didascalia riportata più sopra, quindi, non violerebbe nessuna regola per un ambiente sicuro e accogliente.
Questa risposta rivela in modo chiaro quale sia l’attenzione di Facebook verso i propri contenuti. 
Soprattutto indica come la “violazione” sia un concetto basculante che obbliga al rispetto di tutto e tutti, tranne dei simboli cristiani. 
In modo diretto fa capire quanto sia inutile rivolgersi al Centro di Assistenza e in modo indiretto fa pensare: e se invece ci fosse stato scritto “La madre di un gay avrebbe dovuto abortire”?
Non censurare una pagina di questo tipo è una sconfitta del rispetto in generale.
Questo è disgustoso, conclude l’utente. 
E lo diciamo anche noi.
Ma l’utente non si è fermato e ha fatto partire una petizione on-line, dal titolo “Cancella la pagina di Facebook Virgin Mary Should’ve Aborted”. 
Nel momento in cui scriviamo, la petizione ha già superato le 3.000 firme in pochi giorni. 
Un risultato davvero ottimo, che speriamo possa aumentare in fretta e incoraggiare iniziative analoghe.
Speriamo sia la prima pagina ad essere tolta per offesa diretta ai valori cristiani, cancellata grazie all’intervento vigoroso dell’utenza.
A proposito. 
Vi ricordate la pagina contro il cardinale Jean-Louis Pierre Tauran, dal titolo “Il Tossico che ha annunciato il Papa – L’uomo che si è fatto la fumata bianca”?
È ancora lì, con i suoi 45.537 “Mi piace” e nessuno l’ha tolta.
Neanche questa offende, evidentemente.
 
Tratto da (CLICCA QUI)
 

2013.07.03 – INCIDENTE DIPLOMATICO BOLIVIA – EU


In queste ore è stata diramata la notizia che il velivolo del Presidente boliviano, Evo Morales, proveniente da Mosca, è stato costretto ad atterrare a Vienna, dopo la chiusura dello spazio aereo da parte di Francia, Portogallo e Italia, motivate dalla presunta presenza di Edward Snowden, protagonista della vicenda "Datagate", a bordo.

Questo MLNV, in prima linea per la difesa dei diritti dei Popoli, dei cittadini e del rispetto dei trattati internazionali, condanna gravemente l'accaduto e appoggia pienamente la decisione del Governo Austriaco di aver offerto scalo all'aereo presidenziale, in rispetto delle norme vigenti.
Inviamo al Presidente Morales e al Governo Boliviano le nostre felicitazioni, in quanto apprendiamo che la situazione è stata risolta grazie all'apertura dello spazio aereo spagnolo, esprimiamo inoltre solidarietà e decisa indignazione per l'accaduto.
WSM
Venetia, 3 luglio 2013
Davide Giaretta
Provveditore Generale del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
 
