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La Cabilia (in berbero: Tamurt n Leqbayel, "La terra dei Cabilli") è una "regione" dell'Algeria, che ha inizio ad un centinaio di chilometri ad est di Algeri e che si estende lungo la costa da Dellys fino oltre Bugia (berbero Bgayet, fr. Bougie, ar. Béjaia) comprendendo, nell'interno, l'elevata catena del Djurdjura.

Nell'antichità questa regione, dominata dal Mons Ferratus (l'odierno Djurdjura) era abitata dalle Quinque Gentes ("Cinque tribù"), ricordate per la loro insofferenza al potere di Roma e per le rivolte descritte da Aurelio Vittore (De Caesaribus 39.22: "nationes Quinquegentanae") e da Eutropio (Breviarium ab Urbe condita, 9.22: "Quinquegentiani").
È possibile che proprio da questo nome derivi la denominazione attuale, che in arabo significa "le Tribù" (forse in origine "le 5 Tribù").
Nonostante la relativa omogeneità della popolazione e della lingua, la Cabilia non ha una "personalità" amministrativa: l'Algeria non riconosce "regioni" ma solo "wilaya" (province).
E il territorio della Cabilia è frazionato tra diverse wilayat: oltre a quelle di Tizi-Ouzou e di Béjaïa (elevatissima maggioranza di cabili), anche: Bouira (Tubirett), Boumerdès, Bordj Bou Arreridj, Setif, Jijel e M'Sila (Tamsilt).
La Cabilia ebbe esistenza amministrativa durante la guerra d'Algeria, in quanto costituì la Wilaya III dell'organizzazione della resistenza.
Dopo l'insurrezione del 1871, la Francia coloniale decise di dividere questa provincia in due entità amministrative chiamate «Grande Cabilia» (a ovest, con capoluogo Tizi-Ouzou) e «Piccola Cabilia» (a est, con capoluogo Bugia).
Le due Cabilie facevano parte rispettivamente del Dipartimento di Algeri e del Dipartimento di Costantina. Di recente si tende a parlare non di Grande e Piccola Cabilia bensì di "Alta Cabilia" (la parte occidentale, che comprende le vette più alte del Djurdjura) e "Bassa Cabilia" (la parte orientale, con la pianura della Soummam, in arabo Oued Sahel).
Dei capoluoghi delle due Cabilie, Bugia (Bgayet) è la capitale storica fin dalle epoche più antiche, descritta da numerosi storici tra cui Ibn Khaldun.
I Cabili la chiamano Bgayet n lejdud ("Bgayet degli antenati"). Invece Tizi Ouzou, chiamato un tempo alla francese le village ("il villaggio") è di sviluppo recente (fondato dai Turchi, e cresciuto di importanza soprattutto in epoca coloniale).
PAESAGGIO DELLA KABYLIETre grandi massicci montuosi occupano la maggior parte della Cabilia:
A Nord, la catena della Cabilia marittima, la cui vetta più alta è quella degli Ait Jennad (1278 m)
A Sud, il Djurdjura, che domina la valle della Soummam, e culmina nella cima di Lalla Khadidja (2308 m)
Tra le due catene, vi è il massiccio Agawa, il territorio più densamente popolato, con un'altitudine media di 800 m.
È qui che si trova la maggiore città dell'Alta Cabilia, Tizi Ouzou.
Larbaa Nat Iraten (già «Fort-National»), che contava 28.000 abitanti nel 2001, è il centro urbano più elevato di tutta la regione (930 m).
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UN PO' DI STORIA
La Cabilia è sempre stata una regione fortemente gelosa della propria autonomia e indipendenza.
Già in epoca romana, da qui nacquero numerose rivolte che impegnarono a lungo la potenza di Roma (per esempio l’insurrezione di Tacfarinas, 17-29 o quella dei Quinquegentiani nel 293-297.)
Anche le successive conquiste straniere, araba nel VII secolo e turca nel XVI, non riuscirono ad avere la meglio su questa regione che rimase sempre sostanzialmente indipendente.
