Ecco il testo del messaggio del Colonnello Rapetto, apparso sul forum internet di Ficiesse, poco prima del suo definitivo congedo dalla Guardia di Finanza.
Una lettera di grande carica umana, che rivela senza infingimenti le problematiche interne di una delle strutture più delicate dell’organizzazione statale.
Ho appena chiuso dietro le spalle la porta del mio ufficio e 36 anni e 10 mesi di servizio.
L’altro ieri avevo restituito pistola, placca e uniforme, stamani il tesserino.
Non ho avuto la forza di mettere lo scotch a chiusura dei cartoni in cui ho riposto le cose, i ricordi, un pezzo della mia vita.
L’ultima mezz’ora di quattro giorni passati a smantellare la mia stanza l’ho trascorsa piangendo come un bambino.
Ci si voglia credere o no, ho fatto questo mestiere con devozione e sacrificio, senza avere santi in paradiso.
L’ho fatto con impegni e rabbia, con l’ostinazione di chi vuol raggiungere a tutti i costi un risultato, con l’ambizione di cercare di esser ogni giorno più bravo, con la nitida coscienza di sapere di dover prendere decisioni ed assumermi responsabilità, con la consapevolezza di doverne pagare le conseguenze.
Ho mietuto soddisfazioni a piene mani, il cui merito posso dividere solo con i ragazzi che hanno vissuto con me questa e le precedenti avventure.
I dieci anni al GAT sono stati incredibili, meravigliosi, irripetibili.
Dieci anni che nessun altro ha avuto l’opportunità di vivere, dieci anni che cambiano l’esistenza.
Ho provato il brivido di prendere “inferiore alla media” da tenente perché da ufficiale istruttore a Portoferraio preferivo far lezione in aula invece di giocare a biliardo o guardare un samurai televisivo che tanto piaceva al comandante di battaglione.
Il mio avere ascendente sul personale è stato interpretato come l’approfittare di gente debole e immatura, come è stato scritto nelle note caratteristiche da chi non aveva ancora capito cosa fosse la “caina”.
Mi hanno cazziato fino all’ultimo e se ci fosse stata la De Filippi avrebbe varato il format “Riservata personale”…
Ho collezionato richieste di giustificazioni da far rabbrividire chiunque.
E sempre per il mio carattere, la mia determinazione, la mia ingovernabile cocciutaggine.
C’è stato anche chi mi ha voluto bene ma i sentimenti dominanti sono stati invidia e gelosia di cui tantissimi si sono addirittura ubriacati.
Per anni ho rifiutato decine e decine di galvanizzanti offerte di lavoro che avrebbero ribaltato il mio conto in banca.
Volevo fare l’ufficiale della GdF, da quando ero bambino alla Nunziatella.
Ho sopportato umiliazioni e mortificazioni, nel lavoro quotidiano e in ultimo in sede di avanzamento dove hanno saputo negare l’evidenza.
54 libri pubblicati, ventennale insegnamento universitario, collaborazione con i più importanti quotidiani e periodici, docenza alla NATO School di Oberammergau in Germania, alla Scuola di Guerra, all’ISSMI, allo IASD, al NATO Defense College, all’Istituto Superiore di Polizia e alla Scuola Tecnica della PS, alla Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia, alla Scuola di Addestramento del SISDE e a quella del SISMI, in tante Accademie straniere e in tutte le Scuole del Corpo prima di esser messo al bando.
Solo nel grado di colonnello ho preso 12 solenni e 14 semplici per attività di servizio che ho progettato, diretto e eseguito personalmente con i miei ragazzi.
Non ho fatto ricorso al TAR perché volevo rimanere al GAT.
Non è bastato.
Me ne sono andato senza avere un lavoro o un contratto.
Ero convinto che fuori dal perimetro della nostra organizzazione ci sarebbe stato qualcuno pronto a prendermi.
E così è stato.
Si sono fatti vivi personaggi che ero abituato a leggere solo sui giornali.
Mi hanno proposto imbarazzanti chance da centinaia e centinaia di migliaia di euro.
Ho scelto l’offerta meno interessante sotto il profilo economico, perché la persona con cui andrò a lavorare mi ha fatto capire che faremo cose belle, importanti a cominciare da Internet sostenibile.
Mi è bastata una stretta di mano.
Erano anni che non stringevo la mano ad una persona seria.
Erano anni che sognavo di avere un capo che fosse più bravo di me.
Era dai tempi in cui lavoravo all’Autorità per l’Informatica con quel genio sbalorditivo della buonanima di Ferrante Pierantoni…
Oggi ho faticato a guidare la moto mentre tornavo a casa.
E anche adesso ho gli occhi gonfi di lacrime.
