DONECK

PADANI DEL DONECK ??? (di Matteo Montanari)

Com'é consuetudine nella politica italiana, si muove l'interesse (possibilmente economico…) prima di ogni cosa.
L'incontro avvenuto tra i "padani" e i rappresentanti del DNR non sono del tutto cristallini… la fame della bestia leghista non si limita a poltrone in Regione ..e non, ma va ben oltre l'immaginabile.
Da quando il Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto ha intrapreso la via diplomatica le esperienze d'imitazione sono state molteplici ma questa nuova linea della politica italiana rasenta il ridicolo; parlare di autodeterminazione dei popoli…..proprio un ente italiano??
Proprio la rappresentazione del colonialismo romano sul territorio veneto si esprime a favore di tale diritto?
Perché non lo dimostra attuando le dovute procedure che passano per mezzo degli MLN e la finiscono con i voti di scambio, careghe e premi vari?
Non sarà che tali attenzioni alla fine abbiano un mero scopo economico legato solo alla ricostruzione post-bellica?
Inoltre, di che guerra civile si parla?
Là vediamo solo Guerra e basta.
Un esercito regolare che spara ad un gruppo di persone innocenti non è guerra civile ma vile occupazione militare, la stessa che da 150 anni si protrae sul nostro territorio.
Non sappiamo che proposte sono emerse in Doneck ma siamo certi che dietro a tutto questo non c'e nulla di positivo, soprattutto perché trovate sempre un modo per fare pubblicitá ingannevole con le vostre "gesta" sconnesse e prive di senso logico oltre che giuridico.
Non si capisce il nesso tra il leader del Doneck, che durante un intervista sul Telegraph abbraccia l'ideologia indipendentista Texana "senza guerra ne spargimenti di sangue", con un partito italiano che ha inneggiato lo scontro armato in passato , con le fantasie di un urlatore che ha spinto le sue "guardie padane" ad invadere Roma con i fucili.
Anche in quel frangente il ministero dell'interno straniero italiano non ha espresso nessun parere ma ha trovato subito motivo d'attaccare questo Movimento di Liberazione Nazionale nell'attimo in cui si é formato ufficialmente senza slogan violenti e guerrafondai.
I media non danno spazio a tali attrocitá ma voi come intendete dare voce a queste violenze?
Questo é stato uno dei motivi per cui il ministro degli esteri del Doneck ,con una nota diplomatica, ha richiesto il nostro aiuto nel combattere il silenzio assordante dei media occidentali, che sorvolano sulle reali motivazioni scatenanti e i metodi utilizzati in questo conflitto.
 
2015.08.25 - DONECK - MINISTERO ESTERI - NOTA DIPLOMATICA A GVP2015.08.25 - DONECK - MINISTERO ESTERI - NOTA DIPLOMATICA A GVP - TRADUZIONE UFFICIOSA
 

I “NEMICI” DELLA “RIVOLUZIONE” IN UCRAINA

DALLA PAGINA FACEBOOK DELLO SCRITTORE RUSSO NICOLAI LILIN.
RICORDIAMO A CHI NON LO CONOSCESSE CHE LILIN E’ UN UOMO LIBERO, SPESSO IN DISACCORDO CON LA POLITICA DEL PRESIDENTE PUTIN.
CIO’ NON GLI IMPEDISCE, ADESSO, DI ESSERE AL FIANCO DEL SUO POPOLO CONTRO GLI INFAMI ATTACCHI PERPETRATI DALLE POLITICHE GUERRAFONDAIE DEGLI USA DELL’INFAME BARACK OBAMA
Spunta un altro sito con le liste nere del regime di Kiev
L’Ucraina post maidan, occupata da una giunta di terroristi messi al potere per fare il lavoro sporco per conto dello zio Sam, ci insegna, non senza stupore, che non c’è mai fine al peggio.
Quotidianamente vi raccontiamo della mentecatta follia che sta portando alla distruzione questo Paese: bombardamenti sui civili, persecuzioni politiche, disastro economico, liste nere con i nomi dei “cattivi” che il regime invita ad eliminare.
In questa ricchissima platea di mostruosità, vi proponiamo uno degli ultimi siti realizzati dagli sgherri della giunta golpista di Kiev.