Nel medioevo, tribù berbere della Cabilia furono protagoniste di episodi importanti della storia del Nordafrica.
Per esempio, nel X secolo i Kutāma fornirono il nucleo degli eserciti che permisero a ‘Ubayd Allāh, il primo califfo fatimide, di conquistare gran parte del Nordafrica, ponendo poi la propria sede in Ifriqiya (Tunisia).
E quando i Fatimidi si trasferirono in Egitto, il comando venne lasciato alla famiglia cabila degli Ziridi, che continuò a governare la Tunisia mentre un altro ramo della famiglia (gli Hammaditi) prese il potere in Algeria.
In epoca turca la Cabilia non solo si mantenne sostanzialmente indipendente, ma diede anche vita a veri e propri regni come quello di Kuku o quello degli At Abbas.
Dopo la conquista di Algeri nel 1830 da parte dei Francesi, la Cabilia fu un po' alla volta accerchiata, e cadde solo nel 1857, quando tutto il resto dell'Algeria era già stato conquistato.
Nella resistenza si distinse un'eroina che ancor oggi è molto amata ed ammirata, Lalla Fadhma n'Soumer.
Nel 1871 la Cabilia fu tra le regioni che con più forza aderirono alla sollevazione che cercò di liberarsi dal colonialismo francese, approfittando dei rovesci che questi avevano subito nella guerra franco-prussiana.
Sconfitti, i Cabili dovettero subire una gravissima repressione, con nuove istituzioni, nuove classi dirigenti e la confisca di gran parte delle terre migliori.
La Cabilia fu in prima linea nella lotta al colonialismo francese anche al momento della decolonizzazione.
In Cabilia si formarono i quadri della resistenza, e si tenne, nel 1956, il Congresso della Soummam, che tracciò le prospettive politiche del futuro stato algerino indipendente.
Ciononostante, le classi dirigenti affermatesi in Algeria dopo l'indipendenza erano costituite soprattutto da militari formatisi all'estero, in particolare in Egitto, e fortemente impregnati dell'ideologia panarabista di Nasser.
Così la lingua berbera della Cabilia venne per lungo tempo non solo esclusa dalla Costituzione, ma addirittura duramente perseguitata.
Nella primavera del 1980, in seguito al divieto imposto dalle autorità ad una conferenza di Mouloud Mammeri sulle Poesie Cabile antiche all'università di Tizi-Ouzou, gli studenti occuparono l'università e vennero violentemente attaccati dalla polizia il 20 aprile, che da allora è ricordato tutti gli anni come la Primavera berbera, in cui nacque, nel sangue e nella repressione, un movimento di massa per il riconoscimento della lingua e della cultura berbera.
Altri momenti di confronto col governo centrale si ebbe nel 1994-1995, con uno sciopero scolastico durato tutto l'anno (tutti gli studenti cabili persero l'anno) per richiedere l'insegnamento del berbero nella scuola, insegnamento ottenuto a partire dal 1995.
Più di recente, nel 2001, nuovi disordini ebbero luogo dopo l'uccisione ingiustificata di un giovane studente da parte dei gendarmi: la gioventù della Cabilia improvvisò estese manifestazioni che vennero contrastate dai gendarmi che sparavano a vista facendo oltre 100 vittime.
Questo periodo di lutti, iniziatosi anch'esso nel mese di aprile, viene oggi denominato "Primavera nera".
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LA GIOVANNA D'ARCO DEL DJURDJURA
Lalla Fadhma (o Fatma) N'Soumer (Werja, 1830 – Béni Slimane, settembre 1863) fu una donna che incarnò il movimento di resistenza alla Francia nei primi anni della conquista coloniale dell'Algeria.
Lalla è un epiteto di rispetto, riservato a donne di alto lignaggio o venerate come sante; Fadhma è la pronuncia berbera del nome arabo Fatima.
