Gli operai di Poznań, in Polonia, insorsero il 28 giugno 1956 al grido di pane e libertà contro il regime oppressivo mantenuto dai sovietici.
La rivolta fu repressa nel sangue con i carri armati dal generale sovietico Konstantin Rokossovsky, allora ministro della guerra polacco.
Gli operai uccisi dai militari furono circa 100.
La rivolta diffuse un vivo fermento in tutta la Polonia, che si propagò anche in Ungheria sino a esplodere nella insurrezione del 23 ottobre.
Per allontanare il pericolo di una sollevazione in Polonia, i russi furono costretti ad allentare le redini della dittatura aprendo qualche spiraglio di libertà nel Paese.
Furono liberati in quella circostanza, dagli insorti, il cardinale Stefan Wyszyński, nonché il dirigente comunista Władysław Gomułka, nel 1949 imprigionato sotto l’accusa di ‘titoismo’.
L’Unità approvò la repressione e in quei giorni scrisse:
«La responsabilità per il sangue versato ricade su un gruppo di spregevoli provocatori che hanno approfittato di una situazione temporanea di disagio in cui versavano Poznan e la Polonia»
La rivolta fu repressa nel sangue con i carri armati dal generale sovietico Konstantin Rokossovsky, allora ministro della guerra polacco.
Gli operai uccisi dai militari furono circa 100.
La rivolta diffuse un vivo fermento in tutta la Polonia, che si propagò anche in Ungheria sino a esplodere nella insurrezione del 23 ottobre.
Per allontanare il pericolo di una sollevazione in Polonia, i russi furono costretti ad allentare le redini della dittatura aprendo qualche spiraglio di libertà nel Paese.
Furono liberati in quella circostanza, dagli insorti, il cardinale Stefan Wyszyński, nonché il dirigente comunista Władysław Gomułka, nel 1949 imprigionato sotto l’accusa di ‘titoismo’.
L’Unità approvò la repressione e in quei giorni scrisse:
«La responsabilità per il sangue versato ricade su un gruppo di spregevoli provocatori che hanno approfittato di una situazione temporanea di disagio in cui versavano Poznan e la Polonia»