IL PATRIOTA LUIGI FACCIA: “SONO DI NAZIONALITA’ VENETA – SONO PRIGIONIERO DI GUERRA”.


2775451-tank1La dichiarazione di questo grande Patriota Veneto ha messo in scacco matto lo stato straniero razzista e colonialista itagliano. 
Che diranno – ora – i magistrati itagliani? "a ben vedere, dai, non trattasi di tanko, e nemmeno di una banale ruspa, ma di una riproduzione di un modellino in cartapesta". 
Grande, Luigi. Eccolo qui, dal giornale di Vicenza: VICENZA. ORE 17.15 FACCIA: "SONO DI NAZIONALITA' VENETA".
Durante il confronto con il Gip nel carcere di Vicenza, in cui si è avvalso della facoltà di non rispondere, Luigi Faccia, ha voluto leggere al giudice una sua breve dichiarazione. «Come responsabile del Veneto Fronte di Liberazione, servitore della Veneta Serenissima Repubblica – ha detto -, mi dichiaro prigioniero di guerra».
Lo hanno riferito i difensori dell’uomo, gli avvocati Alessandro Zagonel e Andrea Arman. Piccola schermaglia con il giudice e la cancelliera anche al momento delle generalità, quando Faccia, alla domanda sulla propria nazionalità, ha risposto: «Veneta».
WSM
Venetia, 4 aprile 2014
dott. Paolo Gallina Vice Presidente del MLNV

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«Io mi dichiaro prigioniero di guerra»
Faccia fa il duro. 
Chiavegato: «Io detenuto politico in sciopero della fame». 
Flavio Contin non risponde al giudice. 
I legali: «Inesistente terrorismo»

I padovani non hanno parlato dichiarandosi chi prigioniero di guerra, chi venetista, chi niente di tutto ciò e affidandosi invece alla magistratura italiana. 
I veronesi hanno invece risposto alle domande del giudice e lo hanno fatto prendendo le distanze dagli “uomini del tank”. 
Nel giorno degli interrogatori, fatti alla presenza dei magistrati di Brescia (inchiesta del procuratore capo Tommaso Buonanno), la linea secessionista ha mostrato cedimenti. 
O, quanto meno, ha rivelato contrapposte strategie processuali.
“Irriducibile” Luigi Faccia, 60 anni di Agna, il presidente di “Alleanza”, ritenuto dagli inquirenti il capo del movimento. «Come responsabile del Veneto Fronte di Liberazione, servitore della Veneta Serenissima Repubblica, mi dichiaro prigioniero di guerra», ha detto ieri mattina davanti al giudice di Vicenza Massimo Gerace e agli avvocati difensori Alessandro Zagonel e Andrea Arman. 
E, prima ancora, quando gli hanno chiesto le generalità, ha fornito nome, cognome e nazionalità «veneta, non italiana». 
Sereno in aula, ha espresso a margine dell’udienza l’intenzione di continuare dal carcere la sua battaglia.
Posizione più morbida per Riccardo Lovato, 46 anni di Padova, investito dell’incarico di “responsabile militare della piazza di Venezia”. 
Sentito in carcere dal giudice Domenica Gambardella, l’uomo ha letto un breve comunicato: «Ho espresso le mie idee, ma non ho mai inteso far ricorso alla violenza. 
Mi dichiaro venetista. 
Non ho mai usato armi in vita mia, non ho nemmeno fatto il servizio militare. 
I miei e i nostri volevano essere atti dimostrativi non violenti e non cruenti. 
Mi riservo di rendere interrogatorio dopo aver letto gli atti». 
La sua difesa, rappresentata dagli avvocati Carlo Covi e Alberto Toniato, ha già depositato ieri istanza al Riesame. 
In silenzio è rimasto anche l’altro ideologo di “Alleanza”, ritenuto dagli inquirenti il capo carismatico, Flavio Contin, 72 anni di Casale di Scodosia. 
Ai domiciliari, l’ex Serenissimo è arrivato in tribunale alle 9.30, scortato dai carabinieri e non ha risposto alle domande del giudice. 
Ma non ha neppure fatto dichiarazioni venetiste. 
I difensori, gli avvocati Alessio Morosin e Renzo Fogliata, hanno spiegato il silenzio come una scelta puramente tecnica, con la necessità di leggere prima tutti gli atti. «C’è una sproporzione tra gli elementi di prova e i provvedimenti cautelari», hanno però commentato all’uscita dall’aula. 
E hanno sottolineato il fatto che questa volta è stato contestato il pesantissimo reato di terrorismo mentre nel ’97, quando ci fu la presa del campanile, l’accusa era “solo” quella di eversione. 
I legali hanno escluso l’esistenza del “secondo livello” contestato agli indagati: «Nello Statuto del movimento si fa riferimento a una struttura federale».
Ha invece parlato, per oltre un’ora, Lucio Chiavegato, 49 anni di Bovolone, leader di Life e dei Forconi, accusato di essere un finanziatore del movimento, interrogato in carcere a Verona. 
Lo ha fatto, assistito dall’avvocato Luca Pavanetto, dopo essersi dichiarato “prigioniero politico delle carceri italiane” e dopo aver annunciato la continuazione dello sciopero della fame: «Continuerò la mia battaglia con metodo non violento, fino a diventare una vittima, il primo martire del’indipendentismo», ha affermato richiamandosi a Bobby Sands, l’attivista nordirilandese morto in cella. 
Chiavegato ha voluto parlare proprio per marcare la sua distanza rispetto ai secessionisti: «Non avevo più rapporti con loro da un anno e mezzo», ha spiegato al giudice, «ho partecipato a una loro riunione per mezz’ora, poi più nulla. 
Io voglio l’indipendenza del Veneto, ma per via politica». 
Hanno parlato anche gli altri veronesi. 
Tiziano Lanza ha chiarito che la frase relativa all’approvvigionamento di «beghette» (ovvero pistole) sul mercato clandestino in Albania si riferiva ad armi con finalità sceniche, non armi vere. 
E oggi tocca a Franco Rocchetta.