Per il grande impatto emotivo legato alla sua figura e alle sue gesta, c'è chi l'ha chiamata la Giovanna d'Arco del Djurdjura.
Col passare degli anni, la presenza francese in Algeria (iniziata nel 1830 con lo sbarco presso Algeri) stringeva sempre più d'assedio la Cabilia, la sola regione ancora totalmente indipendente.
E con l'accrescersi della pressione francese, si fece sempre più forte la volontà di resistere, e di prepararsi a difendere la propria terra anche a costo di una guerra sanguinosa.
A detta del maresciallo Randon, la famiglia di Lalla Fadhma, in precedenza indifferente alle contese tra il partito filo-francese e quello antifrancese, sarebbe passata decisamente nel campo dei resistenti "a partire dalla spedizione del maresciallo Bugeaud nell'Oued Sahel nel 1847".
Un evento decisivo per la vita stessa di Lalla Fadma fu l'arrivo in Cabilia, verso il 1849, di un misterioso personaggio, che si faceva chiamare Mohamed ben Abdallah (il nome del Profeta!), ma che è noto per l'epiteto di Bou Baghla con cui veniva solitamente chiamato.
Si trattava, probabilmente di un ex luogotenente dell'emiro Abdelkader (sconfitto definitivamente dai francesi nel 1847), che non volendosi arrendere, si era ritirato nella sola regione ancora non sottomessa, la Cabilia, da cui cominciò una vera e propria guerra (spesso condotta con azioni di guerriglia) contro i francesi e i loro alleati.
Bou Baghla era un combattente valoroso, era molto eloquente in arabo, era profondamente religioso e la leggenda gli attribuisce anche doti di taumaturgo.
Lalla Fadhma fu ben presto attratta dalla forte personalità di Bou Baghla, che compiva spesso visite a Summer per consultare i capi di quella comunità religiosa.
E a sua volta il condottiero indomito rimase ammirato da questa donna tanto decisa e tanto determinata a contribuire, per quanto possibile, alla causa della guerra antifrancese.
Con i suoi discorsi infiammati essa convinceva sempre più uomini a partire imsebblen, volontari pronti al supremo sacrificio, ed ella stessa, insieme ad altre donne, partecipava ai combattimenti, non tanto combattendo con le armi ma procurando vitto, medicamenti, esortazioni e conforto alle forze combattenti.
La tradizione vuole che tra i due nascesse un forte sentimento, premessa ad un possibile matrimonio che questa volta Fadhma avrebbe accettato di buon grado, in quanto unione tra pari, e non imposizione tesa a trasformarla in custode del focolare domestico.
In effetti, proprio in quegli anni Bou Baghla divorziò dalla prima moglie (Fatima Bent Sidi Aissa) e rimandò dal suo precedente padrone la schiava che aveva preso come concubina (Halima Bent Messaoud).
Ma da parte sua Lalla Fadhma non era libera.
Anche se con lo statuto di tamnafeqt ("donna che ha lasciato il marito per tornare alla famiglia di origine", una istituzione tipicamente cabila), esisteva ancora un vincolo matrimoniale che solo la volontà del marito avrebbe potuto recidere.
Ed il marito, per quanto sollecitato, si dice, anche con ricche offerte, non volle cedere.
L'amore tra i due rimase quindi allo stato platonico, anche se non mancarono pubbliche espressioni di questo sentimento.
Si ricorda, ad esempio, l'espressione di pubblica ammirazione ("la tua barba non diventerà mai fieno") da lei usata quando nel corso di una battaglia lui rimase ferito ad un braccio.
È comunque certo che Fadhma fu spesso presente di persona a molti dei combattimenti cui prese parte Bou Baghla, in particolare la vittoriosa battaglia di Tachekkirt (18-19 luglio 1854), in cui lo stesso generale Randon avrebbe rischiato di cadere prigioniero riuscendo poi a fuggire per miracolo.
Il 26 dicembre 1854 Bou Baghla venne ucciso, si dice per il tradimento di alcuni suoi alleati, e la resistenza antifrancese si trovò privata di un leader carismatico in grado di guidarla con efficacia.