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Si tratta ancora una volta di un sito che propone una lista di persone che devono essere eliminate in quanto “nemiche dell’Ucraina” e, udite udite, “Agenti del Cremlino”.
Lo slogan del sito recita: “СПИСОК ВОРОГІВ УКРАЇНИ — НА ЇХ ЧЕКАЄ ТРИБУНАЛ!” – “ELENCO DEI NEMICI DELL’UCRAINA – IN ATTESA DEL LORO TRIBUNALE!”.
Vediamolo, questo elenco. Al loro interno troviamo i nomi di molti giornalisti ucraini che sono dovuti scappare dal Paese per mettere in salvo la propria vita.
UNA RAGAZZA UCRAINA RACCONTA LA VERITA’ SUL REGIME IMPOSTO DAGLI USA (VIDEO)
roviamo poi i nomi di Capi di Stato, uomini politici e giornalisti stranieri.
Al primo posto della classifica troviamo Marine Le Pen, leader del movimento politico francese Fronte Nazionale. Al secondo posto il Premier greco Alexis Tsipras. Addirittura al sesto posto il giornalista italiano GIULIETTO CHIESA, che precede di una posizione il Presidente cinese Xi Jiping. Al n°9 Donald Trump, al n°14 Silvio Berlusconi, al n°17 Matteo Salvini. Al n°18 Graham Phillips.
Sembrerebbe un’arlecchinata, ma questi miserabili fanno sul serio.
 

APPELLO DEL MINISTERO DEGLI ESTERI DELLA REPUBBLICA POPOLARE DI DENECK AI GOVERNI E AI POPOLI DEL MONDO

Dichiarazione ufficiale del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare di Donec’k ai governi e ai popoli di tutto il mondo.
“Il 24 aprile 2014, nella citta’ di Slavjansk, i gruppi armati ucraini, che seguono gli ordini criminosi della giunta di Kiev, hanno messo in atto un crudele attacco nei confronti dei cittadini della Repubblica Popolare di Donec’k, servendosi dell’aviazione e di mezzi corazzati.
A causa di cio’ sono morti e stanno morendo russi, ucraini e rappresentanti di altri popoli, in piedi spalla a spalla a formare uno scudo umano per la difesa del diritto legittimo di determinare il proprio destino storico.

Con il loro brutale operato, le autorita’ illegittime di Kiev hanno calpestato i principi fondamentali del diritto internazionale, riportati nel Preambolo allo Statuto delle Nazioni Unite, e che sono alla base della sicurezza dell’intero mondo postbellico.

La perfidia di tali azioni si rivela ancora piu’ ipocrita sullo sfondo degli accordi raggiunti alla conferenza di Ginevra il 17 aprile, quando il rappresentante di Kiev ha apposto la propria firma sotto agli obblighi che impongono “a tutte le parti di astenersi da qualsiasi forma di violenza, intimidazione e azione provocatoria”. L’accordo proclama anche la necessita’ di “avviare immediatamente un dialogo nazionale che coinvolga tutte le regioni dell’Ucraina e tutti i partiti politici”.
Le vie diplomatiche per la risoluzione del conflitto sono esaurite.
Non riporremo le nostre speranze in un secondo summit a Ginevra, dal momento che gli accordi del primo sono stati calpestati da Kiev subito dopo la sottoscrizione del documento.
Alla fine ci siamo convinti della dubbia efficacia della missione di pace dell’OSCE, le cui ispezioni servono da pretesto per l’operato dei banditi di Kiev. Russia a parte, a tutt’oggi non e’ possibile prendere accordi vincolanti con i rappresentanti dell’incontro di Ginevra, poiche’ hanno dato dimostrazione di follia politica, di falsita’ patologica e di una completa incapacita’ di negoziare.
Oggi sappiamo cosa intendono le autorita’ di Kiev per “dialogo nazionale”.
Al pari del Ministero degli Affari Esteri russo, crediamo che la decisione di riprendere le azioni militari nell’Est dell’Ucraina sia stata presa dalla leadership di Kiev sotto l’influenza della visita del vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden nella capitale.
Richiamiamo la vostra attenzione anche sulla recente visita dei rappresentanti dell’OSCE a Slavjansk con il fine di “placare la situazione”, la quale non solo non ha contribuito a tale scopo, ma ricordava piuttosto un’ispezione dell’Intelligence militare sotto copertura diplomatica.
A tal proposito vogliamo dichiarare quanto segue: simili azioni da parte di Kiev, degli Stati Uniti e della missione dell’OSCE non ci hanno colti di sorpresa. Avevamo gia’ affermato in precedenza che la posizione dell’Unione Europea (che predomina anche all’interno dell’OSCE) e’ la prova che a Bruxelles non intendono fornire ulteriore assistenza per lo sviluppo dei principi democratici in Europa, ma sono pronti a ostacolare la libera espressione di volonta’ del popolo di Donbass e della Novorossija.
Secondo noi questo e’ il frutto di ambizioni segrete che puntano all’espansione politico-militare dell’Unione Europea e della NATO verso Est.
Allo stesso tempo, la posizione e le azioni degli Stati Uniti d’America, di cui riteniamo evidente il carattere criminoso, meritano una condanna distinta da parte della comunita’ internazionale.
Proprio gli USA, assieme ai loro protetti di Kiev, sono i principali responsabili degli spargimenti di sangue del 24 aprile e dei crimini commessi in precedenza nel territorio di Donbass.
Esortiamo personalmente la comunita’ internazionale a condannare questi criminali, i quali dovranno essere puniti di conseguenza, sarebbe a dire: il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il Vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden, il Segretario di Stato John Kerry, il Direttore della CIA John Brennan, e con loro i funzionari della giunta di Kiev, cioe’ il Presidente facente funzioni Oleksandr Turchinov, il Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale e della Difesa Andrij Parubij, il Ministro degli Interni Arsen Avakov, il leader del “Pravyj Sektor” Dmytro Yarosh, l’oligarca Ihor Kolomojskij e coloro che dalle indagini risultano essere criminali di guerra.
Esortiamo tutti i governi e tutti i popoli del mondo a condannare i crimini del regime di Kiev e a pretendere il suo isolamento internazionale e il processo per crimini di guerra.”
Il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Popolare di Donec’k E. Gubareva.
http://novorossia.su/node/619Tratto da (CLICCA QUI)

