ATTUALITA

ORBÁN: “DOBBIAMO COMBATTERE CONTRO UNA RETE INTERNAZIONALE ORGANIZZATA”

In occasione della Giornata Nazionale e tre settimane prima delle elezioni, Viktor Orbán dimostrava la propria popolarità e determinazione a lottare contro “una rete internazionale organizzata”.
Il 15 marzo, l’Ungheria celebra la rivoluzione per l’indipendenza del 1848-1849.
Questo è un giorno eminentemente politico per gli ungheresi, e tradizionalmente ogni partito organizza un evento coi propri sostenitori.
I vari partiti di opposizione hanno raccolto circa un migliaio di partecipanti.
Ma l’evento del giorno era innegabilmente la “marcia della pace”.
Il Fidesz, partito di Viktor Orbán, organizzò tra il 2012 e il 2014 queste “marce della pace” per dimostrare la propria popolarità ed ineguagliata capacità di radunare le folle.
La prima marcia mirava a dimostrare all’Unione europea il sostegno che Viktor Orbán gode in Ungheria, mentre negoziava sulla nuova costituzione.
Ma dal 2014 non fu organizzata alcuna marcia per la pace.
E quest’anno è stato un record: circa 500000 persone, nonostante la pioggia, hanno marciato a Budapest per esprimere il sostegno a Viktor Orbán.
La vera dimostrazione di forza per indecisi, opposizione ed estero, la marcia dei sostenitori di Viktor Orbán riunitisi al richiamo del polemista e presentatore televisivo Zsolt Bayer, si concluse presso il parlamento dove il Primo Ministro ungherese tenne il suo discorso, il 15 marzo.
Prima dell’inizio della marcia, Zsolt Bayer, personaggio storico di Fidesz e della televisione ungherese, affermò che i partecipanti sono coloro che sanno ancora cosa significa “Dio, Nazione e Patria, chi sa cos’è la famiglia e cosa i bambini rappresentano, e riconosce i due generi, donna e uomo“.
 
ORBÁN: “DOBBIAMO COMBATTERE CONTRO UNA RETE INTERNAZIONALE ORGANIZZATA”
 
Ecco i punti salienti del discorso di Viktor Orbán del 15 marzo 2018:
All’apertura del discorso, Viktor Orbán salutava i partecipanti, in particolare le centinaia di polacchi presenti, ricordando i forti e antichi legami che uniscono Polonia e Ungheria.
Per il Primo Ministro ungherese, la forza di ogni Paese è una garanzia per l’altra.
E in questo senso, “la marcia della pace di quest’anno non è stata solo una questione nazionale, è stata anche un sostegno alla Polonia”.
“Nelle prossime elezioni che si terranno tra tre settimane, non si tratta di votare per i prossimi quattro anni […] il problema è il futuro del Paese“.
Per Viktor Orbán, i suoi sostenitori sono gli eredi dei combattenti per la libertà del 1848-49.
Ricordando che per trent’anni i suoi sostenitori, unitisi dietro di lui, hanno combattuto numerose e importanti lotte, Viktor Orbán annunciava che “la battaglia principale deve ancora venire“, perché “alcuni vogliono toglierci il nostro Paese“.
Vogliono che nel giro di pochi decenni, di nostra spontanea volontà, abbandoniamo il nostro Paese ad altri, estranei di altre parti del mondo che non parlano la nostra lingua, non rispettano la nostra cultura, le nostre leggi e i nostri modi di vita.
Chi vuole sostituire il nostro popolo col proprio.
Vogliono in futuro che non siano noi e i nostri discendenti a vivere qui, ma altri.
E non c’è esagerazione nelle mie parole“, aveva detto il Primo Ministro ungherese, spiegando la situazione nell’Europa occidentale e presentandola come controesempio.
Chi non ferma l’immigrazione ai propri confini sparirà“.
Secondo Viktor Orbán, “alcune forze esterne e potenze internazionali cercano d’imporci questo“.
E le elezioni dell’8 aprile sono a suo parere una buona opportunità per queste forze di far valere i loro obiettivi.
Quindi non vogliamo solo vincere un’elezione, ma il nostro futuro“.
L’Europa, e al suo interno, l’Ungheria, è arrivata a un punto critico: mai le forze patriottiche e internazionaliste si sono contrapposte così“.
Per l’uomo forte di Budapest, l’opposizione è tra i milioni di patrioti e democratici e le élite globaliste antidemocratiche.
Dobbiamo confrontarci col passaggio di persone che minaccia il nostro modo di vivere. (…)
Non sono i piccoli deboli partiti di opposizione che dobbiamo combattere, ma una rete internazionale organizzata come un vero impero.
Media supportati da consorzi stranieri e oligarchi locali, attivisti ed agitatori pagati, ONG finanziate da speculatori internazionali, ciò che George Soros rappresenta e incarna.
È questo mondo che dobbiamo combattere per preservare il nostro“.
Con retorica marziale, Viktor Orbán considerava l’opposizione nell’insieme un obiettivo alleato di George Soros e dei suoi interessi.
L’Europa è invasa.
Se non facciamo nulla, decine e decine di milioni di persone da Africa e Medio Oriente verranno in Europa“.
Rifiutando la passività dell’Europa occidentale, Viktor Orbán l’avvertiva contro la futura demografia africana.
Bruxelles non difende l’Europa“, aveva detto insistendo sulla disponibilità di Bruxelles a sostenere tale immigrazione.
Dopo le elezioni, cercheremo un risarcimento.
Moralmente, politicamente e legalmente“.
Per l’opposizione, questa frase sembrava una minaccia.
Come i nostri antenati hanno giustamente detto, un popolo codardo non ha nazione. […]
Abbiamo sempre combattuto e alla fine abbiamo sempre vinto.
Abbiamo rimandato a casa il Sultano e i suoi giannizzeri, abbiamo espulso l’imperatore asburgico e i suoi soldati, i sovietici e i loro compagni, e ora stiamo per espellere George Soros e le sue reti.
Gli chiediamo di tornarsene negli USA e badare a loro!
Tornando al tema dell’immigrazione, Viktor Orbán spiegava che basta un solo errore: “se la diga crolla e l’acqua scorre“, diceva, “la conquista culturale diverrà irreversibile“.
In conclusione, il Primo Ministro ungherese rivolse un appello ai giovani sull’importanza di avere una patria.
Caro giovane ungherese, la Patria ha bisogno di te, vieni ed unisciti a noi nella nostra lotta in modo che quando avrai bisogno della patria ne avrai ancora una“.
Il discorso si concluse con la recitazione, non il canto, dell’inno nazionale, una preghiera, e l’invito a combattere.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
(segnalato da Benedetto) tratto da (CLICCA QUI)
 
 

GIÙ LE MANI ITALIANE DAL GONFALONE DI SAN MARCO

PADOVA.
La bandiera del Veneto da esporre nelle prefetture e questure?
«Non mi risulta che la questione esista, perché le Regioni dal 1970 hanno solo i gonfaloni e gli stemmi», mentre le bandiere nazionali degli Stati indipendenti sono quasi 200 «Quella italiana è il tricolore: verde, bianco e rosso partendo dall’asta, come recita l’articolo 12 della Costituzione».
Filippo Bubbico, sottosegretario agli Interni, getta acqua nel fuoco della polemica divampata sul simbolo che Zaia ha rispolverato dal pantheon del venetismo: il vessillo della Serenissima, che non sventola più su Venezia dal 12 maggio 1797, quando il Maggior Consiglio dei Dogi abdicò e dichiarò decaduta la repubblica dopo l’invasione di Napoleone. 
220 anni dopo, il moto è sempre lo stesso: “Pax tibi”, dice l’Evangelista, ma la bandiera con il leone di San Marco imposta per legge dal consiglio regionale a tutti gli uffici pubblici ha rischiato di creare un serio incidente diplomatico tra Venezia e Roma nei giorni in cui in Catalogna la Guardia Civil ha fatto scattare il blitz per impedire il referendum sull’indipendenza il 1 ottobre.
Nelle stesse ore della protesta, Luca Zaia su twitter scriveva: «Venezia come Barcellona, ci facciano votare per l’autonomia di Veneto e Lombardia».
E ancora: sul referendum «come la Catalogna pronto a farmi arrestare».
Il Serenissimo Governatore, con la sua giacca “skinny” da eterno dj avvolto nello stendardo del leone alato, sembrava sul piede di scalare il campanile di san Marco, in un sussulto di venetismo, in vista del referendum del 22 ottobre.
Uno show mediatico che ha emulato quello sul palco di Pontida del 17 settembre.
Letti i tweet, sfogliato l’album delle foto su Fb, al Viminale non hanno esitato un solo attimo ad ascoltare le vibrate proteste dei prefetti, più che mai imbarazzati dal diktat partito da palazzo Balbi: l’obbligo di esporre la bandiera del Veneto, pena il pagamento di una multa da 100 a mille euro.
Una spada di Damocle eliminata con rara efficacia burocratica: Minniti ha preteso che nel consiglio di ministri di venerdì scorso, il premier Gentiloni firmasse il decreto per impugnare la legge regionale sull’utilizzo dei simboli e ne sollevasse l’incostituzionalità.
I motivi del contendere, in linea di diritto, sono noti: per il governo la legge del Veneto «invade la competenza legislativa riservata allo Stato, stabilita dall’articolo 117 della Costituzione.
E vìola i principi costituzionali di ragionevolezza, uguaglianza e di unità».
E adesso cosa accadrà?
Sarà la Consulta a dirimere il conflitto, ma il sottosegretario agli Interni Filippo Bubbico, ex governatore della Basilicata, non cambia idea: «La bandiera è tale in quanto identifica una Nazione, sia essa una repubblica o una monarchia.
Il Veneto è una regione e nello statuto approvato nel 1970 ha scelto il gonfalone e lo stemma per essere identificato.
So che il 22 ottobre verrà celebrato il referendum per chiedere maggiori forme di autonomia, come previsto dall’articolo 116, terzo comma della Costituzione: l’unità di questo Paese è un valore da salvaguardare anche con il federalismo fiscale.
Temo invece che possano prevalere calcoli di convenienza politica rispetto alle esigenze di buona efficienza dell’ amministrazione regionale.
Il ministero degli Interni ha autorizzato le consultazioni di Veneto e Lombardia perché si muovono all’interno dei principi costituzionali: insomma, il governo è sereno e non vede pericoli».
E la bandiera di San Marco?
Il sottosegretario Bubbico sorride e ammette che il tentativo di elevare la Regione Veneto al rango di Stato, con il vessillo ufficiale, è operazione assai complicata che gli uffici legislativi del Viminale hanno bloccato in poche ore.
La legge approvata dal consiglio regionale presenta una grave lacuna, quando all’articolo 7 septies fissa le multe: chi non esponela bandiera «verrà punito con una sanzione amministrativa da 100 a 1000 euro».
Va prima risolto un rebus: chi eleva e incassa le multe?
Le Regioni non hanno né vigili né agenti.
A meno che il Veneto non diventi come la Catalogna, con i suoi “Mossos d'Esquadra” che Madrid ha incatenato… 
Tratto da (CLICCA QUI)
Quando la moltonaggine governa in regione.
La regione veneto italiana ha gia la sua bandiera che è ben diversa da quella della Nazione Veneta che non è affatto di competenza delle autorità d'occupazione straniere italiane, Zaia compreso.
Zaia e i politicanti della Lega continuano solo a sfruttare il Gonfalone di San Marco per meri fini partitocratici in ambito italiano … un vero tradimento nei cofronti della Serenissima Patria.
Ci sarà tempo comunque per ogni cosa, anche per chiarire tali responsabilità.
Per quanto riguarda gli "esperti" del viminale italiano si diano una bella calmata … non avete nè la competenza e tanto meno la possibilità di decidere alcunché sul Gonfalone della Serenissima Repubblica di Venezia … vi siete abusivamente insediati sui nostri territori  e con la frode "ab origine" pretendete di dare lezione ai Veneti.
Eppure lo dite voi stessi "esperti" del Minitero dell'interno italiano …"Una bandiera è tale perchè identifica una Nazione" … appunto.
Pensate che insulto per la Nazione Veneta se il proprio Gonfalone di San Marco fosse esposto a fianco del tricolore italiano.
Esponete la bandiera della regione veneto italiana (composto anche da 7 frangie che rappresentano le provincie) e non il nostro Gonfalone di San Marco (composto dai sei sestieri).
WSM
Venetia 12 marzo 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

I VACCINI E LA DITTATURA ITALIANA.