Per questo, nei primi mesi del 1855, in un santuario arroccato sul picco di Azru Nethor (a 1880 m di altitudine), non lontano dal villaggio natale di Fadhma, si tenne una grande assemblea di combattenti e notabili delle diverse tribù della Cabilia, per decidere il da farsi.
La decisione che ne uscì fu quella di affidare il comando delle azioni armate a Lalla Fadhma, assistita dai suoi fratelli.
Stanco delle continue azioni armate della resistenza cabila, il generale Randon, da poco nominato Maresciallo di Francia, decise di intraprendere, nella tarda primavera del 1857, quella che i francesi chiamavano "la pacificazione della Cabilia".
Per prendere d'assalto la regione indomita, radunò un esercito di circa 45000 uomini (35000 soldati francesi più alcune migliaia di truppe indigene), divisi in varie colonne per portare un attacco in massa e contemporaneo da tutti i lati. L'offensiva partì il 17 maggio.
La sconfitta contro un esercito così numeroso e con un armamento enormemente più efficiente fu inevitabile per i Cabili, i cui villaggi e le cui tribù caddero una dopo l'altra nel giro di pochi mesi.
La prima grande tribù sconfitta fu quella degli At Yiraten, sul cui territorio già il 14 giugno i francesi cominciavano a costruire un forte (Fort Napoléon, in onore di Napoleone III), avamposto da cui controllare tutta la regione.
Una forte linea di difesa riuscì a respingere, ma solo provvisoriamente, gli attaccanti a Icherriden infliggendo loro gravi perdite (24 giugno: 44 morti, tra cui 2 ufficiali, e 327 feriti, tra cui 22 ufficiali), grazie ad un improvviso attacco a partire da trincee mimetizzate nel terreno.
La tradizione vuole che anche Lalla Fadhma fosse presente alla battaglia, ed avesse ordinato ai combattenti di legarsi tra loro con funi perché nessuno fosse tentato di fuggire.
In pochi giorni, però, usando anche l'artiglieria, anche queste difese vennero superate e il 28 giugno vi fu la capitolazione di quasi tutte le maggiori tribù (At Yenni, At Wasif, At Boudrar, At Mangellat, ecc.).
Lalla Fadhma rimase tra gli ultimi a resistere, arroccandosi in un villaggio nascosto tra le cime più impervie del Djurdjura, a Takhlijt n At Aadsou, nei pressi del colle di Tirourda.
L'11 luglio quest'ultima ridotta della resistenza cabila venne presa d'assalto e conquistata.
Le cronache sullo svolgersi degli eventi sono confuse.
Si parla di corruzione e di tradimenti, il che è altamente probabile (muoversi senza guide in quelle regioni impervie sarebbe stato estremamente problematico).
I resoconti di parte francese accusano lo stesso fratello di Lalla Fadhma, Sidi Tayeb di avere venduto la sua tribù patteggiando in cambio il rispetto del villaggio dove era asserragliata la sorella con le truppe più fedeli.
Nelle sue memorie il maresciallo Randon accenna al fatto in modo vago, dicendo che il giorno prima dell'attacco il fratello "era venuto a inscenare una sottomissione".
Più probabilmente egli non fece che negoziare una resa, dopo la sconfitta militare.
Comunque sia, se anche accordi vi furono, i francesi non li rispettarono, ed invasero il villaggio, scacciarono con la forza gli uomini e costrinsero Lalla Fadhma ad uscire dalla casa in cui si era rinchiusa insieme alle donne e ai bambini della tribù.
Lalla Fadhma n'Soumer venne così fatta prigioniera insieme a circa duecento donne e bambini, che vennero poi inviati con lei in un campo di detenzione presso la Zaouia di Beni Slimane a Tablat, sotto il controllo di Si Tahar ben Mahieddin, un bachagha (autorità locale) fedele ai francesi.
