2012.10.2O – COSA E’ SUCCESSO A INDYMEDIA PIEMONTE?

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Avete letto dello scandalo della casa farmaceutica Sandoz, indagata per aver pagato medici in tutta Italia per aumentare i dosaggi, anche a bambini, di farmaci dopanti?
Se nei giorni scorsi non avete visto questa storia, la trovate qui.
A quanto pare, questa bella scoperta è partita da un articolo apparso per la prima volta su Indymedia Piemonte.
Provate ad andare su Indymedia Piemonte…
Non si apre?
Beh, certo: e' stato oscurato!
Ma non per la vicenda farmaceutica.
Per un'altra, che fa altrettanto schifo.
 
"L'Independent Media Center (rete di mezzi di comunicazione di massa indipendenti), chiamata anche Indymedia o IMC, è una rete di mezzi di comunicazione di massa e di giornalisti.
Fu creata nel novembre del 1999 per supportare le proteste del movimento no-global contro la World Trade Organization a Seattle. Nel 2002, a tre anni dalla fondazione, le IMC sparse per il mondo erano 89, localizzate in 31 stati e 6 continenti.
Nei soli Stati Uniti d'America si trovavano ben 39 Indipendent Media Center, mentre in Canada 11." (fonte: wikipedia)
In Italia, Indymedia è un network suddiviso più o meno per regioni.
La scorsa estate, la sezione Piemonte è stata oscurata dai provider italiani, su richiesta del Tribunale della Libertà di Milano.
Il motivo?
Aver pubblicato dei "leaks" (documenti) che mettevano in evidenza (a detta dell'articolista) come una società internazionale di trasporti marittimi, ricercasse collaborazioni anche mafiose per accedere meglio ad alcuni mercati.
Fortunatamente, la rete è grande, e lalmeno parte della documentazione oscurata, se volete farvi un idea, la trovate qui, con tanto di fotocopie dei fax della società dei trasporti.
E' questa società che ha ottenuto la chiusura dal Tribunale della Libertà.

Indymedia Piemonte si occupava anche di NOTAV, e diffondeva molte altre notizie scomode, come quella sui farmaci. Immaginiamo con quale riluttanza sia stato dato l'ordine d'oscuramento…
Senza contare che questa sentenza, apre la strada ad un'ondata di chiusure di siti, magari su esposti di politici indagati.