Vaccini, termini scaduti: niente scuola per bimbi non in regola
Il 10 marzo ultima data per presentare la certificazione dell’avvenuta vaccinazione o la prenotazione in Asl. 
Da oggi i bambini delle scuole materne o dei nidi che sono senza documentazione non possono entrare nelle aule. 
Obbligo per presidi di invitare a regolarizzarsi
L'ingresso dei bimbi nei nidi e nelle scuole materne, oggi 12 marzo, potrebbe essere suscettibile di brutte sorprese: i genitori che sono ancora sprovvisti della certificazione dell'avvenuta vaccinazione o della prenotazione in una Asl, infatti, rischiano di veder negare l'entrata dei propri piccoli nelle aule. Lo ha precisato Antonello Giannelli, presidente dell'Anp (l'Associazione nazionale presidi), dopo la circolare Miur-Salute che ha fissato al 10 marzo il termine ultimo per la presentazione dei documenti.
Obbligo di invitare le famiglie a vaccinare
E da oggi, chiarisce l'Istituto superiore di sanità, si avvia il meccanismo messo a punto dalla circolare congiunta dei ministeri della Salute e dell'Istruzione che impone ai dirigenti scolastici l'obbligo di inviare, entro il 20 marzo, una comunicazione scritta alle famiglie dei bambini non ancora in regola con le vaccinazioni, invitandole a provvedere.
Vaccini, scade il termine per presentare la certificazione
Giannelli: “Questa situazione per noi è lacerante”
L'operatività dei presidi, ha spiegato Giannelli, “è dettata dalla legge, ma questa situazione per noi è lacerante e peraltro, come avevamo ampiamente denunciato, ci fa lavorare in una situazione di grande incertezza”. 
Anche perché, ha aggiunto, “noi non siamo i gendarmi della burocrazia”. 
In ogni caso, a suo giudizio, la situazione non si presta a dubbi o a interpretazioni di sorta: “I bimbi delle scuole materne o dei nidi non in possesso della documentazione che comprovi l'avvenuta vaccinazione o la prenotazione per adempiere all'obbligo non potranno entrare nelle scuole”.
I presidi, se decidessero altrimenti, “potrebbero incorrere nel reato di omissione di atti di ufficio”. 
Tuttavia “è evidente che dopo la promulgazione, mesi fa, della legge sull'obbligo vaccinale si poteva fare di più e meglio”.
Bimbi fuori dalle aule finché non in regola.
Anche il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, ha sottolineato l'improrogabilità del termine del 10 marzo per la presentazione della documentazione richiesta: da oggi, dunque, i presidi che hanno già le informazioni relative ai bambini non in regola con le vaccinazioni possono convocare le famiglie o trasmettere loro una comunicazione scritta. 
Nello specifico, i bambini di asili nido e scuole materne che non sono stati vaccinati e che non sono in lista d'attesa per esserlo non potranno entrare finché la loro situazione non sarà regolarizzata. 
I tempi in cui questo accadrà sono variabili. 
Ad esempio, si prevede che possano essere più rapidi nelle regioni che hanno adottato l'anagrafe vaccinale: in questo caso le scuole ricevono direttamente dalle Asl la situazione relativa a quanti sono in regola con le vaccinazioni. 
Dove l'anagrafe vaccinale ancora non c'è, invece, è la scuola a dover raccogliere la documentazione dalle famiglie e questo potrebbe richiedere tempi più lunghi.
I genitori: “Siamo tranquilli che entreranno”.
Increduli i genitori che sostengono la libera scelta in fatto di vaccinazioni.
“Non credo che nessun dirigente scolastico si prenderà l'onere di lasciare un bimbo fuori dalla scuola senza alcun preavviso, nessuna comunicazione ufficiale”, ha detto Matteo Angelini, uno dei genitori dell'associazione “E pur si muove” di Rimini aderente al Comilva, il Coordinamento del Movimento italiano per la Libertà delle vaccinazioni. 
“Siamo tranquilli che entreranno. 
Se dovesse accadere che lasciano qualcuno fuori, ne risponderanno in sede legale”, ha aggiunto.
Proposto da Benedetto
Tratto da (CLICCA QUI)

LA CHIESA E I MINGRANTI

Città del Vaticano
Il giorno dopo l'exploit elettorale della Lega che ha impostato la campagna elettorale contro i migranti, il Segretario di Stato vaticano ha fatto sapere che la Santa Sede continuerà a predicare come ha sempre fatto a favore dell'accoglienza e delle porte aperte dell'Europa ai migranti.
«La Santa Sede sa che deve lavorare nelle condizioni che si presentano.
Noi non possiamo avere la società che vorremmo, non possiamo avere le condizioni che vorremmo avere. Quindi credo che, anche in questa situazione, la Santa Sede continuerà la sua opera di educazione, che richiede molto temp».
Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, commenta con l'agenzia dei vescovi Sir – a margine dell’incontro della Commissione internazionale cattolica sulle migrazioni  – i risultati delle elezioni politiche.
Per il segretario di Stato la cosa più importante è insistere con i fedeli.
«E' importante riuscire ad educare la popolazione a passare da un atteggiamento negativo ad un atteggiamento più positivo nei confronti dei migranti.
E’ un lavoro che continua, anche se le condizioni possono essere più o meno favorevoli.
Da parte della Santa Sede ci sarà sempre questa volontà di proporre il suo messaggio fondato sulla dignità delle persone e la solidarietà».
Alle organizzazioni cattoliche impegnate in prima linea nell’accoglienza e integrazione dei migranti Parolin consiglia di continuare ad «impegnarsi per creare una visione positiva della migrazione.
Perché ci sono tanti aspetti della migrazione positivi che all’interno di tutta questa complessità non si percepiscono».
«Consiglio di continuare il loro lavoro sul terreno perché questo le contraddistingue e caratterizza, ma al tempo stesso non avere paura di aiutare la popolazione ad avere questo nuovo approccio».  
Sulla necessità di conciliare le esigenze di sicurezza dei cittadini e i bisogni di chi fugge da situazioni difficili ha osservato: «Non è facile, dobbiamo riconoscerlo.
Ma questa è una sfida che spetta alla politica, ossia conciliare le due esigenze, ambedue imprescindibili.
E’ logico, i cittadini devono sentirsi sicuri e protetti ma allo stesso tempo non possiamo chiudere le porte in faccia a chi sta fuggendo da situazioni di violenza e di minaccia». 
Martedì 6 Marzo 2018
 
 
Tratto da (clicca qui)

8 MARZO 2018 – FESTA DELLA DONNA

E così anche oggi 8 marzo 2018 si celebra la FESTA DELLA DONNA.
Già "perfino" oggi 8 marzo 2018, giornata in cui a livello mondiale non mancano le rivendicazioni sul rispetto dei diritti umani, civili e politici delle donne, rimarcando, se mai ce ne fosse bisogno, la riprovazione per ogni forma di violenza sulle donne.
Ma è o non è la FESTA DELLA DONNA?
Allora è mai possibile che alla donna si debba associare sempre e ogni volta la rivendicazione del rispetto di diritti violati e non si riesca a onorale per le persone che in realtà sono ?
Mi spiego, per non essere travisato.
L'abitudine alla speculazione politica di ogni evento vuol farci credere, anche in questa occasione, che la sensibilizzazione sociale rispetto alle donne sia legata necessariamente all'esigenza di por rimedio al concetto di abuso sessuale e violenza in genere su di loro.
Ecco così ultimamente concepito il reato di "femminicidio" , come se la violenza esercitata su qualsiasi essere vivente possa essere diversa per la natura sessuale di chi la subisce.
Sotto il profilo politico, in realtà, si traduce in una riflessione sull'opportunità di mettere in discussione (anche non a torto talvolta) il malcostume di uno snaturato e subordinato ruolo che si vuol attribuire alle donne.
Ma la peggiore politica matura spesso con ideologie partitiche dettate da una ingannevole matrice ideologica tesa a sfruttare i problemi sociali e non a risolverli … è una mera finzione ideologica dell'attuale sistema  partitocratico (governo dei partiti) e che non è affatto democratico (governo del Popolo).
Tutto questo significa sottomettere in schiavitù le persone e non solo le donne  ma anche uomini, bambini, anziani, interi gruppi etnici e razziali e addirittura Popoli.
Non ho mai creduto e non crederò mai alla ipocrita sensibilità dell'attuale sistema politico che continua a propinarci problemi che loro stessi creano e di cui loro stessi vogliono essere la soluzione.
Oggi è la FESTA DELLA DONNA e vorrei allora pensare a loro con la mia testa e non con quella del sistema che mi vuol insegnare a vivere.
Cosa mi viene in mente pensando alle donne?
Senza le donne non esisterebbe l'umanità.
Non è solo per una ragione biologica legata alla maternità ma è l'apporto, il contributo vitale all'umanità per la loro sensibilità, il carattere, il temperamento, la femminilità e che rendono senza dubbio questo mondo un mondo migliore.
Ecco come vorrei festeggiare la Donne oggi.
WSM
Venetia, 8 marzo 2018
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.
 
Ecco una donna veneta di cui non si può che essere fieri:
ELENA CORNARO nasce nel 1646 e fu’ la prima donna laureata al Mondo.
 
Risultati immagini per elena cornaro

E LA CHIESA CONTINUA A FARE POLITICA.