Oltre a ciò, i francesi pretesero pesanti tributi in argento, in bestiame e in oggetti di valore, tra cui un gran numero di manoscritti della zawiya di Summer.
Secondo le indicazioni di Robin (1901: 361), oltre a Fadhma, vennero inviati a Beni Slimane anche i suoi quattro fratelli "e gli altri membri della sua famiglia, che formavano in tutto una trentina di persone".
E anche laggiù essa continuò ad essere oggetto di incessanti e nutriti pellegrinaggi da parte di Cabili a lei devoti: "si contarono fino a 300 pellegrini in una sola giornata" (ivi).
A un secolo e mezzo di distanza dalle sue imprese, la fama di Lalla Fadhma è tuttora molto viva e diffusa in tutta l'Algeria, e in particolare nella sua regione natale, la Cabilia.
A dimostrazione di ciò, diversi artisti e gruppi musicali hanno composto canzoni a lei dedicate (particolarmente riuscito il brano a lei dedicato dal gruppoTagrawla).
A ricordo di questa donna che si batteva alla pari degli uomini, un'associazione femminista algerina si è data il nome Le figlie di Lalla Fatma N Soummer.
Lalla Fadhma, con la sua immagine di donna che non si arrende, non lascia indifferenti ancor oggi.
Lo si deduce dal fatto che quando, nel 1995, venne deciso di trasferire le sue spoglie al cimitero degli eroi di El Alia (Algeri), la data della cerimonia venne taciuta e l'evento annunciato solo a cose fatte.
La cosa è stata letta come una dimostrazione dell'imbarazzo delle autorità algerine, responsabili dell'introduzione di un Codice della Famiglia estremamente misogino, le quali avrebbero preferito evitare così di affrontare "spiacevoli" manifestazioni da parte di quelle associazioni femminili che in nome dell'eroina di Summer si battono per i diritti delle donne.
Già in epoca romana, da qui nacquero numerose rivolte che impegnarono a lungo la potenza di Roma (per esempio l’insurrezione di Tacfarinas, 17-29 o quella dei Quinquegentiani nel 293-297.)
Anche le successive conquiste straniere, araba nel VII secolo e turca nel XVI, non riuscirono ad avere la meglio su questa regione che rimase sempre sostanzialmente indipendente.
Nel medioevo, tribù berbere della Cabilia furono protagoniste di episodi importanti della storia del Nordafrica.
Per esempio, nel X secolo i Kutāma fornirono il nucleo degli eserciti che permisero a ‘Ubayd Allāh, il primo califfo fatimide, di conquistare gran parte del Nordafrica, ponendo poi la propria sede in Ifriqiya (Tunisia).
E quando i Fatimidi si trasferirono in Egitto, il comando venne lasciato alla famiglia cabila degli Ziridi, che continuò a governare la Tunisia mentre un altro ramo della famiglia (gli Hammaditi) prese il potere in Algeria.
In epoca turca la Cabilia non solo si mantenne sostanzialmente indipendente, ma diede anche vita a veri e propri regni come quello di Kuku o quello degli At Abbas.
Dopo la conquista di Algeri nel 1830 da parte dei Francesi, la Cabilia fu un po' alla volta accerchiata, e cadde solo nel 1857, quando tutto il resto dell'Algeria era già stato conquistato.
Nella resistenza si distinse un'eroina che ancor oggi è molto amata ed ammirata, Lalla Fadhma n'Soumer.
Nel 1871 la Cabilia fu tra le regioni che con più forza aderirono alla sollevazione che cercò di liberarsi dal colonialismo francese, approfittando dei rovesci che questi avevano subito nella guerra franco-prussiana.
Sconfitti, i Cabili dovettero subire una gravissima repressione, con nuove istituzioni, nuove classi dirigenti e la confisca di gran parte delle terre migliori.
La Cabilia fu in prima linea nella lotta al colonialismo francese anche al momento della decolonizzazione.