LA REPUBBLICA POPOLARE DI DONETSK CHIEDE COLLABORAZIONE AI PAESI DELL’ALLEANZA BOLIVARIANA.

1966929_762234700524453_7618525632383091132_nA.I. Kofman, Ministro degli Esteri dell'autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, ha inviato una richiesta di collaborazione e sostegno indirizzata ai paesi dell'Alleanza Bolivariana.
Nel documento, reso pubblico alle 17 locali di oggi, il Ministero degli Esteri della RPD, fa riferimento ai mesi di guerra a cui è sottoposta la giovane repubblica, indicando nei paesi NATO e negli USA in particolare i mandanti del majdan (così simile alle "ribellioni" che ci sono state in Venezuela) e i burattinai dei golpisti ucraini:
"La Repubblica Popolare di Donetsk è pronta a invitare i governi degli Stati membri dell'ALBA, per cominciare a stabilire relazioni bilaterali complete e a pieno titolo, il cui esito sarà l'amicizia e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra i nostri paesi.
Noi crediamo che solo grazie agli sforzi congiunti di tutto il mondo libero si potrà resistere alle aspirazioni egemoniche di Washington e dei suoi servi. I nostri popoli costruiranno il futuro che hanno scelto, senza pressioni e minacce esterne".
VEDI ANCHE:
 

2015.01.06 – SI CONSOLIDA LA COLLABORAZIONE COL GOVERNO DI DONECK

Proponiamo anche l'altra e-mail qui pervenuta.

2015.01

e la nostra precedente risposta:
 
Spett.
Sig. Anton Ehin,
Presidente del Comitato delle Comunicazioni Sociali presso il Consiglio dei Ministri della Repubblica Popolare di Donetk.
La presente in risposta alla Vostra e-mail del 25 dicembre u.s. per ringraziarVi dell’attenzione posta al nostro Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto.
La Vostra proposta di collaborazione ci onora.
Siamo sinceramente preoccupati per quanto sta succedendo da Voi ma vogliamo assicurarVi che nonostante la deviata informazione mediatica occidentale la popolazione è scettica sulla versione ufficiale fornita dai media dello stato italiano ed europei.
Nel confermarVi tutta la nostra disponibilità e cooperazione abbiamo subito dedicato nel sito ufficiale del MLNV uno spazio specifico alla Vostra Repubblica (*).
Pertanto, qualunque notizia circa la legittima Vostra versione dei fatti o iniziativa che ritenente necessaria attuare siamo a Vostra disposizione.
Il MLNV, per il tramite del Governo Veneto Provvisorio, ratificherà  a breve il riconoscimento ufficiale della Vostra Repubblica Popolare di Donetsk, con la reciproca speranza di poter intraprendere amichevoli relazioni culturali e sociali.
Con onore e rispetto.
Viva San Marco
Venetia, 29 dicembre 2014
Sergio Bortotto Presidente del MLNV e del GVP
 

 

 

 

 

 

 

COSA ABBIAMO CAPITO DELLA CRISI UCRAINA ???