Non riuscirò a perdonare chi mi ha fatto tutto questo e spero che la mia storia serva ad evitare che qualcun altro bravo (e in GdF ce n’é davvero un mucchio) debba soffrire al mio stesso modo.
Umberto Rapetto
L’altro ieri avevo restituito pistola, placca e uniforme, stamani il tesserino.
Non ho avuto la forza di mettere lo scotch a chiusura dei cartoni in cui ho riposto le cose, i ricordi, un pezzo della mia vita.
L’ultima mezz’ora di quattro giorni passati a smantellare la mia stanza l’ho trascorsa piangendo come un bambino.
Ci si voglia credere o no, ho fatto questo mestiere con devozione e sacrificio, senza avere santi in paradiso.
L’ho fatto con impegni e rabbia, con l’ostinazione di chi vuol raggiungere a tutti i costi un risultato, con l’ambizione di cercare di esser ogni giorno più bravo, con la nitida coscienza di sapere di dover prendere decisioni ed assumermi responsabilità, con la consapevolezza di doverne pagare le conseguenze.
Ho mietuto soddisfazioni a piene mani, il cui merito posso dividere solo con i ragazzi che hanno vissuto con me questa e le precedenti avventure.
I dieci anni al GAT sono stati incredibili, meravigliosi, irripetibili.
Dieci anni che nessun altro ha avuto l’opportunità di vivere, dieci anni che cambiano l’esistenza.
Ho provato il brivido di prendere “inferiore alla media” da tenente perché da ufficiale istruttore a Portoferraio preferivo far lezione in aula invece di giocare a biliardo o guardare un samurai televisivo che tanto piaceva al comandante di battaglione.
Il mio avere ascendente sul personale è stato interpretato come l’approfittare di gente debole e immatura, come è stato scritto nelle note caratteristiche da chi non aveva ancora capito cosa fosse la “caina”.
Mi hanno cazziato fino all’ultimo e se ci fosse stata la De Filippi avrebbe varato il format “Riservata personale”…
Ho collezionato richieste di giustificazioni da far rabbrividire chiunque.
E sempre per il mio carattere, la mia determinazione, la mia ingovernabile cocciutaggine.
C’è stato anche chi mi ha voluto bene ma i sentimenti dominanti sono stati invidia e gelosia di cui tantissimi si sono addirittura ubriacati.
Per anni ho rifiutato decine e decine di galvanizzanti offerte di lavoro che avrebbero ribaltato il mio conto in banca.
Volevo fare l’ufficiale della GdF, da quando ero bambino alla Nunziatella.
Ho sopportato umiliazioni e mortificazioni, nel lavoro quotidiano e in ultimo in sede di avanzamento dove hanno saputo negare l’evidenza.
54 libri pubblicati, ventennale insegnamento universitario, collaborazione con i più importanti quotidiani e periodici, docenza alla NATO School di Oberammergau in Germania, alla Scuola di Guerra, all’ISSMI, allo IASD, al NATO Defense College, all’Istituto Superiore di Polizia e alla Scuola Tecnica della PS, alla Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia, alla Scuola di Addestramento del SISDE e a quella del SISMI, in tante Accademie straniere e in tutte le Scuole del Corpo prima di esser messo al bando.
Solo nel grado di colonnello ho preso 12 solenni e 14 semplici per attività di servizio che ho progettato, diretto e eseguito personalmente con i miei ragazzi.
Non ho fatto ricorso al TAR perché volevo rimanere al GAT.
Non è bastato.
Me ne sono andato senza avere un lavoro o un contratto.
Ero convinto che fuori dal perimetro della nostra organizzazione ci sarebbe stato qualcuno pronto a prendermi.
E così è stato.
Si sono fatti vivi personaggi che ero abituato a leggere solo sui giornali.
Mi hanno proposto imbarazzanti chance da centinaia e centinaia di migliaia di euro.
Ho scelto l’offerta meno interessante sotto il profilo economico, perché la persona con cui andrò a lavorare mi ha fatto capire che faremo cose belle, importanti a cominciare da Internet sostenibile.
Mi è bastata una stretta di mano.
Erano anni che non stringevo la mano ad una persona seria.
Erano anni che sognavo di avere un capo che fosse più bravo di me.
Era dai tempi in cui lavoravo all’Autorità per l’Informatica con quel genio sbalorditivo della buonanima di Ferrante Pierantoni…
Oggi ho faticato a guidare la moto mentre tornavo a casa.
E anche adesso ho gli occhi gonfi di lacrime.
Non riuscirò a perdonare chi mi ha fatto tutto questo e spero che la mia storia serva ad evitare che qualcun altro bravo (e in GdF ce n’é davvero un mucchio) debba soffrire al mio stesso modo.
Umberto Rapetto
tratto da (CLICCA QUI)