In Cabilia si formarono i quadri della resistenza, e si tenne, nel 1956, il Congresso della Soummam, che tracciò le prospettive politiche del futuro stato algerino indipendente.
Ciononostante, le classi dirigenti affermatesi in Algeria dopo l'indipendenza erano costituite soprattutto da militari formatisi all'estero, in particolare in Egitto, e fortemente impregnati dell'ideologia panarabista di Nasser.
Così la lingua berbera della Cabilia venne per lungo tempo non solo esclusa dalla Costituzione, ma addirittura duramente perseguitata.
Nella primavera del 1980, in seguito al divieto imposto dalle autorità ad una conferenza di Mouloud Mammeri sulle Poesie Cabile antiche all'università di Tizi-Ouzou, gli studenti occuparono l'università e vennero violentemente attaccati dalla polizia il 20 aprile, che da allora è ricordato tutti gli anni come la Primavera berbera, in cui nacque, nel sangue e nella repressione, un movimento di massa per il riconoscimento della lingua e della cultura berbera.
Altri momenti di confronto col governo centrale si ebbe nel 1994-1995, con uno sciopero scolastico durato tutto l'anno (tutti gli studenti cabili persero l'anno) per richiedere l'insegnamento del berbero nella scuola, insegnamento ottenuto a partire dal 1995.
Più di recente, nel 2001, nuovi disordini ebbero luogo dopo l'uccisione ingiustificata di un giovane studente da parte dei gendarmi: la gioventù della Cabilia improvvisò estese manifestazioni che vennero contrastate dai gendarmi che sparavano a vista facendo oltre 100 vittime.
Questo periodo di lutti, iniziatosi anch'esso nel mese di aprile, viene oggi denominato "Primavera nera".
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Lalla Fadhma (o Fatma) N'Soumer (Werja, 1830 – Béni Slimane, settembre 1863) fu una donna che incarnò il movimento di resistenza alla Francia nei primi anni della conquista coloniale dell'Algeria.
Lalla è un epiteto di rispetto, riservato a donne di alto lignaggio o venerate come sante; Fadhma è la pronuncia berbera del nome arabo Fatima.
Per il grande impatto emotivo legato alla sua figura e alle sue gesta, c'è chi l'ha chiamata la Giovanna d'Arco del Djurdjura.
Col passare degli anni, la presenza francese in Algeria (iniziata nel 1830 con lo sbarco presso Algeri) stringeva sempre più d'assedio la Cabilia, la sola regione ancora totalmente indipendente.
E con l'accrescersi della pressione francese, si fece sempre più forte la volontà di resistere, e di prepararsi a difendere la propria terra anche a costo di una guerra sanguinosa.
A detta del maresciallo Randon, la famiglia di Lalla Fadhma, in precedenza indifferente alle contese tra il partito filo-francese e quello antifrancese, sarebbe passata decisamente nel campo dei resistenti "a partire dalla spedizione del maresciallo Bugeaud nell'Oued Sahel nel 1847".
Un evento decisivo per la vita stessa di Lalla Fadma fu l'arrivo in Cabilia, verso il 1849, di un misterioso personaggio, che si faceva chiamare Mohamed ben Abdallah (il nome del Profeta!), ma che è noto per l'epiteto di Bou Baghla con cui veniva solitamente chiamato.
Si trattava, probabilmente di un ex luogotenente dell'emiro Abdelkader (sconfitto definitivamente dai francesi nel 1847), che non volendosi arrendere, si era ritirato nella sola regione ancora non sottomessa, la Cabilia, da cui cominciò una vera e propria guerra (spesso condotta con azioni di guerriglia) contro i francesi e i loro alleati.
Bou Baghla era un combattente valoroso, era molto eloquente in arabo, era profondamente religioso e la leggenda gli attribuisce anche doti di taumaturgo.
Lalla Fadhma fu ben presto attratta dalla forte personalità di Bou Baghla, che compiva spesso visite a Summer per consultare i capi di quella comunità religiosa.