Che cosa avete capito della crisi ucraina?
Verosimilmente che il popolo ucraino si è ribellato contro un presidente arrogante e autoritario, Viktor Yanukovich, il quale ha cercato di reprimere la protesta, uccidendo decine di persone, ma che alla fine è stato destituito.
La Russia si è arrabbiata e per ripicca ha invaso la Crimea.
Confusamente tu, lettore, avrai capito che il popolo vuole entrare nell’Unione europea, mentre Yanukovich e, soprattutto, Mosca si oppongono.
Fine.
La realtà, però, è un po’ diversa e assai più interessante.
Per capire cosa stia succedendo davvero occorre partire da un po’ più lontano, da una ventina d’anni fa, quando una delle menti più raffinate dell’Amministrazione Usa, Zbigniew Brzezinski – ancora oggi molto influente – indicò nell’Ucraina un Paese fondamentale nei nuovi equilibri geostrategici; da sottrarre alla Russia e portare nell’orbita della Nato e dell’America.
Allora iniziò una grande partita a scacchi tra Washington e Mosca.
Anzi, una lunga guerra, combattuta con armi non convenzionali.
Ad esempio usando le “rivoluzioni pacifiste”.
Il metodo si ispira alle teorie dell’americano Gene Sharp e fu applicato per la prima volta in Serbia nel 2000 in occasione della caduta dell’allora presidente Slobodan Milosevic.
Funziona così: proteste di piazza in apparenza spontanee sono in realtà pianificate con cura e guidate per il tramite di Organizzazioni non governative, Associazioni umanitarie e partiti politici; in un crescendo di operazioni pubbliche amplificate dai media internazionali e con appoggi all’interno delle istituzioni, in particolare dell’esercito, che finiscono per provocare la caduta del “tiranno”.
L’esperimento serbo piacque molto al Dipartimento di Stato che decise di sostenerlo altrove: nel 2003 in Georgia (Rivoluzione delle Rose) e l’anno dopo in Ucraina, quando, a Natale, il candidato progressista Viktor Juschenko (ricodate? Quello col viso butterato) sconfisse in piazza proprio Yanukovich, durante la Rivoluzione arancione.
Un capolavoro, che però, risvegliò Putin, il quale si accorse di tali metodi e, ossessionato dal timore che potessero essere usati nelle strade di Mosca contro di lui, avviò la “nuova guerra fredda” con gli Stati Uniti.
I rapporti da cordiali divennero glaciali.
E i suoi servizi pianificarono la riconquista dell’Ucraina, usando, a loro volta, strumenti non convenzionali quali ricatto del gas, sabotaggio dell’economia, disagi sociali, tecniche spin per demotivare e indebolire i partiti della coalizione arancione.
Risultato: nel 2010 Yanukovich fu eletto presidente e l’Ucraina lasciò l’orbita americana per tornare in quella russa.
Arriviamo così ai giorni nostri, con l’emergere di un’ulteriore, sorprendente variante.
La protesta da pacifica, diventa, almeno in parte, violenta.
Per opera di chi?
Non certo direttamente di soldati stranieri sul campo, bensì di estremisti.

E che estremisti!
Come ormai noto, ad assaltare i ministeri di Kiev non sono stati i pensionati ucraini, bensì milizie paramilitari neonaziste, ben istruite e ben armate.
I pacifisti sono serviti da corollario, soprattutto mediatico, ma a rovesciare Yanukovich sono stati guerriglieri antisemiti, fanatici e ultraviolenti.
Autentiche canaglie, il cui tempismo è stato perfetto: la sommossa ha raggiunto il suo apice durante i Giochi di Sochi ovvero nell’unico momento in cui la Russia non poteva permettersi rovinare il ritorno di immagine delle Olimpiadi.
Kiev bruciava ma il Cremlino era costretto a tacere.
Operazione sofisticata e magistrale, ufficialmente senza paternità, che però – ammainate le bandiere olimpiche – ha innescato la risposta del Cremlino, meno raffinata ma altrettanto spregiudicata.
Obama non immaginava che Putin potesse occupare la Crimea, così come il Cremlino non si aspettava la guerriglia filoamericana di Kiev.
Si sono sorpresi a vicenda.
E non finisce qui.
La guerra, sporca e asimmetrica, durerà a lungo sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale che assisterà a tutto senza capire, ancora una volta, nulla.