Don Andrea Vena: "non votare è peccato".
Secondo il parroco di Bibione sarebbe un peccato di omissione non andare a votare.
Don Andrea Vena, che è anche il vice direttore dell'ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Concordia Pordenone, da buon italiano che probabilmente vuol dimostrare di essere, conferma il paradosso delle sue affermazioni precisando: "quest'anno non si vota per chi vuoi ma per non far vincere chi non vuoi" … e per fortuna che la chiesa cattolica romana non dovrebbe far politica oltre che accumulare scandali su scandali.
In realtà però si ha peccato di omissione quando non si realizza o non si concorre ad un "bene dovuto", quando per volontaria negligenza, non si compie ciò che si è chiamati a fare.
Ed ecco la contraddizione delle affermazioni di tale prete che dimostra innanzitutto un'ignoranza spaventosa in merito alla realtà in cui oggi, i Veneti, sono costretti a vivere sotto dominazione straniere italiana.
E' provato che l'italia è uno stato fondato sull'inganno e sulla frode e che l’attuale occupazione straniera italiana dei territori della Serenissima Patria è da ritenersi illegale e illegittima "ab origine", ossia fin dall’inizio della sua prevaricazione.
In una recente sentenza la Corte Costituzionale italiana, negando la validità ai Referendum consultivi sulla Indipendenza del Veneto, ha asserito che il Popolo Veneto non esiste (decidono loro adesso se io esisto o no).
Il Popolo Veneto, a detta del massimo Organo di Giustizia italiano ha cessato di esistere in virtù del Plebiscito del 1866, scegliendo di diventare popolo italiano.
Nulla di più falso e menzognero perché il Popolo Veneto non ha mai scelto di essere italiano in quel referendum del 1866 … è provato e documentato il falso storico di questo avvenimento che è una frode commessa dal regno italiano e che è anche poi stata ammessa dallo stesso Conte Thaon di Revel, plenipotenziario del re d’italia di allora e responsabile dell’operazione, che ammise in un suo successivo memoriale il raggiro commesso.
Ed è così che a mentire in proposito non  è solo il massimo organo di giustizia italiana ma anche tutte le più alte cariche istituzionali dello stato straniero occupante, razzista e colonialista italiano, partiti politici compresi.
Il crimine che tramandano è pesantissimo e ne sono profondamente compromessi.
E chi non va a votare commetterebbe peccato di omissione?
Ma questo prete si rende conto di quello che dice?
Si sa che chi vive con lealtà e onestà d'intenti non può essere compromesso con inganno e frode.
Tutta questa gente manca del "coraggio del giusto" perché sa di essere illegalmente costituita.
Tutta questa gente sa che deve tacere e mentire pur di mantenere inalterato il sistema malavitoso e clientelare che assicura loro una falsa apparenza di nazione.
Francamente non credo che Dio si indigni se i Veneti non vanno a votare a elezioni straniere italiane quando a loro è negata la LIBERTA' che è uno dei diritti fondamentali per ogni essere umano.
E poi c'è il diritto all'autodeterminazione previsto per legge anche per tutto il Popolo Veneto.
Caro reverendo, la contraddizione delle sue dichiarazioni sta proprio in questo perché il peccato di omissione non si realizza con il "non voto" ma continuando a far finta di nulla e divenendo complici e conniventi di un crimine gravissimo.
Ci mancava così anche il prete di turno che ventilando il rischio determinato dal disimpegno degli elettori adesso chi non va a votare rischia l'inferno (mi chiedo se Gesù Cristo direbbe le stesse cose).
Tutti dunque, compreso questo prete, a sostenere la tesi che in democrazia non è solo un diritto ma è anche un dovere per i cittadini andare a votare.
Tutto vero … solo che non siamo in democrazia e non mi dica che non lo sa.
Si sa che "il lupo perde il pelo ma non il vizio" e così l'italia smaschera da sé il suo malcostume rimpiazzando la democrazia (governo del popolo) con la partitocrazia (governo dei partiti).
Caro reverendo, a noi Veneti la cittadinanza italiana ci viene imposta con la frode e profanando norme previste dal Diritto Internazionale e soprattutto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo (art.15).
Questa è la verità che ci viene nascosta perchè solo attraverso la conoscenza della nostra vera storia possiamo comprendere l'eredità di tremila anni del nostro passato.
Noi Veneti oggi siamo un Popolo costretto a vivere come schiavo in casa propria e lo stato straniero italiano teme il risveglio dell'identità nazionale Veneti.
Peccare è ben altra cosa caro reverendo, altro che non andare a votare a inutili e illegali elezioni politiche italiane sui nostri territori.
WSM
Venetia, 28 febbraio 2018
Sergio Bortotto
 

AMNESTY INTERNATIONAL … MOLTO DI PARTE FA CAMPAGNA ELETTORALE IN ITALIA!

Riceviamo una e-mail da Amnesty International che ci parla di una campagna elettorale che si dimostrerebbe intrisa d'odio nei confronti degli immigrati da parte di esponenti dei partiti politici della "destra" italiana.
C'è da chiedersi perché tale presa di posizione viene pubblicata adesso a pochi giorni dal voto italiano.
Troppo comodo schierarsi a favore di una sinistra italiana che sembra comprovare l'esistenza del progetto (chiamato piano Kalergi) teso a favorire l'immigrazione africana per rimpiazzare e sostituire i Popoli delle Nazioni pre-unitarie che in Italia stanno avendo un risveglio di coscienza identitaria. 
C'è anche tutta un'attività illegale e vessatoria che lo stato italiano sta applicando contro il Popolo Veneto e gli altri Popoli della penisola italiana che si stanno svegliando e scoprono che non sono mai realmente diventati italiani.
Lo stato italiano impone a molti Popoli delle Nazioni pre-unitarie, la cittadinanza italiana anche in violazione dell'art.15 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
Lo stato italiano inoltre infierisce e distrugge anche attività e imprese locali con una imposizione fiscale che costringe le aziende ad andarsene … ma favorisce provvedimenti a sostegno di immigrati che non sono certo tutti profughi.
Mai una risposta, invece alle nostre segnalazioni delle violenze subite come Veneti e dell'attuale situazione della Serenissima Repubblica Veneta occupata illegalmente dall'italia quale stato straniero che è, dal suo regime razzista e colonialista
Come mai neppure una risposta alle nostre segnalazioni?
Siamo anche noi populisti?

QUANTA IPROCRISIA.

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SPECIALE CAMPAGNA ELETTORALE
 
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Cresce ogni giorno di più la violenza verbale che caratterizza la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento italiano e dei governi regionali del Lazio e della Lombardia.
Sono già più di 500 le frasi contenenti odio segnalate dai nostri attivisti e raccontate attraverso grafici e approfondimenti nel nostro "Barometro dell'odio".
Un dato che sembra confermare la fotografia scattata nel nostro Rapporto Annuale che denuncia l'escalation dei discorsi di odio e delle politiche divisive in tutto il mondo.
Salvini e Meloni sono i leader politici che hanno pubblicato sui loro social network il maggior numero di frasi contenenti odioApprofondisci.
Migranti e rifigiati sono i bersagli maggiormente presi di mira dai discorsi d'odio in campagna elettorale.
Odio contro amore: presentato il Rapporto Annuale 2017
 
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Il mondo sta raccogliendo i terribili frutti della retorica intrisa d’odio che ha dominato nelle politiche di leader mondiali come al-Sisi, Duterte, Maduro, Putin, Trump e Xi. 
A documentarlo è il lavoro di ricerca raccolto nel 
 
REPUBBLICA ITALIANA
Capo di stato: Sergio Mattarella
Capo di governo: Paolo Gentiloni
 
L’Italia ha collaborato con autorità e attori non statali libici per limitare la migrazione irregolare attraverso il Mediterraneo centrale.
Di conseguenza, rifugiati e migranti sono stati sbarcati e sono rimasti intrappolati in Libia, dove hanno subìto violazioni dei diritti umani e abusi.
I rom hanno continuato a essere sgomberati con la forza e segregati in campi dove le condizioni di vita erano al di sotto degli standard minimi.
La Commissione europea non è riuscita a intraprendere azioni decisive contro l’Italia per la discriminazione contro i rom nell’accesso a un alloggio adeguato.
È stato introdotto il reato di tortura ma la nuova legge non ha soddisfatto tutti i requisiti richiesti dalla Convenzione contro la tortura.
 
DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI NELLA REPUBBLICA ITALIANA
Secondo le stime, oltre 2.800 rifugiati e migranti sono morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Italia dalla Libia su imbarcazioni inadatte alla navigazione e sovraffollate.
Il numero è diminuito rispetto ai 4.500 decessi registrati nel 2016.
Oltre 119.000 persone sono riuscite ad attraversare il mare e a raggiungere l’Italia, a fronte dei 181.000 arrivi del 2016.
A maggio, il settimanale italiano L’Espresso ha pubblicato nuove informazioni sul naufragio dell’11 ottobre 2013 nell’area di ricerca e salvataggio di competenza maltese nel Mediterraneo centrale.
Nel naufragio morirono più di 260 persone, in gran parte rifugiati siriani, tra cui circa 60 minori.
Secondo alcune conversazioni telefoniche registrate ottenute dal settimanale, nel periodo precedente al rovesciamento dell’imbarcazione dei rifugiati, ufficiali della marina e della guardia costiera italiana sono stati riluttanti a impiegare la nave militare Libra, che era la più vicina all’imbarcazione in difficoltà, nonostante le ripetute richieste delle autorità maltesi in tal senso.
A novembre, un giudice del tribunale di Roma ha ordinato l’incriminazione di due alti ufficiali della marina e della guardia costiera italiana e lo svolgimento di ulteriori indagini sulla condotta della comandante della Libra.
Le accuse contro altri quattro ufficiali della marina e della guardia costiera sono state archiviate.
A fine anno il processo era ancora in corso.
Il governo ha continuato a non adottare i decreti necessari all’abolizione del reato d’“ingresso e soggiorno illegale”, nonostante avesse ricevuto specifico mandato dal parlamento nell’aprile 2014.
Cooperazione con la Libia per il controllo dell’immigrazione
A febbraio, allo scopo di ridurre il numero degli arrivi, l’Italia ha sottoscritto un memorandum d’intesa con la Libia, con il quale s’impegnava a fornire supporto alle autorità libiche responsabili dei centri ufficiali di detenzione per migranti.
Tortura e altri maltrattamenti sono rimasti diffusi in questi centri.
L’Italia ha continuato ad applicare misure per migliorare le capacità della guardia costiera libica d’intercettare rifugiati e migranti e di riportarli in Libia.
Ciò è stato fatto in un contesto in cui aumentavano le prove del comportamento violento e sconsiderato della guardia costiera libica durante le intercettazioni delle imbarcazioni e del suo coinvolgimento in violazioni dei diritti umani.
A maggio, l’Italia ha fornito alla guardia costiera libica quattro motoscafi pattugliatori.
Ha inoltre continuato ad addestrare ufficiali della guardia costiera e della marina libica, nell’ambito delle operazioni della Forza navale del Mediterraneo dell’Eu (European Union Naval Force Mediterranean – Eunavfor Med).
A luglio, in seguito a una richiesta del governo libico, l’Italia ha disposto una missione navale nelle acque territoriali della Libia per combattere l’immigrazione irregolare e il traffico di rifugiati e migranti.
A novembre, un vascello della guardia costiera libica ha interferito in un’operazione di salvataggio in corso nelle acque internazionali.
Numerose persone sono affogate.
L’imbarcazione della guardia costiera libica, una di quelle donate dall’Italia, è stata ripresa mentre si allontanava ad alta velocità, ignorando le persone in acqua e con un uomo ancora aggrappato alle funi che i marinai libici avevano lanciato dall’imbarcazione.
Tra agosto e dicembre, la collaborazione dell’Italia con le autorità libiche è stata criticata da vari esperti e organi delle Nazioni Unite, tra cui l’Alto commissario sui diritti umani delle Nazioni Unite e il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. Il Comitato contro la tortura ha espresso preoccupazione per la mancanza di assicurazioni che la cooperazione con la guardia costiera libica o con altri attori della sicurezza libici potesse essere rivista alla luce delle violazioni dei diritti umani.
Operazioni di ricerca e salvataggio da parte di Ngo
Molte delle persone giunte in Italia via mare (oltre 45.400) sono state salvate da Ngo.
A luglio, con l’appoggio dell’Eu, l’Italia ha imposto un codice di condotta alle Ngo che operavano in mare, limitando la loro capacità di soccorrere le persone e farle sbarcare in Italia.
Nel corso dell’anno, le Ngo che effettuavano soccorso in mare sono state al centro di accuse da parte di alcuni funzionari, che sostenevano che esse incoraggiassero le partenze dalla Libia.
Sono state aperte indagini penali, che a fine anno erano ancora in corso, contro alcune Ngo accusate di favorire la migrazione irregolare.
Procedure d’asilo
A fine anno, circa 130.000 persone avevano chiesto asilo in Italia, con un aumento del sei per cento rispetto alle circa 122.000 del 2016.
Nel corso dell’anno, oltre il 40 per cento dei richiedenti ha ottenuto qualche forma di protezione in prima istanza.
Ad aprile è stata approvata una nuova normativa per accelerare le procedure d’asilo e per contrastare la migrazione irregolare, anche attraverso la riduzione delle tutele procedurali nei ricorsi in appello contro il respingimento delle richieste d’asilo.
La nuova legge non ha chiarito in modo adeguato la natura e la funzione degli hotspot, istituiti dall’Eu e dal governo a seguito degli accordi del 2015.
Gli hotspot sono strutture per la prima accoglienza, l’identificazione e la registrazione di richiedenti asilo e migranti giunti nell’Eu via mare.
Nel rapporto pubblicato a maggio, il meccanismo nazionale per la prevenzione della tortura ha messo in evidenza la continua mancanza di una base giuridica e di norme applicabili che regolino la detenzione delle persone negli hotspot.
Sempre a maggio, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha criticato la prolungata detenzione di rifugiati e migranti negli hotspot, la mancanza di salvaguardie contro l’errata classificazione di richiedenti asilo come migranti economici e l’assenza d’indagini sulle segnalazioni di uso eccessivo della forza durante le procedure d’identificazione.
A dicembre, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha espresso preoccupazione per la mancanza di tutele contro il rimpatrio forzato di persone in paesi in cui potrebbero essere a rischio di violazioni dei diritti umani.
A settembre è iniziato a Perugia il processo penale contro sette funzionari coinvolti nell’espulsione illegale in Kazakistan di Alma Shalabayeva e Alua Ablyazova, moglie e figlia del politico d’opposizione kazako Mukhtar Ablyazov, avvenuta nel 2013. Tra gli accusati, incriminati per rapimento, false dichiarazioni e abuso di potere, c’erano tre alti funzionari di polizia e il giudice che aveva convalidato l’espulsione.
Minori non accompagnati
All’incirca 16.000 minori non accompagnati sono giunti in Italia via mare. Ad aprile è stata introdotta una nuova legge per rafforzare la loro protezione. Questa prevedeva l’accesso ai servizi e introduceva tutele contro l’espulsione. Tuttavia, le autorità hanno continuato a incontrare ostacoli nel garantire che i minori non accompagnati fossero accolti in conformità con gli standard internazionali.
Programmi di ricollocazione e reinsediamento
Dei circa 35.000 richiedenti asilo che dovevano essere trasferiti in altri paesi dell’Eu secondo il programma di ricollocazione dell’Eu, a fine anno soltanto 11.464 avevano lasciato l’Italia, mentre altri 698 dovevano essere trasferiti in tempi brevi.
L’Italia ha continuato ad accordare accesso umanitario alle persone trasferite attraverso un programma finanziato dalle associazioni di volontariato religiose Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche e Tavola valdese.
Dall’avvio di questo programma nel 2016, sono state accolte oltre 1.000 persone.
A fine dicembre, l’Italia ha anche garantito l’accesso a 162 rifugiati vulnerabili, evacuati dalla Libia all’Italia dall’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
 
