2013.05.25 – 24 MAGGIO 1915 LA TRAGEDIA DEL POPOLO TRENTINO

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Tratto dal blog: AUSTRIACI D'ITALIA
 
L’INCUBO DELLA GRECIA RICHIAMA LA TRAGEDIA ECONOMICA DEL POPOLO TRENTINO NEL 1918
24 MAGGIO 1915. 
LA TRAGEDIA DEL POPOLO TRENTINO. 
110.000 SFOLLATI. 
UNA DATA CHE PERO’ NON SI RICORDA MAI SUL CALENDARIO
 
Pubblicato: maggio 22, 2012 
Autore: austriaciditalia
 
L’anniversario sarà come sempre ignorato da tutti. 

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Ed è singolare che in un’ epoca in cui si ricorda con iniziative di ogni genere le grandi tragedie del Novecento, nessuno pensi mai a loro, i 110.000 profughi trentini che per ragioni diverse furono allontanati dalle loro abitazioni durante la prima guerra mondiale.
Una immensa tragedia di popolo che, diversamente da altri tragici eventi (vedi foibe, shoah, rifugiati politici cui sono state dedicate giustamente apposite giornate del ricordo) non trova posto nel calendario e che, al di là delle retoriche celebrazioni, continua ad essere ignorata dai più.
E allora proviamo noi, attraverso le pagine di questo blog, a dedicare un attimo della nostra attenzione al ricordo di questi nostri fratelli che il 24 maggio 1915, in seguito alla dichiarazione di guerra dell’Italia contro l’Austria, furono costretti a lasciare le loro abitazioni in condizioni drammatiche. 
Oltre 70 mila finirono nei baraccamenti dell’Alta Austria, della Moravia e della Boemia. 
Altri quarantamila, in seguito all’arretramento del fronte austriaco, si trovarono in balìa delle autorità italiane che ne ordinarono il trasferimento in centinaia di diverse località della Penisola, spesso guardati con sospetto dalla popolazione locale perché ritenuti “austriacanti”.
Una tragedia che comportò fame e miseria, ma soprattutto la decimazione della popolazione trentina colpita massicciamente da febbre spagnola e paratifo. 
Riportiamo un passo del diario di Amabile Broz, di Vallarsa, sfollata dagli italiani a Vicenza che ricordava quel giorno con queste parole:
Siamo arrivati a Vicenza fuori per la notte verso le 11 deboli ed affamati come i lupi; pareva che lì ci dassero qualche cosa da cena ma niente non abbiamo ricevuto, tutte le botteghe erano chiuse non si poteva mandarsi a prendere niente, ci anno messi rinchiusi in una piazza di dietro alla stazione, era una notte buia e piovigginosa ma noi stanchi, deboli ed affamati (coi soldi in tasca) abbiamo dovuto sdraiarci per terra e così rimanere quasi tutta la notte.
Quì nessuno può immaginarsi, benchè io non sia di quelle che per poco si lamentano e spropositano, ma io dico la verità che non gliene ò mai dito tante a questa genia come in quella notte, vedere mio padre vecchio impotente giacere a terra al cielo aperto aveva disteso sotto solo una coperta che avevamo presa da casa, il mio caro padre stratolto com’era dormiva in questo stato, il lo guardavo contemplandolo in tale stato sdraiata a canto a lui mi strugeva in dirroto pianto.
Chi non ha veduto in quella piazza quella notte non possono immaginarsi com’era chiunque ci avessero veduti che avessero avuto un pò di cuore e umanità sarebbero stati incapaci di trattenere il pianto; non dico degli italiani perché questi non anno né cuore né umanità, (parlo di gente nostra) in questa piazza vi era anche dei profughi italiani, di Asiago, ma questi gli trattavano più bene di noi questi gli anno messi al coperto benchè sono stati fermi poche ore perché coi primi treni sono partiti.
Noi siamo stati tutta la notte in piazza senza ricevere nepur una tazza di acqua, i bambini piangevano di fame ma nessuno a potuto avere un pò di latte neppure pagando, sul far del giorno ci anno fatti montare in treno quel treno era abbastanza comodo al confronto di quello che da Schio cià condoti a Vicenza che era un treno delle bestie che puzzava come una sfronda senza avere nei vagoni neppure una banca per sedersi vi era solo sparsa un pò di paglia e sù di quella noi abbiamo dovuto sdraiarci, abbiamo avuti tanto gli ossi frantumati che eravamo quasi incapaci di camminare dalla piazza al treno.
Siamo partiti da Vicenza diggiuni ancora, nei vagoni eravamo messi come le sardele che tanti doveva stare in piedi.
Pagine di storia ancora tutte da riscrivere. 
Perché tragedie come queste vanno interpretate ma anche e soprattutto ricordate.