E a sua volta il condottiero indomito rimase ammirato da questa donna tanto decisa e tanto determinata a contribuire, per quanto possibile, alla causa della guerra antifrancese.
Con i suoi discorsi infiammati essa convinceva sempre più uomini a partire imsebblen, volontari pronti al supremo sacrificio, ed ella stessa, insieme ad altre donne, partecipava ai combattimenti, non tanto combattendo con le armi ma procurando vitto, medicamenti, esortazioni e conforto alle forze combattenti.
La tradizione vuole che tra i due nascesse un forte sentimento, premessa ad un possibile matrimonio che questa volta Fadhma avrebbe accettato di buon grado, in quanto unione tra pari, e non imposizione tesa a trasformarla in custode del focolare domestico.
In effetti, proprio in quegli anni Bou Baghla divorziò dalla prima moglie (Fatima Bent Sidi Aissa) e rimandò dal suo precedente padrone la schiava che aveva preso come concubina (Halima Bent Messaoud).
Ma da parte sua Lalla Fadhma non era libera.
Anche se con lo statuto di tamnafeqt ("donna che ha lasciato il marito per tornare alla famiglia di origine", una istituzione tipicamente cabila), esisteva ancora un vincolo matrimoniale che solo la volontà del marito avrebbe potuto recidere.
Ed il marito, per quanto sollecitato, si dice, anche con ricche offerte, non volle cedere.
L'amore tra i due rimase quindi allo stato platonico, anche se non mancarono pubbliche espressioni di questo sentimento.
Si ricorda, ad esempio, l'espressione di pubblica ammirazione ("la tua barba non diventerà mai fieno") da lei usata quando nel corso di una battaglia lui rimase ferito ad un braccio.
È comunque certo che Fadhma fu spesso presente di persona a molti dei combattimenti cui prese parte Bou Baghla, in particolare la vittoriosa battaglia di Tachekkirt (18-19 luglio 1854), in cui lo stesso generale Randon avrebbe rischiato di cadere prigioniero riuscendo poi a fuggire per miracolo.
Il 26 dicembre 1854 Bou Baghla venne ucciso, si dice per il tradimento di alcuni suoi alleati, e la resistenza antifrancese si trovò privata di un leader carismatico in grado di guidarla con efficacia.
Per questo, nei primi mesi del 1855, in un santuario arroccato sul picco di Azru Nethor (a 1880 m di altitudine), non lontano dal villaggio natale di Fadhma, si tenne una grande assemblea di combattenti e notabili delle diverse tribù della Cabilia, per decidere il da farsi.
La decisione che ne uscì fu quella di affidare il comando delle azioni armate a Lalla Fadhma, assistita dai suoi fratelli.
Stanco delle continue azioni armate della resistenza cabila, il generale Randon, da poco nominato Maresciallo di Francia, decise di intraprendere, nella tarda primavera del 1857, quella che i francesi chiamavano "la pacificazione della Cabilia".
Per prendere d'assalto la regione indomita, radunò un esercito di circa 45000 uomini (35000 soldati francesi più alcune migliaia di truppe indigene), divisi in varie colonne per portare un attacco in massa e contemporaneo da tutti i lati. L'offensiva partì il 17 maggio.
La sconfitta contro un esercito così numeroso e con un armamento enormemente più efficiente fu inevitabile per i Cabili, i cui villaggi e le cui tribù caddero una dopo l'altra nel giro di pochi mesi.
La prima grande tribù sconfitta fu quella degli At Yiraten, sul cui territorio già il 14 giugno i francesi cominciavano a costruire un forte (Fort Napoléon, in onore di Napoleone III), avamposto da cui controllare tutta la regione.
Una forte linea di difesa riuscì a respingere, ma solo provvisoriamente, gli attaccanti a Icherriden infliggendo loro gravi perdite (24 giugno: 44 morti, tra cui 2 ufficiali, e 327 feriti, tra cui 22 ufficiali), grazie ad un improvviso attacco a partire da trincee mimetizzate nel terreno.