DIRITTO ALL’ALLOGGIO E SGOMBERI FORZATI NELLA REPUBBLICA ITALIANA
I rom hanno continuato a subire una discriminazione sistemica nell’accesso a un alloggio adeguato.
La Commissione europea non è ancora riuscita a intraprendere azioni decisive contro l’Italia per la violazione delle leggi comunitarie contro la discriminazione, per aver negato il diritto all’alloggio, tra l’altro per la mancanza di tutele contro gli sgomberi forzati e la continua segregazione dei rom nei campi.
Ad aprile, centinaia di rom che vivevano nell’insediamento informale di Gianturco, a Napoli, sono stati sgomberati con la forza, dopo che le autorità non erano state in grado di effettuare consultazioni significative con le famiglie interessate.
L’unica alternativa offerta dalle autorità è stata la ricollocazione di 130 persone in un nuovo campo autorizzato segregato.
I restanti adulti e minori sono rimasti senza tetto. Circa 200 di loro si sono spostati nell’area di un ex mercato a Napoli e sono rimasti a rischio di sgombero forzato.
Ad agosto, le autorità hanno sgomberato con la forza centinaia di persone, tra cui molti minori, da un edificio nel centro di Roma.
Molti erano rifugiati riconosciuti che vivevano e lavoravano nella zona da diversi anni.
Le autorità non hanno fornito alternative di alloggio adeguato, lasciando decine di persone a dormire all’aperto per giorni, prima di essere allontanate con la violenza dalla polizia in tenuta antisommossa.
Diverse persone sono state ferite dalla polizia, che ha usato cannoni ad acqua e manganelli.
Alcune famiglie sono state infine temporaneamente rialloggiate fuori Roma.
 
TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI NELLA REPUBBLICA ITALIANA
A luglio, l’Italia ha finalmente approvato una legge che ha introdotto il reato di tortura, dopo che aveva ratificato la Convenzione contro la tortura nel 1989.
Tuttavia, a dicembre, il Comitato contro la tortura ha evidenziato che la definizione di tortura contenuta nella nuova legge non era conforme alla Convenzione.
Inoltre la nuova legge non prevedeva l’applicazione di altre norme fondamentali, tra cui la revisione dei metodi d’interrogatorio della polizia e le misure per il risarcimento delle vittime.
A settembre, il Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa ha reso pubblico il rapporto della sua visita compiuta in Italia ad aprile 2016.
Il Cpt ha raccolto denunce di maltrattamenti, tra cui l’uso non necessario ed eccessivo di forza da parte di agenti di polizia e di custodia, in praticamente tutte le strutture detentive visitate.
Il Cpt ha rilevato la persistenza del sovraffollamento, nonostante le recenti riforme.
A ottobre, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che il trattamento di 59 persone da parte della polizia e del personale medico durante la detenzione, a seguito delle proteste contro il summit del G8 di Genova nel 2001, si configurava come tortura.
Sempre a ottobre, 37 agenti di polizia in servizio nella zona della Lunigiana, nella Toscana settentrionale, sono stati accusati per numerosi casi di lesioni personali e altri abusi.
Le vittime erano in molti casi cittadini stranieri; in due episodi erano stati utilizzati bastoni elettrici.
A fine anno, il processo era ancora in corso.
 
DECESSI IN CUSTODIA NELLA REPUBBLICA ITALIANA
A luglio, in seguito a una seconda indagine della polizia iniziata nel 2016, cinque agenti di polizia sono stati incriminati per il decesso in custodia di Stefano Cucchi, avvenuto nel 2009.
Tre agenti sono stati accusati di omicidio colposo e due di diffamazione e false dichiarazioni.
A fine anno, il processo era ancora in corso.
 

COMMEMORIAMO

Durante la 42a  riunione plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, è stato designato "il giorno della memoria" con la risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005.
Ogni anno si commemorano le vittime dell'olocausto ricordando il 27 gennaio 1945 quando le truppe dell'Armata Rossa hanno liberato il campo di concentramento di Auschwitz.
Ma non c'è solo la sofferenza di Israele.
La memoria ci consente di ricordare fatti ed eventi che hanno caratterizzato l'esistenza di un passato che ancora oggi ci vincola al dovere della rievocazione perché non può e non dovrebbe esserci oblio per le atrocità e le prevaricazioni commesse nel tentativo di estinguere qualsiasi popolo o gruppo razziale o etnico.
L'italia che oggi celebra le vittime dell'Olocausto, ipocritamente finge di non ricordare le sue vittime in danno dei Popoli delle Nazioni pre-unitarie della  penisola italica occupate con una tale ferocia e devastazione da far impallidire di vergogna.
I primi campi di concentramento a Fenestrelle, il lagher dei Savoia, dove molti patrioti del Regno delle Due Sicilie sono stati deportati, torturati, uccisi col taglio della testa e poi sciolti nella calce.
La carneficina di donne bambini e vecchi ad opera delle truppe d'occupazione italiane.
L'annientamento di interi paesi per colpire le famiglie dei "briganti" che altro non erano che patrioti che difendevano la propria Patria dall'invasione italiana.
Non dimentichiamo inoltre le guerre, sempre iniziate dall'italia, per annettersi le province turche della Tripolitania e della Cirenaica (Libia) nonché del Dodecaneso … la responsabilità italiana nella dura repressione del movimento per la liberazione della Libia, durata fino al 1933 … e lo sterminio della popolazione libica che fu decimata nei campi di concentramento, con marce di morte nel deserto e con le armi chimiche usate anche contro i civili.
Non dimentichiamo poi le due guerre mondiali con le quali l'italia ha sempre aggredito altre Nazioni e il genocidio delle foibe anche in danno del Popolo istro/veneto.
Ma che gran faccia di bronzo hanno anche le più autorevoli figure istituzionali italiane di oggi.
Pur sapendo di essere illegalmente costituite e di occupare con la frode territori che non gli appartengono rinnegano le responsabilità del proprio passato e pontificando sul valore e il rispetto dei diritti umani, civili e politici, perpetuano il crimine che si tramandano pur sapendo di esserne moralmente compromessi.
Dobbiamo dunque riflettere sui terribili fatti che ci hanno preceduto ma non solo quelli che oggi si commemorano.
Abbiamo il dovere di prendere le distanze dal falso proselitismo di chi predica bene e razzola male.
Ancora oggi sulla pelle e sul diritto alle libertà di interi Popoli l'italia mantiene con la tirannide la frode che l'ha costituita e il suo crimine è davvero molto grande, oggi come allora.
WSM
Venetia 17 gennaio 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.

NON ANDARE A VOTARE E’ UN DOVERE!

I portavoce dei vari schieramenti politici, ventilando il rischio determinato dal disimpegno degli elettori, si danno battaglia sciorinando promesse e riforme che mai fino ad ora sono state realizzate o hanno portato ad una reale soluzione dei problemi che la gente ha tutti i giorni.
Ci mancava poi l'eloquente ipocrisia del presidente straniero italiano Mattarella anch'egli intervenuto contro il pericolo astensionismo dal voto alle prossime elezioni politiche.
Tutti dunque a sostenere la tesi che in democrazia non è solo un diritto ma è anche un dovere per i cittadini andare a votare.
Tutto vero … solo che non siamo in democrazia.
Si sa che "il lupo perde il pelo ma non il vizio" e così l'italia smaschera da sé il suo malcostume rimpiazzando la democrazia (governo del popolo) con la partitocrazia (governo dei partiti).
In realtà l'italia è uno stato che si è costituito sull'inganno e sulla frode (e non solo in danno del Popolo Veneto) e tutto questo è provato, è dimostrato e documentato e tutti i politici e le più alte autorità italiane lo sanno.
Considerata che l’attuale occupazione straniera italiana dei territori della Serenissima Patria è da ritenersi illegale e illegittima "ab origine", ossia fin dall’inizio della sua prevaricazione, anche ogni sua autorità e provvedimenti da essa emanati sono abusivi e appunto per questo vietati.
Ma questi, con la loro falsa faccia fanno finta di niente.
In una recente sentenza la Corte Costituzionale italiana, negando la validità ai Referendum consultivi sulla Indipendenza del Veneto, ha asserito che il Popolo Veneto non esiste.
Il Popolo Veneto, a detta del massimo Organo di Giustizia italiano ha cessato di esistere in virtù del Plebiscito del 1866, scegliendo di diventare popolo italiano.
Nulla di più falso e menzognero perché il Popolo Veneto non ha mai scelto di essere italiano in quel referendum del 1866 … è provato e documentato il falso storico di questo avvenimento che è una frode commessa dal regno italiano e che è anche poi stata ammessa dallo stesso Conte Thaon di Revel, plenipotenziario del re d’italia di allora e responsabile dell’operazione, che ammise in un suo successivo memoriale il raggiro commesso.
E se a mentire è il massimo organo di giustizia e le più alte cariche istituzionali italiane … perché non devono mentire i partiti politici?
Ed è così che queste persone perpetuano la loro complicità cercando disperatamente di arrogarsi diritti che i cittadini dei vari popoli della penisola italica non hanno mai loro conferito.
Il crimine che tramandano è pesantissimo e ne sono profondamente compromessi.
Questa è loro gravissima responsabilità.
Si sa che chi vive con lealtà e onestà d'intenti non può essere compromesso con inganno e frode.
Tutta questa gente manca del "coraggio del giusto" perché sa di essere illegalmente costituita.
Tutta questa gente sa che deve tacere e mentire pur di mantenere inalterato il sistema malavitoso e clientelare che assicura loro una falsa apparenza di nazione.
Tutti a salvare le apparenze e tacendo sulle inquietanti verità che rendono tutti loro complici di un delitto pesantissimo che si perpetua giorno dopo giorno, gozzovigliano protetti da istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini da questi crimini.
In realtà l'italia è uno stato che difetta di uno dei tre elementi fondamentali per essere considerato tale, cioè manca del popolo, perché quello italiano non esiste.
Non si può essere italiani perché qualcuno me lo impone e mi impedisce di essere ciò che sono.
L’italia da sempre tenta di “estinguere” il Popolo Veneto attraverso l’indebita appropriazione della paternità culturale della civiltà Veneta e attraverso l’annichilimento delle proprie tradizioni, della propria lingua, dei propri usi e costumi.
Ma il Popolo Veneto esiste ancora oggi e i Veneti sono di nazionalità Veneta e di certo non sono italiani, perché non lo sono mai diventati.
Dobbiamo ripristinare la legalità sui nostri territori e lo si può fare solo non riconoscendo l'autorità delle istituzioni italiane costituite con la frode e l'inganno e che ci derubano di tutto ciò che abbiamo e pretendono di dominarci.
Ecco perché E' UN DOVERE ANCHE NON ANDARE A VOTARE.
Dobbiamo smettere di dare il nostro benestare e  di legittimare questi delinquenti e la loro falsa democrazia.
WSM
Venetia, 22 gennaio 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
 

