2011.12.02 – 11/9, GLI USA SAPEVANO: IMPOSIMATO LI DENUNCIA ALL’AJA


Scritto il 11/10/11

Le autorità americane non potevano non sapere in anticipo dell’attentato del secolo, quello dell’11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle.
Ad affermarlo non è l’ennesimo giornalista “complottista” o l’ennesimo tecnico della sicurezza statunitense sconvolto dalle menzogne ufficiali, ma un super-magistrato italiano, Ferdinando Imposimato.
Che ora minaccia di imprimere una svolta storica al dibattito sull’11 Settembre con una decisione clamorosa: trascinare gli Usa davanti al tribunale penale internazionale dell’Aja, lo stesso che processa per crimini contro l’umanità i boia dell’ex Jugoslavia.
Secondo Imposimato, la Cia era al corrente dei piani terroristici poi targati Al Qaeda e inoltre le Twin Towers non crollarono per l’impatto degli aerei dirottati, ma a causa di esplosivi collocati negli edifici.
I periti della Nist, l’agenzia federale di sicurezza degli Usa che ha svolto un’indagine sull’attentato, “sanno” che in quei due grattacieli erano stati collocati degli ordigni, così come in un terzo palazzo adiacente alle Torri Gemelle, l’Edificio 7, che crollò su se stesso – come si vede in alcune riprese televisive – senza aver subito l’impatto di alcun velivolo.
Perché Imposimato intende rivolgersi al Tribunale penale internazionale dell’Aja?
«Diversi esponenti di vertice della Cia non informarono l’Fbi, che è l’unico organismo competente a contrastare il terrorismo in territorio americano, in tal modo lasciando che gli attentati avvenissero eseguiti l’11 settembre 2001», ha dichiarato l’ex giudice istruttore a Raffaele Gambari in un’intervista esclusiva per “Affari Italiani”.
Secondo l’anziano magistrato, coordinatore delle indagini su alcuni tra i più scottanti misteri della “notte della Repubblica” – dal caso Moro all’attentato al Papa – la Cia evitò di avvertire l’Fbi «pur sapendo della presenza di terroristi nel territorio Usa fin dal gennaio 2001, provenienti dall’Arabia Saudita e considerati come sospetti terroristi, e pur sapendo che essi erano arrivati a Los Angeles dal 15 gennaio 2001 per addestrarsi sugli aerei da usare come missili contro edifici americani».
Di qui la decisione di trascinare le autorità statunitensi di fronte al Tribunale penale internazionale: con quali imputati e quali testimoni? «Chiederò di ascoltare gli scienziati e i testimoni che sono stati sentiti nella Ryarson University di Toronto lo scorso settembre, che hanno dimostrato come nelle cosiddette Torri Gemelle e nella terza torre, la numero 7, siano state inserite dolosamente bombe e ordigni incendiari ed altri elementi idonei ad accelerarne il crollo», risponde Imposimato.
L’ipotesi di reato che il super-magistrato italiano ha intenzione di formulare «insieme con altri studiosi ed esperti», è di «concorso nelle stragi che l’11 settembre del 2001 causarono 3.000 morti alle Torri Gemelle più altri decessi nell’attacco al Pentagono».
Parlando con alcuni giornalisti a Latina, a margine del quarto convegno nazionale dei giudici-scrittori, Imposimato ha rivelato che dei retroscena dell’attentato alle Torri Gemelle si è discusso anche nel recente incontro del “Toronto Hearings”, un tribunale internazionale indipendente, riunitosi dall’8 al 12 settembre scorsi a Toronto.
Il “tribunale” canadese, composto da giudici internazionali tra cui lo stesso Imposimato, ha ascoltato 17 testimoni.
Di qui la decisione di scomodare il Tpi dell’Aja cercando di portare alla sbarra le autorità americane che nel 2011 potrebbero aver favorito la strage e poi taciuto la verità: «Ritengo che non aver impedito il verificarsi dell’attacco da parte di chi aveva il dovere di impedirlo sia una gravissima colpa», dice ancora l’indagatore dei “misteri italiani”.
Ferdinando Imposimato, che oggi ha 75 anni, si è occupato di lotta alla mafia e al terrorismo: è stato il giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro, l’attentato a Giovanni Paolo II, l’omicidio del vicepresidente del Csm Vittorio Bachelet e dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione.
E’ stato lo scopritore della pista bulgara in Europa e delle connessioni internazionali del terrorismo, il primo a parlare delle connessioni del terrorismo italiano coi servizi segreti israeliani e della presenza nel caso Moro del Kgb (tesi ribadita, vent’anni più tardi, dal dossier Mitrokhin).
Ha indagato su Michele Sindona, sulla Banda della Magliana e sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, della cui famiglia è tuttora il legale; nel 1983 gli è stato ucciso per ritorsione il fratello, Franco, e tre anni dopo ha dovuto lasciare la magistratura per le continue minacce di Cosa Nostra.
Imposimato ha rappresentato l’Italia a Strasburgo per la strategia europea antiterrorismo e, per conto dell’Onu, ha gestito un programma di contrasto al narcotraffico con Giovanni Falcone, Gianni De Gennaro, Rosario Priore, Giancarlo Caselli e il generale dei carabinieri Mario Mori.
Attivista dei diritti umani, impegnato nel recupero di tossicodipendenti e carcerati, ha svolto missioni in Perù per conto del Dipartimento di Stato Usa. Eletto alla Camera e poi al Senato come indipendente di sinistra a partire dal 1987, per tre legislature è stato membro della Commissione Antimafia, presentando disegni di legge sulla riforma dei servizi segreti, sugli appalti pubblici, sui trapianti, sui sequestri di persona, sui pentiti e sul terrorismo.
Membro della Suprema Corte di Cassazione, oggi ne è presidente onorario aggiunto.
“Uomo dell’anno” nel 1984 per la rivista francese “Le Point”, viene premiato come giudice-coraggio e ottiene anche il premio dedicato a Carlo Alberto Dalla Chiesa per le sue battaglie sulla giustizia.
Nel 1985 il “Times” di Londra gli dedica una intera pagina definendolo “lo scudisciatore della mafia”.
Stessa attenzione da parte della rivista americana “Reader’s Digest”, mentre l’Onu lo sceglie come uomo-simbolo della giustizia.
E ora, l’annuncio forse più clamoroso: ricorrere alla giustizia internazionale per far luce sulla vera storia dell’11 Settembre, costringendo le autorità statunitensi a difendersi dalle gravissime accuse che ormai si addensano attorno agli uomini che nel 2001 “non impedirono” l’attacco alle Torri, che poi usarono per invadere l’Iraq e l’Afghanistan, trascinando in guerra il mondo intero per dare la caccia al fantasma di Osama Bin Laden, a sua volta sparito nel nulla.