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Dopo il passaggio delle competenze sul Canal Grande spunta un altro caso. Nel «taglianorme» finisce anche il decreto regio del 1866
VENEZIA – Ci hanno provato raccogliendo firme per complessi referendum separatisti, ci hanno riprovato processando la Repubblica italiana in piazza – e condannandola ovviamente – e hanno perfino comprato terreni su terreni alle pendici dei monti per dichiarare indipendente un’intera vallata del bellunese.
Hanno perfino costituito bande armate e hanno sfidato la prigione arrampicandosi sulla cima del campanile di San Marco, entrando in piazza con un carro armato. Mai nessun indipendentista però avrebbe pensato che fosse proprio Roma a regalare l’indipendenza al Veneto.
Eppure è andata così: per una leggerezza di qualche tecnico romano – che verrà probabilmente santificato da una certa porzione di veneti e crocifisso dai vertici politici – nel decreto «ammazzanorme» entrato in vigore il 16 dicembre 2010 con la firma del ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, del ministro della Giustizia Angelino Alfano e perfino del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è finito anche il Regio Decreto 3300 del 4 novembre del 1866 con il quale «le provincie della Venezia e quelle di Mantova fanno parte integrante del Regno d’Italia».
Insomma, con una mano Roma ha tolto il Canal Grande alla città lagunare abrogando il trasferimento delle competenze
e con l’altra ha restituito alla Serenissima i confini della antica Repubblica di Venezia con tanto di dominio sulle provincie lombarde fino a Mantova. «Per un momento abbiamo avuto la fortissima tentazione di dichiararci astro-ungarici – scoppia a ridere il direttore generale del Comune di Venezia Marco Agostini – ma adesso i tecnici del ministero stanno lavorando per rimettere le cose a posto». Innanzitutto per scrivere un nuovo decreto che restituisca il Canal Grande a Venezia che, anche se Calderoli ha tranquillizzato tutti è, secondo i giuristi del Comune, effettivamente passato a Roma, poi un secondo decreto per evitare che gli indipendentisti intasino i tribunali combattendo la loro battaglia per l’indipendenza con la possibile beffa delle vie legali. D’altra parte i giuristi – dopo essersi ripresi da una lunga serie di risate incredule – concordano sul fatto che non basta abrogare un Regio Decreto del 1866 per cancellare centocinquanta anni di storia scritti a chiare lettere sulla Costituzione (la Repubblica resta «una e indivisibile ») e slegare così il Veneto dal resto d’Italia. Anche alcuni leghisti potrebbero in effetti restarci male a sapere che l’eventuale – molto eventuale – indipendenza del Veneto cancellerebbe con un colpo di spugna anche l’istituzione della Regione mettendo fuori legge lo stesso Luca Zaia e tutta la Giunta a maggioranza verde-Carroccio.
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Alessio Antonini 08 febbraio 2011