FONTE
http://blog.ilgiornale.it/foa/2014/03/04/ucraina-il-segreto-che-nessuno-spiega-e-che-dovreste-sapere/
Pubblicato da  Giacomo Gabellini

 

UCRAINA SCONFITTA DALLA RESISTENZA DEL DONBASS

TERRORISTI DEL BATTAGLIONE AZOV DELLA GIUNTA UCRAINA SCONFITTI DALLA RESISTENZA DEL DONBASS
Il video riporta il momento della ritirata di una unità del naz-battaglione "Azov" della giunta ucraina vicino al villaggio di Yasinovata.
Sul casco di uno dei cadaveri è stata trovata la videocamera che ha ripreso i momenti della battaglia.
Si tratta di un mercenario proveniente dal Belgio.

UCRAINA, IL VOLO MH17 E’ STATO ABBATTUTO DA PROIETTILI (ANSA)

Il volo Mh17 è stato abbattuto da una pioggia di colpi.
E' quanto emerge in sintesi dal primo rapporto redatto dagli esperti del Dutch Safety Board (Ovv), l'ente per la sicurezza nazionale olandese, sulla tragedia del volo 17 della Malaysia Arlines, precipitato lo scorso 17 luglio, sui cieli ucraini. 
Malgrado il linguaggio tecnico, lo studio conferma quanto era chiaro sin dall'inizio e cioè che ad aver ucciso tutte le 298 persone a bordo è stato un attacco militare.
A fine anno sarà redatto il rapporto definitivo, ma difficilmente emergeranno nuovi dettagli eclatanti: il Boeing 777, in volo da Amsterdam a Kuala Lampur si è disintegrato in volo, a circa 50 km dal confine russo-ucraino, perché colpito, si legge nel rapporto, da "un grande numero di oggetti ad alta energia che lo hanno penetrato dall'esterno.
Non ci sono indicazioni – proseguono gli esperti olandesi – che il crash sia stato causato da errore tecnico o da azioni dell'equipaggio". 
"E' verosimile – si legge ancora nel testo – che questo danno sia risultato in una perdita d'integrità strutturale dell'aereo, in una disintegrazione in volo", e questo "spiega anche la fine improvvisa della registrazione dei dati, la perdita simultanea di contatto con il controllo del traffico aereo e la sparizione dell'aereo dai radar".
Anche dalla registrazione – ottenuta dalle scatole nere – delle voci in cabina di pilotaggio, dei parametri di volo e del controllo aereo non emerge alcun guasto, alcuna chiamata di allarme o di emergenza.
(Ansa)
Tratto da (CLICCA QUI)
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CRISI UCRAINA-RUSSIA: MOTIVI CULTURALI E LA CRIMEA

