Giovedí 18.08.2011 22:45
di Fabio Massa
Altro che militanti veneti e autonomisti di Belluno. La Lega Nord è tutta un fermento anche nella sua Regione simbolo, la Lombardia. E per la prima volta l'antipatia dei militanti e di buona parte dei dirigenti non si appunta solo sull'ormai famoso "cerchio magico", e quindi sulla corrente che fa capo a Rosy Mauro e a Marco Reguzzoni, ma inizia a indirizzarsi sul Senatùr in persona. L'analisi che si fa in Lombardia, del resto, è spietata. Al di là della difesa d'ufficio davanti alle continue rimostranze di Roberto Formigoni, in un refrain infinito che dura ormai da oltre un anno, anche i meno avvertiti hanno ormai capito che i tagli agli enti locali, de facto, sono il contrario della ricchezza promessa ai territori del Nord grazie all'affermazione del federalismo. In più, il ceto medio e imprenditoriale, che elezione dopo elezione il Carroccio aveva eroso al Pdl, con l'ultima stangata si trova disorientato, arrabbiato, inferocito. A peggiorare la situazione il fatto che il partito ribolle per il taglio dei consiglieri, dei posti di potere in quegli enti nei quali la Lega stava lottando per entrare. Per questo motivo Bossi aveva parlato di "persone che nel movimento ragionano come i terroni".
In Lombardia, terra pragmatica, di quella che una volta era solo un'idea sussurrata, si inizia a parlare liberamente, apertamente: occorre sostituire il Senatùr. Il delfino c'è già, e si chiama Roberto Maroni, unito in un ticket di ferro (almeno per adesso), con Roberto Calderoli. "Qui rischiamo l'implosione come mai. Prima abbiamo perso Milano, adesso tassiamo tutti – si confida un dirigente leghista con Affaritaliani.it – Alle prossime elezioni sarà un bagno di sangue se non si fa qualcosa, e invece l'Umberto si mette a parlare di Brunetta, del nano di Venezia e continua con le sue inutili provocazioni". Secondo quanto risulta ad Affari, è proprio in Lombardia il laboratorio che ormai da tempo sta preparando il dopo-Bossi. Del resto, il futuro del partito è condizionato ai congressi dell'autunno: in quella sede si svolgerà l'ultima battaglia tra "cerchio magico" e "maroniti", con Reguzzoni che va all'assalto della segreteria di Giorgetti. Sta a Bossi decidere se vuole continuare ad essere il padre nobile del Carroccio o l'ennesimo caso di pensionato eccellente (e pure un po' scomodo).
In Lombardia, terra pragmatica, di quella che una volta era solo un'idea sussurrata, si inizia a parlare liberamente, apertamente: occorre sostituire il Senatùr. Il delfino c'è già, e si chiama Roberto Maroni, unito in un ticket di ferro (almeno per adesso), con Roberto Calderoli. "Qui rischiamo l'implosione come mai. Prima abbiamo perso Milano, adesso tassiamo tutti – si confida un dirigente leghista con Affaritaliani.it – Alle prossime elezioni sarà un bagno di sangue se non si fa qualcosa, e invece l'Umberto si mette a parlare di Brunetta, del nano di Venezia e continua con le sue inutili provocazioni". Secondo quanto risulta ad Affari, è proprio in Lombardia il laboratorio che ormai da tempo sta preparando il dopo-Bossi. Del resto, il futuro del partito è condizionato ai congressi dell'autunno: in quella sede si svolgerà l'ultima battaglia tra "cerchio magico" e "maroniti", con Reguzzoni che va all'assalto della segreteria di Giorgetti. Sta a Bossi decidere se vuole continuare ad essere il padre nobile del Carroccio o l'ennesimo caso di pensionato eccellente (e pure un po' scomodo).
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