A LONDRA TROPPI ITALIANI FERMATELI O LASCEREMO L’UE

Il referendum più importante, quello sull'indipendenza della Scozia, lo ha vinto dopo una grande paura. «Un sollievo andare a letto primo ministro del Regno Unito e svegliarsi primo ministro del Regno Unito».
Le due ore dopo il risultato sono state «le più felici dell'anno», ha ammesso il capo del governo britannico.
Ma ora c'è un altro referendum sul quale David Cameron non intende giocarsi la carriera e perdere la faccia.
È il voto, rischioso, che ha promesso per il 2017, garantendo ai cittadini britannici la facoltà di scegliere se restare nell'Unione europea o lasciarla. Sul rapporto con l'Europa, sul flusso di immigrati che arriva dal Vecchio continente, oltre che sull'economia, si combatterà la battaglia cruciale delle elezioni di maggio 2015. Prima di arrivare al referendum, i Tory dovranno vincere le politiche. Ma proprio sui nodi centrali del referendum potrebbero perderle. Ecco perché oggi il primo ministro parlerà al Congresso dei Tory a Birmingham annunciando il suo piano per sfidare le regole europee. Il premier vuole più controlli sulle proprie frontiere e maggiori poteri per limitare l'immigrazione in arrivo dal continente. E ha già avvertito: se non riuscirà a rinegoziare il rapporto con Bruxelles, è pronto a fare campagna elettorale per l'uscita del Regno Unito dall'Unione.
Il messaggio ha due destinatari: gli euroburocrati, a cui Cameron chiede maggiori concessioni – pena l'addio all'Ue – ma soprattutto gli elettori di centrodestra sempre più tentati dal cambio di casacca a favore degli euroscettici dell'Ukip, il partito di Nigel Farage che ha sbaragliato tutti alle europee. Dopo lo sgambetto del parlamentare Mark Reckless, che ad apertura di Congresso ha annunciato l'addio proprio perché il primo ministro «ha deluso il Paese sulla riforma dell'Europa e l'immigrazione», ieri è arrivato lo schiaffo dell'ex vicesindaco di Londra (2008-2012) ed ex membro dei Tory Richard Barnes, anche lui favorevole all'uscita dalla Ue e assoldato dall'Ukip.
In molti prevedono e minacciano che nei prossimi mesi altri seguiranno.
Ecco perché Cameron tenta oggi di fermare l'emoraggia flirtando con i «nemici» di Bruxelles per recapitare un messaggio chiaro: solo se voterete Tory potrete avere di più dall'Europa, cioè una posizione «riformata» in seno alla Ue «che io credo sia la risposta migliore per la Gran Bretagna». Ma se questo non accadesse avrete la garanzia di un referendum per lasciarla, una consultazione in cui io certo non mi batterò per chiedervi di restare. Le parole pronunciate ieri non lasciano dubbi: «Il Regno Unito è mille volte più importante della Ue. Siamo franchi, l'Unione non sta funzionando adeguatamente per noi adesso». E sempre con riferimento alla Scozia: «Quella era una questione strappacuore. Restare nell'Unione è una questione di importante pragmatismo». Tradotto: non mi si spezzerebbe il cuore se dovessimo lasciarla.
«Al centro» della rinegoziazione, Cameron fa sapere che ci sarà l'immigrazione dall'Europa e non quella da fuori, come negli anni passati. Il premier si batterà per avere una deroga alle regole sulla «libertà di movimento» che ora permettono ai cittadini europei, tra cui moltissimi italiani, di lavorare nel Regno Unito: «La nostra economia è cresciuta molto più in fretta di quella di altri Paesi europei che non stanno crescendo affatto. Paradossalmente non abbiamo tanti immigrati da Romania e Bulgaria ma un numero altissimo di italiani, spagnoli e francesi».
Urge una riforma, insomma. Anche perché intanto il sindaco di Londra Boris Johnson – che a maggio correrà per un seggio a Westminster provando di avere aspirazioni da premier – ha già detto che senza riforma, la Gran Bretagna starebbe meglio fuori dall'Unione.

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