di Matteo Boldrini
Crisi Ucraina Russia: motivi culturali e la Crimea
Il famoso scienziato politico statunitense Samuel P. Huntington, nel suo libro del 1996 “Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale”, sosteneva che i conflitti del XXI secolo sarebbero stati combattuti non per semplici motivi ideologici o economici, ma per motivi culturali ed etnici, e suggeriva che per evitarli sarebbe stato meglio che i Paesi abitati da popolazioni di culture diverse si scindessero in due entità statuali diverse; come esempio di questa politica di divisione, il politologo prendeva, tra gli altri, anche l’Ucraina.
Indipendentemente dalle tesi dello studioso americano, in molte parti anche discutibili, il fattore culturale resta fondamentale per capire come si è sviluppata l’attuale crisi in Ucraina e quali esiti potrà essa avere. Infatti, anche se nell’iniziale protesta di piazza sono convissuti elementi di tipo diverso, molti dei quali appena considerati dai giornalisti italiani, sembra proprio il fattore culturale quello che ha portato all’innesco della miccia.
L’Ucraina è da sempre un paese a metà tra occidente ed oriente, tra Unione Europea e Russia.
Dei suoi 45 milioni di abitanti, quasi il 20% è di origine russa e parla abitualmente russo, oltre che ucraino.
La percentuale di russi è più bassa nelle regioni occidentali e più alta in quelle orientali e sud-orientali, raggiungendo il suo massimo nella penisola della Crimea, vero pomo della discordia della vicenda.
Lo stesso sistema politico e partitico ucraino ha risentito fortemente di questa divisione etnica, che ha tagliato l’asse di competizione tradizionale sinistra-destra non tanto in partiti russi ed in partiti ucraini, quanto piuttosto in partiti filo-russi, favorevoli ad un ritorno della Repubblica nella sfera di influenza di Mosca, e partiti filo-occidentali, che guardano principalmente all’Unione Europea e alla Nato come partner della propria collocazione internazionale.
Così, in seguito alle proteste di queste ultime settimane, il governo del presidente Janukovic, considerato filorusso, è stato costretto alla fuga dai manifestanti ed è stato sostituito da uno di solidarietà nazionale considerato più filo-occidentale; questo passaggio di potere ha portato a rafforzare ulteriormente la frattura creatasi all’interno del Paese, tanto che alcune regioni hanno cominciato a parlare più o meno apertamente di secessione.
Poiché la crisi si basa su fattori culturali e relativi alla collocazione internazionale, per cercare di capire quale sarà l’esito del conflitto diviene fondamentale analizzare il comportamento dei principali attori internazionali.
Un comportamento che tuttavia si è caratterizzato per posizioni confusionarie e a tratti contraddittorie.
Da una parte vi sono l’UE e gli Usa, ovviamente favorevoli ad un governo filo-occidentale in Ucraina, ma anche dubbiose verso certi elementi che lo compongono e preoccupate dalla possibile eccessiva destabilizzazione dell’area; dall’altra vi è la Russia, con Putin che si è sempre dichiarato sostenitore di Janukovic, ma che sembra assecondare gli intenti separatisti della Crimea.
Quest’ultima rappresenta il nodo cruciale della questione.
A lungo amministrata da Mosca e ceduta all’Ucraina in base ad un accordo tra Chruschev e la Repubblica Socialista di Ucraina nel 1954, nella regione la presenza di cittadini di origine russa è estremamente forte.
Quasi il 60% della popolazione è infatti di origine russa mentre i due terzi di essa parla abitualmente il russo, lingua ufficiale nella zona, e la ritiene la propria lingua madre.
Nella penisola sono molto forti gli interessi del governo di Mosca.
In base ad un accordo ventennale da poco rinnovato, i governi di Kiev e di Sinferopoli (la capitale della Repubblica Autonoma di Crimea) concedono alla Russia l’utilizzo di numerosi basi militari, in particolare quella navale di Sebastopoli che stanzia la maggior parte della flotta russa ed è il centro nevralgico degli interessi russi nel mediterraneo ed in medio oriente.
Per Putin potrebbe dunque essere troppo forte la tentazione di lasciar perdere il sostegno al governo ucraino (Janukovic si è sempre pronunciato contro la secessione) e fare in Crimea ciò che è stato fatto in altre regioni come l’Abcasia e l’Ossezia del Sud: supportarne l’indipendenza e la secessione per annetterle o consolidare la loro presenza nella sfera di influenza russa.
Potrebbe quindi sostenere le posizioni indipendentiste del nuovo governo della Crimea anche a costo di incorrere in uno scontro armato con l’Ucraina e nella reazione delle potenze occidentali.
È difficile capire in maniera chiara quali saranno gli sviluppi; l’Ucraina, in profonda crisi politica, finanziaria ed economica, difficilmente avrà la forza di sostenere un conflitto armato con la Russia, se non adeguatamente supportata, e l’atteggiamento ambiguo tenuto dalle forze occidentali sembra indicare la disponibilità di queste ad accettare la divisione del paese in due entità, collocate in due sfere di influenza distinte, una ad occidente ed una ad oriente.
La palla della partita resta per ora in mano alla Russia: da ciò che deciderà di fare dipenderà molto del futuro dell’Ucraina.
E visto l’ampio stanziamento di truppe in Crimea, sembra che Putin abbia già preso la sua decisione.