Sono nato a Cagliari, la capitale dello Stato Sardo, il 02 ottobre 1959 in una famiglia molto unita ed ho avuto un’infanzia che oserei chiamare felice. Mi sono diplomato nel 1981 in un Istituto Tecnico Industriale dove ho ottenuto la specializzazione in Chimica Industriale. Successivamente mi sono iscritto all’università dove seguivo il corso di laurea in Scienze Biologiche ma la mia carriera universitaria non fu portata a compimento in quanto il lavoro e lo sport mi lasciavano ben poco tempo a disposizione da dedicare allo studio. Subito dopo aver conseguito il diploma, infatti, cominciai subito a lavorare presso un laboratorio di patologia clinica in qualità di Tecnico di Laboratorio di Analisi Cliniche. Successivamente feci anche l’Informatore Medico Scientifico e, per tanti anni, sia l’agente che il grossista di apparecchiature e materiali per uso scientifico. Nella mia vita ha avuto un ruolo molto importante e formativo anche lo sport agonistico, sia nella disciplina delle arti marziali ( judo e ju-jutsu ) che nel calcio; da ambedue ho avuto delle belle soddisfazioni. Adoro il mare, infatti mi ritengo un “animale marino” ed ho praticato, fin da bambino, tutti gli sport acquatici possibili, soprattutto il windsurf e la pesca subacquea. Fino dalla più tenera età mi sono sempre sentito “sardo”. Mai italiano, neppure per un attimo! Ho sempre rinnegato l’italia come patria e credo fermamente nella potenzialità della mia Terra. Purtroppo il colonialismo e la dittatura di uno stato che ha invaso e condizionato psicologicamente il mio Popolo ha portato la Sardegna, una terra carica di storia e di fierezza ad essere una regione depressa, ricca solo di povertà e con opportunità lavorative quasi inesistenti. Tutto questo è stato causato anche con la responsabilità dei politici sardi che, per avido opportunismo, non hanno lavorato per il bene della loro Patria ma solo per guadagnarsi un posto di lavoro ben remunerato, rinnegando la loro Terra, una poltrona nelle istituzioni straniere italiane. Considero l’italia uno stato occupante e straniero che sta distruggendo senza alcun diritto la mia Terra, imponendogli servitù militari nei quali centri si utilizzano sostanze radioattive che stanno creando gravi problemi di salute alla mia gente. Negli stessi vengono compiuti anche vari esperimenti scientifici tra i quali quelli ambientali che ne stanno sconvolgendo il clima provocando addirittura alluvioni e altri seri danni. Insomma è in atto un vero e proprio annientamento e genocidio del Popolo Sardo. Considero la costituzione italiana una carta che nega il diritto all’autodeterminazione della mia Patria Sarda, quindi una legge straniera impostaci senza alcuna legittimità giuridica e politica. La storie del popolo italiano non è la storia dei sardi, se non in misura marginale e incidentale. Non abbiamo niente a che fare con la lingua dato che in Sardegna l’italiano è arrivato come una lingua straniera solo nella seconda metà del Settecento e, come lingua comunemente impiegata, solo dagli anni Sessanta del Novecento. Non abbiamo niente a che fare col senso di appartenenza alla nazione italiana di stampo illuminista e romantico, dato che i sardi tra il Settecento e l’Ottocento furono impegnati nel tentativo di liberarsi dal giogo feudale e monarchico, prima con la Sarda Rivoluzione, poi con i tentativi repressi nel sangue dei patrioti repubblicani fino al 1812. Mentre in italia prendeva piede il Risorgimento, la Sardegna viveva un’epoca tra le più buie della sua storia. Dall’”Editto delle Chiudende” (1820) alla “Caccia Grossa” (spedizione militare contro il banditismo, 1899), trascorrono decenni di imposizioni dall’alto, di smantellamento del tessuto produttivo e culturale autoctono, di repressioni e rivolte, di scelte economiche di stampo coloniale. Nel 1861 la Sardegna non era certo più italiana di quanto lo fosse cento, duecento, trecento anni prima. Ancora per decenni dopo questa data un intenso lavoro intellettuale cercherà di giustificare la difficile integrazione dei Sardi nel contesto culturale nazionale italiano, ma senza mai spingersi a considerare i Sardi come italiani. Secondo me essere indipendentisti significa avere un progetto di “rottura” con quel legame che ci tiene soggiogati politicamente, culturalmente ed economicamente allo stato occupante avendo come primo scopo il raggiungimento della piena autodeterminazione. Vivo stabilmente in Veneto ormai da tredici anni e ho trovato un popolo in cui riscontro tante analogie con il mio. La stessa voglia di liberarsi dallo stato straniero occupante, la stessa voglia di libertà, la stessa stanchezza nel sentirsi sfruttati dal governo di Roma. Rivendica giustamente il diritto di essere padroni, in casa propria, del proprio destino. Tutto questo coincide perfettamente con il mio modo di pensare ed è in questo contesto che si realizza la mia militanza nel Movimento di Liberazione del Popolo Veneto. Combattere per gli ideali di questa Gente è, per me, come combattere per la mia Gente della quale non mi sono dimenticato, anzi questa lotta mi porta ad essere ancora più presente nella battaglia per l’indipendenza della Sardegna essendo ben cosciente che la liberazione dell’una significherà la liberazione dell’altra. Il mio impegno in questa dura battaglia lo sento, dentro di me, come un preciso dovere verso la giustizia e verso i nostri figli che hanno diritto di vivere una vita libera senza dover sottostare ad uno stato straniero corrotto, che non ci da la possibilità di emergere come la nostra storia ci impone. Uno stato italiota che, comunque, non è il mio Stato, non lo è mai stato e mai lo sarà !!! SERGIO PES