Austria_flagBolivia_flag
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Da dieci ore ormai il presidente della Bolivia è costretto ad attendere all’aeroporto di Vienna di poter tornare nel suo paese dopo che Italia, Portogallo e Francia hanno chiuso il loro spazio aereo.
L'aereo del presidente boliviano Evo Morales si trova tuttora all'aeroporto di Vienna e dovrebbe lasciare la capitale austriaca alla volta di La Paz in giornata, una volta ottenuto il permesso definitivo di potere sorvolare la Spagna. 2f70fba92c837915f5b93428f7015989_XL
L'aereo é dovuto atterrare in Austria durante la notte, proveniente da Mosca, dopo che il Portogallo non gli ha concesso la possibilità di effettuare uno scalo tecnico e la Francia gli ha negato il permesso di penetrare nel suo spazio aereo, secondo il ministro degli esteri boliviano David Choquehuanca.
Una mossa provocatoria di Lisbona e Parigi dovuta al timore dei rispettivi paesi che a bordo dell’aereo presidenziale boliviano ci fosse la cosiddetta 'talpa' del Datagate, Edward Snowden.
Come ha detto alla France Presse un portavoce del ministero dell'interno austriaco, Karl-Heinz Grundboeck, sull'aereo ''i passaporti sono stati controllati e contrariamente alle voci che sono circolate, Edward Snowden non era a bordo''.
Non c’erano quindi ''ragioni legali per effettuare una perquisizione''.
Secondo La Reuters, le autorità spagnole hanno chiesto di poter perquisire l'aereo prima di autorizzare il sorvolo del paese, ma Morales lo ha rifiutato.
Secondo El Pais online, invece, la Spagna avrebbe già dato il suo via libera.
Tra l’altro si è venuto a sapere nelle ultime ore che anche l'Italia ha chiuso i propri cieli, la scorsa notte, all'aereo con a bordo il presidente della Bolivia: lo confermano all'ANSA “qualificate fonti italiane”. Naturalmente la mossa dei paesi dell’Unione Europea – istigati da Washington – ha provocato la reazione del governo boliviano e di altri paesi dell’America Latina e del mondo.
Il ministro della difesa boliviano Ruben Saavedra ha accusato i paesi europei di aver ''messo a rischio la vita di Morales''.
Molto dura la presa di posizione di Alvaro Garcia Linera, Vicepresidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia:
“In violazione assoluta della Convenzione di Vienna, che stabilisce che i voli presidenziali non possono essere bloccati in alcun modo e godono della completa immunità, due governi europei (tre, compresa l’Italia, ndr) hanno chiuso il loro spazio aereo all’aereo del Presidente Morales. (…)
Vogliamo dire ai boliviani e al mondo che il nostro Presidente Evo Morales, è da molte ore sequestrato a Vienna (…) dall’imperialismo. (…)
Così come l’imperialismo ha sequestrato il Presidente Evo, l’imperialismo ha sequestrato la verità (…).
Sappiamo che gli ostacoli al viaggio del Presidente sono stati istigati dal governo degli Stati Uniti, un governo che ha paura di un contadino, di un indigeno, di un uomo onesto che difende la sovranità della nostra patria. (…)
L’oscurantismo, l’attitudine repressiva e poliziesca, l’abuso si stanno impossessando della bella Europa, che secoli e decenni fa era un esempio di pluralismo e rispetto dei diritti delle persone e dei popoli. Ma alle potenze imperialiste, ai paesi subordinati e colonizzati d’Europa, diciamo che non ci lasceremo intimidire (…) perché non è più il tempo delle colonie e degli imperi.”
Il Perù, al quale spetta attualmente la presidenza dell'Unasur (Unione delle nazioni sudamericane) si é detto pronto a convocare per domani un vertice urgente dei capi di Stato dell'Unione per parlare di quanto accaduto a Evo Morales.
Su Twitter il ministro degli Esteri dell'Ecuador, Ricardo Patino, scrive: ''Chi é con la Bolivia ed Evo é con l'America Latina e l'Ecuador.
Non permetteremo questo affronto contro un leader latino-americano'', ma ''l'Unasur oggi deve dimostrare all'Unione europea il vero significato dell'integrazione latino-americana''.
Molto più esplicite e dirette le dichiarazioni dei rappresentanti del governo venezuelano.
Il presidente Nicolas Maduro aveva già detto ieri che Snowden deve essere ''protetto'', ricordando che é un giovane ''che ha osato dire delle verità sul tentativo dell'impero americano di controllare il mondo''.
Il blocco imposto al volo di Morales da parte di Lisbona e Parigi rappresenta ''un attentato e un'aggressione brutale'', ha d'altra parte commentato il ministro degli esteri venezuelano, Elias Jaua. ''Chiediamo ai paesi dell'America Latina di pronunciarsi'', ha aggiunto Jaua.
Anche il governo cubano è intervenuto duramente.
Il ministero cubano degli Esteri ha ricordato che ''giorni fa, gli Stati Uniti hanno minacciato l'Ecuador, un paese fratello, con misure economiche coercitive, il che non può essere tollerato per nessun motivo, perché é un danno alla nostra America intera, che deve essere respinto dall'intera comunità internazionale''.
 
Articolo tratto da (clicca qui).
 
 
 

2013.06.26 – POLIZIA ISLAMICA IN BELGIO NON ACCETTANO ORDINI E RIFIUTANO DI AIUTARE LE DONNE! INTEGRAZIONE O…

BELGIOtimthumb
Doveva facilitare l’integrazione, ma l’arruolamento di poliziotti islamici non ha portato l’effetto sperato… anzi, sta creando forti disagi ai cittadini e agli stessi colleghi.
Secondo la sinistra belga l’arruolamento di un sostanzioso gruppo di poliziotti islamici avrebbe risolto ogni problema nelle zone ad alta concentrazione islamica dove le forze dell’ordine non sono accettate ed entrano il meno possibile.
E’ successo il contrario: gli islamisti hanno penetrato la polizia.
Quattro agenti (tra cui un ufficiale) in servizio a Bruxelles, rifiutano ogni rapporto con le donne. econdo i quotidiani fiamminghi questo atteggiamento creerebbe problemi soprattutto sul lavoro, visto che i 4 si rifiutano di ricevere ordini e anche di parlare con le colleghe e le impiegate degli uffici.
Visto il polverone sollevato dai giornali la direzione del corpo di polizia ha deciso di aprire una inchiesta interna, ma ha diramato un comunicato stampa che la dice lunga:
“La cultura della polizia è sempre stata orientata a sviluppare una politica di convivialità e di neutralità. 
La diversità è sempre stata un fondamento della nostra organizzazione”.

C'è da chiedersi cosa centri la "diversità" con il servizio alla Comunità che la polizia dovrebbe garantire.
Tratto da (clicca qui)