L'aborto è un crimine, un delitto contro la persona umana.
Il diritto alla vita del nascituro deve essere garantita.
Sotto il profilo etico, morale e giuridico, non può essere condivisa alcuna pretesa o giustificazione all'interruzione volontaria della gravidanza non determinata da una condizione di pericolo attuale per la salute della madre o del nascituro.
La Nazione ha il dovere di promuovere la vita del nascituro tutelando i più indifesi dei propri membri.
La Nazione concorre e garantische il sostegno alla madre e alla famiglia del nascituro anche se gravata da eventuale precaria condizione economica o altro disagio personale e/o familiare.
Questa è la ferma posizione del MLNV.
ART.17: LA SOGGETTIVITA’ GIURIDICA PRIMARIA
L’OGVP riconosce ad ogni essere umano vivente la soggettività giuridica primaria che lo qualifica come persona e come tale titolare dei diritti fondamentali dell’uomo comunemente riconosciuti.
Ogni persona, fin dal proprio concepimento, senza alcuna distinzione di sesso, razza, condizione fisica e psichica, acquisisce unicità e soggettività giuridica primaria divenendo titolare dei diritti fondamentali dell’uomo che l'ordinamento veneto riconosce come naturali, incedibili e inalienabili.
L'OGVP identifica e riconosce come persona tutti gli esseri umani viventi a prescindere dalla capacità di mettere in atto quelle particolari qualità o funzioni proprie della natura personale, quali la razionalità, l’autocoscienza, l’autonomia.
A tutti gli esseri umani sono riconosciuti come innati i diritti soggettivi assoluti così come sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Tali diritti valgono erga omnes, cioè verso tutti, e sono fondamentalmente di due tipi:
– DIRITTI DELLA PERSONALITA' o diritti fondamentali dell'uomo, tutti di natura non patrimoniale (diritto alla vita, all'integrità fisica, alla salute, all'immagine, all'onore, alla privacy, diritti di libertà personale, di pensiero, di religione, di associazione, di riunione…).
– DIRITTI PATRIMONIALI i quali hanno ad oggetto i beni; sono diritti sulle cose e il principale fra questi diritti è il diritto di proprietà che garantisce al soggetto il potere pieno ed esclusivo di godere delle utilità ricavabili da un bene entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dalla legge.
ART.10
La Repubblica Federale Veneta, consapevole che la forza di un Popolo si commisura al benessere dei più deboli dei propri membri, promuove e concorre a garantire la soddisfazione dei primari bisogni umani, quali:
…
il diritto alla vita
…
MA COSE' L'ABORTO
L'aborto è l'interruzione prematura di una gravidanza.
Questa può avvenire per cause naturali (aborto spontaneo) o essere provocata artificialmente (aborto provocato o interruzione volontaria della gravidanza).
La parola aborto deriva dal latino abortus, vocabolo composto dal participio passato del verbo orior, "nascere" e dalla particella negativa ab-, quindi letteralmente "morire nel nascere".
In Italia, si definiva, in passato, come aborto un'interruzione della gravidanza avvenuta entro il 180º giorno dal concepimento.
Attualmente tale indicazione in medicina è superata, e si preferisce indicare con tale termine l'interruzione della gravidanza in cui il feto non abbia raggiunto un peso minimo di 500 grammi all'atto dell'espulsione o estrazione dal corpo della donna, oppure, se il peso non è conosciuto, che non abbia raggiunto la 22ª settimana di gestazione o in alternativa l'altezza di 25 cm.
Si parla invece di parto prematuro o nascita pretermine nel caso di un parto che si verifichi a partire dalla 22ª e prima della 37ª settimana di gestazione compiuta e, in caso di morte del feto in utero, dopo la 22ª settimana di età gestazionale non si parla più di aborto, ma di morte endouterina fetale.
La parola aborto deriva dal latino abortus, vocabolo composto dal participio passato del verbo orior, "nascere" e dalla particella negativa ab-, quindi letteralmente "morire nel nascere".
In Italia, si definiva, in passato, come aborto un'interruzione della gravidanza avvenuta entro il 180º giorno dal concepimento.
Attualmente tale indicazione in medicina è superata, e si preferisce indicare con tale termine l'interruzione della gravidanza in cui il feto non abbia raggiunto un peso minimo di 500 grammi all'atto dell'espulsione o estrazione dal corpo della donna, oppure, se il peso non è conosciuto, che non abbia raggiunto la 22ª settimana di gestazione o in alternativa l'altezza di 25 cm.
Si parla invece di parto prematuro o nascita pretermine nel caso di un parto che si verifichi a partire dalla 22ª e prima della 37ª settimana di gestazione compiuta e, in caso di morte del feto in utero, dopo la 22ª settimana di età gestazionale non si parla più di aborto, ma di morte endouterina fetale.
L'Interruzione volontaria di gravidanza (IVG) o aborto provocato consiste nell'interruzione dello sviluppo dell'embrione o del feto e nella sua rimozione dall'utero della gestante.
Può essere provocato per via chirurgica o chimica.
La pratica dell'aborto volontario viene svolta in buona parte del mondo, a discrezione della donna nei primi mesi della gestazione.