SARANNO SEMPRE SOLO COINCIDENZE … LA FARSA CONTINUA.

Anche oggi come allora forse basterebbero i trenta denari per corroborare la solerzia del balordo di turno ma si sa che "anca pochi schei tajani i plasma paroni e sciavi" (anche pochi soldi italiani plasmano padroni e schiavi).
Mercoledì sera nel tornare a casa ho notato il solito sconosciuto che, probabilmente drogato di protagonismo e di chissà cos'altro, ha debuttato con una repentina fuga dal giardino di casa.
L'ignoto, che indossava una tuta grigia e un giubbino scuro ha sicuramente sperato in una mia distrazione e proprio tale convinzione lo ha riportato sui suoi passi… ma avevo finto di chiudere alle mie spalle l'entrata di casa.
Affrontato repentinamente lo sconosciuto ormai tornato vicino all'abitazione questi si è dato a precipitosa fuga.
Nonostante l'uso della macchina il soggetto non è stato rintracciato.
Poco dopo nel perlustrare le vie adiacenti ho notato altre due persone temporeggiare nei pressi di una vettura station wagon parcheggiata nel piazzale nei pressi della chiesa.
Questi al mio avvicinarmi si sono voltati dandomi le spalle;  hanno inoltre alzano il bagagliaio del veicolo per impedirmi probabilmente di leggere la targa di cui sono riuscito ad intravedere solo le cifre finali "NY".
In attesa dell'aiuto di un amico è stato notato lo sconosciuto con la tuta avvicinarsi ai due soggetti della macchina e andarsene con loro.
Siamo alle solite coincidenze, preferei pensare, ma i tre individui non mi sembravano proprio dei ladruncoli, anzi, chissà come mai mi è venuto da pensare a provocatori agenti italiani aiutati da qualche sprovveduto balordo… ma si sa saranno sempre solo coincidenze.
WSM
Venetia 12 gennaio 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.
 

LIBERO POPOLO IN LIBERA PATRIA

Presto speriamo di poter pubblicare il primo testo realizzato dal MLNV e dal titolo "LIBERO POPOLO IN LIBERA PATRIA".
Il testo non è sicuramente un compendio di diritto internazionale ma cerca di spiegare, anche sotto il profilo giuridico, le ragioni autentiche del costituirsi del Movimento di Liberazione Nazionale e del percorso intrapreso.
Sconsigliamo vivamente la lettura ai "venetesti" di taluni gruppi la cui inettitudine è gigantesca e per quanto tentino insistentemente di imitarci non eguagliano questo MLNV.
N.B.:
SEZIONE 05 – ARTICOLO 11 dell’Ordinamento Giuridico Veneto Provvisorio (OGVP)
L’OGVP riconosce quale lingua ufficiale e nazionale il “VENETO” in ogni sua espressione idiomatica e inflessione gergale.
Avendo esigenze e necessità di agevolare sia la comunicazione degli atti ufficiali che quella personale, durante la fase di transizione e in attesa di un’ufficiale definizione della grammatica, intesa anche come regole ortografiche e di punteggiatura, della fonologia, morfologia, sintassi, semantica e pragmatica, l’OGVP adotta quale lingua accessoria e di utilità qualsiasi altra lingua in uso attualmente dal Popolo Veneto.
—-
L'OGVP, fino a indiscutibile dimostrazione, non riconosce e/o prende atto che la lingua c.d. italiana sia da considerarsi tale.
E' discutibile la sua origine anche in relazione alla possibile sua derivazione proprio dalla lingua veneta e come tale quindi compatibile con il suo uso.

 

SARANNO SEMPRE COINCIDENZE?

Se non fosse per l'aiuto dei vicini oggi probabilmente non sarei sopravvissuto alle esalazioni della stufa a pellet.
Strana coincidenza sul malfunzionamento della stufa che fino a questa mattina è andata benissimo, ma che oggi pomeriggio ha attirato l'attenzione dei vicini per la notevole foschia venuta a concentratasi fuori di casa, al punto da sospettare un incendio dell'abitazione.
Strano davvero visto e considerato che non c'è stato nessun principio di incendio in casa.
Controllando però il tubo di scarico (el canon) mi hanno insospettito dei residui di carta bruciati al punto da ritenere plausibile un tentativo di intasamento della canna fumaria col conseguente "ritorno" di esalazioni in casa.
Ecco il malditesta accusato oggi mentre mi appisolavo in casa.
Tutto questo mi fa pensare visto e considerato che le conseguenze dell'intasamento avrebbero dovuto concretarsi al mio rientro a casa questa sera tardi (proprio oggi c'è riunione) e non nel primo pomeriggio odierno.
Solo l'inatteso mio ritorno, l'accensione momentanea della stufa e l'intervento dei vicini hanno probabilmente fatto fallire il maldestro tentativo che nella prossima nottata avrebbe potuto sortire gli effetti voluti.
Ma si sa sono sempre solo coincidenze.
WSM
Venetia, 21 dicembre 2017
Sergio Bortotto, Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provisorio
 

GLI ITALIANI SONO FORSE PADRONI DEL NOSTRO TEMPO?

Ma gli italiani, sono forse i padroni del nostro tempo?
Non credo proprio.
Le forze e le autorità straniere italiane d'occupazione non sono padrone del nostro tempo e continuano ad agire in difetto assoluto di giurisdizione.
Soprattutto i posti di blocco e di controllo sono atti e azioni posti in essere nell'assoluta illegalità.
Il nostro ordinamento giuridico prevede che gli operatori della Polisia Nasionale Veneta, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, possono agire in posizione di preminenza solo ed esclusivamente in presenza e in ragione dell’effettivo, contestuale o prevedibile prevalente pubblico interesse.
In poche parole non è possibile che a discrezione di una qualsiasi istituzione il Cittadino Veneto possa essere sottoposto ad accertamento preventivo per il mero volere di quest'ultima.
Infatti, ogni Istituzione agisce in posizione di supremazia solo ed esclusivamente in presenza e in ragione dell’effettivo, contestuale e prevedibile prevalente pubblico interesse.
E' lecito che un operatore di polisia proceda al controllo di un veicolo laddove ne ravveda la necessità a fronte di una violazione alla circolazione, al sospetto fondato di un illecito ma tale pubblico interesse deve essere reale e prevalente rispetto all'inalienabile diritto di libera circolazione del Cittadino.
Chi è incaricato di una pubblica autorità deve tenere bene a mente che il nostro ordinamento giuridico riconosce l'originarietà della sovranità popolare senza la quale non può derivarsi la sovranità dello Stato, ovvero la sua capacità di "imperio" delegata dal Popolo, attraverso il mutuo consenso.
La sovranità dello Stato ha solo il precipuo fine di garantire interessi individuali, collettivi e primari previsti dalla legge.
Il potere dello stato e la sua sovranità deriva dal mutuo consenso con cui il Popolo ne delega la facoltà di imperio e di rappresentarlo.
WSM
Venetia, 14 novembre 2017
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio

GIORGIO TREMANTE E LA SUA BATTAGLIA CONTRO I VACCINI.

Morto Giorgio Tremante, voce storica dei movimenti che chiedono il riconoscimento dei danni da vaccino
Era malato, ma ha combattuto fino alla fine, come ha sempre fatto.
Con la sua determinazione, il suo piglio, la sua voce sicura, la sua massima schiettezza. Giorgio Tremante, geometra veronese, ha perso due figli per le conseguenze del vaccino Sabin e un terzo è rimasto gravemente disabile sempre in seguito alla vaccinazione.
Marco, il primogenito, è morto nel 1971 all'età di 6 anni; poi è morto Andrea, uno dei due gemelli che Giorgio e la moglie avevano avuto successivamente.
Alberto, l'altro gemello, è ancora vivo ma ha riportato un danno gravissimo. Lo hanno accudito i genitori, Giorgio e la moglie Franca, finché è rimasta in vita; poi l'altro fratello, il secondogenito, fortunatamente cresciuto sano.
Tremante si è visto riconoscere il nesso di causalità con il vaccino per la morte dei figli solo nel 1995  , grazie alla legge 210 del 1992 che lui stesso ha contribuito a far approvare.
Nell'agosto del 2011 a Verona un giardino pubblico è stato intitolato ai fratelli Tremante uccisi dal vaccino.
Giorgio ha proseguito la sua battaglia negli anni rilasciando anche interviste, che spesso però sono state strumentalizzate, soprattutto da quando, negli ultimi anni, si è alzato il livello di tensione e di conflitto sulle vaccinazioni.
 