Per capire meglio cosa è successo ad Indymedia Piemonte, e quali sono le implicazioni per la giustizia in Italia, riportiamo un articolo dell'avvocato Sarzana.
La Wikileaks italiana: I provider italiani impugnano di fronte al Tribunale della libertà di Milano il sequestro preventivo delle pagine del network internazionale Indymedia e richiedono l'intervento della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sugli ordini di inibizione.
Come si ricorderà il 13 giugno 2012, tutti gli Internet Service provider nazionali ( nella fattispecie 271 imprese tra Provider nazionali ed aderenti ad ASSOPROVIDER) ricevevano un fax dal Nucleo di Polizia tributaria di Milano con la quale si ordinava l'inibizione, per i cittadini italiani all'accesso di alcune sezioni del network di comunicazione Indymedia.
La vicenda veniva ripresa da diversi organi di stampa, scatenando anche una ridda di voci sul perché le sezioni fossero ancora presenti su internet, sul perchè alcuni provider avessero nel frattempo dato adempimento e altri no, http://piemonte.indymedia.org/article/15270 sino a giungere ad articoli dubbiosi sullo stesso sequestro, nonostante vi fosse un provvedimento esplicito del GIP di Milano, Criscione. http://www.articolo21.org/2012/06/web-indymedia-piccolo-giallo-su-alcune-pagine-che-i-pm-vorrebbero-oscurare/
Cosa è accaduto e cosa accadrà.
Indymedia aveva pubblicato dei leaks che delineavano ( a detta dell'articolista anonimo) uno scenario da spystory legato all'attività di una multinazionale con sede a Genova, che avrebbe coinvolto apparentemente anche nomi molto noti della finanza italiana, il tutto suffragato da documentazione riservata che era stata pubblicata integralmente sulle sezioni Toscana e Piemonte del portale.
La storia era stata poi ripresa da testate quali Milano Finanza.
La società aveva poi querelato l'articolista anonimo e la stessa indymedia ottenendo a giugno di quest'anno anche il sequestro di intere sezioni del portale www.indymedia.org ( nella fattispecie le sezioni Toscana e Piemonte dello stesso network) nonostante all'interno dell'articolo sequestrato si fosse dato apparentemente conto di tutte le ragioni della stessa società multinazionale.
La stessa Indymedia ha infatti una policy che consente a chiunque si ritenga leso di disporre rettifiche e/o variazioni agli articoli postati da soggetti terzi rispetto alla propria organizzazione.
Tale policy, nonostante l'autore dell'articolo non avesse niente a che fare con la stessa Indymedia, è sembrerebbe essere stata stata rispettata tant'è che nell'articolo sottoposto a sequestro sono contenute le repliche inviate dalla società, le risposte della redazione e tutto l'iter della notizia e i documenti a supporto degli stessi.
Nonostante ciò, a distanza di quattro anni dalla querela e a quasi quattordici anni dai fatti, IL GIP di Milano, disponeva il 24 maggio scorso il sequestro preventivo delle pagine incriminate.
L'ordine però non veniva rivolto alla stessa Indymedia o al provider che pubblica il portale di Indymedia, ma a tutti i provider italiani di accesso.
In sostanza è come se venisse chiesto a diverse società che gestiscono autostrade di bloccare gli accessi ad un determinato paese, a seguito del verificarsi di un reato all'interno di una stanza di una specifica abitazione invece di sequestrare la singola casa e/o la stanza ove è stato commesso il reato.
Quest'ordine, diversamente dal sequestro o dalla cancellazione di singoli post o singole frasi è in grado di ottenere, senza conivolgere le testate o gli articolisti ( che possono anche difendersi ed argomentare sulla verità dei fatti) la cancellazione di interi siti internet o di sezioni ( anche molto estese, con centinaia di articoli) di siti internet
Perché questo?
Perché tecnicamente i provider di accesso ( cioè coloro che ci danno accesso ad internet) non possono agire sulla singola frase o sul singolo articolo ma devono necessariamente inibire l'accesso ai cittadini italiani di tutto il sito o a sezioni del sito facilmente riconoscibili ( come la sezione piemonte o toscana di indymedia).
Il blocco opera infatti solo a livello di DNS e di numero IP, ovvero dei dati che identificano con precisione un indirizzo internet completo e non una singola frase o una singola pagina.
E' quello che avviene con i siti di pedofilia che sono all'estero.
Cosa comporta tutto questo?
Se passa questa forma di inibizione noi ci troveremo ( come già accaduto nel caso del portale del Vajont http://www.lidis.it/newsdetail.asp?ID=1301 e oggi di Indymedia) che qualsiasi articolo di stampa on line, ritenuto diffamatorio potrà portare come conseguenza la chiusura dell'intera testata.
Il provider di accesso non può distinguere all'interno di una testata con centinaia di articoli le singole frasi o i singoli articoli, per impedire a tutti i propri clienti di avere accesso a quell'articolo per cui se la cancellazione non viene fatta dalla testata o dal provider dove è pubblicato il sito, l'intero sito ( o la sezione incolpevole) sarà inibita.
Senza che la testata, l'articolista, o l'hosting provider lo sappiano.
Vediamo le conseguenze.
Pensiamo ad esempio alle prossime elezioni politiche.
Uno o più candidati che hanno avuto ( o hanno) problemi con la giustizia, potrebbero richiedere ad un Magistrato l'eliminazione di uno o più articoli ritenuti diffamatori, in via preventiva, giusto in tempo per essere eletti, ottenendo ( come nel caso del Vajont e di in indymdedia) la "scomparsa" di intere sezioni di siti o dello stesso sito, se il portale è all'estero.
Cosa fanno i provider:
I provider Italiani di CONFCOMMERCIO ( aderenti ad Assoprovider) hanno deciso di impugnare il 22 giugno di fronte al Tribunale del Riesame di Milano, attraverso i legali dello Studio legale Sarzana www.lidis.it, coadiuvati in questa iniziativa dall'Avv. Marco Scialdone, il sequestro Indymedia, per portare all'attenzione della Magistratura e dell'opinione pubblica le gravi conseguenze sulla libertà di espressione e sulle prerogative della stampa on line connesse ad ordini di inibizione di questo tipo.
Contemporaneamente gli stessi Provider hanno deciso di investire il Tribunale di Milano della questione in via pregiudiziale della legittimità degli ordini di inibizione a carico dei provider richiedendo allo stesso Giudice Meneghino di devolvere la questione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, così da chiarire se le norme Comunitarie consentano ai giudici nazionali di disporre ordini di inibizione di tal fatta.
Fulvio Sarzana di S. Ippoto
www.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati
fonte:http://www.fulviosarzana.it/blog/la-wikileaks-italiana-i-provider-italiani-impugnano-di-fronte-al-tribunale-della-liberta-di-milano-il-sequestro-preventivo-delle-pagine-del-network-internazionale-indymedia-e-richiedono-l%E2%80%99int/