Può essere motivata da ragioni di ordine medico, come la presenza di gravi malformazioni al feto, di pericolo per la salute della madre, nel caso in cui il feto sia frutto di una violenza carnale ai danni della madre o per altri motivi indipendenti dalla condizione di salute della madre o del feto: come la condizione economica, familiare o sociale.
In alcuni contesti, specialmente in Asia e Africa, viene praticato l'aborto selettivo a scapito di embrioni e feti di sesso femminile.
Le cause del fenomeno sono ragioni di carattere economico, socio-culturali, o la politica del figlio unico nel caso cinese.
Alcuni paesi in cui il fenomeno è particolarmente diffuso adottano politiche per tentare di limitarlo, come aiuti economici a chi ha figlie femmine (India) o divieto di effettuare esami per determinare il sesso del nascituro a scopo selettivo (Cina).
Può essere provocato per via chirurgica o chimica.
La pratica dell'aborto volontario viene svolta in buona parte del mondo, a discrezione della donna nei primi mesi della gestazione.
Può essere motivata da ragioni di ordine medico, come la presenza di gravi malformazioni al feto, di pericolo per la salute della madre, nel caso in cui il feto sia frutto di una violenza carnale ai danni della madre o per altri motivi indipendenti dalla condizione di salute della madre o del feto: come la condizione economica, familiare o sociale.
In alcuni contesti, specialmente in Asia e Africa, viene praticato l'aborto selettivo a scapito di embrioni e feti di sesso femminile.
Le cause del fenomeno sono ragioni di carattere economico, socio-culturali, o la politica del figlio unico nel caso cinese.
Alcuni paesi in cui il fenomeno è particolarmente diffuso adottano politiche per tentare di limitarlo, come aiuti economici a chi ha figlie femmine (India) o divieto di effettuare esami per determinare il sesso del nascituro a scopo selettivo (Cina).
COME SI PONE LA CHIESA
La Chiesa cattolica, sulla base di riferimenti scritturali e apostolici, ha sempre considerato la vita un dono del Signore, e dunque un bene in sé di cui all'uomo non è dato disporre: ne consegue che l'aborto, come scelta volontaria dell'uomo volta a impedire lo sviluppo della vita, equivale ad un omicidio ed è considerato peccato mortale gravissimo.
La vita di ogni essere umano è una ricchezza per l'umanità ed è un bene indisponibile per l'uomo.
Anzi, questi è chiamato a difenderla dal concepimento alla morte naturale.
Allo stesso modo i cosiddetti metodi di contraccezione d'emergenza, che impediscono l'annidamento del concepito nell'utero materno, vengono considerati abortivi perché impediscono lo sviluppo iniziale della vita del nascituro.
Papa Giovanni Paolo II ha spiegato la posizione cattolica nell'enciclica Evangelium Vitae, specialmente nei numeri 58-63 e 68-74.
Nella nota del 1993 Circa l' "isolamento uterino" ed altre questioni, emessa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dall'allora cardinale Joseph Ratzinger, si afferma che è lecito eseguire l'asportazione dell'utero, nel solo caso che il suo danneggiamento (in seguito al parto, per esempio) rappresenti un grave pericolo attuale per la vita o la salute della donna.
Questa pratica (o l'equivalente legatura delle tube) non è ammessa in mancanza di un pericolo in atto, come misura preventiva per la salute della donna in caso di gravidanza futura, perché, mancando una ragione terapeutica attuale, tale pratica si configurerebbe come «sterilizzazione diretta», sempre vietata dalla morale cattolica.
La Chiesa cattolica, sulla base di riferimenti scritturali e apostolici, ha sempre considerato la vita un dono del Signore, e dunque un bene in sé di cui all'uomo non è dato disporre: ne consegue che l'aborto, come scelta volontaria dell'uomo volta a impedire lo sviluppo della vita, equivale ad un omicidio ed è considerato peccato mortale gravissimo.
La vita di ogni essere umano è una ricchezza per l'umanità ed è un bene indisponibile per l'uomo.
Anzi, questi è chiamato a difenderla dal concepimento alla morte naturale.
Allo stesso modo i cosiddetti metodi di contraccezione d'emergenza, che impediscono l'annidamento del concepito nell'utero materno, vengono considerati abortivi perché impediscono lo sviluppo iniziale della vita del nascituro.
Papa Giovanni Paolo II ha spiegato la posizione cattolica nell'enciclica Evangelium Vitae, specialmente nei numeri 58-63 e 68-74.
Nella nota del 1993 Circa l' "isolamento uterino" ed altre questioni, emessa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dall'allora cardinale Joseph Ratzinger, si afferma che è lecito eseguire l'asportazione dell'utero, nel solo caso che il suo danneggiamento (in seguito al parto, per esempio) rappresenti un grave pericolo attuale per la vita o la salute della donna.
Questa pratica (o l'equivalente legatura delle tube) non è ammessa in mancanza di un pericolo in atto, come misura preventiva per la salute della donna in caso di gravidanza futura, perché, mancando una ragione terapeutica attuale, tale pratica si configurerebbe come «sterilizzazione diretta», sempre vietata dalla morale cattolica.