Tratto da (CLICCA QUI)

 

TRATTAMENTO SANITARIO E PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE

Il principio di autodeterminazione al trattamento sanitario: origine, sua applicazione e problematiche
di Stefania Cerasoli
Nell’ordinamento giuridico italiano (quindi non VENETO sia chiaro) è oggi principio pacifico che nessun trattamento sanitario possa essere compiuto o proseguito in difetto del previo ed esplicito consenso manifestato dal soggetto interessato.
Il diritto del malato a decidere in piena coscienza e libertà se, da chi e come farsi curare discende dall’art. 32 della nostra Costituzione secondo il quale “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge".
Il cambiamento della sede del processo decisionale dal medico al paziente, con la necessità di un consenso libero ed informato all'atto medico rappresenta il frutto di una evoluzione che da un atteggiamento "paternalistico" del medico è giunto alla cosiddetta "alleanza terapeutica".
Sin dalle origini della professione medica il rapporto tra medico e malato nel mondo occidentale secondo la tradizione del medico greco Ippocrate si è attenuto ad un ordine preciso: il medico aveva il dovere di fare il bene del paziente ripristinando l'ordine della natura sconvolto dalla patologia; il malato non poteva non considerare buono ciò che il medico proponeva come tale e aveva quindi il dovere di accettarlo.
In tale visione etica, di tipo naturalistico, il medico era una specie di sacerdote, egli agiva da mediatore con la divinità e aveva potere sulla vita e sulla morte.
Il cristianesimo si è innestato in questa visione della medicina, contribuendo a universalizzare l'etica ippocratica.
Il medico cristiano sentiva l'importanza della sua missione che veniva paragonata ad un sacerdozio, e, investito dall'autorità che derivava dalla professione, riteneva suo compito guidare il paziente verso il ripristino dello stato di salute.
Nel periodo medioevale la medicina e la salute rimangono essenzialmente doni di Dio; la malattia era qualcosa che turbava l'ordine naturale delle cose; il medico era l'unico abilitato ad intervenire; il paziente non aveva né le conoscenze né l'autorità morale per contrastare il volere del medico che sapeva quale fosse il bene per il paziente.
In tale scenario il consenso all'atto medico viene ritenuto implicito, nella stessa richiesta di aiuto da parte del paziente.
L'atteggiamento paternalistico sopravvive per secoli e ha cominciato ad incrinarsi solo con l'avvento del pensiero illuministico grazie al quale è iniziato il lento processo di riconoscimento dell’opportunità di dare al paziente informazioni circa il suo stato di salute e sulla terapia in atto.
Ciononostante il principio che informava questo comportamento non era dettato dal riconoscimento del diritto di autodeterminazione dell'uomo, bensì dalla convinzione che la consapevolezza del malato potesse determinare un beneficio terapeutico.
Nel 1847 Thomas Percival pubblica un fondamentale lavoro che fu la base del primo codice di deontologia medica della American Medical Association nel quale viene codificato il diritto del malato all’informazione pur persistendo il diritto del medico al cosiddetto “inganno caritatevole”, nei casi di prognosi sfavorevoli.
Furono il processo e la sentenza di Norimberga e la dichiarazione di Ginevra del 1948 ad introdurre internazionalmente il principio del diritto del malato alla autodeterminazione ripreso ormai da tutti i codici di deontologia medica.
Il rapporto medico-paziente è oggi quindi costruito su una relazione equilibrata, che pone sullo stesso piano la libertà di chi assiste e di chi viene sottoposto a cure.
Il consenso informato diventa, quindi, un fattore di espressione della libertà del singolo e si colloca tra i diritti fondamentali riconosciuti dal nostro ordinamento giuridico.
In particolare l’art. 13 della nostra Costituzione (italiana si intende) riconosce l'inviolabilità della libertà personale, nel cui ambito deve ritenersi ricompresa anche la libertà di salvaguardare la propria salute ed integrità fisica, escludendone ogni restrizione, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e con le modalità previsti dalla legge.
L’art. 32, II comma, specifica invece che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge, la quale non può, in ogni caso, violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Tali principi trovano ulteriore conferma e specificazione nell'articolo 33 della legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, che stabilisce che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari; qualora previsti, i trattamenti sanitari obbligatori devono comunque rispettare la dignità della persona, i diritti civici e politici, compreso, per quanto possibile, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
L’esame non può definirsi completo senza un riferimento alla Convenzione di Oviedo ("Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano nei confronti delle applicazioni della bioloia e della medicina: Convenzione sul diritti dell'uomo e la biomedicina") adottata a Nizza il 07.12.00 e ratificata dallo Stato italiano con legge 28.03.01, n. 145.
Si tratta di un provvedimento di fondamentale importanza che stabilisce che il consenso libero e informato del paziente all'atto medico non vada considerato solo sotto il profilo della liceità del trattamento, ma deve essere considerato prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, che riguarda il più generale diritto alla integrità della persona.
Tale documento, nel dedicare un intero capo al tema del consenso, stabilisce all’art. 5, quale norma generale che “un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato. Tale persona riceve preliminarmente informazioni adeguate sulle finalità e sulla natura del trattamento nonché sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, revocare liberamente il proprio consenso”.
I principi di cui alla Convenzione di Oviedo sono stati recepiti dal Codice deontologico della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri approvato il 25 giugno 1995.
Più precisamente in maniera molto dettagliata l’attuale Codice Deontologico sancisce l’obbligo di informazione al paziente (art. 30) o all’eventuale terzo (art. 31), nonché l’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente (art. 32) o del legale rappresentante nell’ipotesi di minore (art. 33).
Lo stesso Codice Deontologico stabilisce poi l’obbligo di rispettare la reale ed effettiva volontà del paziente (art. 34) nonché i comportamenti da tenere nell’ipotesi di assistenza d’urgenza (art. 35). Si può pertanto sostenere che sussiste un obbligo diretto, di natura deontologica, all’informazione al paziente, nonché all’acquisizione del consenso informato. Obbligo che, ove non ottemperato, potrebbe dar luogo di per sé, indipendentemente da eventuali danni in capo al paziente, all’apertura di procedimento disciplinare a carico del sanitario, avanti all’Ordine professionale competente.
Esaurita questa premessa è opportuno passare all’esame dei requisiti che il consenso deve avere nella sostanza perché possano dirsi soddisfatti i principi appena delineati.
  • La prima condizione di validità è rappresentata dalla corretta informazione che deve essere fornita da parte del medico al paziente sul trattamento sanitario, sugli eventuali rischi connessi e le eventuali alternative possibili.
Solo in questo modo la persona è in grado di costruire un proprio parere libero (e quindi revocabile) e consapevole e, dunque, di scegliere se sottoporsi al trattamento o rifiutarlo. Il medico nel fornire l’informativa non potrà prescindere dal livello culturale e dalle capacità di comprensione del singolo individuo avendo quindi cura di usare un linguaggio semplice e accessibile.
Non solo ma con riferimento ad informazioni in ordine a “prognosi gravi o infauste, o tali da poter procurare preoccupazioni e sofferenze particolari al paziente” le stesse dovranno essere fornite “ con circospezione, usando terminologie non traumatizzanti, senza escludere mai elementi di speranza" (cfr art. 30, IV comma).
Il tutto nel pieno rispetto del testo costituzionale che, come noto, interpreta la tutela della salute nella sua accezione più ampia di integrità fisica e psicologica.
Il paziente ha diritto di chiedere e ricevere informazioni più dettagliate, oppure può scegliere di non essere informato o delegare una terza persona a ricevere le informazioni ed esprimere il consenso.
  • Il secondo elemento di validità dell'atto è costituito dall'espressione personale del consenso da parte dell’avente diritto, ovvero dal legale rappresentante se trattasi di incapace.
Il consenso informato è, infatti, un atto personalissimo delegabile solo in casi eccezionali.
Il paziente è l’unica persona che può decidere riguardo alla propria salute come, del resto, ben evidenziato dall’art. 32 della Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo.
Gli unici casi in cui il consenso e/o dissenso al trattamento sanitario può essere delegato fanno riferimento al paziente minore e al maggiorenne legalmente interdetto e quindi a soggetti considerati dall’ordinamento giuridico incapaci di esprimere un valido consenso.
L’art. 33 del Codice di deontologia medica prevede infatti che qualora “si tratti di minore, di interdetto, il Consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale.
In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore dei minori o di incapaci, il Medico è tenuto ad informare l’autorità giudiziaria.”
Per espressa previsione dell’art. 34 del Codice il minorenne ha però diritto a essere informato e a esprimere i suoi desideri, che devono essere tenuti in considerazione“fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante”.
Lo stesso dicasi per la persona interdetta, che ha diritto a essere informata e di veder presa in considerazione la sua volontà.
Quid iuris qualora l’avente diritto non sia minorenne o interdetto ma si trovi in una situazione di incapacità transitoria a fornire il proprio consenso (si pensi all’ipotesi di un paziente in coma)?
Esiste un soggetto legalmente autorizzato ad esprimere un consenso valido in materia di diritti personalissimi quali il diritto alla salute e alla libertà personale in sostituzione del soggetto naturalmente incapace?
Accade spesso che il medico si rivolga ai prossimi congiunti, chiedendo loro il preventivo consenso ad un intervento di particolare difficoltà.
Preme evidenziare che il consenso dei prossimi congiunti con riferimento ad un soggetto naturalmente incapace (e non legalmente incapace come il minore o il soggetto dichiarato interdetto) non ha alcun valore giuridico data la natura strettamente personale dell’atto di prestazione del consenso delegabile, come già precisato, in casi eccezionali.
Quanto detto è confermato dalla Corte Costituzionale che, con sentenza nm. 253 del 04.07.06, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la Legge Regionale Toscana n. 63/04 nella parte in cui prevedeva il diritto di ciascuno di indicare la persona delegata ad esprimere il consenso a determinati trattamenti terapeutici nel caso in cui il diretto interessato versasse in condizioni di incapacità naturale e vi fosse urgenza di provvedere.
La Regione Toscana legiferando in tal modo è infatti intervenuta in materia di rappresentanza e quindi di ordinamento civile, materia che rientra nella competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma lettera l) della Costituzione.
Per una corretta impostazione del problema è importante evidenziare che le professioni sanitarie in genere, costituiscono "servizi di pubblica necessità" ai sensi dell'art. 359 c.p., e implicano talora l'uso di violenza personale nell'interesse del paziente.
A questo si aggiunga la posizione di garanzia rivestita dal sanitario pubblico che costituisce espressione dell'obbligo di solidarietà garantito dalla Costituzione (Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti"), funzione che gli conferisce addirittura l'obbligo giuridico di intervenire sancito dall'art. 40 Codice Penale secondo il quale "non impedire un evento che si ha l'obbligo di impedire equivale a cagionarlo".
Nelle ipotesi in cui il paziente non possa prestare alcun valido consenso sarà quindi il medico a doversi assumere in prima persona ogni responsabilità.
A tale proposito l’art. 54 del Codice Penale prevede che il sanitario possa prescindere dal consenso (oltre al caso in cui sia stato disposto un trattamento sanitario obbligatorio) qualora sussista “la necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo".
Analoga disposizione è prevista agli artt. 7 e 35 del Codice Deontologico che, in situazioni d'emergenza, prevedono che il medico sia tenuto a prestare la sua opera per salvaguardare la salute del paziente
Ed ancora l’art. 8 della Convenzione di Oviedo secondo il quale, qualora “in ragione di una situazione di urgenza il consenso appropriato non può essere ottenuto si potrà procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della salute della persona interessata”.
Il sanitario quindi, dopo aver valutato la necessità e l'urgenza dell'intervento diretto a prevenire un danno grave alla persona, potrà procedere al trattamento terapeutico anche in assenza di consenso ove per assenza si fa riferimento all’incapacità naturale del soggetto di prestare consenso all’atto sanitario.
Del resto se così non fosse sarebbero violati gli art. 328 (omissione e rifiuto atti d'ufficio) e art. 593 del Codice Penale (omissione di soccorso).
Resta inteso che, qualora l'atto sanitario riguardi interventi non urgenti né indispensabili, il medico dovrà desistere dall'intervenire prima di aver acquisito il consenso.
Corre onere evidenziare che nella pratica diventano sempre più frequenti i ricorsi su istanza di medici curanti o di strutture sanitarie e assistenziali, per la nomina di un amministratore di sostegno al fine di prestare il consenso informato a interventi terapeutici e chirurgici.
Tali richieste si riferiscono non solo a casi di interventi urgenti indispensabili per salvare la vita della persona, in totale stato di incapacità, ma anche a casi in cui la persona ha la capacità, parziale o residuale, ma si rifiuta di aderire alla proposta del medico.
Una applicazione effettuata in modo indiscriminato di tale strumento di tutela ci porterebbe a chiederci se sia lecito proteggere la persona anche da se stessa quando questa è ancora capace di intendere e volere con una indiscussa il tutto accompagnato da una gravissima limitazione della sua capacità di agire.
La giurisprudenza è quindi cauta e compie ogni volta valutazioni molto attente.
Se la persona cui è stato nominato un amministratore di sostegno è capace, anche solo in via residuale, di intendere e di volere, deve sapere e potere esercitare in proprio tali diritti, non essendo consentito, in quanto contrario ai principi costituzionali, limitare il diritto alla tutela della salute e alla scelta delle cure di una persona che si assume essere ancora capace legalmente, fino al momento in cui non la si dichiari interdetta.
L’attività dell’ amministratore di sostegno per quanto attiene la cura della persona dovrà quindi essere limitato a scelte ed attività di tipo ordinario inerenti la sua assistenza, ma non potrà comportare la sostituzione del consenso del malato, in caso di decisioni relative a interventi o terapie già rifiutate dallo stesso, o che lo stesso non è in grado di valutare ai fini della decisione, salvi i casi di urgenza ai sensi dell’art. 405, comma 4, c.c..
Non è escluso, però, data la natura di misura residuale dell’interdizione rispetto all’amministratore di sostegno che il giudice tutelare possa conferire a quest’ultimo ogni potere di rappresentanza della persona, se incapace totale, compresa la possibilità di assumere decisioni inerenti le cure e le terapie mediche.
Quanto alla forma di manifestazione del consenso preme evidenziare che, come per la generalità dei negozi giuridici (eccetto per quelli per i quali espressamente la legge preveda la forma scritta) la forma di espressione del consenso è libera.
Per quanto riguarda il consenso scritto, questo è da considerarsi un dovere morale del medico in tutti i casi cui le prestazioni diagnostiche e/ o terapeutiche in ragione della loro natura sono tali da rendere opportuna una manifestazione in equivoca e documentata della volontà del paziente (come si desume dall’art. 32, comma II del Codice deontologico).
È importante evidenziare che, comunque, non sarà la forma scritta a comprovare l’effettività di un consenso libero e pienamente informato.
In sede processuale il testo scritto costituirà elemento di prova, ma se suffragato da testimonianze, ad esempio di collaboratori, sarà più facile dimostrarne l’effettività dello stesso.
È ovvio che, in caso di urgenza e pericolo di vita di persona impossibilitata ad esprimere un valido consenso, dovrà prevalere lo scopo ultimo che è prestare l’assistenza e le cure indispensabili (cfr. art, 35 Codice deontologico).
Alla luce dei principi sopra delineati emerge con chiarezza che l’obbligo di fornire informativa al paziente al fine di acquisire un consenso consapevole, in quanto informato, al trattamento sanitario non potrà dirsi adempiuto nel caso in cui il consenso sia stato prestato attraverso formulari prestampati: in tali ipotesi si è sottolineato che “il consenso deve essere frutto di un rapporto reale e non solo apparente tra medico e paziente, in cui il sanitario è tenuto a raccogliere un’adesione effettiva e partecipata, non solo cartacea, all’intervento.
Esso non è dunque un atto puramente formale e burocratico ma è la condizione imprescindibile per trasformare un atto normalmente illecito (la violazione dell’integrità psicofisica) in un atto lecito” (cfr. Tribunale Milano, sez. V civile, sentenza 29.03.2005 n. 3520).
La violazione dell’obbligo di informativa al paziente è, concordemente, ritenuta fonte di risarcimento del danno in quanto il soggetto è leso nella libertà di autodeterminazione delle proprie scelte esistenziali e questo anche nel caso in cui la prestazione sanitaria sia stata eseguita correttamente e senza errori (cfr. Cassazione sentenza n. 5444 del 14 Marzo 2006).
L’obbligo informativo ha infatti valore costituzionale e per la sua violazione è previsto un risarcimento autonomo e distinto rispetto al danno alla salute cagionato da errore medico in quanto l’interesse tutelato rientra nella previsione dell’art. 2059 Codice civile (Cassazione sentenze n. 8827/03 e n. 8828/03).
Pertanto, oltre al danno morale soggettivo, quale contigente perturbamento dell’animo, al danno biologico, quale lesione dell’integrità psicofisica della persona, può essere chiesto il risarcimento per danno derivante dalla lesione di altri interessi riconosciuti dalla Costituzione tra i quali emerge il diritto di autodeterminazione. Tuttavia, la comprovata lesione di tale diritto, benché di rango costituzionale, non necessariamente da luogo al risarcimento, in particolare se manca un effettivo pregiudizio alla salute del paziente.
E’ infatti lo stesso paziente a dover dimostrare l’esistenza del danno di cui chiede il ristoro, nonché a dover provare che tale pregiudizio sia conseguenza normale, seppur indiretta, del mancato obbligo di informazione da parte dei sanitari.
 