La tradizione vuole che anche Lalla Fadhma fosse presente alla battaglia, ed avesse ordinato ai combattenti di legarsi tra loro con funi perché nessuno fosse tentato di fuggire.
In pochi giorni, però, usando anche l'artiglieria, anche queste difese vennero superate e il 28 giugno vi fu la capitolazione di quasi tutte le maggiori tribù (At Yenni, At Wasif, At Boudrar, At Mangellat, ecc.).
Lalla Fadhma rimase tra gli ultimi a resistere, arroccandosi in un villaggio nascosto tra le cime più impervie del Djurdjura, a Takhlijt n At Aadsou, nei pressi del colle di Tirourda.
L'11 luglio quest'ultima ridotta della resistenza cabila venne presa d'assalto e conquistata.
Le cronache sullo svolgersi degli eventi sono confuse.
Si parla di corruzione e di tradimenti, il che è altamente probabile (muoversi senza guide in quelle regioni impervie sarebbe stato estremamente problematico).
I resoconti di parte francese accusano lo stesso fratello di Lalla Fadhma, Sidi Tayeb di avere venduto la sua tribù patteggiando in cambio il rispetto del villaggio dove era asserragliata la sorella con le truppe più fedeli.
Nelle sue memorie il maresciallo Randon accenna al fatto in modo vago, dicendo che il giorno prima dell'attacco il fratello "era venuto a inscenare una sottomissione".
Più probabilmente egli non fece che negoziare una resa, dopo la sconfitta militare.
Comunque sia, se anche accordi vi furono, i francesi non li rispettarono, ed invasero il villaggio, scacciarono con la forza gli uomini e costrinsero Lalla Fadhma ad uscire dalla casa in cui si era rinchiusa insieme alle donne e ai bambini della tribù.
Lalla Fadhma n'Soumer venne così fatta prigioniera insieme a circa duecento donne e bambini, che vennero poi inviati con lei in un campo di detenzione presso la Zaouia di Beni Slimane a Tablat, sotto il controllo di Si Tahar ben Mahieddin, un bachagha (autorità locale) fedele ai francesi.
Oltre a ciò, i francesi pretesero pesanti tributi in argento, in bestiame e in oggetti di valore, tra cui un gran numero di manoscritti della zawiya di Summer.
Secondo le indicazioni di Robin (1901: 361), oltre a Fadhma, vennero inviati a Beni Slimane anche i suoi quattro fratelli "e gli altri membri della sua famiglia, che formavano in tutto una trentina di persone".
E anche laggiù essa continuò ad essere oggetto di incessanti e nutriti pellegrinaggi da parte di Cabili a lei devoti: "si contarono fino a 300 pellegrini in una sola giornata" (ivi).
A un secolo e mezzo di distanza dalle sue imprese, la fama di Lalla Fadhma è tuttora molto viva e diffusa in tutta l'Algeria, e in particolare nella sua regione natale, la Cabilia.
A dimostrazione di ciò, diversi artisti e gruppi musicali hanno composto canzoni a lei dedicate (particolarmente riuscito il brano a lei dedicato dal gruppoTagrawla).
A ricordo di questa donna che si batteva alla pari degli uomini, un'associazione femminista algerina si è data il nome Le figlie di Lalla Fatma N Soummer.
Lalla Fadhma, con la sua immagine di donna che non si arrende, non lascia indifferenti ancor oggi.
Lo si deduce dal fatto che quando, nel 1995, venne deciso di trasferire le sue spoglie al cimitero degli eroi di El Alia (Algeri), la data della cerimonia venne taciuta e l'evento annunciato solo a cose fatte.
La cosa è stata letta come una dimostrazione dell'imbarazzo delle autorità algerine, responsabili dell'introduzione di un Codice della Famiglia estremamente misogino, le quali avrebbero preferito evitare così di affrontare "spiacevoli" manifestazioni da parte di quelle associazioni femminili che in nome dell'eroina di Summer si battono per i diritti delle donne.