"SUB LEGE LIBERTAS" il motto della polizia italiana … ma ne siamo sicuri?
Nella futura POLISIA NASIONALE VENETA non potrà esserci alcun spazio per i delinquenti e adotteremo tutti gli strumenti necessari per identificare e garantire l'operato della nostra Polisia che è e sarà sempre al servizio del cittadino e come tutte le future istituzioni della Serenissima Repubblica Veneta, subordinate al Popolo perchè dotate di una personalità giuridica primaria derivante cioè da quella originaria di spettanza al solo Popolo Veneto.
Invalido al 100% per tutta la vita
"Distinguevo chiaramente i colpi inferti con il manganello girato al contrario, perché li sentivo affondare nel cranio".
A raccontarlo è la voce spaventata di Paolo, 41 anni, vittima di una violenta aggressione delle forze di polizia che lo ha tenuto in coma per i due mesi successivi e lo ha reso invalido al 100% per tutta la vita.
I responsabili di quell'aggressione non sono mai stati puniti perché fu impossibile identificarli.
Aiutaci a chiedere l'introduzione di ogni strumento, a partire dai codici identificativi fino alle bodycam, per fare in modo che episodi come questo non accadano più.
Già nel 2011, in occasione del 10° anniversario del G8 di Genova, avevamo promosso la campagna “Operazione trasparenza.
Diritti umani e polizia in Italia” in cui si chiedeva al Governo di esprimere pubblicamente una condanna e delle scuse verso le vittime per le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di polizia a Genova nel 2001 e di garantire indagini rapide e accurate e processi equi nei casi in cui c’era stata violazione dei diritti umani da parte delle forze di polizia.
Fra le richieste più specifiche formulate a partire dai fatti di Genova, chiedemmo al capo della polizia di prevedere misure di identificazione per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico.
Da allora sono passati sette anni e in Europa sono già 15 i paesi che hanno adottato i codici identificativi, a cui a breve si aggiungerà il Lussemburgo.
Oltre a dare seguito alla richiesta contenuta nella Risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012 che, tra le altre cose esorta gli stati membri a “garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”, dopo l’elezione dell’Italia al Consiglio Onu dei diritti umani per il triennio 2019-2021, il nostro paese (si riferisce a quello italiano) ha il compito, ancora più gravoso, di dimostrare, a livello internazionale, il suo impegno nella prevenzione dalle violazioni dei diritti umani.
Questo impegno pretende anche coerenza interna e accountability e cioè dall’essere trasparente e rendere conto delle proprie azioni.
Uno degli impegni che il nostro paese deve prendere, infatti, così come raccomandato dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di assemblea pacifica (A/HRC/31/66, 4 febbraio 2016) è di garantire l’accountability rispetto durante le assemblee e le riunioni pacifiche.
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anche riguardano le istituzioni straniere italiane d'occupazione ecco l'appello/petizione:
Ministro Sen. Matteo Salvini
Ministro dell’Interno
Ministro dell’Interno
Prefetto Franco Gabrielli
Capo della Polizia
Capo della Polizia
Egregio Ministro,
Egregio Capo della Polizia,
le forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti. Ricevono le denunce, contribuiscono alle indagini e garantiscono il corretto svolgimento delle manifestazioni pubbliche, tutelando partecipanti e non da violenze e minacce. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il riconoscimento delle eventuali responsabilità e una complessiva trasparenza, in linea con gli standard internazionali in materia.
Da tempo si discute della responsabilità degli agenti in caso di uso sproporzionato della forza, e dell’opportunità di introdurre un codice identificativo personale sulle divise. Già il Parlamento Europeo, nel 2012, esortava gli stati membri “a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”. Da allora, diversi Paesi hanno dato seguito a questa richiesta, ma non l’Italia.
Diciassette anni dopo il G8 di Genova, benché le violenze gravi e sistematiche compiute siano state accertate in sede di giudizio, molti fra gli agenti coinvolti in quegli eventi sono rimasti impuniti, in parte per effetto della prescrizione e in parte proprio perché non fu possibile risalire all’identità di tutti gli agenti presenti.
Crediamo sia ormai urgente la previsione di misure che consentano l’identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico. Episodi di uso ingiustificato della forza, come accaduto in passato, possono innescare pericolose generalizzazioni, specie se si riscontrano difficoltà rispetto all’accertamento delle responsabilità e delle relative sanzioni. Crediamo fortemente che l’introduzione dei codici identificativi sarebbe non solo uno strumento di garanzia per il cittadino, ma anche e soprattutto di maggiore tutela per tutti gli agenti che svolgono il proprio lavoro in maniera corretta.
Per questo chiediamo di varare una normativa in linea con gli standard internazionali che preveda l’utilizzo di codici alfanumerici identificativi ben visibili sulle uniformi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico.
Vi ringraziamo per l’attenzione.