Nel nostro ordinamento, infatti, la capacità di agire, ossia l’idoneità a porre in essere atti giuridicamente validi (e quindi ad esercitare diritti e ad assumere obbligazioni) si acquista solo al compimento della maggiore età e viene ad essere esclusa nell’ipotesi in cui ricorrano i presupposti dell’interdizione ossia il soggetto, per quanto maggiorenne, si trova “ in condizione di abituale infermità di mente” che lo rende incapace di provvedere ai propri interessi, tanto da dover essere interdetto (cfr. Codice civile art. 414).
Incapace naturale è la persona che, sebbene capace legalmente (in quanto maggiorenne e non interdetta), sia tuttavia incapace di intendere e volere. In tale stato può venirsi a trovare l’anziano, l’infermo di mente, l’handicappato o chi fa uso di sostanze alcoliche o stupefacenti. Si tratta, poi, di una condizione di incapacità che può essere permanente o puramente transitoria.
L’incapacità naturale consiste, infatti, in qualsivoglia stato psichico idoneo a privare il soggetto agente delle facoltà di discernimento nel momento in cui egli compie atti giuridici.
Leicità della contenzione a letto dei malati psichiatrici” -Tesi di Laurea di Alfredo Maglitto
 Giudice Tutelare del Tribunale di Torino del 22.05.2004.
Tribunale Roma, 22 dicembre 2004 – Ricorrono i presupposti affinché la decisione in merito al consenso al trattamento sanitario venga rimessa all'amministratore di sostegno quando l'interessata non abbia la capacità naturale necessaria ad esprimere un consenso od un rifiuto consapevoli in relazione al trattamento chirurgico prospettato dai sanitari, nè vi è la probabilità che l'interessata riacquisti in tempi brevi la capacità d'intendere e di volere idonea a consentirle una decisione consapevole, mentre d'altro canto l'intervento sanitario è manifestamente necessario ed urgente.
 
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UNIONE EUROPEA … UN SUPERSTATO PER DOMINARCI

Il progetto di un Superstato europeo sta per essere svelato: post-Brexit, le nazioni UE, “stanno per essere trasformate in una sola”.
Se avessero voluto manipolare i risultati del Brexit lo avrebbero fatto come tutte le altre volte, se non è stato fatto ci sono motivi ben precisi.
C’è un piano segreto già da tenmpo.
Se vince il BREXIT in Inghilterra, allora si farà L’ESERCITO EUROPEO”.
Boris Johnson, ex sindaco di Londra dichiara: L’UE vuole un superstato, proprio come Hitler, sempre di fonti inglesi, evidente che né il popolo né i politici anglosassoni dopo aver dominato il mondo per secoli non siano disponibili a cedere la loro sovranità e moneta, la sterlina, magari con altre condizioni, perversi sono i meccanismi globalisti.
La creazione di un Superstato, purtroppo per noi,  persegue l’agenda mondialistica di annullamento delle identità nazionali, dopo aver eliminato le monarchie, dietro la figura di un sovrano ci si poteva riunire e difendersi, ed instaurato la truffa democratica dove riescono a veicolare i voti dove vogliono, dopo aver dato seguito al piano Kalergi per l’ibridazione dei popoli europei con i medesimi obiettivi, non resta altro che instaurare una dittatura, gestita da personaggi votati da nessuno, come per altro ci hanno già avvertito:
L’EURSS – Io ho vissuto nel vostro futuro e non ha funzionato … Vladimir Bukovsky e Stati Uniti, Regno Unito ed Unione europea, ora sono dittature – Lezione di Dittature Invisibili.
La direzione degli eventi è ben chiara da tempo non lamentatevi poi perchè gli avvertimenti sono stati molteplici e ripetuti, quanto poi che i politici siano dei burattini nelle mani di altri basta un esempio con i due articoli correlati:
È Angela Merkel un Asset della CIA? Beh guardatela bene in faccia….
Per non parlare poi di Ennesima TRUFFA, l’Unione Europea giuridicamente non esiste !!
Se volete scaricare una copia del Five President Report cliccate qui.
Per scaricarlo in Italiano basta selezionare la lingua.
Nel video che segue, vengono prensentati personaggi legati alla costruzione del Superstato di Dominio UE (NWO), quelli che hanno deciso per il nostro futuro….
Questi uomini sono i quattro presidenti: Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea. Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo. Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo.
E Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea.
Questi sono gli uomini che hanno deciso il vostro futuro.
Lo hanno già scritto, parola per parola.
Ed è un futuro grigio, fatto di austerità e rigore.
Questi cinque uomini hanno prodotto un documento chiamato Five Presidents’ Report. dove si spiega che cosa accadrà in Europa da qui al 2025.
E si parla della creazione del Superstato europeo.
 
 
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IMPRENDITORE VENETO … SI, MA IN AUSTRIA!

L’imprenditore veneto: “Ho portato la fabbrica in Austria: l’autonomia non serve a niente”
Il problema non sono le tasse, ma la burocrazia locale
L’ultima nicchia dello sterminato capannone da 60 mila metri quadrati è occupata da imballaggi alti quattro metri.
Due presse, 8 mila tonnellate ciascuna, arrivate dal Giappone.
Costate 17 milioni e mai installate. «Ho richieste da tutto il mondo e non riesco a soddisfarle.
Non mi lasciano ampliare lo stabilimento, e allora queste macchine restano imballate.
Ci perdo io, ci perdono tutti: potrei dare lavoro a centinaia di veneti. Invece assumo all’estero».
Nonostante l’Italia, a quasi 79 anni Francesco Biasion tutte le mattine alle 8 entra in fabbrica. Spesso anche di sabato.
Domenica ha votato sì al referendum.
Per sconforto, racconta. «Il Veneto dà troppo e riceve troppo poco.
Peggio di così non può andare.
Ma dia retta a me: non cambierà nulla. Anzi, potrebbe essere peggio: l’unica autonomia necessaria è quella da certi amministratori locali che ci impediscono di lavorare;
Dio ce ne scampi se un domani avranno più poteri». 
Quinta elementare.
A dieci anni era in azienda.
Anzi, prima: «Mio padre mi portava a vedere i fabbri picchiare l’incudine».
La Bifrangi era poco più di un’officina. Oggi è leader mondiale nello stampaggio a caldo dell’acciaio: oltre mille dipendenti, 250 milioni di fatturato, sei stabilimenti. Il più grande, quasi 500 addetti, è a Mussolente, 7 mila anime in provincia di Vicenza, dove i Biasion abitano da generazioni.
Gli altri sono a Lincoln e Sheffield, in Gran Bretagna, e a Houston.
L’ultimo è ad Althofen, in Carinzia, dove negli anni scorsi qualche imprenditore veneto ha ceduto alle lusinghe e trasferito in Austria parte delle produzioni.  
Biasion non ha scelto l’Est Europa dove la manodopera costa un quarto.
Ha aperto là dove gli operai guadagnano bene e il Fisco è meno opprimente, ma solo un po’. «Quelli come me non se ne vanno per pagare meno tasse.
Ce ne andiamo perché non siamo padroni nelle nostre fabbriche.
Sono stufo di andare dal sindaco di turno con il cappello in mano ogni volta che devo fare un investimento». 
Nel Vicentino la Bifrangi dà lavoro a centinaia di famiglie tra dipendenti, fornitori e indotto, albergatori compresi, perché è un modello studiato a ogni latitudine.
Mai uno sciopero. In mensa lavorano dieci cuochi assunti, si serve la verdura coltivata nei campi di Biasion e la carne delle sue bestie.
C’è un frantoio per estrarre l’olio delle sue olive e un piccolissimo mulino per macinare la farina ottenuta dal suo grano.
Nei capannoni si producono non solo i componenti in acciaio per l’industria pesante e la meccanica di precisione venduti in tutto il mondo; si progettano e realizzano anche i macchinari con cui fabbricarli.  
«Eppure mi sento trattato come un delinquente», dice Biasion.
Dieci anni fa ha brevettato il maglio più grande al mondo: un gigante di 1.500 tonnellate che quando piomba sull’acciaio incandescente esercita una pressione di 55 milioni di chili.
«Mi serviva un capannone nuovo.
Provincia e Regione erano d’accordo.
Il Comune anche».
Anzi no: il sindaco decide di costruire una nuova strada proprio nell’area dove dovrebbe estendersi la fabbrica. «Protesto e alla fine la spunto».
Ma in Comune si accorgono che il capannone è troppo alto e gli uccelli potrebbero sbatterci contro: niente licenza edilizia, altri anni di liti finché arriva la deroga per cominciare i lavori.
Apre il cantiere: servono fondamenta profonde 16 metri ma il Comune si mette di nuovo di traverso. «Mi sono stufato.
Ho chiamato in Texas.
La sera avevo una risposta: si può fare.
Quando siamo andati a presentare il progetto erano sorpresi: la fabbrica è vostra, dentro potete fare quel che volete». 
Tre anni fa, come alcuni suoi colleghi veneti, Biasion ha trasferito un pezzo di produzione in Carinzia.
Gli austriaci facevano promozione spinta, avevano creato una agenzia (oggi in liquidazione) per setacciare il Nord Italia e convincere le aziende a varcare il confine.
«E io sono andato, sempre per lo stesso motivo: avevo troppe commesse, mi serviva uno stabilimento più grande ma qui non me lo lasciavano fare». In dieci mesi la fabbrica era pronta.
«Mi hanno accolto con le fanfare, non sono mai riuscito a pagare nemmeno un caffè.
Eppure non lo rifarei: le tasse sono più basse, la pubblica amministrazione garantisce contributi a fondo perduto e procedure snelle, ma non trovo manodopera. Un disastro». 
Si torna al punto di partenza: le due presse imballate da cinque anni, i progetti incagliati, gli investimenti bloccati.
Le denunce: per aver piantato alcuni alberi e installato tre panchine, per una recinzione abusiva, per un impianto che inquinava.
«Tutte archiviate.
L’ultima poche settimane fa: il fatto non sussiste».
Nel frattempo Francesco Biasion ha assunto i 700 addetti che gli servivano.
All’estero. 
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Francesco Biasion, 79 anni, è presidente del gruppo Bifrangi, leader mondiale nello stampaggio a caldo dell’acciaio.
La Bifrangi ha sei stabilimenti: uno in Veneto, gli altri sparsi tra Usa, Gran Bretagna e Carinzia 250 milioni
È il fatturato della Bifrangi.
Il gruppo ha oltre mille dipendenti, dei quali 500 lavorano a Mussolente, nel Vicentino

 

CHIESA E STATO… IL MAGNA MAGNA CONTINUA

SPUNTA IL MAXI-VITALIZIO , IMBARAZZO BERTONE… INDOVINA QUANTO INTASCA A VITA?
 
«Lo Stato vuole togliere le pensioni alle vedove per dare a Bagnasco. 
Ora basta!», il titolo, d’ inusitata ferocia, si aggrappa alle viscere.
E la foto, cattivella, a corredo, del cardinale Bagnasco presidente Cei ghignante come il signor Burns, il cattivo dei Simpson; be’ diciamo che non aiuta.
Sicché, proprio mentre il governo incespicava sulla futuribile irreversibilità delle pensioni, in cinque giorni ben 73.652 (fino a ieri) sostenitori incazzatissimi hanno firmato la petizione che il veneziano Ciro Verrati, presidente di Laicitalia ha lanciato sulla piattaforma Change.org: caro Matteo Renzi, togli l’ «ingiusto privilegio» della pensione militare che lo Stato italiano paga al cappellano dell’ Esercito Franco Bagnasco.
Il quale Bagnasco, oltre ad essere il potente presidente della Cei, a 63 anni ha maturato il vitalizio.
La petizione, che macina polemica nel web, è indirizzata sia al Presidente del Consiglio Renzi, sia al Presidente dell’ Inps Tito Boeri.
Ora, in effetti, Sua Eminenza è un baby pensionato.
Scrive Verrati: «Bagnasco, che è anche generale di brigata, ha diritto ad una pensione che si aggira, secondo alcune fonti attorno a 4.000 euro, ma secondo alcuni la pensione erogata dall’ Inps in suo favore sarebbe addirittura di 7.000 euro, nonostante abbia “prestato servizio” nell’ esercito per soli tre anni».
Tra l’ altro mi sa che c’ è un errore.
In difetto.
Anche se non è dato di saperlo con certezza, Bagnasco dal 2003 al 2006 è stato «arcivescovo ordinario militare» per l’ Italia, cioè reggente della diocesi, capo dei capi dei cappellani: per legge dovrebbe addirittura aver maturato il grado di generale di corpo d’ armata, stipendio da 190mila euro lordi l’ anno (ma il monsignore prenderebbe meno).
E prima di Bagnasco tornarono in sagrestia con laute pensioni tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni).
Si capirà che la cosa, ora, salti all’ occhio.
Lo Stato sborserebbe 8 milioni per 176 sacerdoti, 5 vicari episcopali, un provicario generale, un vicario generale e l’ arcivescovo ordinario.
«Non solo, c’ è anche il capitolo delle pensioni.
L’ Inpdap, ha ammesso candidamente il ministro, non riesce a fornire cifre precise sulle pensioni ai cappellani, perché in quanto integrati nell’ esercito rientrano nel computo generale», scrive sempre il nostro petitore.
Dall’ ordinariato militare trapela che negli ultimi 20 anni sono andati in pensione 4 ordinari militari, 4 vicari generali, 8 ispettori e circa 140 cappellani militari.
E la Difesa ha stimato pensioni per circa 43mila euro lordi per ognuno di costoro.
Certo, qualcosa s’ è tagliato (per un’ inchiesta dell’ Espresso del 2012 i milioni erano 15).
E nel 2014 ci fu anche, col vibratile Monti, l’ annuncio di una furiosa spending review: «Cappellani militari, addio a pensione e stipendio».
Poi la cosa sfumò.
Ora, il cardinal Bagnasco non ha mai smentito gli attacchi al suo diritto alla pensione militare (i primi furono ovviamente dei Radicali).
E il diritto è legittimo.
Però, diamine, stride.
Sia con la fresca memoria delle « ingerenze» nello Stato laico di cui lo stesso cardinale è tacciato in tema di unioni civili.
Sia perchè la pensione di Bagnasco evoca l’ attico di Bertone.
Sia perché fu proprio Bagnasco, l’ anno scorso, a proclamare: «La politica deve cambiare e cessare di essere una via indecorosa per l’ arricchimento personale. Il paese sano è stanco di populismi».
Ecco, appunto, parliamone…

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FIERO DI NON AVER VOTATO.

Lo diciamo da tempo e oggi confermiamo la nostra posizione rispetto al referendum voluto dal partito italiano lega nord e da Luca Zaia, esponente di spicco di tale partito italiano e presidente dell'ente periferico italiano denominato "regione veneto ".
E così la popolazione residente, stranieri compresi (anche gli italiani sono foresti a casa nostra),  ha votato per un'autonomia che Luca Zaia andrà ad elemosinare a Roma.
Dunque io che non credo ai partiti italiani, che non credo al sistema italia, che non credo ai politici italiani, sono forse uno stolto, uno sciocco o un povero illuso che aspira a vedere liberata la propria Patria dall'occupazione straniera italiana?
La Patria, per l'appunto, la millenaria Serenissima Repubblica Veneta, sempre più ostaggio di un Popolo tenuto al guinzaglio e mantenuto nel recinto dell'inconsapevolezza della propria identità.
Siamo come un gregge sfamato con le briciole del proprio pane.
Ed è così che il lamentoso piagnucolare trova sfogo nel compiacimento di un voto creato ad arte per illuderci di aver esercitato un diritto democratico.
Ma noi VENETI non siamo italiani e come il 22 ottobre del 1866 ecco replicata la frode italiana.
E adesso???
Adesso vedremo come l'italianissimo Luca Zaia porterà a casa l'inutile autonomia tanto decantata.
Se un milione di persone crede ad una cosa idiota, la cosa non cessa di essere idiota (Anatole France).
WSM
Venetia, 23 ottobre 2017
Sergio Bortotto
Presidente del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto
e del Governo Veneto Provvisorio
 

E L’AUSTRIA NON STA A GUARDARE…

A GEORGE SOROS IL DIVIETO DI OPERARE IN AUSTRIA: “HAI 28 GIORNI PER ANDARTENE”

Il leader più giovane del mondo, il neo-eletto Sebastian Kurz, non perde tempo e si rivolge a George Soros: l’obbligo imposto è quello di cessare qualsiasi operazione ad opera della sua Open Society Foundation in Austria entro 28 giorni.
L’alternativa è andare incontro ad un’azione legale per “tentata minaccia alla democrazia della nazione”.
Secondo il portale di informazione indipendente YourNewswire, il trentunenne Sebastian Kurz, il leader austriaco più giovane di sempre, avrebbe parlato ai suoi colleghi della necessità di agire immediatamente, a seguito della notizia per cui George Soros ha donato $18 miliardi del suo patrimonio da $24 miliardi alla Open Society Foundation, fondazione di proprietà dello stesso Soros.
«La situazione è diventata critica», ha detto Kurz.
«Soros sta versando tutto ciò che ha dietro alla sua spinta per (ottenere) il controllo mondiale.
La disinformazione e la manipolazione dei media sono già aumentate esponenzialmente durante la notte.
Non abbiamo spazio per la compiacenza».
Kurz, che si autodefinisce un fan delle cospirazione e sostiene di essere stato illuminato dal film Loose Change sull’11 settembre, afferma di aver compreso pienamente l’agenda di Soros e dichiara che «non esiste alcun modo per cui questo paese sarà la sua quinta vittima».
Il neo-cancelliere austriaco si riferisce al numero delle economie nazionali che Soros ha fatto quasi fallire per ottenere enormi profitti personali e una forte influenza politica.
Interrogato sul perché voglia bannare la Fondazione Open Society di George Soros dall’Austria, Kurz ha risposto: «Perché è il 2017».
La notizia per cui Soros ha versato il 75% della sua fortuna per sostenere la sua agenda politica e sociale ha causato onde d’urto in tutto il mondo: molti leader eletti democraticamente temono che il peso dei suoi miliardi, usato per comprare politici e giornalisti, possa essere difficile da combattere.
Kurz è d’accordo.
Ed è questo il motivo per cui avrebbe optato per un’azione rapida:
“Lo spettro di Soros è la sfida più grande che l’umanità affronta nel mondo nel 2017.
È un grande calamaro vampiro avvolto attorno al volto dell’umanità, che inserisce inesorabilmente il suo imbuto di sangue in qualsiasi cosa che odori di denaro, usando questi soldi per corrompere politici, giornalisti e il settore pubblico, tentando di creare il mondo alla sua immagine.
Il popolo austriaco ha rifiutato il Nuovo Ordine Mondiale ed è mio dovere e mio privilegio difendere la sua volontà”.
 
 
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